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Bertoldo di Giovann

PALAZZO SCALA

In un altro cortile, questa volta nel Palazzo di Bartolomeo Scala, la decorazione profana campeggia in scomparti figurati di stucco: questi rappresentano probabilmente un percorso progressivo che, attraverso il superamento dei vizi, giunge alle virtù del committente. Bartolomeo di Giovanni Scala nasce intorno agli anni Trenta del Quattrocento137 vicino Firenze, tra le

numerose cariche pubbliche che gli vengono assegnate, diventa anche Cancelliere della Repubblica di Firenze nel 1465; sicuramente facilitato dalla vicinanza alla cerchia medicea138,

con cui entra in contatto alla fine degli anni Cinquanta circa, riesce a diventare un membro della Signoria nel 1472.

Il suo motto Gradatim, che in latino significa “passo passo”, venne inserito anche nel cortile del palazzo che fece costruire (la dimora passò per mano dei Medici prima e dei della Gherardesca successivamente, conservando l'iscrizione dedicatagli). Gli stucchi, realizzati in altorilievo e posizionati nel cortile del palazzo, sono dodici e si possono dividere in quattro serie di tre ciascuno; i temi rappresentati sono antitetici: riposo-lavoro, guerra-pace. Tutti i rilievi presentano dei tituli in latino, alcuni all'interno di una cartella, altri in uno spazio lasciato vacante dalle figure139. Il linguaggio risulta scarno e la grazia viene bandita sulle tracce di un Bertoldo

influenzato dai contemporanei fratelli Pollaiolo. La paternità degli stucchi risulta complessa, la critica è concorde ad attribuirli a Bertoldo per l'ideazione, per la realizzazione tuttavia è possibile immaginare degli aiuti, visto che la tecnica non era familiare al bronzista. Si insinua la possibilità che alcune parti potessero essere state eseguite anche da Giuliano da Sangallo, architetto del palazzo, per la familiarità che questo aveva con l'antico, ma non è documentato.

Basandosi sulla raccolta di Apologhi scritti dal committente, una prima risalente all'anno 1481 e l'altra tra il 1485 ed il 1486, i temi rappresentati trovano corrispondenza in undici casi su dodici, (rimane escluso lo stucco che rappresenta l'Ebrietas FIG.)140 con i testi della più antica antologia;

136Brenda Preyer, L'architettura del Palazzo Mediceo, traduzione a cura di Tania Gargiulo, in Il Palazzo Medici Riccardi di Firenze a cura di Giovanni Cherubini e Giovanni Fanelli, Giunti Editore, Firenze, 1990.

137Diverse datazioni per la nascita del personaggio: E. Garin in I cancellieri umanisti non fornisce una data ma indica solo il luogo Val d'Elsa, 1424 in Apologi centum, 1427 secondo A. Parronchi, The language of the Humanims, secondo J.D. Draper nel 1430 in Bertoldo di Giovanni.

138Eugenio Garin, I Cancellieri umanisti della Repubblica Fiorentina da Coluccio Salutati a Bartolomeo Scala, Sansoni editore, Firenze, 1959. Nella sua indagine lo studioso non si limita a elencare le personalità di rilievo che ricoprirono questa carica, ma cerca di analizzare lo sviluppo della politica fiorentina nel corso di quasi un secolo. Dall'importante personalità politica del cancelliere, dal cristianesimo radicato e dai luoghi pubblici dedicati alla politica, si passerà alla casa privata che diventa nuovo luogo politico, il platonismo diventa la nuova religione ed il cancelliere sembra un semplice funzionario abilmente istruito dalla famiglia Medici.

139Sulla base di queste diverse modalità di inserimento del titolo sono stati individuati tre gruppi diversi per anche per la tipologia della scrittura cft. C. Acidini Luchinat, Di Bertoldo e di altri artisti, pp. 93-94.

della seconda non c'è alcuna menzione. Secondo questa indagine dunque la decorazione potrebbe avere come termine post quem il 1481 e ante quem il 1485-86141. A tal proposito la studiosa

Cristina Acidini sottolinea il contesto culturale in cui lo scultore si muove durante la sua carriera: esperto di antichità (anche grazie alla famiglia Medici e alle sua collezione), maestro alla scuola di San Marco e “personalità artistica aggiornata, in sintonia con le tendenze più avanzate del

momento”142, Bertoldo sembra l'artista perfetto per una decorazione all'antica nella Firenze di fine

secolo.

Gli stucchi, come del resto le favole, affrontano diversi agomenti e hanno come protagonisti uomini, divinità, centauri, satiri e animali. Secondo André Chastel queste scene rappresenterebbero, attraverso delle allegorie, il ritratto morale del committente. Lo studioso osserva che in ogni parete, significante di per sé come la strofa di una poesia, i due rilievi esterni convergono verso quello centrale; in aggiunta ogni lato contrasta con quello che si presenta di fronte.

La superficie esposta a Ovest, di fronte all'ingresso nel cortile, mostra gli istinti animali da cui ha inizio il percorso di elevazione dell'uomo; ospita da sinistra Ebrietas, Praelium e Regnum. Quest'ultimo stucco illustra l'omonimo apologo in cui un leone chiama a raccolta tutti gli animali a quattro zampe, da troppo tempo disprezzati dagli uomini, dai quali intendono prendersi una rivincita; imbastendo un sanguinoso scontro. Il riquadro potrebbe essere simmetricamente diviso in due riquadri: a destra l'adunata degli animali e a sinistra la lotta tra uomini, esseri che camminano su due zampe, e quadrupedi. I modelli di riferimento per la seconda porzione potrebbero essere: le scene di caccia, che molti sarcofagi antichi propongono, i topoi che rappresentano le fatiche di Ercole, si noti la somiglianza della figura che tiene per le corna un toro, e riferimenti contemporanei come la figura di spalle contro la quale affondano gli artigli due feroci felini, facilmente riconducibile ai nudi pollaioleschi.

Appartenenti alla stessa parete e altrettanto importanti per la nostra ricerca, sono anche il

Praelium (la battaglia) e l'Ebrietas (l'ebbrezza). Il primo riquadro è, come osserva giustamente

Alessandro Parronchi143, la trasposizione visiva dell'apologo intitolato Bellum e presenta una

moltitudine di soldati che combattono a cavallo, alcuni sono morti, altri vengono fatti prigionieri 141Datazione giustificata dalla coerenza con la creazione della Battaglia realizzata da Bertoldo per palazzo Medici,

di cui si vedono autocitazioni (sarebbe difficile pensare a così precise riprese senza aver ancora ultimato il bronzo). Realizzazione degli stucchi coerente anche con il vicino termine dei lavori dell palazzo intorno agli anni 1475-80.

142Cristina Acidini Luchinat, Di Bertoldo e d'altri artisti in Anna Bellinazzi La casa del Cancelliere, documenti e studi sul Palazzo di Bartolomeo Scala a Firenze (a cura di), EDIFIR Editori, Firenze, 1998, cit. p. 98.

143Alessandro Parronchi, The language of Humanism and the language of sculpture. Bertoldo as the illustrator of the Apologi of Bartolomeo Scala, reprinted from «the Journal of the Warburg and Courtauld Institutes» volume XXVII, Warburg Institute, London, 1964.

e legati con delle corde (FIG); la guerra nasce sempre dall'ingiustizia. In questa caotica scena l'importanza principale è riservata allo scontro e ai terribili effetti che una battaglia provoca; l'opera si inserisce in una tradizione iconografica secolare: il rilievo storico di battaglia dei sarcofagi romani144 (i due personaggi ai lati dello scontro sono un centurione, l'uomo sulla destra

che indossa un elmetto e la personificazione del bottino in controparte, spesso nei sarcofagi antichi alcuni personaggi vengono posti alle estremità per conferire verticalità e indicare le vittorie e/o i prigionieri). La scena intitolata Ebrietas, la prima ad essere visibile entrando nel chiostro e quindi a ragione si potrebbe definire l'inizio del ciclo decorativo, invece ha sedici centauri come protagonisti, queste bestie vengono rappresentate in diverse azioni: alcuni combattono con animali, altri ne trasportano i cadaveri, altri ancora squartano le prede raccogliendo il sangue per cucinarne le carni; tutti agiscono intorno ad un calderone, fulcro della composizione. Questa immagine, non trovando corrispondenza con nessuna favola, potrebbe essere ricollegata all'iconografia di una scena di caccia o, più in generale, ad una raffigurazione della natura delle creature semiferine: non un'ebbrezza causata dal vino, ma di passioni incontrollabili (furor). Si osservi che solo un centauro è scolpito nell'atto di bere da un calice, ma non sappiamo se stia bevendo del vino o il sangue che viene raccolto dal corpo delle prede dai compagni; alcuni dei protagonisti hanno una pelle ferina, attributo tipico degli animali mitologici e coerente alla scena di caccia, solo due portano con sé un flauto, altri ancora hanno delle ghirlande che cingono il corpo equino.

Bertoldo in questo caso non può essersi ispirato agli apologhi scritti dallo Scala; secondo il Parronchi il soggetto può derivare da una favola scritta ma non pubblicata nella raccolta, inoltre aggiunge che “The centaur is the symbol of instinctive animality and the story of the Centaurs

and the Lapiths in itself justifies the title Ebrietas”145. Il tema risulta secondo queste

argomentazioni coerente con il resto degli argomenti illustrati dai rilievi; non sembra difficoltoso quindi includere, anche senza una fonte precisa la scena dell'Ebrietas nel ciclo di rilievi, come riassume Draper:

“Parronchi proved that the apologues from the subject of ten of the courtyard reliefs, and probably twelve. The task of identification was the simpler because each relief is incribed with his title. The centauromachy labeled Ebrietas does not correspond to a known apologue in the original set of one hundred. [...] He felt that Ebrietas started the series, because it is placed to the left on the facing wall as one enters the courtyard. If one accepts as the general program a movement from the depths of the bestiality, rapresented by the rampaging centaurs, and the distructive influence of the war among men and between men and

144Il sarcofago del Camposanto di Pisa può essere stato utilizzato da Bertoldo per entrambe le opere (stucco di palazzo Scala e Battaglia di palazzo Medici), la figura accasciata sul cavallo viene citata in entrambi i rilievi dallo scultore; confronta nota 61.

animals , as in the next two reliefs, toward more civilizing influence, this reading from left to right around the courtyard bears up fairly well.146

Un altro possibile riferimento, anche se molto labile e problematico, è introdotto da Parronchi, lo studioso parla di una xilografia appartenente alla the Bierens de Haan Collection di Amsterdam studiata da Lamberto Donati147. L'incisione presenta quattro piccoli asini che cucinano tre giovani

maialini in un pentolone; sullo sfondo ci sono due palazzi, ed un cartiglio sospeso con una scritta:

tripe di porcho chi vol conperare / l'osteria del bochal convienandar. Due dei quattro asini hanno

degli attrezzi da cucina, mentre gli altri si occupano di alimentare il fuoco portando degli arbusti e facendo vento con un otre; in secondo piano, all'interno dell'abitazione sulla sinistra si vede un altro maiale imprigionato dietro la grata di una finestra.

La prima interpretazione, che viene proposta dal Donati, è quella di una rappresentazione simbolica di un conflitto tra due famiglie, probabilmente di ambito veronese vista la vicinanza con lo stile delle illustrazioni presenti nel testo di Roberto Valturio148. Secondo il professore

Augusto Campana invece questa immagine doveva essere il volantino di una locanda: l'insegna, che campeggia sulla scenetta disegnata, recita una filastrocca a tema culinario. Parronchi ovviamente specifica che non si può provare in alcun modo se nel XV secolo a Firenze esistesse questa osteria, ma la somiglianza tra il biglietto da visita della locanda con lo stucco di Bertoldo può lasciare un interrogativo aperto.

Studiando le pose dei protagonisti di entrambi i rilievi è possibile ricondurre le opere alla strada già percorsa e meno impervia dell'arte antica: le centauromachie, in primo luogo quella del Partenone ateniese, oppure i sarcofagi antichi; ma molto più semplice è il legame con reperti antichi presenti a Firenze. Il maestro-scultore, come gli altri artisti che erano ammessi alla scuola, aveva infatti a disposizione uno smisurato repertorio di oggetti d'arte, che diventano taccuino di modelli:

“Nelle sale interne, nella loggia e nel giardino era collocata la maggior parte dei pezzi della sua ricca collezione d'antichità, insieme con grandi disengni e fogli di studi di grandi maestri fiorentini […] dovette sembrare a Lorenzo una soluzione particolarmente felice l'idea di realizzare una scuola per artisti, proprio qui, dove il museoprivato già esistente porgeva ad ogni passo agli occhi dei giovani allievi un così utile 146J.D. Draper, Bertoldo di Giovanni, cit. p. 223.

147Lamberto Donati scienziato del libro, curatore della collezione di stampe antiche della Biblioteca Vaticana, bibliotecario. I suoi studi si concentrano sulla storia del libro e sull'analisi delle illustrazioni nel XV e XVI secolo. 148Roberto Valturio è uno storico italiano (1405-1475) di Rimini, la sua opera maggiore si intitola De re militari

venne stampata per la prima volta in latino a Verona nel 1472 e successivamente undici anni dopo con una traduzione in volgare al seguito ancora a Verona. L'opera comprendeva anche delle illustrazioni funzionali alle descrizioni del libro. Il volume riscuote enorme successo nelle maggiori corti del tempo: Francia, Ungheria e ovviamente anche la corte de' Medici ne possedeva una copia.

materiale di studio”149.

L'artista è mosso, similmente al suo protettore, da un potente sentimento classico: le opere dello scultore hanno come fonti principali, oltre al maestro Donatello, statue greche, sarcofagi romani e gemme antiche. In pieno stile rinascimentale questi modelli vengono usati per una nuova arte che ammira l'antico ma lo supera con risultati sorprendenti, come un allievo che supera il maestro. Bertoldo realizza opere sperimentali e presta molta attenzione al nudo, statico e soprattutto in movimento; allo scultore è molto cara anche la diffusione di questo soggetto, spesso indagato dalla cultura Quattrocentesca. Crea, come già è stato anticipato, per il Palazzo di via Larga la

Battaglia di cavalieri intorno al 1480150 (FIG.), guardando ad un sarcofago romano danneggiato

nella parte centrale, oggi conservato al Campo Santo di Pisa (FIG.). Lo scultore copia con una certa libertà il reperto archeologico. Egli rappresenta molti soldati in diverse azioni e pose, nella parte superiore del bronzo si vedono dodici soldati che indossano un elmo e un mantello che si agita drammaticamente insieme ai loro movimenti; sono provvisti solo di clave e stanno combattendo a cavallo contro dei nemici. Probabilmente questa fazione può essere identificata con l'esercito Romano che combatte e trionfa sulla barbarie che in primo piano sta soccombendo al combattimento.

L'unica eccezione dello schieramento romano è il condottiero al centro che cavalca un destriero in equilibrio sulle zampe posteriori. Il soldato indossa un elmo alato, una pelle di leone, invece del mantello che indossano i suoi compagni d'armi, e brandisce una clava come il resto dell'esercito. In questo caso la presenza simultanea dei tre oggetti, riconoscibili ad un occhio esperto come attributi iconografici, rende identificabile il personaggio con la figura mitologica di Ercole al galoppo, escludendo l'interpretazione storica del rilievo.

Nella parte inferiore si possono osservare altrettanti uomini che lottano completamente nudi, provvisti soltanto di scudo e clava; nel primissimo piano Bertoldo sfoggia una notevole varietas: i guerrieri, caratterizzati dal nudo eroico, sembrano vagliare tutte le possibili azioni di combattimento. Alcuni uomini sono visti di spalle, altri sono presentati in scorcio, due guerrieri al centro della composizione stanno cercando rispettivamente di non essere disarcionato quello alla sinistra e di scendere dal cavallo l'altro. Tre barbari sono già caduti: uno si è accasciato sulla carcassa del proprio cavallo, uno scivola senza forza tra le gambe di un compagno che sta combattendo e l'ultimo corpo, forse sostenuto dal compagno, si abbandona all'indietro mostrando allo spettatore il volto; altri stanno per soccombere.

La nudità conferisce eroismo ai corpi rappresentati in battaglia ma li caratterizza 149M. Wackernagel, Il mondo degli artisti, cit. p. 310.

contemporaneamente come popolo primitivo, che non conosce l'uso di costumi e combatte con strumenti rudimentali. Se ci affidassimo ad un'interpretazione mitologica, imprescindibile dopo l'identificazione di Ercole, la nudità potrebbe servire come ulteriore discriminante tra la vittoria del bene, impersonato dall'eroe, e la barbarie dei nemici151. È utile ricordare a tal proposito che i

Fiorentini avevano molto a cuore personaggi come Ercole e David, liberatori di popoli oltraggiati dalla tirannia e discepoli del giusto; un semidio ed un ragazzino che con incredibili capacità riescono a vincere le prove che il destino ha preparato per loro.

Ai lati della frenetica composizione si vedono due Vittorie alate che sostengono con un braccio alzato un'architettura (quasi fossero cariatidi) e hanno al posto del basamento architettonico due prigioni dallo sguardo implorante; accanto alle νίχη si trovano rispettivamente un uomo ed una donna che da lontano si scambiano un profondo sguardo, indifferenti alla rumorosa battaglia che si sta consumando vicino a loro. Questi due personaggi vengono identificati da alcuni studiosi con Elena e Menelao: secondo questa visione il rilievo dovrebbe inscenare quindi un episodio della guerra di Troia. Tuttavia la presenza di Eracle suggerisce all'osservatore di abbandonare questa interpretazione: il semidio non combatte nell'Iliade ed occupa il centro della scena, al contrario della posizione marginale dei due innamorati. Probabilmente la coppia viene ripresa dal modello archeologico senza avere piena consapevolezza di quale ruolo avessero originariamente i personaggi152

Bertoldo in questo bronzo sceglie lo stile antico dell'arte romana, il tipico rilievo storico di battaglia lascia spazio ad un episodio mitologico; lo scultore confina la grazia del maestro Donatello nei due amanti, non chiaramente identificabili. In generale il rilievo utilizzato nella scena di battaglia è molto più alto di quello del precettore, le figure sono caratterizzate da un maggiore movimento, Bertoldo tratta le singole figure del rilievo come statuette indipendenti ma tutte con la medesima altezza del rilievo.

La battaglia in cui combattono questi soldati all'antica, era destinata a decorare un camino che si trovava di fronte alla sala grande di Palazzo Medici153; la visione doveva essere leggermente dal

151Non chiara identificazione mitologica dell'episodio, nella mitologia non è mai presentato Ercole che combatte con un esercito al seguito contro un popolo nemico L'unica possibile interpretazione potrebbe essere la Gigantomachia, ma in quel caso i Giganti dovrebbero essere visibilmente più grandi ed in soperiorità numerica rispetto agli Dei dell'Olimpo; questi ultimi inoltre dovrebbero presentare attributi iconografici ben precisi. In questo caso tutti i personaggi sono maschili, apparte la donna in piedi a sinistra che fa da pendant all'uomo dalla parte opposta, ma nessuno dei due personaggi prende parte alla battaglia.

152Wickhoff identifica i due personaggi del sarcofago pisano con le figure di Elena e Ettore, altra interpretazione è quella di Pope- Henessy che perfeziona la precedente di Wickhoff: l'episodio del sarcofago è ancora

appartenente alla guerra di Troia ma il cavaliere al centro sul cavallo è Ettore mentre l'uomo di lato potrebbe essere Menelao che osserva da lontano la moglie rapita. La studiosa Lisner invece giustifica la presenza della pelle di leone nel bronzo di Bertoldo non come attributo di Ercole ma come una semplice citazione della gemma medicea con il centauro.

basso (all'incirca altezza dell'occhio) ma decisamente frontale perché non si percepisce nessun altro punto di vista dominante se non quello attraverso il quale si ha una completa visione della scena. Il sarcofago da cui parte Bertoldo, operando una ricostruzione quasi archeologica, è un modello a cassa rettangolare che presenta una scena di battaglia e due scene di submissio ai lati154. La scena frontale superstite viene riprodotta fedelmente, conservando i medesimi elementi

anche nel bronzo: i guerrieri combattono a cavallo su tre file sovrapposte e le vesti degli uomini sono diverse per poter identificare due fazioni. In primo piano si trovano come da tradizione i caduti; in particolare il personaggio sulla sinistra, accasciato sul corpo del proprio cavallo anch'esso senza vita, è una citazione esplicita del sarcofago romano nel bronzo di Bertoldo. Allo stesso modo ai lati dello scontro si vedono, per quello che resta, delle figure che trasmettono verticalità architettonica al marmo; delle vittorie alate e dei prigioni sottostanti rimane molto poco, accanto sono ancora riconoscibili, seppur acefali, due personaggi in piedi: un uomo con una toga orlata ed una donna altocinta155.

Osservando questo antico sepolcro la nostra mente richiama subito l'immagine di un secondo