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ZUFFA DE'CENTAURI, LE CENTAUROMACHIE NELL'ARTE RINASCIMENTALE A FIRENZE

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ZUFFA DE' CENTAURI

LE CENTAUROMACHIE NELL'ARTE RINASCIMENTALE A FIRENZE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I: Le origini del mito in grecia

1.1 la nascita dei centauri

1.2 le prime rappresentazioni di centauri e centauromachie in greci

ceramica e pittura vascolare

architettura e scultura

pittura murale

1.3 l'arte storica romana

rilievi e sculture

1.4 il mondo Cristiano

mosaici

codici miniati

CAPITOLO II: Il Rinascimento fiorentino

2.1 La Famiglia de' Medici

Bicci de' Medici

Cosimo il Vecchio

Piero il Gottoso

Lorenzo e Giuliano

Lorenzo il Magnifico committente

2.2 Il giardino di San Marco

Bertoldo di Giovanni

Michelangelo

Capolavori giovanili

I modelli di Michelangelo: Bertoldo e l'arte classica

La palestra di nudi

2.3 Piero di Cosimo e Michelangelo:

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CAPITOLO III: Committenze alternative

3.1 Biografia di Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici

3.2 Committenze di Lorenzo di Pierfrancesco

3.3 Quadri mitologici di Botticelli

La Primavera

La Nascita di Venere

La Pallade con il centauro

Identificazione del soggetto dagli inventari

Riferimenti alla Pallade e il centauro

Stendardo per la Giostra del 1475 di Giuliano de' Medici

Tarsia lignea di Urbino

La Calunnia di Apelle

L'arazzo dell'abate di Baudreuil

Gli arazzi medicei

Arazzi con Storie di Lorenzo

Arazzi mitologici

La ceramica di Cafaggiolo

CONCLUSIONI

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Introduzione

L'elaborato vuole esaminare lo sviluppo iconografico del tema della centauromachia: dalle origini della cultura greca, passando all'utilizzo dei modelli classici nell'arte romana e attraverso il rifiuto del mondo pagano nel Medioevo, per poi approdare alla rinascita del tema mitologico-allegorico in epoca rinascimentale, con particolare attenzione per il caso di Firenze, sul quale si concentra questa tesi.

L'indagine cerca di svelare i rapporti che intercorrono tra antichità e Rinascimento fiorentino, analizzando le modifiche che vengono effettuate ad una tradizione iconografica costruita dal mondo antico; nel complesso ambiente fiorentino del XV secolo si colgono tangenze con il mondo classico ma anche innovazioni figurative tipiche delle personalità di spicco del momento. In questo contesto si concentra la maggior parte della nostra indagine, cercando di comprendere come i committenti e gli artisti interpretavano questo tema e le modalità espressive che li avvicinano o li contraddistinguono.

Nel corso dell'indagine mi sono occupata in primo luogo di scoprire la nascita del mito, per dare un incipit allo sviluppo iconografico del tema: nel primo capitolo mi sono preoccupata di fornire delle basi attraverso le quali poter analizzare e confrontare opere d'arte antiche, medievali e rinascimentali. La prima cosa da fare per una corretta analisi di un argomento è leggere la fonte letteraria, analizzare il significato del centauro e della centauromachia, inserendo il significato allegorico nella contesto in cui ha origine: la mitologia è il primo strumento che soccorre uno studioso di arte profana.

Dopo un'introduzione sul ruolo della mitologia nell'antichità ed una analisi dello specifico mito della centauromachia, si analizzano alcune rappresentazioni della centauromachia; in primo luogo mi sono occupata di cercare l'iconografia iniziale del mito. I primi casi in cui viene dipinta la leggendaria battaglia sono i vasi dipinti, molto comuni nell'arte greca antica; i maggiori esempi di centauromachia tuttavia si possono trovare in architettura e scultura in molti edifici religiosi, fulcro della civiltà greca.

Il popolo greco con i suoi molteplici scambi culturali influenza anche la cultura romana che copia i modelli classici riutilizzando moduli e forme care alla tradizione iconografica. I romani rappresentano il mito greco principalmente nei sarcofagi, rielaborando il tema della lotta, tralasciando il significato morale che i greci attribuiscono alla mitologia e alla centauromachia. L'analisi prosegue cronologicamente attraverso il Medioevo, periodo in cui il mondo pagano viene drasticamente rifiutato e nascosto. Il centauro diventa così sinonimo di peccato e di eresia: l'uomo, incapace di superare le tentazioni offerte dalla carne, retrocede alla condizione animale;

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in molte decorazioni romaniche l'ibrido mitologico è rappresentato come cacciatore di un cervo, simbolo dell'anima del fedele che cerca l'amore di Cristo. Nel periodo medievale quindi il centauro viene rappresentato come un sagittario, centauro saettante con arco e frecce, anche nei manoscritti.

I manoscritti miniati costituiscono, in questo elaborato, il punto di congiunzione tra l'antichità ed il Rinascimento: i codici di inizio rinascimento riportano in auge la letteratura classica e con essa fioriscono nuove manifestazioni artistiche; il merito dell'umanesimo è proprio quello di far riscoprire all'uomo la magnificenza e l'importanza dell'antico nell'età moderna. La piena ripresa del tema della centauromachia è visibile nel Rinascimento: la cultura rinascimentale attinge a piene mani dalla tradzione classica, recuperando modelli artistici e riproponendo la conoscenza dei testi antichi, operando traduzioni dal latino e dal greco.

Il ruolo fondamentale di questo momento culturale viene sottolineato nel corso del secondo capitolo della tesi in cui, con l'aiuto della famiglia de' Medici, Firenze diventa una nuova Atene. L'attenzione dell'indagine si focalizza sulla produzione artistica dalla seconda metà del Quattrocento con particolare interesse nella figura di Lorenzo il Magnifico, evocatore nostalgico dell'antico e sostenitore dello sviluppo delle arti. Gl artisti che sono stati analizzati sono: Bertoldo di Giovanni, nel ruolo di esperto di antichità e maestro del Buonarroti, si sfiora Donatello, Desiderio da Settignano, Verrocchio, i fratelli Pollaiolo, Maso Finiguerra; infine Michelangelo viene analizzato all'interno della complessa trama di influenze che si riconoscono nella sua opera come la maniera di Piero di Cosimo, a mio avviso fondamentale per la creazione della Zuffa michelangiolesca, e la cerchia di artisti del giardino di San Marco dove sboccia il suo talento. In una sorta di contrapposizione si inserisce nel terzo ed ultimo capitolo, la figura di Sandro Botticelli che, per un incerto committente (per alcuni Lorenzo il Magnifico per altri Lorenzo il Popolano), realizza dipinti a carattere mitologico-moraleggiante come la Pallade ed il Centauro e la Calunnia di Apelle degli Uffizi. La contrapposizione che emerge in queste ultime pagine dell'elaborato non è solo di carattere artistico ma anche intellettuale, per il diverso committente. Emerge durante l'indagine una nuova figura, spesso oscurata dall'aura di Lorenzo il Magnifico: Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, appartenente al ramo collaterale della famiglia in rapporti tutt'altro che fraterni con i cugini. Questo giovane esponente Medici tuttavia cresce nell'ambiente colto del Magnifico, dal quale eredita la passione per l'arte. Per questo “nuovo” committente lavora un Michelangelo giovane, ma soprattutto Botticelli; il pittore realizza disegni e quadri per la famiglia fiorentina e a tal riguaro lascia alcuni interrogativi aperti che vengono esplicati nel lavoro.

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all'interno dello studio iconografico del tema della centauromachia anche se il quadro, per essere esatti, è una psicomachia. La Minerva che si osserva nel quadro degli Uffizi aprirà ulteriori collegamenti con opere contemporanee e successive tra cui tarsie, ceramiche e arazzi.

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Capitolo I Le origini del mito

La mitologia è uno dei più complessi prodotti culturali di una civiltà, in particolare quella greca. Il mito nasce come racconto di una storia non fattuale e la trasmissione inizialmente era affidata ad un'oralità primitiva che, con l'avvento della scrittura, cede lentamente il passo alla stesura di testi. Anche nel caso della letteratura non conosciamo precisamente la nascita delle opere, le prime ad essere lette sono sicuramente i poemi omerici che lasciano tuttavia molte parti solo alluse; questo fa pensare che i contemporanei riuscissero senza alcuna difficoltà a colmare queste volute lacune, presupposto di una tradizione già profondamente radicata negli uomini antichi e del carattere popolare e orale della loro cultura1. In epoca più tarda il mito verrà tramandato da

poeti e tragediografi.

Il mito, definito discorso, racconto, favola (nel senso di diceria), si differenzia nettamente dal logos, un'esposizione obbiettiva di fatti, per le sue caratteristiche: non è verificabile essendo il racconto di civiltà antiche e lontane da noi nel tempo. A tal proposito è utile sottolineare che al cantore non interessa affatto indagare l'attendibilità della remota storia2 dal momento che lui

stesso si basa sulla sua memoria, una memoria collettiva con la quale i greci rievocano il passato per migliorare il presente: una memoria passata ma dinamica, che invade il futuro. il tempo in cui si svolge il mito tuttavia non è collocabile in una linea cronologica poichè non è un momento definibile, ma una condizione esistenziale3 diversa da quella attuale, infatti, come si spiega negli

atti del convegno di Urbino sul medesimo tema, “conviene ricordare che le condizioni del

«tempo del mito» e i personaggi mitici in tutte le mitologie sono caratterizzati come diversi da quelli dell'esistenza quotidiana”4 rappresenta un termine a se stante. Attraverso il mithos vengono spiegati fenomeni appartenenti alla vita umana come la morte5, la malattia, il progresso,

le crisi e molto altro; queste condizioni non sono sempre state presenti nella vita dell'uomo e, proprio grazie al mito, si possono spiegare i cambiamenti che hanno portato alla situazione attuale.

La mitologia, e le immagini relative ad essa, possiedono dunque un'importanza collettiva: i diversi medium (poesia, poema e immagine) cercano di trasmettere messaggi etici, indicando il 1 Il mito greco, atti del convegno (Urbino 7-12 maggio 1973) a cura di Bruno Gentili e Giuseppe Paioni, edizioni

dell'Ateneo & Bizzarri, Urbino, 1973.

2 Si prendano come esempio le formule che usano i poeti che recitano i poemi, raccontando una storia iniziano con formule del tipo ho sentito dire, si dice che.

3 M.Calì B. Zannini Quirini, Guida al mito greco, editori riuniti, Roma 1987. 4 Il mito greco, atti del convegno cit. p 17.

5 La morte costituisce la prima discriminante utile per separare la sfera divina e quella eroica: gli eroi sono superiori agli uomini ma non sono divinità in quanto mortali; tuttavia ciò che eleva gli eroi è la tomba, il culto funebre li rende immortali quasi quanto gli dei.

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comportamento del buon cittadino, avendo come protagonisti i nuclei primari di ogni comunità, la famiglia, e gli eroi che svolgono il ruolo di exemplum.

Il mito diventa così metafora della società, come spiega Walter Burkert “la metafora infatti è un

artificio fondamentale del linguaggio per nascondere parole non familiari con parole familiari sulla base di una parziale somiglianza”6, e si carica di un valore sacro che permette di accettare i racconti senza alcun bisgno di dimostrazione razionale; esso ha come principale scopo quello di spiegare, attraverso le allegorie, all'uomo la natura della sua esistenza mortale, la sua posizione all'interno della realtà e la sua “storia”.

La mitologia si configura quindi come un corpus di racconti mitici che accomuna una civiltà; nessuno di essi è analizzabile singolarmente a causa della fitta rete di relazioni che legano personaggi, luogi e situazioni. Lo studioso tedesco continua spiegando che le principali caratteristiche dei racconti si ripetono: ogni storia ha una struttura tripartita che comprende arché o inizio, peripètia cioè peripezia o sconvolgimento e la fine che può consistere nello scioglimento dell'imprevisto, lysis, oppure in una katastrophé. In ogni leggenda si contrappongono almeno due personaggi, un protagonista e un antagonista con caratteristiche fisiche e morali opposte; il buono, kalos kai agathos per dirlo alla greca, finirà per trionfare sul malvagio nonostante il fato gli sia avverso, condizione che renderà ancora più spettacolari le capacità dell'eroe e conferisce inevitabile clamore alla sua vittoria.

Se il testo orale o scritto descrive chi agisce nelle storie fornendo al pubblico il nome, le caratteristiche fisiche e morali e le azioni (personaggio totalmente riconoscibile), nel panorama figurativo è necessaria una maggiore attenzione per comprendere personaggi e gesti. Seguendo la spiegazione di Margot Smith, la prima peculiarità deve essere la leggibilità delle immagini, questa si attua attraverso meccanismi di riconoscimento che sono possibili grazie ad una ridondanza delle unità figurative che lasciano completare allo spettatore un processo interpretativo7; lo spettatore riesce a identificare un personaggio per mezzo delle situazioni, delle

immagini arcane e attributi tipici, forniti dalla tradizione spesso mediante τόποι8. È naturale che,

aumentando il numero di immagini disponibili, incrementi di conseguenza la capacità di identificare personaggi e temi. Talvolta è possibile imbattersi in situazioni diverse: in casi in cui alla figura viene accostata un'iscrizione detta anche “parola esplicativa, il sostantivo che descrive

un concetto in aiuto dell'immagine”9 che può essere il suo nome, se si tratta di un eroe, una

6 Walter Burkert, Mito e rituale in Grecia struttura e storia, traduzione di Francesco Nuzzacco, Laterza editori, Bari, 1987 cit. p 46, le storie del mito non sono totalmente sovrapponibili a quelle umane perchè i protagonisti non sono mortali ma eroi o divinità.

7 Margot Schmidt, Iconografia del mito, Einaudi, Torino, 1997.

8 Topos la parola greca significa luogo, regione ma in retorica allude al luogo comune, stereotipo. 9 Burkert Walter, Mito e rituale in Grecia, cit. p 32.

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divinità o un personaggio mitologico, oppure la sua definizione se sono personificazioni.

La nostra attenzione sarà rivolta ai centauri e, di conseguenza, al mito della centauromachia, con inevitabili riferimenti ad altri racconti che vedono protagonisti, insieme agli esseri mitologici, altri eroi greci come Eracle e Teseo.

La nascita dei Centauri

Partendo dall'etimologia del nome greco si possono accogliere due possibili interpretazioni. I centauri possono essere un popolo pastore, se consideriamo le radici del verbo kentein che significa pungere e quella della parola tauros tori; la leggenda racconta che un re, avendo perso i suoi tori, avesse inviato un gruppo di uomini alla ricerca degli animali e questi utilizzando un pungolo li abbiano ricondotti alle stalle del sovrano. In seconda analisi potevano essere visti come un popolo di cacciatori se consideriamo il medesimo predicato ma abbinato alla parola

auros che significa lepri, in questo caso l'accezione che dobbiamo dare al verbo è di cacciare.

Un'altra tradizione li vuole figli di Apollo e Ebe, eterna giovinezza, e li collega alla sfera celeste, alla luminosità dei raggi del sole o alle nuvole che cavalcano in cielo vicino al sole a cui è consacrato il dio10.

Secondo la mitologia greca raccontata da Pindaro i centauri invece nascono dall'unione del violento Issione, re dei Lapiti popolo che abita la Tessaglia, e Neféle (dal greco Nefele che significa nuvola)11. Zeus aveva perdonato Issione per l'uccisione di Deioneo (padre della sua

sposa Dia)12 e lo aveva ammesso all'Olimpo, sul sacro monte però l'uomo si innamora di Era; il re

degli dei, volendo mettere alla prova il sovrano, trasforma Neféle nelle sembianze della divina sposa, i due si uniscono e vengono scoperti da Zeus, che punisce Issione, “due colpe

gl'infliggono castigo”13, legandolo ad una ruota del carro di Apollo costringendolo a girare

all'infinito insieme al sole. Dalla peccaminosa unione priva di charis (grazia, amore), nasce Centauro un mostro feroce che si unisce alle cavalle della Magnesia14 dando origine alla stirpe dei

centauri simili al padre nella testa e alle madri nel corpo.

I κένταυροι sono quindi una collettività mitica: “gruppi la cui caratteristica predominante

consiste nell'assoluta similitudine di caratteri fisici e norme di comportamento tra tutti coloro che vi appartengono”15 dell'antica grecia. Essi vengono descritti come individui dalla duplice

10 Tre diverse origini vengono citate nella tesi di laurea di Manuela Gori 1976: due interpretazioni sono di natura etimologia, metre l'ultima è una leggenda di cui non è indicata la fonte bibliografica.

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12 Lunga tradizione degli assassinii di parenti che costellano la mitologia greca.

13 Pindato, Pitiche, libro I vv 30-31. due colpe aver ucciso il fratello e aver desiderato la moglie di Zeus.

14 Collocazione geografica che non ci stupisce dal momento che i miti e i relativi personaggi hanno diverse origini a seconda della regione greca in cui si svolgono, nel nostro caso è la Tessaglia.

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natura: uomini fino al bacino e nella parte inferiore cavalli, possiedono di conseguenza le caratteristiche di entrambi i generi16. Alcuni esemplari della specie vengono descritti come

estremamente saggi come Chirone a cui viene assegnato l'incarico di educare il giovane Achille, ospitali come nel caso di Folo che accoglie Eracle e gli offre del vino. Questi individui non sono che una esigua minoranza, se non un'eccezione, all'interno della specie che è comunemente di carattere lussurioso e violento (prendiamo ad esempio Nesso che rapisce Deianira, i centauri che inseguono Atalanta e gli esemplari della centauromachia).

Un ulteriore elemento è costantemente presente in ogni descrizione degli animali: non possono bere il vino puro, l'ebrezza che caratterizza questi personaggi è infatti un'estasi negativa che conduce la collettività alla violenza ed allo stupro, unica possibilità di relazione con il sesso femminile17, motivo per cui si scatena la centauromachia come si racconta nell'Odissea:

“Il vino dolcezza di miele ti turba, che a molti

fa male, chi a gola aperta tracanna e non beve a misura. Il vino che un centauro, il glorioso Euritione,

fece impazzire dentro la sala di Piritoo magnanimo, tra i Lapiti; e quando la mente sua fu travolta dal vino, furibondo commise delitti in casa di Piritoo;

strazio prese gli eroi, e per il portico fuori

lo trascinarono, balzati in piedi, mietuti gli orecchi col bronzo spietato, e il naso; così, stravolto di mente, se n'andò, trascinando la sua sventura nel pazzo cuore. Di qui fra i centauri e gli eroi guerra nacque,

ma a se stesso per primo provocò pene, ubriacandosi”18

Le Metamorfosi restano tuttavia la fonte classica principale in cui viene descritta puntualmente la battaglia tra centauri e Lapiti, più precisamente nel dodicesimo libro19, quando Achille chiede che

sia raccontata la storia di Ceneo20, da molti conosciuto per le sue eroiche gesta in battaglia.

Ovidio inizia così a cantare la trasformazione di Cenide: la donna violentata dal dio del mare, collettività mitiche dell'antica grecia.

16 Lucrezio De rerum natura libro II vv 878-944.

17 Zoja Luigi, Centauri, mito e violenza maschile, Laterza editori, Bari, 2010. nel suo libro Zoja prpone un parallelo tra il comportamento dei centauri del mito greco e quello di alcuni soggetti che attuano uno stupro di massa in seguito a sostanze stupefacenti ed alcool.

18 Odissea libro XXI versi 293-94.

19 vv. 189-209 viene raccontata la storia di Ceni, poi nei vv. 210-535 lo svolgimento della centauromachia. 20 Formula molto freqente che un personaggio o un eroe chieda che venga raccontata la storia di altro

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Poseidone, viene trasformata come lei stessa chiede alla divinità in un uomo21, per non dover più

subire oltraggi e violenze22; nasce così l'invincibile guerriero lapita kaineus (la parola ha la

medesima radice dell'aggettivo kainos che significa nuovo, il personaggio rinasce infatti come nuovo uomo)23.

“Figlia di Eláto, Ceni, la più bella fanciula della Tessaglia,

era così nota per il suo fascino, che molti pretendenti delle città vicine e delle tue (era infatti della tua terra Achille) la desideravano e la sognavano invano. Anche Peleo avrebbe forse cercato di averla in moglie, se non fosse già toccata in sorte, o almeno già promessa, la mano di tua madre. Ceni non volle sposare

nessuno, è vero, ma mentre vagava lungo una spiaggia deserta fu violentata dal dio del mare: così raccontava .

Nettuno, colte le gioie di quell'avventura amorosa, le disse: “qualunque tuo desiderio, stai tranquilla,

sarà esaudito: scegli cosa vuoi”. Anche questo si raccontava. E Ceni: “l'oltraggio che ho patito mi fa scegliere il massimo: che mai più debba subire tale affronto. Fa che non sia più femmina e mi avrai dato tutto”. Le ultime parole lei pronunciò

con un tono grave, con voce che poteva sembrare d'uomo, come ormai era. Il dio degli abissi marini aveva acconsentito al suo desiderio, e in più le aveva concesso d'esser uomo immune da ferita e che mai potesse soccombere a un'arma.

Lieto del dono l'Atracide se ne va a trascorrere l'esistenza i attività virili, aggirandosi dove scorre il Peneo.”24

Nelle Metamorfosi viene taciuto che l'uomo, fin troppo orgoglioso del suo dono, decide di piantare la lancia in mezzo alla piazza della sua città e farsi venerare come un dio dai cittadini; Zeus decide di punire la sua tracotanza25 scatenandogli contro la violenza dei centauri, che lui

21 Forbes Irving P. M.C., Metamorphosis in greek myths, Clarendon Press, Oxford, 1990.

22 Zoja, ancora una volta usando il libro dello studioso di centaurismo si comprende il comportamento della donna: Ceni, dopo essere stata violentata, chiede di non subire più nulla di simile e di conseguenza viene trasfomata in un uomo, guerriero che tuttavia usa nuovamente violenza contro il prossimo procurandosi la morte.

23 LIMC voce kaineus pag.884, volume VI. 24 Metamorfosi di Ovidio libro XII vv 189-209.

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stesso istiga all'omicidio durante il banchetto nuziale di Piritoo e Ippodamia. Le bestie riescono a uccidere l'invincibile guerriero infrangendo la profezia che lo rendeva solo apparentemente indistruttibile: l'uomo, immune alle armi, viene soffocato dai nemici che lo sotterrano con sassi e fronde impedendogli di respirare; secondo la leggenda dal mortale cumulo esce un uccellino dal piumaggio fulvo26 che, librandosi nel cielo viene interpretato come l'anima di Ceneo, ormai

tornato Ceni27.

Ovidio, dopo aver raccontato la trasformazione di sesso di Ceni, inizia a spiegare il motivo per cui si scatena quella che prende il nome di centuromachia, raccontata perchè vi agisce e perisce lo stesso Ceneo. Pirotoo, figlio di Issione re dei Lapiti, e Ippodamia, colei che doma i cavalli, si sposano e decidono di invitare al banchetto nuziale tutte le divinità dell'Olimpo, eccetto Ares ed Eris28, i Lapiti e la vicina popolazione dei centauri (il banchetto si tiene in una grotta per

l'affollamento dei numerosi ed eterogenei invitati). Gli esseri biformi tuttavia non essendo avvezzi a bere il vino puro come gli uomini, ben presto sono ubriachi e, alla vista della bellissima e vergine29 sposa, il centauro Eurito30 si precipita verso di lei tirandola per i capelli, la vuole

rapire e violentare. Al folle gesto dell'ospite segue la reazione dei lapiti, per primo si adira Teseo amico dello sposo offeso, dopo di lui gli altri invitati devono proteggere donne e fanciulli, presi in ostaggio dal resto dei centauri che seguono l'esempio dell'infiammato compagno. La situazione sfocia velocemente in una guerra tra i due popoli descritta in modo molto meticoloso dall'autore (210-535 vv.) che, come la tradizione classica richiede, descrive la battaglia attraverso monomachie31; lo scontro si protrae per lungo tempo, periscono molti personaggi di entrambi gli

schieramenti fino alla vittoria dei Lapiti che riescono a confinare gli esseri biformi in terre lontane grazie all'aiuto dell'eroe Eracle.

Prime rappresentazioni di Centauri e Centauromachia nell'Arte Greca

Il centauro fa la sua solitaria comparsa nell'arte già nel III millennio a.C., la relativa iconografia dalla divinità rispetto ai limiti che separano le due sfere mortale e divina. Ubris punita con la morte.

26 Il colore biondo-rosso dell'uccello che si libra nell'aria fa pensare alla fenice, ulteriore riferimento alla rinascita dopo la morte che l'animale compierebbe nascendo dalle proprie ceneri.

27 Zoja, Centauri mito e violenza maschile. La giovane Ceni dopo aver subito violenza per mano del dio del mare chiede di essere trasformata per non subirne più in realtà chiedendo questa metamorfosi impone violenza contro se stessa modificandone la natura; una volta divenuta un valoroso guerriero muore però per contrappasso a causa della violenza dei centauri contro altri uomini. Ciclo di violenza senza una fine.

28 Probabilmente duplice causa della guerra Zeus vuole punire Ceni/Ceneo per la sua condotta e Ares e Eris vogliono punire gli sposi per non essere stati invitati alla celebrazione delle nozze.

29 Parallelo con la storia di Atalanta: figlia di Iasio re dell'Arcadia venne abbandonata sul monte Pelio dal genitore che attendeva un erede maschio, qui Atena mandò un'orsa ad allevarla, i centauri cercano di violentare la giovane che tuttavia molto abile nell'arte della caccia riesce a difendersi dagli aggressori.

30 Lo stesso Eurito precedentemente tenta di sposare Deianira, ma il futuro sposo Eracle on permette che accada, dopo anche Nesso proverà a rapire la donna, questi centauri vengono uccisi per questo dall'eroe.

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si sviluppa tuttavia piuttosto tardi; nella glittica tardo-micenea è presente l'animale, ma non è ancora codificata la sua rappresentazione. La figura biforme compare dunque nella scultura in bronzo e nella produzione delle ceramiche del periodo protogeometrico; come intuibile dal nome questo stile, sviluppatosi tra il 900 ed il 700 a.C., si riconosce dall'uso di motivi geometrici a scapito di quelli figurativi che risultano molto stilizzati e calligrafici.

Dopo alcuni secoli le decorazioni iniziano a comprendere alcune figure, due in combattimento nella maggior parte dei casi, ed una migliore resa dei volumi. Alla fine del VII secolo si sviluppano alcuni topoi figurativi, tra cui quello di Ceneo e Eracle; bisognerà attendere il V secolo a.C. per assistere a scene più complesse con numerosi gruppi di personaggi in azione. Dal IV secolo a.C. i centauri saranno caratterizzati inoltre da una maggiore “umanità”: il pittore Zeusi32 decide di rappresentare una famiglia di centauri in cui una centauressa sta allattando i due

figli uno alla maniera degli uomini, dal seno, e l'altro come un puledro. Il dipinto, già perduto dall'antichità, era visibile a Luciano grazie ad una copia presente ad Atene, da questa descrizione si è perpetuata una tradizione del tema iconografico che arriva fino ad alcuni disegni realizzati in età moderna da Botticelli, passando per Dürer e Falconetto33 (FIG.1).

I primi esempi di Centauromachia compaiono quindi relativamente tardi nei vasi e nelle molteplici forme di decorazioni scultoree dell'antica grecia. La popolazione greca è particolarmente fedele al tema della centauromachia, spesso accostata alla amazzonomachia e ad altre battaglie combattute dagli ateniesi per difendere il loro popolo e la loro terra da nemici di varia natura, non meno agli eroi che le combattono. Eracle sarà per secoli il personaggio chiave della mitologia greca, solo nel VI secolo verrà sostituito dall' “eroe nazionale degli Ateniesi”34

Teseo. Spesso risulta problematico il riconoscimento del tema mitologico da quello quotidiano o generico di battaglia. Sappiamo che i greci nei loro giochi olimpici erano soliti praticare anche la lotta e tali temi erano frequentemente dipinti anche su apparati vascolari; altre decorazioni possono altrimenti rappresentare guerre combattute dal popolo ellenico senza alcun riferimento mitologico preciso come i nomi dei personaggi o particolari oggetti che identifichino l'eroe o il contesto leggendario.

Nel caso specifico della centauromachia è utile seguire le linee guida che propone Monica Salvadori. La studiosa cattura tre momenti salienti nella storia della battaglia: la partecipazione 32 Pavese Carlo Odo, La famiglia dei centauri Descrizione del dipinto di Zeusi proposta da Luciano II secolo d.C. Che

viene usata anche da artisti successivi come Sebastiano Ricci per ricreare la scena originaria della femmina di centauro che allatta due pargoli, anche questi dalla doppia natura, uno con la mammella umana e l'altro come un puledro, mentre il padre centauro li osserva da sopra, ripresa puntuale di Luciano per ricreare un dipinto antico perso fin dall'antichità.

33 Giuliano Antonio, La famiglia dei centauri, ricerca su tema iconografico, in «Studi di storia dell'arte in onore di Valerio Mariani» Napoli, 1972, pp. 123-130.

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dei centauri alla cerimonia nuziale di Piritoo e Ippodamia, il rapimento delle donne che scatena la rissa durante il banchetto che si svolge in un interno e, infine, la battaglia che si combatte all'esterno tra uomini e centauri35.

Possiamo quindi identificare alcune varianti iconografiche: i centauri rapiscono le donne durante il ricevimento nuziale, i lapiti difendono le loro spose rapite, uomini e centauri combattono all'esterno e l'aggiuntivo episodio della morte di Ceneo. A seconda del tipo di rappresentazione che viene inscenata, dall'ambientazione interna o esterna, dalla presenza delle donne e da quali attributi possiedono i centauri, si comprende se il combattimento è relativo al mito della Centauromachia. In caso contrario si può asssistere alla battaglia di uomini e centauri in un interno, nel caso del mito di Eracle e Folo; se altrimenti dipinge il caso isolato di ratto si tratta del rapimento subito da Deianira.

Ceramica e Pittura vascolare

Gran parte dell'arte figurativa greca rappresenta la mitologia, questa purtroppo è in larga misura andata perduta, trovandosi su palazzi e tempi antichi. La fonte principale delle immagini che sono giunte fino a noi sono dunque quelle dei vasi dipinti, tali oggetti venivano usati come arredo funerario oppure come dono votivo nei santuari; data la dimensione e la loro estrema trasportabilità sono gli oggetti che più facilmente sono stati esportati dalla civiltà classica e hanno ampliato la conoscenza della cultura greca fuori dai suoi confini geo-politici. I vasi in cui viene rappresentata la figura del centauro sono molto numerosi, eseguiti a figure nere, con la tecnica a figure rosse a partire dal 530 a.C., oppure esemplari bilingui. Le terracotte presentano alcune scene ricorrenti, Peleo che affida Achille al centauro Chirone oppure due varianti con protagonista Eracle36: con il centauro Folo, in atteggiamenti amichevoli, oppure contro il centauro

Nesso. Quest'ultimo personaggio viene rappresentato altrettanto spesso nell'atto di rapire Deianira, iconografia che accomuna questo episodio con la centauromachia dove i centauri sono dipinti, come racconta Ovidio, nell'atto di rapire donne e fanciulli.

Eracle è uno dei primi eroi ad essere rappresentati nella pittura vascolare, si prenda ad esempio un'anfora a figure nere37 del VII secolo a.C. in cui assume una posa molto dinamica e virile: sul

collo del recipiente viene rappresentato l'eroe che, appoggiando una gamba sulla groppa del 35 Salvadori Monica, Captaeque erat urbis imago, il tema della centauromachia fra Ovidio e la tradizione

iconografica , in «Aquileia e Glittica» 2009.

36 La figura mitologica di Eracle è molto importante per i Greci, spesso rappresentato in combattimento fino alla metà del VI sec. quando nasce una nuova iconografia quella dell'apoteosi, alla fine dello stesso secolo fiorirà il culto di Teseo, nuovo eroe nazionale degli ateniesi.

37 Pittore di Nesso, anfora protoattica con Eracle e Nesso, dalla necropoli di Dipylon, altezza 1,22 m, tecnica a figure nere, 600-590 a.C., Museo Archeologico di Atene.

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centauro, gli afferra la testa tirandolo all'indietro (FIG.2); il medesimo modulo verrà associato anche a Teseo contro il minotauro o ancora contro i κένταυροι. Questa immagine sarà molto utile alla scultura e molti sono i casi in cui l'arte moderna volge il suo sguardo alla tradizione greca classica.

Uno dei modelli più celebri che riassume quasi interamente la categoria vascolare è senza alcun dubbio il Cratere Francois38 realizzato da due artigiani Kleitias e Ergotimos, rispettivamente

ceramografo e ceramista attivi intono al 570 a.C. ad Atene. Il cratere a volute, tipologia di vaso utilizzata per mescolare vino ed acqua durante i banchetti, è decorato con la tecnica a figure nere e rappresenta alcuni dei più importanti miti dell'antichità greca; la decorazione appare complessa e organizzata allo stesso tempo (FIG.3-4) uno dei primi esempi di programma iconografico. Sul labbro vengono rappresentati due fregi sovrapposti: da un lato la caccia al cinghiale calidonio e la corsa dei carri al funerale di Patroclo, dall'altro l'arrivo di Teseo a Delos e la centauromachia. La decorazione continua sul corpo del vaso dove i fregi diventano tre, il primo rappresenta le nozze di Peleo e Teti, la fascia sottostante comprende il mito di Troilio e il ritorno di Efeso in Olimpo; la decorazione più bassa del ventre è continua e descrive animali in lotta. Sulle anse sono raffigurate all'interno delle gorgoni e all'esterno Artemis, regina degli animali, e Aiace che porta il corpo senza vita di Achille e, infine, sul piede Pigmei in lotta con le gru. Nonostante le notevoli dimensioni del vaso le figure non trovano una resa volumetrica soddisfacente, i loro corpi snelli sembano però agevolati nelle azioni, svolte con evidente libertà di movimento, suggerendo continuità alle storie raccontate dal repertorio iconografico39, se già così si può definire.

Nella fascia in cui è descritta la centauromachia si vede un centauro che lancia una pietra chiara contro θησέυς (Teseo non compare a causa della lacuna), accanto si vede il corpo di un animale ormai caduto e la groppa di un secondo che combatte con Antimaco, di cui rimane solo l'elmo ed il braccio destro sollevato con la lancia. Prosegundo la lettura vengono rappresentati da un lato tre esemplari Ulaios (Ileo) a sinistra, dall'altra parte Acrios (Acros) e Asbalos (Asbolo), con il manto candido, che seppelliscono con pietre e rami il guerriero Kaineus (Ceneo). Il corpo del bianco animale mitologico viene parzialmente coperto da un suo compagno che sta combattendo con una fronda il nemico lapita armato di scudo, lancia ed elmo; sull'estrema destra si vedono il corpo di un centauro caduto e, sopra di lui un altro che sta vendicando il defunto stringendo tra le mani due grandi pietre. Il vaso parzialmente danneggiato non ci permette di osservare pienamente la figura di Ceneo, rimane tuttavia percepibile che il personaggio viene rappresentato, come in 38 Kleitias e Ergotimos, Cratere Francois, 66x57 cm, tecnica a figure nere, Museo Archeologico di Firenze.

39 Storia dell'arte universale L'antichità classica, Grecia Roma e il mondo metiderraneo. Il repertorio iconografico è vasto e comprende molteplici categorie: scene di genere se così si possono definire nella grecia antica,

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altri vasi e in alcuni casi della scultura tombale40 (FIG. 9), solamente nella parte alta del corpo,

non compare mai a figura intera, soltanto il busto emerge dalla linea dell'orizzonte probabilmente per avvalorare la tradizione secondo la quale muore per soffocamento, sepolto da oggetti, per mano dei centauri che lo seppelliscono vivo sotto pietre e rami.

Eracle viene rappresentato anche in compagnia dell'ospitale centauro Folo41 nella seconda anfora

presa in esame (FIG.5): l'imponente centauro, stringe la mano del semidio, i due personaggi hanno la stessa dimensione sintomo di una parità di importanza tra le figure. Il centaro in questo caso ha con sé gli attributi propri della sua specie: un mantello nella parte superiore e un ramo appoggiato sopra la spalla sinistra, elementi spesso omessi.

Il prossimo vaso appartiene alla collezione del museo archeologico di Atene ed è realizzato a figure nere; il reperto descrive la presentazione di Achille a Chirone42 (FIG.6). Il centauro

presenta una doppia natura e si trova di fronte a Peleo, tra i due personaggi appare Achille, ancora piccolo perchè la lggenda lo vuole bambino quando viene affidato al saggio centauro, quest'ultimo lo accoglie con tenerezza poggiandogli una mano sulle spalle.

Profondamente diversa è l'iconografia legata alla rappresentazione del rapimento di Deianira ad opera del centauro Nesso ( FIG.7), prendiamo come esempio un kylix43 molto successivo

realizzato da Aristofane, all'interno del quale viene dipinto a figure rosse un centauro con le zampe anteriori alzate che, con le braccia, solleva la bellissima donna (simile ad una menade danzante), la giovane a sua volta cerca con lo sguardo aiuto nell'amato Eracle, facilmente riconoscibile anche senza iscrizione grazie ai suoi attributi classici, pelle di leone e clava, che sta usando per colpire l'animale alle spalle. Nonostante l'eroe sia in gran parte oscurato dal corpo equino si riesce ugualmente a percepirne il movimento: caricando il peso sulla gamba destra piegata l'uomo sta agitando la clava sopra la testa preparandosi a sferrare un colpo contro il nemico.

Attraverso questo escursus di opere, che tentano di presentare un'evoluzione stilistica cronologica e iconografica della figura del centauro, si approda alla rappresentazione della centauromachia nella pittura vascolare che fornirà una solida base alla scultura successiva.

Come la tradizione, e i casi presi in esame ci insegnano, i centauri sono sempre rappresentati biformi, nella maggior parte dei casi con le zampe anteriori sollevate da terra, in segno di 40 Erwin Panofsky, La scultura funeraria dall'antico Egitto a Bernini, traduzione a cura di Pietro Conte, Einaudi,

Torino, 2011.

41 Anonimo, Eracle e il centauro Folo alla presenza di Ermes, anfora attica a figure nere, Museo Nazionale di villa Giulia, Roma.

42 Pittore di Edimburgo, Peleo che affida l'educazione di Achille al centauro Chirone, tecnica a figure nere su vaso bianco, 500 a.C. ca, da Etreria, Museo Archeologico di Atene, Atene.

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selvaggia ribellione, e combattono con rami o pietre (quasi mai vasi negli oggetti osservati), elementi rudimentali, mentre i guerrieri lapiti sono in armatura o nudi e provvisti di arco, scudo e/o lancia; i personaggi sono accompagnati talvolta dal proprio nome per favorire la comprensione dell'episodio, infine la battaglia si svolge attraverso μονομαχία, episodio singolo di duello.

Architettura e Scultura

Per quanto rigurda l'architettura e la scultura abbiamo alcuni esempi molto importanti di Centauromachia: il Theseion di Atene, il tempio di Zeus ad Olimpia, il Partenone ed il tempio di Apollo Epicuro a Bassae.

Il Θησείον, chiamato così perché creduto luogo di sepoltura dell'omonimo eroe, era un edificio sacro consacrato a Efesto e ad Atena; costruito intorno alla metà del V secolo a.C. era un santuario ionico esastilo con tredici colonne sul lato più lungo, con un pronao più profondo rispetto all'opistodomo. Per quanto riguarda l'apparato decorativo sappiamo che i frontoni dovevano essere dedicati a est alla divina Atena e ad ovest si inscenava una Gigantomachia, lungo il perimetro del tempio correvano numerose metope che raffigurano i maggiori eroi greci, Eracle e il suo “erede” Teseo. Siamo a conoscenza anche dei temi rappresentati nei fregi: sul lato orientale viene ipotizzata la rappresentazione di Teseo che combatte con le Pallantidi, ad occidentale lo stesso eroe impegnato nella Centauromachia (FIG.8). Nell'immagine conservata la superficie viene lavorata in altorilievo quasi diventando in alcuni passaggi un tuttotondo staccato dal piano di appoggio, si può osservare inoltre l'insistenza con cui il mito di Ceneo veniva rappresentato nell'arte classica a partire dalla fine del VII secolo a.C. e come costituisse il climax dell'intera centauromachia: due centauri uniscono le loro forze per sollevare un pesante macigno contro il guerriero che viene presentato, come da tradizione, solo nella parte alta del corpo ormai prossimo al suo ultimo respiro.

Il tempio di Zeus ad Olimpia viene invece costruito tra il 470 ed il 460 a.C.; dopo le vittorie sui Persiani, i Greci decisero di fondare una nova città Elis, oggi Olimpia, e con essa il nuovo santuario. La struttura è un periptero esastilo con tredici colonne sul lato più lungo, il crepidoma è rialzato da terra di tre metri ed ha una scalinata all'ingresso (lato est); al suo interno l'edificio presenta due colonne in antis sul pronao e sull'opistodomo, le zone che si trovano rispettivamente prima e dopo la cella all'interno della quale si trovava la statua crisoelefantina del dio, oro e avorio ad opera di Fidia, come nel caso di Athena Parthenos. La decorazione scultorea è di stile severo e comprende due frontoni che rappresentano ad est Enomao che organizza una gara di corsa sui carri il cui vincitore, Pelope, riceve come premio la mano della figlia Ippodamia; ad ovest invece viene rappresentata la centauromachia (FIG.10-13). Le figure del timpano orientale

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sono particolarmente rigide e ieratiche mentre quelle del lato opposto risultano molto più dinamiche, i personaggi movimentano la composizione alternando nudità e vesti, natura umana e bestiale. Il complesso decorativo dell'edificio è completato dalle metope che raccontano le fatiche di Ercole, queste procedono dalla giovinezza alla maturità del semidio e sono suddivise sotto i due timpani alternate a triglifi con soluzioni geometriche.

Il frontone ovest con la centauromachia44 è composto da sculture a tuttotondo che si sviluppano ai

lati della statua di Apollo, nudo con un morbido mantello che copre la spalla destra e passando dietro la schiena si avvolge al polso sinistro, che occupa il centro dell'architettura. I marmi, sebbene piuttosto frammentari, lasciano trapelare una forte idea di movimento che unisce fanciulle, centauri e lapiti; le donne sono figure sinuose e (semi)vestite di leggeri panni, i centauri sono mostruosi esseri barbuti e gli uomini sono invece valorosi guerrieri nudi. Accanto al dio del sole compaiono Teseo e Piritoo, rispettivamente a destra e a sinistra, di entrambi i personaggi rimane solo la testa e parte di un braccio, l'unica differenza consiste nel volto barbuto del più adulto Piritoo; le loro pose e le fattezze ricordano le famose statue ateniesi dei Tirannicidi45. I

corpi dei tre personaggi maschili, posti in evidenza al centro del timpano, offrono un esempio della bellezza maschile che personifica la nudità eroica e gloria dei guerrieri greci.

Continuando a osservare il complesso scultoreo, alla sinistra di Apollo (lato del braccio disteso) si può vedere un gruppo che ricorda il modulo Nesso-Deianira (FIG.12), l'animale solleva con le braccia la donna; del lato opposto è rimasto quasi intatto un centauro che, con le zampe equine alzate, sta lottando con una lapita che cerca di allontanare con le braccia il suo barbuto volto, della giovane sono superstiti soltanto le braccia e parte della veste che, drammaticamente animata di pieghe, si muove sotto il corpo del rapitore. Le altre sculture che rimangono percepibili sono principalmente due figure femminili: una si sta piegando seguendo la direzione obliqua del frontone, per scappare dal centauro che le trattiene una caviglia (FIG.11), e l'altra riprende la posizione dell'Afrodite accovacciata posta nell'altro lato del timpano. È inoltre visibile un torso maschile ed un parziale gruppo in cui un centauro, con le zampe piegate sintomo di sottomissione, morde il braccio che un guerriero greco gli ha stretto attorno al collo (FIG.13). Un particolare mostra come l'orecchio dell'uomo sia “a cavolfiore” tipico dei lottatori46, si può

dedurre quindi che le statue si rifacessero senza alcun dubbio anche agli atleti greci, le donne 44 Judith Barringer, Art, myth and ritual in classical Greece, Cambridge University Press, New York, 2008, chapter

one.

45 Anonimo, statua dei tirannicidi di Armodio e Aristogitone, Crizio e Nesiote, 477 a.C. , statua di marmo proveniente dalla Villa Adriana di Tivoli, h 182 cm, Museo Archeologico di Napoli, prima statua gre ca che rappresenta fatti storici contemporanei

46 Riferimento al Pugile in riposo delle terme , IV secolo a. C., 128 cm, statua in bronzo, Museo Nazionale Romano in Palazzo Massimo, Roma.

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invece si modellano sull'iconografia delle Amazzoni in parte vestite ma con un seno scoperto in lotta contro gli uomini.

Clamoroso esempio di statuaria e architettura antica è il Partenone, il celebre edificio sacro fa parte di un complesso progetto architettonico messo in atto da Pericle che decise di far costruire, insieme al tempio di Atena Parthenos, l'Eretteo ed il Propilei nell'acropoli ateniese. L'imponente santuario venne costruito da Fidia in collaborazione con l'architetto Iktinos tra il 447 ed il 432 a.C., ma già nel 438 venne posizionata la statua crisoelefantina della divinità all'interno della cella. La progettazione e l'ideazione della complessa decorazione monumentale del tempio sono da riferire interamente a Fidia, che infatti assume il ruolo di rappresentante dell'arte di Pericle. Il tempio octastilo periptero con diciassette colonne sul lato più lungo, ne presenta sei in antis sul

pronao e sull'opistodomo, e ventitre posizionate a ferro di cavallo intorno all'imponente scultura

nella cella, dietro il naos si apriva una stanza sorretta da quattro pilastri in cui venivano tenuti i paramenti della statua della dea; il santuario è rialzato da terra attraverso una serie di gradoni lungo tutto il perimetro. Nel tempio sono presenti tre tipologie di rilievo: le statue a tuttotondo dei frontoni, l'altrorilievo delle metope ed il bassorilievo del fregio continuo. I frontoni rappresentano ad est la nascita di Atena dalla testa di Zeus, ad ovest la disputa tra Atena e Poseidone per il dominio dell'attica. Le metope corrono lungo tutta la trabeazione dell'edificio e narrano un tema diverso per ogni lato: ad est le divinità contro Giganti, il trionfo dei giusti (gigantomachia), ad ovest gli Ateniesi che combattono le Amazzoni (amazzonomachia) Greci contro invasori stranieri, a nord la guerra di Troia (Ilioupersis) e a sud battaglia tra Lapiti e Centauri (centauromachia)47, che può essere interpretata come una lotta intestina tra le tribù

greche.

La novità del Partenone consiste nel fregio continuo interno, realizzato in stile ionico a differenza del resto della decorazione dorica, che si trova nella parte alta delle pareti del naos e descrive la processione delle Panatenee. Al corteo, che si teneva il giorno di nascita della dea, partecipavano tutti i cittadini liberi, comprese le donne che durante l'inverno avevano tessuto il prezioso peplo per la statua. La sfilata sacra presenta una duplice natura: dinamica nella parte in cui vengono scolpite le gare dei carri, quadrighe e opliti in corsa, lenta e solenne come un corteo funebre dove il resto della comunità offre libagioni alla dea; con l'idea di rappresentare il “corteo delle

Panatenaiche come un continuum eterno e sempre ripetibile”48. Il complesso di sculture

ornamentali del Partenone presenta tracce del precedente stile severo (tempio di Olimpia), ma ne aumenta notevolmente la libertà di movimento e la bellezza dei personaggi, siano essi divinità, 47 Tutti temi che vengono rappresentati riguardano la battaglia sostenuta dai greci contro gli invasori in particolar

modo contro i Persiani, l'inevitabile scontro di oriente e occidente. 48 M. Smith, Iconografia del mito, cit. p. 12.

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donne, guerrieri o centauri; le sculture di Fidia rappresentano senza alcun dubbbio la piena maturità dell'arte classica.

Delle novantadue metope totali ne sono sopravvissute solo diciannove, alcune ancora in loco, altre conservate insieme alle statue frontonali al British Museum di Londra. Le trentadue formelle dedicate alla centauromachia49 sono state in parte ricostruite (FIG. 15) sulla base di

quelle superstiti, di frammenti e di copie eseguite da artisti successivi, per cercare di ricreare completamente il ciclo figurativo. Secondo lo studio di Judith Barringer50 alcune metope ateniesi,

precisamente dalla tredicesima alla ventunesima, non presentano scene di lotta, ma uomini e donne in azioni meno violente; queste possono essere interpretate come scene del matrimonio di Piritoo e Ippodamia oppure episodi della vita di Teseo, eroe ovviamente connesso al tema della centauromachia, ma non è accertata questa seconda possibilità. Le sculture alternano episodi di vittoria e di sconfitta dei due gruppi, in alcuni casi sono rappresentate anche le donne rapite dai selvaggi esseri (FIG.17); gli esemplari che conservano la testa dei protagonisti mostrano il diverso trattamento del volto: i guerrieri greci senza barba e con un volto idealizzato, quello dei nemici drammaticamente espressivo e barbuto (FIG .15 Cfr. maschere teatro greco, corteo di Dioniso)51. La resa anatomica dei corpi, siano questi umani o equini, è elevatissima e supera la

rigidità dello stile severo precedente, i guerrieri compiono movimenti liberi e coprono con diverse soluzioni compositive lo spazio quadrangolare delle metope.

Contemporaneo al Partenone è il tempio di Apollo Epicuro a Bassae costruito da Iktinos, architetto dello stesso santuario di Atena Parthenos; l'edificio, peristilio esastilo con quindici colonne sul lato maggiore, venne edificato tra il 450 ed il 425 a.C. e dedicato al dio del sole per aver salvato la cittadina da una terribile pestilenza nel V secolo. La decorazione principale consisteva in un fregio marmoreo interno, che correva lungo il perimetro della cella sorretto da semicolonne; il rilievo occupava ben ventitre lastre di marmo, dodici delle quali rappresentano la lotta tra Ateniesi e Amazzoni, le restanti lo scontro tra Centauri e Lapiti. (FIG.18-20). In questo fregio si vedono combattere i Lapiti, valorosi guerrieri nudi, contro i centauri rappresentati ancora una volta come violenti esseri barbuti, che cercano di rapire donne eccezionalmente accompagnate da bambini in braccio (FIG.19); la resa del rilievo non è altissima, i corpi non compiono movimenti eccessivamente fluidi ma le soluzioni compositive risultano convincenti. 49 Si ricordi che la centauromachia si trova nel lato sud del santuario dedicato ad Atena e che il lato in questione

era il lato lungo dell'edificio rettangolare ospitava trentadue metope mentre i lati corti ne presentavano quattordici.

50 Judith M. Barringer, Art, Mith and Ritual, chapter two: the Athenian akropolis, femal power and state religion pp.59-108.

51 Jean Pierre Vernant, Pierre Vidal-Naquet, Mito e tragedia due, da Edipo a Dioniso, edizione italiana, Einaudi, Torino, 1991.

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Prima di confrontare le immagini presentate in questa panoramica, è utile soffermare l'attenzione sulla posizione che il rilievo della centauromachia occupa nelle diverse architetture: nel tempio di Zeus ad Olimpia occupa un frontone mentre nel Partenone sono metope che corrono sotto i frontoni e nel tempio di Efesto e Atena come in quello di Apollo a Bassae sono scolpite nel fregio interno dell'edificio. Diverse posizioni indicano una mutevole importanza del tema che varia conseguentemente al luogo di ubicazione del santuario, più o meno legato ad un determinato mito oppure alla divinità a cui è dedicato: ad Olimpia le sculture hanno una maggiore visibilità, nel tempio di Atena hanno una dimensione leggermente minore, ma non inferiore importanza, avendo una funzione di fondamento della storia della città insieme ad altre battaglie; in ultima istanza nel Theseion occupano un ruolo secondario come nel santuario di Bassae con una conseguente minor visibilità.

Dalla prima indagine iconografica che abbiamo effettuato possiamo individuare alcune somiglianze tra la produzione vascolare e l'apparato scultoreo: il modulo che abbiamo identificato con Nesso-Deianira di Aristofane (FIG.7) si ripete puntualmente prima nel frontone di Olimpia e poi nella metopa fidiaica (FIG.17), dove il brutale centauro sta sollevando una giovane donna, l'esito ovviamente è più convincente in questo episodio data la tridimensionalità delle figure che permette una migliore regia della scena narrata. Lo schema del rapimento della vergine è l'unico momento della storia in cui vengono rappresentati insieme centauri e donne, la presenza delle donne implica sicuramente l'ambientazione interna della cerimonia nuziale insieme alle armi improvvisate; le scene di battaglia che presentano solo gli uomini in combattimento con il popolo equino rappresentano il momento successivo della storia52.

Altro elemento di contatto tra la pittura vascolare e il Partenone è la bellissima figura del lapita che, con la gamba sinistra piegata, colpisce il torso del centauro il quale a sua volta sta per scagliargli addosso un oggetto sollevato sopra la propria testa (FIG.14). In questa scena si possono individuare due notevoli tangenze con altrettanti modelli iconografici: l'animale che sta per lanciare un vaso o un sasso, comune rappresentazione anche scultorea del centauro violento, ed il guerriero che, con la gamba piegata contro il nemico, tende un braccio verso di lui e con l'altro si difende53 gestualità impiegata da diversi eroi che combattono con alcune bestie (Teseo e

minotauro, Eracle contro leone ecc). Il gesto dell'animale biforme si ripete anche in altri riquadri 52 Si riprenda il testo di Salvadori Monica in cui si parla di rapimento delle donne all'interno e battaglia senza

donne all'esterno.

53 Come abbiamo visto in un'anfora fig.2 , la figura che compie questo medesimo gesto non è un qualsiasi soldato ma il semidio Eracle con la relativa iscrizione.

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della centauromachia, alterando la posizione del nemico si crea una sorprendente varietas: una volta in bilico che sta per cadere a causa di un vaso, un'altra chinato per terra che cerca di difendersi con lo scudo dal violento attacco.

L'altro τόπος è costituito dal centauro con le zampe anteriori genuflesse sottomesso al lapita che si appoggia con il ginocchio sopra il dorso del cavallo, che conservando la sua natura selvaggia, si imbizzarisce violentemente inarcando la schiena (FIG.15). Questo gruppo identificato dalla Salvadori come il modulo “centauro sottomeso-lapita con ginocchio piegato” (l'immagine corrisponde perfettamente al brano in cui Teseo monta in groppa a Beinore descritto nelle

Metamorfosi) è presente dalle prime pitture vascolari e si ripete fedelmente nel tempio di Bassae

e nel Partenone; sicuramente assume una maggiore credibilità nel secondo caso non solo per una miglior capacità da parte dell'artista ma anche grazie all'alto rilievo che, quasi raggiungendo un tuttotondo, ne amplifica la bellezza.54

Altro importante fotogramma della centauromachia è quello che rappresenta la morte di Ceneo, anche se non sempre presente. L'iconografia è opposta a quella di Erittonio55: il guerriero è

sempre dipinto con gli arti inferiori già dentro al terreno e visibile soltanto dalla vita in su mentre cerca di difendersi dall'attacco di due o più centauri che lo seppelliscono usando diversi oggetti, rami o pietre.

Dalle testimonianze visive del Partenone non sembra che le metope rappresentino tale episodio, nemmeno nel tempio di Zeus viene data importanza alla figura del guerriero lapita. Molto peso assume invece nella ceramica: è uno dei primi miti che viene rappresentato e codificato, già nel VI secolo è visibile sul cratere Francois (FIG.4). Appena un secolo dopo compare nel tempio di Efesto dove, pur occupando una posizione secondaria, è fondamentale la centralità della morte dell'eroe nel fregio scultoreo (FIG.8); nella medesima posizione la scena è scolpita anche sul bassorilievo del tempio di Bassae in cui il guerriero cerca di difendersi con lo scudo modello classico per eccellenza (FIG.20)

La centauromachia, e in particolare l'episodio della morte di Ceneo, è un tema strettamente connesso alla sfera funebre come topos della morte eroica sopraggiunta in battaglia. Si prenda ad esempio la testimonianza del sarocofago di Istanbul (FIG.9) in cui si glorifica la morte del soldato che tenta di proteggersi con lo scudo dai nemici, contemporaneo al santuario di Efesto appena citato, ma anche la produzione vascolare ricordiamo che molto spesso ha la funzione di 54 Importante influenza che questo modulo ha anche in epoca moderna, come testimoniano i capitoli successivi. 55 Secondo il mito Efesto cercò di violentare Atena ma questa, sottraendosi al rapporto, fece cadere il seme del

dio sulla terra, Gea, da cui si generò Erittonio; il dio veniva rappresentato dai greci con il busto fuori dalla terra da cui era nato, Ceneo è descritto allo stesso modo (visibile solo il busto) ma al contrario sprofonda nella terra, non emerge da essa.

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corredo funebre, avvalorando tale ipotesi.

Pittura Murale

Il mito della centauromachia viene rappresentato sempre meno frequentemente dopo l'età classica; durante il periodo ellenistico infatti le rappresentazioni sono sempre più spesso di genere e storiche, non mitologiche. Le pitture vascolari prodotte tra la fine del VI secolo ed il I secolo a.C. sono in un primo momento a fondo bianco o mezzatinta, sono influenzate da quelle murali e dipingono gruppi numerosi di personaggi attribuendo un'importanza sempre maggiore al paesaggio circostante che occupa mano a mano la scena insieme alle architetture che delineano gli spazi illusionistici. Successivamente la pittura murale greco-romana diventerà interessata a luce e colore come testimonia la storia raccontata dai vitali affreschi che adornano numerose ville a Ercolano, Stabia, Boscoreale e Pompei, proprio quest'ultima sarà l'exemplum della pittura murale per la nostra indagine iconografica.

La città di Pompei nasce nel VI secolo a. C., dopo le battaglie sannitiche e le guerre puniche, viene conquistata dall'impero romano dal I secolo a.C. e rimane sotto questo fino all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che la seppellisce completamente. Lo smisurato patrimonio artistico del luogo rimane nascosto fino al XVII secolo, momento in cui iniziano a comparire reperti della civiltà scomparsa; gli scavi archeologici più sistematici cominciarono soltanto un secolo dopo con la dinastia dei Borbone. Da questo momento Pompei ritorna al suo originario splendore. Un'eccezione, se non un vero e proprio unicum artistico, viene rappresentato dalla pittura murale della casa VII quella appartenente a Gavio Rufo. Sulle pareti, insieme a episodi della vita dell'eroe Teseo, è dipinto l'arrivo degli esseri biformi alla corte di Piritoo56. Il violento centauro

Eurito, protagonista della scena, si trova alle porte della corte del re al quale sta baciando la mano in segno di rispetto e gratitudine per l'invito ricevuto; dietro al sovrano si vede una nobile donna romana abbigliata di bianco, probabilmente Ippodamia accompagnata da una ancella (la donna è vestita di bianco perchè vergine e la ragazza che la accompagna non può quindi esserne la figlia). Dietro a Eurito, inchinato al cospetto del sovrano, si vedono i suoi compagni attendere pazientemente il loro turno per poter accedere alla dimora patrizia, prima che il banchetto nuziale abbia inizio; in primissimo piano ai piedi dei protagonisti si osserva l'unico dettaglio della pittura: il cesto di frutta offerto come dono di nozze (il valore positivo del dono presto si tramuterà in arma durante la rissa FIG.21).

56 Forse l'unico esempio in arte della presentazione dei centauri alle nozze di Piritoo, secondo la divisione nei tre elementi di Monica Salvadori.

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Arte storica Romana

L'arte romana, come quella greca, possiede una notevole vastità (temporale non solo geografica). In entrambi i casi infatti l'indagine in atto cerca di individuarne alcuni prodotti artistici volti a rappresentare exemplum di iconografie tradizionali o, al contrario, svolte degne di particolare attenzione.

Se l'arte classica greca rappresenta attraverso l'allegoria del mito anche fatti contemporanei, concentrandosi principalmente sull'etica del comportamento; quella romana non usa nessuna metafora per rendere gloria alle imprese dei condottieri del suo impero. Le battaglie rappresentate in scultura o in pittura altro non sono che un elogio pubblico del loro popolo, con lo scopo di aumentare la visibilità politica dei protagonisti. L'arte di questa civiltà traduce la res: fatti di interesse pubblico, civile e militare attuando costantemente richiami che permettono una esatta storicizzazione del soggetto. Anche se inizialmente il popolo italico provava un leggero disprezzo per quello che comprendeva il mondo greco, in un secondo momento iniziò ad accettarne ed emularne la bellezza classica. Per quanto riguarda le sculture è noto che in larga parte i rilievi greci venissero riutilizzati ed inseriti in cicli di decorazioni più ampie, oppure copiati dall'antico; il popolo romano infatti è conosciuto per le numerose copie di opere d'arte che ha lasciato. Le decorazioni scultoree romane originali non sono però del tutto assenti; esse propongono scene mitologiche dal primo quarto del II secolo a. C. per contaminazione col mondo greco mentre, dall'età Antonina in avanti, spostano la loro attenzione su eventi reali, in genere scene di battaglia dei condottieri oppure di genere. Dalla metà II sec d.C. ha inizio il vero momento creativo dell'arte romana.

Come si può intuire dalla breve introduzione fornita, i prodotti culturali dell'arte romana sono principalmente i “rilievi storici”, gli artisti di questa civiltà non presentano spesso al pubblico elementi mitologici esclusi alcuni casi che analizzeremo.

Rilievi e sculture

Il primo piano del museo archeologico di Volterra è interamente dedicato a mosaici e urne funerarie di tema mitologico e episodi dell'odissea. In particolare ci occupiamo di un'urna funeraria in alabastro proveniente dalla necropoli di Volterra, che rappresenta la centauromachia tessalica, essendo presenti anche le donne nella scena, ed un secondo esemplare in cui sono scolpiti centauri con donne in groppa; entrambe del periodo della Volterra romana I/II secolo d.C. L'urna è lavorata ad alto rilievo, in alcuni punti quasi completamente staccato dal piano di appoggio, i personaggi che affollano la scultura sono numrerosi. Partendo da sinistra si vedono in

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secondo piano due cavalli che si ergono sulle zampe posteriori, davanti a loro un guerriero nudo sta per colpire un personaggio inginocchiato a terra che si difende brandendo quella che doveva essere una spada; in secondo piano compare una donna ormai acefala con un braccio alzato. Nella parte destra del rilievo padroneggia la scena un centauro che solleva con le braccia un pesante macigno per scagliarlo contro l'uomo dal petto nudo in secondo piano, travolgendo contemporaneamente un guerriero che cerca di difendersi con lo scudo sotto di lui; un personaggio indefinito trattiene una zampa del centauro, all'estremità destra si vede un'altra donna acefala con le braccia alzate per paura.

Una seconda opera presenta invece Donne in groppa ai centauri57. Il centro dell'urna è occupato dalla figura di un imperatore romano vestito di un semplice mantello fermato da una medaglia sul petto, con una mano regge il fodero con l'altra la spada appena sguainata. Ai lati si trovano due centauri che stanno galoppando velocemente verso l'esterno saltando entrambi sopra un'anfora dalla quale fuoriesce acqua. Le donne non sono rappresentate con l'iconografia del rapimento propria dei centauri, ma sono scolpite secondo la modalità del ratto di Europa58.

Un altro centro importante dell'arte romana doveva essere Ostia. Come ipotizza Cristina Troso, nel II secolo d. C. doveva essere attiva un'officina di scultori vicino Roma, più precisamente a Ostia dove, recentemente, sono stati rinvenuti numerosi reperti, per lo più sarcofagi antichi. L'esemplare maggiormente degno di rilievo è il sarcofago di Pianabella risalente al 150 d.C. e realizzato in marmo, l'artista scolpisce su di esso un fregio con la centauromachia in cui descrive numerosi personaggi che lottano. Le figure che combattono sono disposte in quattro schieramenti: sulla sinistra compaiono due gruppi ciascuno con un lapita contro un centauro mentre nella parte opposta due composizioni di tre figure due guerrieri ed un animale. Spostando il nostro sguardo da sinistra verso destra, si osserva un gruppo con un uomo ed un centauro che si afferrano violentemente la testa a vicenda; accanto si può riconoscere un'iconografia famigliare nel lapita che, con il ginocchio piegato sulla groppa dell'essere mitologico, sta per colpirlo con un'arma. Il medesimo modulo si ripete nel personaggio, abbigliato di elmo e mantello svolazzante, che ha un pugnale in mano pronto a colpire il centauro che cerca di liberarsi anche dalla stretta di un secondo guerriero armato di spada. Infine compare un'altra composizione di tre figure in cui, alle spalle di un centauro (Cfr. FIG.24) che lo spettatore vede lateralmente, compare un guerriero che lo colpisce e un altro uomo, scolpito di spalle, sta per affondare l'arma nella carne del nemico. La tecnica è notevole come la resa di corpi e movimenti ma, come spiega la 57 Anonimo, Urna funeraria con donne in groppa ai centauri, alabastro, Museo Archeologico di Volterra.

58 Unicum iconografico rappresentato dalle donne in groppa ad un centauro oppure una consapevole

contaminazione di due diversi miti quello di Europa, donna che viene rapita rappresentata in groppa ad un toro, e la Centauromachia?

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Troso “la scena, però, non pare pienamente realizzata sul piano compositivo, in quanto la scelta

di far cadere l'asse mediano in corrispondenza del centauro, in un gruppo a tre figure, ha determinato una asimmetrica distribuzione degli altri tre motivi”59.

Molto simili a questo sepolcro sono altri tre esemplari di limitrofa provenienza: il sarcofago di Villa Caprarica, di Spinea e di Palazzo Salviati; questi mantengono la medesima tradizione iconografica del tema e fondono in un unico esempio di arte romana, un modello di origine greca, la centauromachia tessalica, ed altri moduli frequenti Eracle-Nesso, lotta tra uomini, eroi in battaglia e via dicendo60.

Altra importante scoperta archeologica è senza dubbio quella dei Centauri Capitolini (FIG.23), essa porta il nome del Cardinal Furietti, che, durante gli scavi alla villa Adriana di Tivoli del 1736, ritrovò le due sculture ed il mosaico raffigurante quattro colombe che bevono da un catino; alla sua morte i reperti vennero comprati dall'allora papa Clemente XIII entrando così a far parte della collezione Capitolina61. Le statue sono opera di due copisti asiatici, Aristeias e Papias, e

rappresentano due centauri, uno giovane e gioioso, l'altro vecchio e stanco; l'opera risale al II secolo d.C.. Sicuramente ideati per essere esposti insieme, i due esemplari sembrano quasi identici nella parte inferiore, quella equina, si differenzia la posizione delle braccia e la resa del volto: quello più giovane è visibilmente allegro ed ha un braccio alzato esprimendo una libertà di movimento negata al compagno più anziano che sembra avere gli arti superiori bloccati dietro le spalle, condizione che produce un maggiore inarcamento della schiena62. I due personaggi sono

l'esempio di una notevole maestria artistica, che si supera nella bellissima resa quasi metallica delle chiome, della barba e della coda.

Sulla scia dei centauri capitolini l'animale mitologico viene rappresentato anche nella glittica romana come testimonia il cammeo in agata sardonica proveniente dalla Collezione Medici, oggi al Museo Archeologico di Napoli risalente al II secolo d.C.63. Il raffinato gioiello mostra un

centauro, abbigliato soltanto con una pelle di leone, incedente verso destra che sta portando su una spalla un cratere e con l'altro braccio un tirso, bastone usato nei riti dionisiaci (FIG.24 sicuramente modello per un disegno di Dürer). Questo esemplare si modella sulle forme delle sculture capitoline, mostrando una notevole tecnica artstica nell'incisione del cammeo che staglia 59 Troso Cristina, La Centauromachia del sarcofago della necropoli di Pianabella-Ostia Considerazioni sulla

iconografia,

60 C.Troso parla di altri sarcofagi conservati o di cui sono sopravvissuti disegni in cui compaiono gli stessi elementi compositivi: Sarcofago di Villa Caprarica, di Spinea e di Palazzo Salviati, si legga l'articolo per maggiori dettagli non approfonditi in questa sede.

61 D'Onofrio Cesare, I centauri capitolini, in «Capitolinum» anno XXXV, num. 9, settembre 1960.

62 Modello ormai familiare dopo la carrellata di opere greco-romane che rappresentano centauri, tipica condizione di un animale che viene sottomesso ma, essendo selvaggio come il cavallo, si imbizzarrisce e si solleva sulle zampe posteriori inarcando la schiena.

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