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Il Cammino di Montenero

Il Santuario di Montenero

Grafico 1:  Rappresentazione grafica del numero dei pellegrini segnati sull’agenda del 2010.

5. Il Cammino di Montenero

Durante un caldo pomeriggio di una delle ultime giornate di agosto17 sono arrivati al Santuario due pellegrini che per il loro aspetto sembravano provenire dal passato. Se non fosse stato per il rosario che entrambi portavano al collo, i due anziani uomini, avevano le sembianze di due ragazzi che stanno facendo il famoso tour dell’Europa con il biglietto InterRail18, anziché dei tipici visitatori del Santuario che generalmente sono vestiti con dei buoni abiti o al più con uno stile casual ma urbano (ad eccezione dei pellegrini sportivi come verrà spiegato in       

16 Il Pistoia Blues è un festival musicale che si svolge a Pistoia nel mese di luglio dal 1980. 17 L’intervista è stata fatta il 25 agosto 2011 alle 18:00.

18 L’InterRail è uno speciale abbonamento ferroviario che permette di viaggiare con prezzi

seguito). I due, infatti, indossavano delle scarpe da trekking, dei pantaloncini corti e delle semplici t-shirt una bianca e una amaranto. Entrambi aiutavano il loro passo appoggiandosi a dei rami di alberi usati come bastoni e portavano uno zaino di media grandezza. La loro estraneità rispetto agli altri visitatori evidenzia come, il pellegrino oggi non abbia più, come descrive Dupront (1987, 1993: 199) o Cipriani (2012: 28, 31) un abbigliamento riconoscibile, adornato da simboli che indicano la sua destinazione. Questo innanzitutto perché il viaggio verso il Santuario non viene più compiuto a piedi, se non in rarissime eccezioni, e non vi è, quindi, più la necessità di un abbigliamento specifico, diverso da quello che viene usato quotidianamente. Dall’altra parte, è innegabile anche che l’immaginario collettivo non è più “attrezzato” per riconoscere chi ha intrapreso questo tipo di cammino e la loro vista fa pensare a situazioni del tutto diverse soprattutto a chi non ha la possibilità di ricordare un passato in cui questa pratica era sempre frequente19.

Dopo un breve giro all’interno del Santuario per cercare l’abate, i due credenti si sono messi ad attendere davanti alla portineria ormai chiusa, dove mi hanno raccontato la loro esperienza. Entrambi gli amici hanno moglie e figli e sono ingegneri in pensione che hanno per anni svolto dei lavori “molto impegnativi”. La maggiore disponibilità di tempo libero ha permesso loro di approfondire questa attrazione nei confronti della religione, tant’è che uno dei due sta conseguendo una laurea in teologia. Pur essendo credenti praticanti, questi pellegrini, hanno un modo personale di interpretare la religione cattolica. Sono, infatti, alla ricerca di una religione “semplificata dalla sovrastruttura, per tornare a un messaggio semplice, puro e originale”. Descrivendo il loro modo di credere, evidenziano con particolare enfasi il loro rifiuto nei confronti del modo tradizionale di manifestare la religiosità cattolica, spesso caratterizzato dallo sfarzo, e il loro orientamento verso un modo più autentico, semplice e intimo di vivere la religione. Oltre al vangelo secondo Luca, un punto di riferimento molto importante per questi pellegrini è quello che hanno scritto i laici su Maria, tra i quali indicano Erri De Luca20 come particolarmente rilevante. La loro devozione mariana è talmente       

19 Questa idea è ulteriormente avvalorata dal fatto che la stessa associazione tra chi svolge un

pellegrinaggio a piedi e chi viaggia in Inter Rail è stata fatta anche da Zapponi (2008) nel suo testo sul pellegrinaggio a Santaigo de Campostela.

20 Erri De Luca è uno scrittore e poeta italiano nato a Napoli nel 1950. Tra i suoi romanzi numerosi

forte che uno parlandomene si è commosso e si è dovuto interrompere per alcuni minuti. La Madonna è per entrambi una “presenza molto vicina”.

Proprio questa loro ricerca religiosa è il motivo del pellegrinaggio a piedi, da loro prima ideato minuziosamente e poi compiuto, che si è svolto su un percorso che taglia trasversalmente la Toscana. I due credenti di Scandicci, hanno scelto di inventare un nuovo percorso da condividere poi anche con altri credenti che collegasse il Santuario di Montenero a quello di Loreto, luogo che ritengono molto più suggestivo del primo. Questo nuovo itinerario è stato suddiviso in due tappe: la prima da Castellina in Chianti a Montenero e l’altra, da Castellina in Chianti a Loreto, da percorrere l’estate successiva.

Figura 14: Il Cammino di Montenero‐Loreto. 

 

Come si vede in figura 14 Livorno, Castellina, Loreto si pongono alla stessa altezza e il percorso che le collega taglia orizzontalmente l’Italia. Singolare è che i due romei hanno preferito sperimentare una strada nuova anziché percorrere un parte della più antica Via Francigena, che a seguito della ripresa del Cammino di Santiago, sta in questi anni lentamente tornando a essere un pellegrinaggio percorso da credenti italiani e stranieri. Il cammino, che anticamente collegava Canterbury a Roma, attraversa, infatti, la Toscana passando per Lucca e Siena. Tuttavia, questo itinerario non prevede alcuna tappa a Montenero, motivo per cui probabilmente i due credenti hanno scelto una strada alternativa, basata sul culto mariano anziché sulla tradizione cattolica.

Il “Cammino di Montenero”, che è indicato nella cartina in fugura 15, è un percorso di 113 Km che è stato suddiviso in sei diverse tappe (San Gimignano – San Vivaldo – Peccioli – Casciana Terme – Orciano Pisano – Santuario di Montenero), scelte per la loro rilevanza religiosa, nelle quali i due credenti si sono fermati per passare la notte, ospiti di una chiesa o di un monastero. Nonostante i due romei avessero programmato le loro soste in anticipo, contattando e avvertendo del loro arrivo, in diversi casi hanno trovato alcune difficoltà che

indicano come la pratica del pellegrinaggio a piedi sia ormai desueta se non estinta. Anche il loro arrivo al Santuario è avvenuto tra non poche difficoltà: non solo è stato per loro difficile orientarsi e capire a chi rivolgersi, dato che sono giunti dopo la chiusura della portineria, ma il padre abate, che si è presentato dopo più di mezzora di attesa, si è scusato per essersi scordato del loro arrivo, rassicurandoli che sarebbero stati comunque accolti.

Figura 15: Il Cammino di Montenero

La prima tappa che è stata individuata è San Gimignano che dista da Castellina in Chianti 26,2 Km, dove si sono fermati al Monastero di San Girolamo. La seconda meta, meno distante, è San Vivaldo, 16, 8 Km. Questa frazione di Montaione, è la sede della chiesa di Vivaldo da San Gimignano, un eremita che dimorò nel monte per circa venti anni, conosciuta per il suo Sacro Monte, una riproduzione della Gerusalemme della fine del XV secolo, per cui è anche detta la “Gerusalemme della Toscana”. Dopo 20,5 Km i due pellegrini si sono fermati a Peccioli al Santuario della Madonna del Carmine. La quarta tappa è Casciana Terme, comune in cui vi sono due importante chiese per la devozione mariana, la Chiesa di Santa Maria Assunta, nota per il pregio di alcune opere artistiche custodite al suo interno, e l’oratorio della Madonna dei Sette Dolori, centro di raccolta dei pellegrini durante le crociate. Nello stesso comune vi è inoltre, il Santuario di San Martino in Petraia, che custodisce l’immagine taumaturgica del S.S. Crocifisso. La distanza da Peccioli è in questo caso abbastanza breve: solo 14 Km. La penultima tappa è stata Orciano Pisano, dopo 15,5 Km, luogo poco significativo dal punto di vista della devozione mariana ma anche più generale, in cui vi è solo una chiesa ricostruita dopo un terremoto nel 1846. Non è stato, tuttavia, possibile trovare alternative migliori che si ponessero a una distanza equiparabile a questa. Da qui i due viandanti sono partiti per la tappa finale, quella più importante, raggiunta dopo 21 Km: il Santuario di Montenero. Di questo

lungo percorso, oltre la fatica, viene descritto lo stupore e la cuoriosità di molte persone che sono state incontrate per la strada che spesso hanno anche dimostrato la loro solidarità e disponibilità ad aiutare i due pellegrini. Una volta giunti a destinazione, i due devoti hanno spiegato che avrebbero dormito nel Santuario e poi aspettato il giorno dopo le mogli che sarebbero andate a prenderli con la macchina.

6. La “Chiamata”

Durante il periodo in cui è stata fatta la raccolta dei dati sui pellegrini, è emersa una pratica abbastanza frequente durante tutti i giorni della settimana ma soprattutto durante la domenica: insieme ai normali visitatori, arrivano al Santuario alcuni pellegrini “sportivi”, ossia corridori e, soprattutto, ciclisti21. Questo particolare pellegrinaggio è compiuto sia individualmente sia in gruppi di tre o cinque persone, prevalentemente da uomini di età che variano dai trentacinque ai sessantacinque. A differenza degli altri credenti, il percorso compiuto è, in questo caso, ridotto a una visita alla cappella dei ceri votivi. I “pellegrini sportivi”, infatti, arrivano, correndo o pedalando fino all’ingresso della cappella che è posta fuori dall’edificio principale, nel quale entrano solo per acquistare qualche cerino. La devozione è, quindi, esclusivamente, espressa nella cappella e consiste nell’accensione del cero votivo che può essere seguito da un semplice segno della croce o da una breve preghiera che solitamente dura da pochi minuti fino a un massimo di dieci o quindici. In questo caso non vi è nessun incontro con il clero e il rapporto con la divinità è interamente privato e diretto. Nonostante ciò sia quello che effettivamente avviene, è importante porre l’accento sul fatto che, sia per i corridori, ma soprattutto per i ciclisti, vi sono alcuni limiti oggettivi che impediscono l’ingresso prolungato nel Santuario e partecipare alla messa. Oltre l’abbigliamento sportivo e lo stato di affaticamento, infatti, c’è il problema di lasciare la bicicletta da corsa non custodita, poiché è composta di parti costose e facilmente asportabili.

Questa particolare pratica trova il suo culmine ne “La chiamata”22, una giornata dedicata alla benedizione dei ciclisti e delle loro biciclette, che viene

      

21 Questo tipo di pellegrinaggio è tipico anche di altri santuari come per esempio quello del Divino

Amore a Castel di Leva (Canta 2004: 163).

organizzata ogni anno da Fausto23, un appassionato di ciclismo credente e praticante di Pontedera. Fausto racconta che tra poco festeggerà “sessanta anni di bicicletta”, mezzo con il quale ha percorso gran parte dell’Europa. Nel tempo, i suoi lunghi viaggi sono sempre più stati orientati da un interesse religioso. Così, tra i vari percorsi, ha anche compiuto un pellegrinaggio in bicicletta Lourdes, Fatima, Medjugorje come mostra la maglia che indossa anche a Montenero. Fausto si definisce un “amante dell’umanità” e il viaggiare in bicicletta è sempre stato per lui un mezzo per “scoprire e conoscere altre persone”. Per il giubileo ha organizzato il suo primo pellegrinaggio collettivo da Pontedera a Volterra, dove è stato accolto con inaspettato entusiasmo. Per l’occasione, infatti, fu organizzata una festa del paese da Don Vasco, un prete anch’egli appassionato di ciclismo. Questa iniziativa riscosse un successo tale che per il terzo anno fu scelta una meta più importante e che permettesse di coinvolgere ciclisti da tutta la Toscana. Fu in questo modo che è stato scelto il Santuario della Patrona della Toscana che Fausto vorrebbe far diventare anche la “Madonna del Ciclista”. L’organizzazione di questa giornata è fatta ogni anno interamente da questa persona, che copre anche le spese economiche. Per l’occasione, per esempio, ha stampato dei volantini che ha distribuito durante i mesi precedenti per tutta la Toscana, andando da amici o nei circoli ciclistici dei vari paesi. Con il tempo ha anche ideato alcuni oggetti religiosi particolari tra cui un santino, figura 16, e un rosario costruito con una catena di una bicicletta che è rappresentato anche nel santino. Il santino era disponibile, in cambio di un’offerta libera, anche durante la mattina al Santuario su un banco che era stato allestito sul sagrato, dove stava un parente di Fausto e numerosi ciclisti lo hanno preso. Per avere il rosario, che qualcuno già possedeva, era necessario, invece, contattare Fausto e richiederlo e pagare una piccola somma.

Nella parte anteriore del santino, creato da Fausto, vi è l’Immagine della Madonna di Montenero incorniciata dal rosario composto con la catena della bicicletta e una figura in cui è descritta una bicicletta che si accinge a percorrere la salita per arrivare al Santuario.

      

Figura 16: Il Santino fatto da Fausto

Nel santino vi è anche una preghiera particolare (cfr. figura 16) che è stata approvata dalle autorità ecclesiastiche, come è riportato sullo stesso. La prima strofa è un esplicito ringraziamento per la passione nei confronti del ciclismo che rende “liberi sulle strade del mondo”. Nella parte seguente è stato richiesto al Signore di rendere la fatica fisica provata in questo sport motivo “di ringraziamento per la bellezza della natura che attraverso”. Successivamente, è invocato l’aiuto del Signore per riuscire ad aiutare “chi incontro stanco e sfiduciato”, che può indicare sia altri sportivi o anche, metaforicamente, tutti coloro che si trovano nel bisogno, così come si ha la capacità di trovare “il buon rapporto” per affrontare le salite più faticose. Anche nella quarta strofa vi è il ricorso alla stessa figura retorica e la “corsa ciclistica” diviene metafora del percorso della vita, al termine del quale si spera di aver “meritato un giusto premio”. Solo nell’ultima parte è invocata indirettamente la “Santa Madre” di Dio, cui ci si affida e di cui si richiede la protezione per sé stessi e per tutti i cari.

Nei progetti futuri di Fausto ci sarebbe anche quella di trovare un luogo dove situare l’immagine della “Madonna del Ciclista” così da creare un punto di riferimento per i ciclisti che compiono il pellegrinaggio anche negli altri giorni dell’anno.

Se da una parte numerosi sportivi hanno aderito a questa iniziativa24 e i santini hanno avuto un grande successo, dall’altra non tutti hanno dimostrata l’appartenenza alla chiesa cattolica. Nonostante ciò, numerosissimi sono i ceri votivi che sono stati lasciati nella cappella tra cui anche uno da 75e.

L’11 settembre 2011, i gruppi di ciclisti hanno iniziato ad arrivare nella piazza del Santuario intorno alle 9:30 in maniera regolare e continua. Quasi tutti sono venuti in gruppi di più persone, come è stato possibile capire dalle maglie che indossavano. Nella piazza, inoltre, sono arrivate anche alcune delle mogli con la macchina attrezzata con il porta bici e qualche bambino. Sebbene anche in questo caso la maggioranza dei ciclisti fosse costituita da uomini, hanno partecipato anche numerose donne. Il flusso degli arrivi è continuato fino alle 10:15 per poi essere sempre meno nutrito. Qualcuno, come si sentiva raccontare, non è riuscito ad arrivare fino in fondo al percorso previsto. Il programma della mattina è composto di due momenti: in primo luogo è stata organizzata la benedizione delle biciclette alle 10:00 sul Sagrato per opera del padre abate; inoltre, i ciclisti presenti sono stati invitati a partecipare alla messa delle 10:30 per la quale era stato previsto anche un servizio di sorveglianza delle biciclette a opera di alcuni carabinieri in pensione. Nonostante ciò, sebbene tutti o quasi, siano andati ad accendere un cerino, molto meno interesse è stato dimostrato per la benedizione e la messa. La maggior parte di questi sportivi, infatti, ha opposto un’ostinata resistenza anche a salire sul sagrato per la benedizione. Ai diversi incoraggiamenti che provenivano sia da Fausto sia da un parrocchiano che per l’occasione faceva le veci di fotografo, come per esempio “tanto non vi brucia l’acqua santa, su salite per la benedizione!”, non solo vi è stato il rifiuto e la perplessità ma anche qualche risposta come “tanto ogni anno la cambio la bicicletta”. Nonostante anche l’abate incalzasse per iniziare, dato che alle 11:30 sarebbe dovuta iniziare la messa successiva i ciclisti che alla fine sono saliti sul Sagrato sono stati ben pochi e ancora meno si sono avvicinati all’altare. Malgrado ciò alle 10:10 l’abate ha iniziato la benedizione partendo prima con una commemorazione della tragedia dell’11 settembre 2001 e poi con la lettura di un salmo, scelta che ha avuto come effetto la fuga graduale dei pochi che erano saliti, senza che sia stato atteso il momento della benedizione per la quale erano ormai rimaste poche decine di       

24 Trecento secondo quanto detto da Fausto e da quanto poi è stato comprovato dall’affollamento

persone. In nessun caso nella celebrazione è stato fatto riferimento allo sport o al pellegrinaggio che era stato compiuto in quella giornata. Nel frattempo i ciclisti hanno celebrato la loro impresa tramite foto collettive e l’incontro con “colleghi” appartenenti ad altri gruppi e la celebrazione degli ultimi arrivati che quasi sempre erano i ciclisti più anziani e anche più stimati. La fase della “festa” è durata fino alle 11:00 quando la maggior parte delle persone è ripartita con la bicicletta o in macchina. Fuori dal Santuario sono rimaste appena una quindicina di bici durante la messa e all’uscita ho sentito qualcuno che lamentava una certa delusione “Sicuramente pensavo che ne rimanessero di più…”.