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I pellegrini che visitano il Santuario in piccoli grupp

Il Santuario di Montenero

2. I pellegrini che visitano il Santuario in piccoli grupp

I pellegrini che arrivano al Santuario fanno parte di un gruppo organizzato, come una parrocchia, un’associazione di volontariato o culturale, oppure hanno pensato la visita in modo autonomo, come verrà descritto in questo paragrafo. Indipendentemente da queste due possibilità, è rarissimo trovare un credente che sia arrivato da solo, fatta eccezione per i parrocchiani monteneresi. Molti, infatti, arrivano con la famiglia, spesso composta dai genitori, uno o due bambini piccoli e i nonni, altre volte da una coppia di anziani, altre ancora dalle donne di una famiglia; più rari sono, invece, i visitatori che fanno il pellegrinaggio accompagnati da un amico, come se l’intimità dell’esperienza richieda il supporto di un legame parimenti importante che in genere, nella cultura italiana, è rappresentato da un rapporto familiare.

Dalle interviste dei pellegrini in visita al Santuario di Montenero è in certi casi possibile individuare alcune caratteristiche predominanti che consentono di sviluppare alcune tipologie. Una prima differenziazione può essere individuata in base alla frequenza delle visite fatte dal credente. Tra i visitatori è, innanzitutto, facile distinguere chi arriva al Santuario per la prima volta e chi, invece, è già venuto. Qualcuno si sofferma al Libro dei Pellegrini cercando di capire cosa fare, chi arriva alla cappella dei cerini senza aver visto dove prendere le candele, chi entra e non sa che ci sono delle candele lunghe e strette apposta per accendere quelle votive… Molti, invece, sono già venuti in pellegrinaggio, qualcuno magari molti anni prima con i genitori o i nonni, e adesso ci torna con la propria famiglia, qualcuno visita questo luogo sporadicamente, mentre altri sono pellegrini abitudinari. Qualcuno, infatti, viene con scadenze regolari o in date precise. Un pellegrino intervistato il 15 Agosto spiega che quella era la sua trentesima visita al Santuario, dato che è da quando vive nella vicina Rosignano che compie il pellegrinaggio per Ferragosto. Una visitatrice del Santuario racconta di venire da Pistoia una volta al mese, non necessariamente la domenica, da cinque anni per adempiere a un voto. Indipendentemente da ciò, questa pellegrina sostiene di essere sempre stata una visitatrice regolare compiendo sin da bambina il

pellegrinaggio almeno una volta l’anno favorita dal fatto che nelle vicinanze abitava una cara amica di famiglia che andavano a trovare e che poi si “allungavano a Montenero”.

Una seconda tipologia può essere sviluppata in base alle ragioni che motivano il viaggio. Associare al pellegrinaggio al Santuario altre destinazioni, e quindi motivazioni, tra le quali è difficile individuare l’ordine di priorità, è una cosa molto diffusa soprattutto nei mesi primaverili e estivi, quando Livorno diventa una località balneare molto frequentata. In questo periodo, la visita sacra è spesso associata a una gita ricreativa al mare. Del resto anche tradizionalmente i pellegrini univano il tempo dedicato alla preghiera a momenti di svago, spesso rappresentati da un ricco pasto che veniva in gergo chiamato “la ribotta”. C’è anche chi, trovandosi in villeggiatura nelle vicinanze del Santuario, coglie l’occasione per dedicare un po’ di tempo alla preghiera durante le vacanze.

Un’ulteriore caratteristica che distingue i visitatori è la religiosità che li caratterizza. Non tutti i pellegrini si dichiarano praticanti: numerosi sono, infatti, coloro che, pur essendo credenti, hanno una religiosità non caratterizzata dall’appartenenza alla chiesa cattolica e alle sue pratiche. Il Santuario, per queste persone, diviene un luogo sacro, dove rifugiarsi “quando ne sento il bisogno” a prescindere dalle gerarchie ecclesiastiche e dalle celebrazioni liturgiche. Questi pellegrini, infatti, raccontano di non partecipare alla messa ma di raccogliersi privatamente per pregare tra sé e sé. Sebbene vi sia un modo di esprimere la propria religiosità svincolato dalle pratiche ufficiali, sono comunque compiuti alcuni atti di devozione, come l’accensione dei ceri votivi o scrivere messaggi sul libro dei pellegrini. Con tutto ciò è difficile definire la fede di chi frequenta il Santuario: vi è chi spiega di pregare pensando a Dio e di non sentire un particolare legame verso la Madonna e chi, invece, ha una particolare devozione nei confronti della Madonna di Montenero pur non essendo praticante. Tra i pellegrini c’è anche chi ha un modo di credere che rimanda alle religioni pagane, e che viene attratto da questo luogo per la sua forza spirituale: “Io più che all’aiuto di Dio o alle apparizioni credo all’aiuto e alla presenza dei defunti…”

La caratteristica più diffusa tra queste persone è di non avere un calendario religioso a cui fare riferimento ma di decidere in base alla propria sensibilità quando sia il momento di andare in un luogo sacro e “spirituale” per pregare ma anche, semplicemente, per ritirarsi dai ritmi della vita quotidiana. “Me lo devo

sentire” è una delle espressioni che ricorre più spesso parlando con questi credenti che lamentano una certa insofferenza nei confronti di alcuni atteggiamenti ritenuti non appropriati tra le persone che frequentano la messa: “Non riesco a concentrarmi a messa, spesso le persone chiaccherano tra di loro e i bambini piangono…”.

Organizzare la visita al Santuario in relazione a un proprio bisogno interiore è, tuttavia, una caratteristica diffusa anche tra i credenti praticanti, che vivono questa esperienza in aggiunta alla prassi religiosa.

La quarta tipologia riguarda chi compie il pellegrinaggio per la necessità di ringraziare. Qualcuno è poi giunto al Santuario mosso proprio dal desiderio, spesso vago e indefinito, di ringraziare in qualche modo un destinatario non precisamente identificato per essere sopravvissuto a un incidente pericoloso, come racconta un ragazzo di venti anni di Rosignano. Il desiderio di rendere grazie, si è sviluppato in questa persona credente ma non praticante “perché gioco a pallone e la domenica ho la partita” senza sapere né a chi rivolgersi né il luogo dove andare. Il ragazzo spiega che il suo desiderio è nato a seguito di un incidente stradale molto grave, in cui la macchina si è ribaltata e incendiata. Molta enfasi è posta nel raccontare che chi ha assistito al fatto e chi ha visto la macchina, immediatamente dopo, ha pensato che chi fosse coinvolto non potesse essere sopravvissuto. L’idea di andare a Montenero è stata suggerita dalla madre, anche se neanche lei ha saputo indicare il modo di esprimere questo sentimento che è rimasto ignoto fino a quando è stata suggerita dal sagrestano del Santuario la possibilità di donare degli oggetti. Il ragazzo, accompagnato dalla famiglia, ha così comprato un cuore di latta su cui ha scritto il proprio nome, il cognome e vi ha posto una fototessera. In ogni caso che ho avuto modo di osservare, il dono di un ex voto è un rito compiuto insieme ai membri più stretti della famiglia. Qualcuno, inoltre, racconta di aver baciato l’oggetto prima di averlo lasciato. Sebbene la procedura preveda di deporre la propria offerta in una teca situata davanti alla sagrestia, ai parrocchiani del Santuario è consentito seguire un’altra procedura. Infatti, lo stretto legame con il parroco fa sì che i loro quadretti siano attaccati con una procedura più rapida e in una zona differente rispetto agli altri: anziché andare nel chiostro, gli ex voto dei parrocchiani o dei conoscenti stretti dei religiosi del Santuario, sono posti nel corridoio che unisce la portineria alla cappella delle confessioni. Chi si rivolge direttamente al parroco riceve il riconoscimento ufficiale della grazia ricevuta. Il

dono, in questo caso, non è un gesto intimo e privato ma diviene un atto pubblico, come emerge nel caso qui descritto di una famiglia di parrocchiani. La donna più anziana, evidentemente più conosciuta nel Santuario ha fatto da organizzatrice e capo gruppo. Infatti, una volta incontrato il parroco, al quale aveva chiesto un appuntamento, è lei a parlare e a spiegare il miracolo che era accaduto al nipote, lì presente, e allo zio. Il resto dei famigliari ha assistito silenziosamente a questa descrizione che è terminata con la conclamazione dell’evento da parte dell’autorità lì presente, il parroco, che ha commentato: “Questo è un vero miracolo!”. Contenti ed emozionati i famigliari hanno poi salutato calorosamente il prete ringraziandolo e chiedendo dove sarebbe stata affissa la loro tavoletta. Non sempre, tuttavia, alla convinzione di aver ricevuto una grazia corrisponde l’offerta di un ex voto: qualcuno racconta di aver avuto un significativo cambiamento nella propria devozione personale a causa di un evento eccezionale, ma di non aver sentito il bisogno di lasciare una testimonianza, ma solo il desiderio di ringraziare ogni volta che si visita il Santuario per la protezione ricevuta.

Nonostante poi che tradizionalmente una delle motivazioni che portano i pellegrini a visitare un Santuario sia quella di richiedere una grazia, come una guarigione o un miglioramento in una malattia, a Montenero non sono numerosi i visitatori portatori di handicap o visibilmente malati. Probabilmente, nonostante negli ultimi anni siano stati realizzati degli scivoli per facilitare il transito delle carrozzelle, uno dei motivi è che la struttura dell’edificio non permette una circolazione agevole delle persone con problemi motori. Oltre ai numerosi scalini, molti dei quali sono l’unico modo per visitare il Santuario, pochi sono i luoghi dove potersi sedere. Le difficoltà in cui incorrono le famiglie con persone sulla sedia a rotelle sono ben descritte nella visita effettuata da un gruppo composto dalle madri di tre ragazzi spastici sulle sedie a rotelle. Il primo problema è stato quello di convincere l’autista del pulmino dell’ATL, Azienda Trasporti Livornese, a farsi portare fino alla piazza del Santuario anziché farsi lasciare in Piazza delle Carrozze, dove c’è la fermata degli autobus di linea. Una volta arrivati si è poi presentata la necessità di capire come arrivare sul sagrato evitando le scale, impresa non semplice che è stata superata grazie al fatto che una delle mamme è andata “in esplorazione” da sola. Anche per entrare nell’edificio ci sarebbero stati scalini da salire, ma a questo punto il gruppo si è rassegnato a non entrare nella

chiesa. Così i tre ragazzi sono rimasti sul sagrato con una mamma ad aspettare e le altre due sono entrate per andare ad accendere un cero in segno di ringraziamento perché uno dei ragazzi era caduto il giorno prima e non si era fatto male.