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Livorno e la sua Madonna: alcune esperienze di chi non è religioso

Il Santuario di Montenero

Grafico 1:  Rappresentazione grafica del numero dei pellegrini segnati sull’agenda del 2010.

9. Livorno e la sua Madonna: alcune esperienze di chi non è religioso

La “presenza” della Madonna di Montenero è percepita anche da molte persone che non appartengono alla religione cattolica, in maniera particolare dagli abitanti di Livorno. Questo è evidente perché chiunque in questa città, credente o meno, nel caso in cui abbia avuto particolarmente fortuna pensa di andare a ringraziare la Madonna o gli è stato suggerito di farlo. “Devi andà a ringrazià la Madonna, vai!” è una frase che spesso ricorre tra gli abitanti di questa città. Questo indica un particolare legame con la Vergine Maria che viene, da molti, estraniata dalla religione cattolica e sentita come una presenza a sé stante, cui si può fare riferimento indipendentemente dall’appartenenza religiosa o politica31. Non mancano, infatti, esempi di persone che hanno un legame con la Patrona della Toscana pur non essendo religiosi. Queste testimonianze sono state raccontate spontaneamente da persone che sono venute a conoscenza di questa ricerca e che, quindi, non sono state incontrate al Santuario. Tra queste, per esempio, vi è una collega universitaria che durante una pausa di un seminario mi ha raccontato di essere “figlia della Madonna”. La madre, infatti, dopo aver perso un bambino durante la nascita ha fatto un voto alla Madonna, in seguito al quale era nata lei. Essere “figlia della Madonna” significa, quindi, essere nati a seguito di una richiesta fatta alla Vergine. Per questo lei, pur definendosi agnostica, ha da sempre avuto una piccola statuina della Madonna di Montenero che si è sempre       

31 Livorno è una città per tradizione tra le più comuniste di Italia, come è evidenziato anche dalla

tifoseria della squadra di calcio. Sebbene ciò comporti un anticlericalismo abbastanza diffuso, la Madonna, non è oggetto né di critiche esplicite né dell’ironia locale, sebbene non tutti siano a lei devoti.

portata dietro. Racconta, inoltre, che a seguito di un incidente molto grave, è andata a ringraziare la Madonna su indicazione della madre.

La possibilità di approfondire questo argomento, ossia il rapporto con la Madonna di chi non visita il Santuario, è sorta con un laboratorio artistico che è stato organizzato a Livorno nell’autunno del 2010. “Ma... Donna, dell'essere e dell'apparire” è il nome di un progetto che è stato organizzato dall'associazione culturale “Chiamiamola Annina” con l'obiettivo di promuovere e sviluppare una coscienza di genere nelle partecipanti. A questo proposito sono stati organizzati quattro laboratori artistici (scrittura, teatro, musica, arte) in cui l'elaborazione creativa è diventata un modo per riflettere sulla condizione della donna, oscillante tra “l'essere e l'apparire”. Sia il tema che accomuna i quattro laboratori, che il linguaggio espressivo che sono stati scelti richiamano esplicitamente elementi della devozione mariana svuotati da qualsiasi riferimento religioso e trascendentale. Il tema principale, infatti, è stato la rappresentazione di un oggetto che fosse, per le partecipanti, “sacro”. Inoltre, l'obiettivo finale del progetto è stato l'organizzazione di una mostra artistica che si è tenuta l'otto Dicembre, giorno dell'Immacolata Concezione, in una chiesa sconsacrata di Livorno. La giornata è stata inaugurata da una processione delle partecipanti che hanno portato per le vie della città un'installazione da loro prodotta. Nell'atrio della chiesa sono stati esposti gli “ex voto”, cioè gli elaborati prodotti nel laboratorio di arte, e sono stati allestiti anche dei “confessionali” per la lettura dei racconti delle partecipanti del laboratorio di scrittura accompagnati dalla musica del gruppo del laboratorio di musica che rimandano simbolicamente ai passi del Vangelo. Il seguente lavoro è un tentativo di individuare le motivazioni per cui, in un mondo secolarizzato, un progetto di arte incentrato su problematiche di genere ha usato il linguaggio, i simboli e le modalità espressive della religione tradizionale.

Entrare a fare parte del progetto ha portato alla luce il fatto che, oltre al riferimento esplicito alla religione cattolica, tra i membri dell'associazione si sono sviluppati anche degli elementi e delle dinamiche che sono solitamente caratteristici del comportamento religioso tradizionale. Innanzitutto gli incontri tra le partecipanti hanno determinato la formazione di uno spazio sacro, delimitato rispetto alla realtà “secolare” circostante.

Figura 22: Esposizione degli “ex voto”

Questi hanno reso possibile l'aggregazione di una comunità di credenti. In questo contesto poi, l'elaborazione di composizioni artistiche ha determinato la nascita di attività simboliche e rituali in grado di generare sentimenti spirituali fondanti di determinati atteggiamenti etici e una dottrina della fede.

Le partecipanti all'associazione “Chiamiamola Annina” come risposta al comune sentirsi penalizzate a causa dell'appartenenza al genere femminile, hanno usato l'arte per esprimere i loro sentimenti di esclusione e frustrazione. Così, si sono vincolate l'una all'altra come in una comunità, trasformando le loro riunioni in “incontri sacri”. In questo modo molte di loro hanno intrapreso un percorso di reinterpretazione del proprio sé, che ha avuto delle ripercussioni anche in altri ambiti della loro vita, al di fuori del gruppo delle Annine. L'ideazione e la realizzazione di oggetti artistici sia individuali che collettivi è diventato importante non solo per il prodotto finale ma anche, e soprattutto, per il processo stesso di creazione a causa dello scopo rituale che ha avuto. Come una delle donne ha detto parlando della sua esperienza:

L'arte, intesa come manualità, contatto con i materiali, è diventato un modo per elaborare i nostri sentimenti e quindi per passare dalla quotidianità all'astratto, a qualcosa che è simbolico e sacro per noi.

L'aggettivo sacro è stato svuotato da qualsiasi riferimento al trascendente, come del resto qualsiasi altro elemento della religione cattolica. L'oggetto sacro che ciascuna ha scelto è: “Così rappresentativo e importante per sé, da essere una sorta di ‘sacra reliquia’”.

Dalle partecipanti, infatti, l'aggettivo sacro è inteso come “simbolo della propria persona” e ancora “che ha valore per me”, “che è intatto dentro di me, un'idea”. Solo entrando in questa prospettiva si può capire la scelta degli oggetti che sono stati usati per gli elaborati scritti, come per esempio un anello, una caffettiera, una pentola, la spazzatura, l'idea del principe azzurro, una forcina... Questa logica di rielaborazione del sacro nei termini del quotidiano viene perfettamente espresso nella seguente “preghiera” che fa parte dell'elaborato scritto di una delle partecipanti al laboratorio di scrittura:

Madonnina mia di gesso Io ti prego e mi confesso Sono grassa, sono pigra E vorrei tanto essere magra

Trova un modo per farmi dimagrire, ma senza patire la fame, senza essere costretta a compiere gesti demenziali– sullo scalino, giù dallo scalino, sali, scendi, e poi slancia, pedala, corri, nuota, piega, spingi, e ancora su e giù, su e giù, su e giù. E il peso è sempre quello, anzi, così pesante che tu, o corpo celeste senza materia grassa, non hai idea.

Madonna di gesso, abbi pietà,

sospira classica col tuo busto in serie, e salvaci dalla fame e dalle diete.

Madonnina mia di gesso Io ti prego e mi confesso Sono brutta, da rifare Ma ho paura di soffrire

Andare sotto i ferri non è una passeggiata. Problemi che tu, o immagine perfetta, mai ti ponesti: ma noi, che qualche anno fa abbiamo visto due secoli, noi non possiamo esimerci dall’essere levigate, lisce, senza rughe, come te del resto, compatte. Nel nostro mondo di slogan e pubblicità ci sono nemici insidiosi e tremendi, te ne dico uno su tutti, che senz’altro tu non conosci, un flagello il cui nome fa tremare le vene e i polsi, che aggredisce noi povere donne del duemila, e ci attacca alle gambe: l’orrida buccia d’arancia.

Madonna di plastica, senza bisogno di chirurghi, guida la mano che ci deve tagliare

fa che non sbagli col bisturi affilato.

Io ti prego e mi confesso Se anche vesto scollacciata

Non voglio essere stuprata

Io sono ariete, ascendente gemelli: l’esuberanza e la moda mi prendono che non puoi nemmeno immaginarlo: tu vesti classico, in lungo anche di giorno, colori sempre quelli: del resto sei vergine, non so l’ascendente, ma dev’essere tranquillo. Però, anche se tu ami il genere burqa, mica tutte dobbiamo metterci la palandrana, e se ci scopriamo le gambe e le spalle il messaggio non è: “o maschio ignorante e bestiale prendimi con la forza dove siamo siamo, meglio di sera, quando non me lo aspetto e non voglio, in una strada deserta, buttami per terra, bloccami, soffocami, strappami mutande e carni…” No, questo è un equivoco. Ecco, cara amica che stai lassù tra nuvole e cherubini, non potresti in quei frangenti, quando il maschio ignorante e bestiale è caduto nell’equivoco, mandargli, che so… non dico un’illuminazione, è roba grossa, magari un colpo della strega, un colpetto, o un crampo, uno strappetto muscolare, sarebbe perfetto uno strappo al suo attrezzo, non so se si può fare, ma tu puoi ciò che vuoi.

Madonna bottiglietta, piena di acqua benedetta, intervieni tempestiva

gioca il jolly, se ce l’hai.

Madonnina mia di gesso Io ti prego e mi confesso A volte credo sia uno sbaglio Questa vita e il suo travaglio.

E non intendo il giornalista. Dico solo che a volte c’è di che essere depressi. E, permettimi una critica, tu non aiuti. Cioè, capisco la compostezza, l’aplomb, ma mai una volta che ti si veda ridere!

Questa è l’ultima preghierina che ti rivolgo: ridi, dacci l’esempio. Un po’ di humour non è peccato; va bene la commozione, e vanno bene anche le lacrime, ma addirittura di sangue! Questo è splatter, Madonna Santa, film dell’orrore.

A te, che abiti le sfere celesti e frequenti la meglio gioventù e la meglio vecchiaia che il mondo produce e produsse, ci rivolgiamo speranzose noi povere donne e da te, o donna esemplare, ci aspettiamo grandi cose. Perlomeno, una risata.

Madonna dipinta, che i miracoli puoi se vuoi, sorridi qualche volta

e insegnalo anche a noi.

Inoltre, durante questa esperienza sono stati elaborati alcuni codici linguistici che rilevano, volutamente o no, l'appartenenza a un particolare gruppo, diverso dalla realtà circostante dove queste terminologie specifiche non avrebbero alcun senso. Così, ogni volta in cui si vuole sottolineare ed esaltare i tratti che accomunano le partecipanti anziché usare il nome proprio o un generico “ragazze” si fa riferimento al nome Annina come nei seguenti casi: “Allora Annine, come ci vestiamo per la processione?” “Dai Annina, raccontaci cosa hai pensato per il tuo

rappresentato dal modo in cui avvengono le comunicazioni attraverso le email, come mostra la conclusione di quella riportata di seguito: “Orate, Annine, orate (e anche qualche triglia). Sempre vostra Annina”.

Ex voto

A Te, tremante quando ingrossa ruggendo la fortuna, ricorre il navigatore1.