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Storia di un luogo sacro

Il Santuario di Montenero

1. Storia di un luogo sacro

Montenero, originariamente Monte Nigro, deve il suo nome alla folta vegetazione che un tempo lo ricopriva e perché composto quasi interamente da gabbro, una pietra tra il verde e il nero. Oggi è difficile immaginare la conformazione originaria del territorio, dato che nel corso degli anni sono state costruite numerose case che ne hanno notevolmente cambiato la fisionomia. In passato, la sua impenetrabilità e le numerose caverne, alcune delle quali è possibile visitare tutt'oggi, lo avevano reso la meta ideale delle anime più sante ma, allo stesso tempo, anche dei più grandi peccatori. Sul monte, infatti, si erano rifugiati delinquenti di ogni genere che con furti, omicidi e stupri avevano accreditato il monte come dimora del diavolo, da qui appunto l'appellativo “Monte del Diavolo” (Mandalis, 2012: 45). Il numero dei briganti, la cui fama è arrivata a spaventare i bambini cresciuti in questo paesino fino a poco tempo fa, aumentava a ogni scontro o lotta tra fazioni diverse, come per esempio la guerra tra la Repubblica pisana e quella genovese, o le lotte tra Guelfi e Ghibellini e molte altre storie ancora. Accanto a queste anime dannate, tuttavia, vivevano anche alcuni eremiti che avevano trovato in questo monte il luogo ideale per       

l'elevazione del loro spirito a Dio. Vasaturo riporta, infatti, che la curia pisana possedesse in questa zona dei terreni e che sia stato proprio l'arcivescovo di Pisa a suggerire e autorizzare i poveri eremiti a vivere in questo bosco. Infine, fu grazie al ritrovamento e al culto di un dipinto ritraente la Vergine Maria con in grembo il Bambin Gesù che la fantasia popolare smise di vedere il cupo monte come luogo del demonio e divenne ispirazione per preghiere e voti.

Figura 1: L’Immagine della Madonna di Montenero.

Ci sono diverse storie sull'origine dell'Immagine della Madonna. Una leggenda racconta che sia stata trasportata dagli Angeli dal lontano Negroponte, l'antica Eubea, per evitare che fosse distrutta dai Saraceni. Un'altra leggenda, invece, attribuisce il trasporto dell'Immagine a dei predoni che sarebbero stati costretti a disfarsi del bottino, razziato in qualche luogo sacro in Oriente, a causa di una tempesta che li avrebbe colti proprio alla foce del fiume Ardenzo. Il Teatino G. Oberhausen in uno dei primi testi sulla storia dell'Immagine di Montenero racconta che il capitano Corpi nel 1650 andò nell'isola di Negroponte alla ricerca del luogo da cui era venuta la Madonna (Oberhausen, 1745). Questo trovò a Saitone una chiesa abbandonata con una nicchia vuota in cui gli abitanti tenevano una lampada accesa e narravano che fosse stato un luogo di venerazione della

Madonna prima che venisse devastata e saccheggiata dai Turchi (Vasaturo). Questa storia fu poi verificata e confermata anche nel da Mons. Tausch (1845). In effetti, il dipinto denuncia un influsso orientale che emerge dai raffinati tessuti della veste del Bambino e del cuscino su cui siede la Madonna anche se oggi si crede che, anziché essere la testimonianza di un'origine esotica, questi tessuti siano un riferimento diretto, e voluto, alle preziose sete commerciate dai mercanti pisani, e quindi un riferimento solo simbolico all'Oriente, terra natale di Cristo. A questo proposito è utile ricordare che sin dal XI secolo, tanti frati minori erano attratti dall'Oriente, verso cui venivano effettuati numerosi pellegrinaggi. Infatti, questa terra, in cui la parola di Cristo si era diffusa per prima, rappresentava agli occhi dei cristiani un luogo sacro. Il supporre che l’Immagine venisse da quei luoghi la rendeva, quindi, un messaggio autentico che si richiamava al credo cristiano, colpito da una profonda crisi proprio durante gli anni del ritrovamento. Oltre alle preziose sete, il dipinto è caratterizzato dalla presenza di un uccellino tenuto con un cordino dal Bambin Gesù che secondo Lazzarini sarebbe un cardellino, rappresentazione allusiva della passione di Cristo ed elemento di unione con i fedeli (Lazzarini, 1995). Sempre a proposito di elementi simbolici rintracciabili nel dipinto, l'Immagine è posta su un fondo dorato che rimanda a Dio e alla sua luce e la Madonna indossa un abito rosso coperto con un mantello azzurro su cui sono dipinte due stelle d'oro, una sul capo e una sulla spalla. Lazzarini interpreta il colore rosso del vestito come un riferimento alla percezione reale mentre l'azzurro, che è il colore della Vergine, rappresenta i valori affettivi e simbolici (Lazzarini, 1995).

Un'analisi del contesto storico e sociale del periodo in cui ha origine la storia della Madonna di Montenero può essere molto utile al fine di comprendere l'origine del Santuario di Livorno. Gli anni intorno al 1345, in cui fu ritrovata l'Immagine, erano caratterizzati da grandi tensioni politiche. Livorno si trovò inerme a subire le conseguenze dei tormentati rapporti tra Pisa e Firenze. Quest'ultima, infatti, avanzava pretese di esenzioni, di depositi, di parità di trattamento per continuare a servirsi del porto di Livorno, minacciando di spostare altrove i propri traffici commerciali; mentre la vecchia repubblica marinara cercava di far rispettare la propria autonomia giuridico-politica e stabilire degli accordi economici. In questo scontro, Livorno nascente si trovava solo a essere

oggetto del contendere. Tutto ciò avveniva in un contesto sociale caratterizzato da un'endemica instabilità causata dal malattie, epidemie, scorrerie e violenze.

Anche un altro fatto è interessante per la storia qui raccontata. Infatti, tra il XI e il XIII secolo la Toscana fu una terra in cui fiorirono vari moti ereticali che crebbero in particolare nel periodo della cattività avignonese (1309-1377), durante il quale la Chiesa fu soggetta alle volontà dei Francesi. In particolare a Livorno sembra che nell'estate del 1341 la popolazione si sia raccolta autonomamente intorno al culto di alcune immagini sacre coeve. Lucarelli parla di un oratorio costruito apposta per raccogliervi le sacre immagini dove, insieme a molti candelieri, fu sistemata anche una cassa per le offerte (Lucarelli, 1998). A ciò seguì la reazione ecclesiastica: il vicario dell'Arcivescovo di Pisa scrisse al capitano, ai consoli e al Consiglio di Livorno perché reprimessero le manifestazioni religiose non autorizzate e distruggessero l'oratorio. Considerando questi fatti è possibile ipotizzare che qualcuno abbia cercato di salvare uno dei dipinti venerati, e cioè l'Immagine della Madonna, affidandola a un eremita del colle di Montenero o nascondendola nei dintorni del fiume Ardenzo (Lucarelli, 1998). Questa tesi è inoltre avvalorata dal fatto che il dipinto della Madonna, dopo un'accurata indagine, è stato attribuito da Mario Selmi a Iacopo di Michele detto il Gera, contemporaneo dei fatti raccontati (Lazzarini, 2008).

Più accordo, invece, c'è sul resto della leggenda. Come nella maggior parte dei luoghi di culto mariano, anche in questo caso si riscontra una dimensione miracolosa che si pone alla sua origine, come a voler provare la sua stessa sacralità. Infatti, il luogo non è mai scelto dall’uomo, ma un’epifania divina ne orienta la fondazione (Eliade, 1948). Si narra, quindi, che il 15 maggio 13452 l'effigie della Madonna si sarebbe manifestata, sulla sponda sinistra del fiume Ardenzo, a un vecchio pastore storpio al quale chiese di essere trasportata verso il monte (Bernardi, Fontanelli e Malfatti, 1982). A memoria di questo evento miracoloso nel 1603 fu fatta costruire dal priore di Montenero, fra Bonifacio Ferrucci, la Cappella dell'Apparizione tuttora esistente. Il pastore storpio, incurante del peso della pietra a cui l'Immagine era affissa, la trasportò fino al luogo desiderato, cioè fino al punto in cui il peso di questa gli divenne insopportabile. Dopo che l'immagine fu posata, il pastore fu guarito e vicino a       

2 Mandalis precisa che il 15 Maggio si riferisce alla data in cui l’Immagine sacra è stata traslata

questo luogo sgorgò una fonte d'acqua detta “l'acqua della Madonna”. Del resto è tipico dei luoghi delle apparizioni mariane l’essere collegati al fenomeno acqua o perché vicino c’è la presenza di acqua o perché questa scaturisce in occasione dell’apparizione o a distanza di tempo con virtù terapeutiche o di grande purezza (Tessarolo, 1995). Il fatto che il pastore fosse storpio è stato interpretato come simbolo di colui che cammina fuori la norma, ovvero l'eretico che diviene in questo caso l'interlocutore di quel messaggio proveniente dai luoghi originali del Cristianesimo (Bernardi, Fontanelli e Malfatti, 1982). Tutto ciò può, quindi, essere letto allegoricamente come un invito all'obbedienza e all'umiltà, soprattutto rispetto alle vecchie istituzioni religiose cristiane: il pastore, infatti, fu guarito dalla sua menomazione solo dopo aver accettato di portare sulle proprie spalle il peso della Sacra Immagine. Idea avvalorata dal fatto che il giorno dell'apparizione fu riconosciuto nel 15 maggio 1345, giorno di Pentecoste, segno, appunto, del tentativo di realizzare una “restaurazione” rispetto all'esperienza di alcuni movimenti ereticali. A questo proposito Giorgio Fontanelli sottolinea che, come la Pentecoste ebraica, che ricorda la proclamazione della Legge sul Sinai, anche la Pentecoste cristiana, giorno in cui si celebra la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, è la ricorrenza che più di tutte si collega alla dipendenza dell'uomo da una norma superiore (Bernardi, Fontanelli e Malfatti, 1982). Anche in questo caso, l'apparizione mariana si colloca in un clima di rivalutazione della pietà popolare volta al riavvicinamento delle masse alle istituzioni cattoliche3.

Pochi anni dopo l'apparizione dell'Immagine della Madonna il terziario francescano fra’ Sabatino fece edificare un oratorio grazie alle offerte dei fedeli. La costruzione del Santuario iniziò nella seconda metà del XV secolo a opera dei frati gesuati di San Girolamo e si protrasse fino ai primi decenni del secolo successivo (Vasaturo). L'originale struttura rinascimentale è oggi ricoperta da elementi barocchi che furono aggiunti nei secoli XVII-XVIII. Per avere un'idea dello stile iniziale del Santuario è rimasta dalla prima costruzione l'altare di marmo, nella sala antistante la sagrestia, edificato da Silvio del fu Giovanni Neri da Cepparello. Dal 1345 a custodire l'Immagine furono i frati di terzo ordine di san Francesco, detti della Penitenza, seguiti dal 1442 dai chierici della congregazione di san Girolamo, detti gesuati. Poiché nel 1668 il papa Clemente       

3 Per un’introduzione alla storia della devozione mariana vedi De Flores, Stefano. 2005. Maria sintesi di valori. Storia culturale della mariologia. Edizioni San Paolo: Milano.

IX Rospigliosi soppresse il loro ordine furono sostituiti dai teatini dell'ordine di san Gaetano di Thiene che rimasero fino al 1783, anno in cui anche il loro ordine fu temporaneamente soppresso a causa di Pietro Leopoldo influenzato dalle idee gianseniste del Vescovo di Pistoia Scipione De Ricci. Infine,  il Santuario di Montenero, che ormai era stato costruito intorno alla Sacra Immagine, fu concesso in custodia ai padri vallombrosani della congregazione di san Giovanni Gualberto, a eccezione del periodo che va dal 1808 al 1816, cioè durante il governo napoleonico (Lazzarini, 2008). Adesso risiedono nel Santuario quindici monaci  sette dei quali provengono da una missione aperta venticinque anni fa nello  stato del Kerala in India.

Tra i numerosi significati che sono associati al nome di Maria4, molti dei quali richiamanti l'idea di Vergine-Madre, quello che tra tutti prevalse fu Stella del Mare (Lucchesi, 1928). Questa interpretazione si è diffusa non certo per motivi storici o critici5, ma perché è quella che meglio si adatta al ruolo che le persone hanno attribuito alla Madonna: stella guida del pericoloso viaggio nel mare della vita (Lucchesi, 1928). Metafora che ben si adatta anche ai giorni d'oggi, in cui, come sostiene Burgalassi, la devozione alla Madonna rimane un'importante “risorsa interiore” per i fedeli (Burgalassi, 2001). Per di più, questo significato appare particolarmente indicato nel caso di Montenero, colle che appunto si affaccia sul mare Tirreno. Infatti, secondo Fontanelli, Montenero anticamente rappresentava un punto di riferimento per i naviganti, assai più importante di quanto sia immaginabile oggi (Bernardi, Fontanelli e Malfatti, 1982). Divenne quindi naturale che chiunque navigasse per il mar Tirreno si raccomandasse alla Madonna di Montenero che poi continuava a essere pensata anche dai navigatori di altri mari, come testimoniano i numerosi voti appesi alle pareti del Santuario. A conferma di questa usanza, su un muro del Santuario si legge sin dal 1646:

Tutte le navi veleggianti nel Tirreno cominciarono a salutare la Madonna di Montenero con spari di cannone e di moschetto, o con lo sventolare delle bandiere, al quale saluto, con fuochi accesi in sulla piazza si costumò di rispondere.

E il suo legame con il mare e la gente di mare mai è venuto meno a Livorno. Anche su un finestrone del Santuario è raffigurata una tempesta in mare con la       

4 Secondo Lucchesi si possono individuare all'incirca settanta diversi significati attribuiti al nome

della Vergine. 

seguente iscrizione “Ave Maris Stella”. Un altro fatto rilevante è che, da dopo la peste del 1630 e fino al 1860, in tutte le patenti rilasciate dall'Ufficio di Sanità, dette “fedi di sanità”, fosse rappresentata l'immagine della Madonna con scritto: “Liburnesis Sanitatis tutela”. La patente inoltre aveva la seguente certificazione:

Attestiamo che parte da questa città e porto, ove per la grazia di Dio, e per la intercessione della Madonna di Montenero, nostra Protettrice, si vive in ottima salute, e senza alcun sospetto di Malattia Contagiosa, per andare...

Anche in tempi più recenti ci sono stati episodi che hanno confermato il particolare attaccamento alla Protettrice di Livorno. Per esempio nel testo di Cecchi Tonicelli è riportato che nel 1928 fu donata a una nave della Regia Marina Italiana un'effigie della Madonna di Montenero in argento (Cecchi Tonicelli, 2001). Sempre nello stesso testo è raccontato poi che la Società Cooperativa Cantiere Navale F.lli Orlando, riprese la tradizione di mettere a bordo delle navi da loro costruite l'Immagine della protettrice dal 1996. Negli ultimi anni poi è stato avviato il progetto di innalzare una statua della Madonna alta sei metri all’ingresso del porto per volere della corporazione dei piloti portuali che saranno anche i finanziatori del progetto insieme agli imprenditori del settore e i portuali.6

La storia di Livorno e del suo Santuario sono, quindi, strettamente collegate: così, mentre la prima passò da essere un piccolo porto a una grande città, la Sacra Immagine, a cui originariamente era dedicato un piccolo oratorio, arrivò nel tempo a divenire la Patrona della Toscana. La venerazione della Madonna iniziò sin da quando Livorno era un piccolo castello vicino al mare, abitato da un gruppo di pionieri in balia della malaria e di un'indigenza feroce. Per avere un'idea delle dimensioni e dell'evoluzione di questa città basta ricordare alcuni numeri: nel 1560 vi erano meno di 1000 abitanti; il 12 febbraio del 1591 venne emanata da Ferdinando dei Medici la “Livornina” che fu determinante per il popolamento del       

6 Nonostante la città di Livorno sia sempre stata e continui a essere politicamente schierata a

sinistra la devozione nei confronti della Madonna è sempre stata molto sentita. Negli ultimi anni questo fatto è testimoniato da questa esigenza espressa dagli abitanti della città e dalle reazioni che ha suscitato. Nonostante, infatti, vi siano state anche molte voci contrarie a questa proposta, numerosi sono i cittadini che hanno espresso la loro approvazione come per esempio dimostra un sondaggio online fatto dal giornale locale secondo cui il 67% dei partecipanti si sono pronunciati a favore (il doppio dei no). Come è riportato in un articolo, in questa città non è difficile trovare persone che nonostante non siano mai andate in chiesa siano devoti alla Madonna di Montenero. Secondo Pardo Fornaciari questo culto sarebbe anche maggiormente accentuato negli ultimi anni a

causa della crisi dei grandi ideali.

(http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2011/01/06/news/livorno-mangiapreti-vuolela-statua- della-madonna-1.2256617).

porto; infatti, nel 1606 Livorno è dichiarata città e nel 1609 ha poco più di 8.000 abitanti. Sul finire dello stesso secolo la popolazione è di circa 20.000 persone delle quali circa 5.000 sono ebrei, 900 turchi e 1.000 di altre nazionalità.

Gradualmente la Madonna è diventata il punto di riferimento più importante, a cui i labronici si sono rivolti a ogni occasione di paura e di rischio, personale o pubblica, come epidemie, guerre e calamità naturali, accrescendo la sua fama che si diffondeva anche oltre il territorio livornese. Nel Santuario di Montenero, si sviluppò a pieno quella dimensione femminile che era recuperata dalla chiesa proprio attraverso il culto mariano e che era intesa dalle persone come maternità, simbolo della protezione dei fedeli. A dimostrare la crescente fama della Madonna di Montenero ci sono per esempio numerosi lasciti testamentari, pellegrinaggi e voti collettivi e privati. Infatti, nonostante il popolo di Livorno avesse già affidato il ruolo di Santa Protettrice a Santa Giulia alcune centinaia di anni prima del ritrovo dell'Immagine della Madonna, mai come con quest’ultima si sviluppo un rapporto intimo, personale affettuoso che si esprime anche nella semplicità del nome con cui viene chiamata: Madonna di Montenero.

Come dimostra la ricerca svolta da Ampola, la religiosità livornese è caratterizzata da una particolare devozione nei confronti della Madonna di Montenero anche in tempi più recenti (Ampola, 1983). A essa infatti sono rivolte un numero di preghiere (25-55%) seconde solo a quello delle orazioni rivolte a Dio (46.65%), maggiore rispetto a quelle verso la figura di Gesù (15-34%) (Ampola, 1983: 56). Questo forte attaccamento è rintracciabile in tutta la storia della sacra Immagine.

In particolare la popolazione ha trovato due modi di esprimere il suo amore: uno pubblico e collettivo, e cioè i pellegrinaggi sia dei fedeli verso il Santuario, che della Vergine verso la sua città; l'altro privato e intimo, manifestato attraverso le tavolette votive che riempiono le mura del Santuario.

Un'abitudine molto diffusa tra i devoti alla Madonna di Montenero è quella del pellegrinaggio, praticato dai livornesi ma anche dagli abitanti della Toscana e da persone provenienti anche da luoghi più lontani, tra i quali, in passato, si distingueva la particolare devozione dei genovesi e dei bolognesi. Questo fatto è dimostrato, per esempio, da una cappella che fu costruita nel 1686 nella chiesa di Montenero per volere dei genovesi che imposero una tassa alle navi della Repubblica di Genova che approdavano nel porto di Livorno. Questo è un

esempio di come la fede verso la Madonna accomunava tutte “la gente di mare”. Con il tempo, infatti, la fama e la venerazione della Vergine Maria ha superato i confini della città di Livorno, soprattutto per due motivi: il primo è relazionato con le caratteristiche portuali della città di Livorno, centro di scambi culturali e di commerci, dalla quale transitavano persone provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo; l’altro deriva dal fatto che nel passato era molto più diffusa l'abitudine di migrare in relazione a lavori stagionali che potevano essere legati alla terra ma anche a cantieri edilizi (Cecchi Toncelli, 2001).

Frequenti sono, poi, i pellegrinaggi delle diverse confraternite livornesi due delle quali, quella del SS. Sacramento e di S. Giulia e quella della Misericordia, prevedono una gita votiva. Diversi sono anche i gruppi che si organizzano dalla provincia di Livorno. Da questo punto di vista, tradizionalmente il giorno più importante per il Santuario di Montenero è la festa della Natività di Maria, l'8 settembre e la domenica successiva7.

Fino a poco tempo fa, cioè fino a quando giungere al colle sacro era pur sempre un viaggio, erano diffuse tra i livornesi anche le cosiddette “ottobrate” o “ribotte”: l'usanza di fare una gita sul colle dove si pregava e dopo si mangiava e si beveva, così che secondo Fontanelli queste giornate «assomigliavano più al giovedì grasso che al venerdì santo» (Bernardi, Fontanelli e Malfatti: 1982: 9). Le famiglie si organizzavano come potevano, chi in tram, chi in calesse, chi si concedeva il lusso della carrozza, e successivamente con macchine e motorini, c'era anche chi con mezzi troppo ridotti si vedeva costretto a fare su e giù con quello che si ritrovava per trasportare tutta la famiglia fino a Piazza delle Carrozze da dove poi si arrivava a piedi al Santuario. Dopo aver compiuto le pratiche religiose, si mangiava sempre secondo le possibilità economiche dei diversi credenti: chi poteva permetterselo si fermava al ristorante, altrimenti era comune anche mangiare un panino all'ombra di un albero. Le motivazioni religiose erano