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Il Santuario di Montenero

Grafico 1:  Rappresentazione grafica del numero dei pellegrini segnati sull’agenda del 2010.

8. Gli student

Il Santuario è la meta anche di un particolare tipo di pellegrinaggio collettivo: quello degli studenti maturandi. Ogni anno, infatti, vi sono due pellegrinaggi: uno il giorno in cui escono le materie per l’esame di maturità fatto dagli studenti della provincia di Pisa, e uno per i cento giorni dall’inizio dell’esame che vede protagonisti gli studenti della città di Pisa. In entrambi i casi, la dimensione collettiva e la riproduzione per emulazione hanno un ruolo di primaria importanza rispetto ai diversi passaggi di questo rituale, che è possibile descrivere solo indicativamente poiché nella realtà muta di volta in volta, di gruppo in gruppo, in       

una continua creazione e ricreazione di quello che forse può essere considerato un rito di passaggio (Navarini, 2003) della nostra società. Nel pellegrinaggio degli studenti di provincia30, per esempio, i vari rituali sono stati eseguiti con maggior rigore e da gruppi composti dai membri delle diverse classi, mentre nell’altro caso i gruppi erano numericamente inferiori e vi è stata una maggiore improvvisazione e libertà nell’eseguire i diversi passaggi. Lo stesso identico rito, con pratiche diverse, è compiuto anche dagli studenti delle quinte superiori di Livorno che hanno la tradizione di andare in “pellegrinaggio” alla Piazza dei Miracoli di Pisa.

L’apice di questo rituale avviene la mattina della giornata in cui cadono le due occasioni celebrate (l’uscita delle materie e i cento giorni all’inizio della maturità) e solitamente termina con un pranzo in riva al mare. Tuttavia, è possibile incontrare piccoli gruppi o classi anche il giorno prima, quello successivo o la domenica più vicina come si può vedere anche dai messaggi lasciati nel Libro dei pellegrini. I gruppi dei ragazzi iniziano ad arrivare e a compiere i diversi passaggi che compongono il rito verso la nove e continuano a giungere per tutta la mattina fino a raggiungere la massima affluenza verso le 11:00.

Il punto di ritrovo è la piazza del Santuario da cui inizia un percorso di diverse tappe fuori e dentro il Santuario, ma mai dentro la chiesa, che ha un andamento orario simile a quello compiuto dai normali pellegrini, anche se non da tutti è seguito. La prima fase si svolge sul sagrato, dove si compongono gruppi composti di una decina di ragazzi che tenendosi sotto braccio attraversano questo spazio saltando su una gamba prima in una direzione e poi nell’altra.

L’ingresso nello spazio sacro si ha, quindi, con una penitenza corporea che richiede sia un certo sforzo sia una certa abilità per riuscire a compiere tutto il percorso senza mai appoggiare una delle due gambe. Una volta eseguito questo passaggio i diversi gruppi si avviano all’interno del santuario verso il Libro dei pellegrini sul quale sono lasciati messaggi sia individuali sia collettivi.

      

30 L’osservazione partecipante di questo pellegrinaggio è stata fatta nel 2012, mentre quello degli

studenti di Pisa nel 2011. Mentre, infatti, questo ultimo è una pratica di cui la ricercatrice conosceva l’esistenza, il primo, quello degli studenti della provincia, è stato “scoperto” casualmente poiché è avvenuto una mattina in cui si era al Santuario per osservare i pellegrini.

Figura 17: Studenti che percorrono il sagrato su una gamba

Sebbene nella maggior parte dei casi i messaggi scritti non siano direttamente indirizzati a Dio o alla Madonna di Montenero, raramente vi sono frasi ironiche o sacrileghe. Il contenuto spesso è solo il voto che si spera di ottenere o, talvolta, frasi che testimoniano la speciale occasione che si sta celebrando come “100 giorni all’esame” che in alcuni casi è accompagnato da frasi come “speriamo bene”. Questi messaggi possono essere lasciati da un’intera classe o da singoli studenti, che spesso sono però raggruppati tramite delle parentesi graffe che sono poste al margine della pagina a indicare la classe di appartenenza. Sebbene non accada frequentemente, nel libro dei Pellegrini ci sono anche dei messaggi di studenti che sono tornati dopo l’esame come per esempio il seguente: “Firmai per un 80 ai 100 giorni all’esame.  95, è andata bene. Ringrazio e spero che la mia vita possa continuare a funzionare”.

La terza tappa è alla cappella dei ceri votivi, dove ciascun ragazzo lascia una candela su cui scrive la classe e / o il nome e il voto che spera di ottenere al quale sono aggiunti dieci punti così che se uno studente spera, per esempio, di passare con sessanta scriverà settanta, per ottantacinque novantacinque e così via. Durante la mattina sono stati riempiti tutti i ripiani porta candele posti sotto l’Immagine della Madonna.

Figura 18: Studenti che preparano i ceri votivi

La pratica successiva consiste nel raggiungere la croce in cima alla collina su cui è posto l’edificio del Santuario percorrendo sulle ginocchia i numerosi scalini, all’incirca cinquanta, che vi conducono. Nonostante questa parte sia normalmente chiusa, a causa del rischio di frane, gli studenti incuranti riescono a passare oltre le recinzioni. Si attua così un secondo comportamento che implica la fatica fisica, cui però si aggiunge, questa volta, anche il dolore. La mortificazione è provata in un percorso che, come in molte pratiche religiose, prevede l’ascesa verso l’alto, in questo caso verso un piccolo piazzale, il Piazzale delle Beatitudini, dove è posta una grande croce di legno. In questa tratta l’atmosfera si fa più seria e posata poiché lo sforzo fisico non consente ai ragazzi di parlare e scherzare come invece avviene per tutto il resto del tempo. Ciò nonostante, il silenzio è talvolta interrotto da alcune parolacce che pongono l’accento sul sacrificio che viene compiuto.

Questo percorso è affrontato a coppie di due, perché la larghezza dei gradini non consente altre soluzioni. Si forma una successione ininterrotta di “penitenti” che si muove allo stesso ritmo e anche volendo, sarebbe impossibile, o comunque molto difficile, salire a piedi. Qualcuno, dimostrando di conoscere questa pratica probabilmente dagli studenti che sono passati dal Santuario negli anni precedenti, ha portato con sé delle ginocchiere per rendere meno doloroso questo percorso.

         Figura 19: Studenti che percorrono la scalinata sulle ginocchia 

La “conquista della vetta” comporta un alleggerimento degli atteggiamenti e la ripresa, in toni accentuati, dell’atmosfera goliardica che è ora arricchita dall’innalzarsi di qualche coro da stadio adattato per la speciale occasione. A questo punto, gli studenti si concedono del tempo per riposarsi e per fare delle foto di gruppo. In un muro del piazzale c’è una scritta chiaramente recente in cui è offesa una ragazza, anche se non è possibile provare che sia stata fatta durante quella giornata dagli studenti. Durante questa fase di pausa, in una delle due occasioni che sono state analizzate, precisamente nel pellegrinaggio degli studenti di provincia, è stata notata una pratica che non fa parte dell’iter tradizionale: un gruppo di studenti ha, infatti, iniziato a scrivere sulla balaustra che delimita la terrazza della piazza.

Figura 20: Studenti che elaborano una pratica inedita

Notando la loro incertezza e che era fatto solo da pochi ho chiesto loro se era una cosa che si erano inventati e mi hanno spiegato che avevano visto delle scritte che già vi erano con il nome e il voto. L’imitazione del comportamento altrui è per questo rituale di fondamentale importanza. Si trovano spesso, infatti, gruppi di studenti che cercano di capire cosa è stato fatto dagli altri e il suo significato per decidere se compiere anche quella pratica o meno come dimostra la conversazione tra questi due ragazzi:

A: Fermi, bisogna fà il punto della situazione: in cosa consiste questa cosa qui? B: No, questo solo per chi vuole prendere 100 e lode!

Una volta terminato il riposo, inizia il percorso inverso: la discesa verso la piazza del Santuario durante la quale sono generalmente svolti altri tre passaggi. Il primo consiste proprio nella discesa attraverso un’altra rampa di scale, meno ripida della precedente, che è questa volta percorsa al contrario. Qualcuno interpreta questa pratica nel seguente modo: “Vai in dietro perché così non togli i voti raggiunti salendo le scale in ginocchioni!”.

In questo momento si intensificano i cori cantati, che non hanno come tema principale quello della maturità, quanto, piuttosto, l’incoraggiarsi vicendevolmente o la celebrazione dei compagni come si capisce dai seguenti:

Chielo c'è, Chielo c'è Chielo c'è... noi vogliamo Chielo Ceccolini! Uno di noi, uno di noi!

Un capitano, chi sono un Capitano? un capitano.... Iervino è il capitano! Ti vogliamo così! Ti vogliamo così!

Quasi quasi le rifo, quasi quasi le rifoooo!

Inoltre, durante la discesa alcuni scandiscono il tempo urlando “O issa! O issa!”. Una volta finita la scalinata vi è una lunga discesa che porta alla cappella dei cerini lungo la quale vi è situata una statua di un angelo sul quale sono stati lasciati messaggi e oggetti di ogni genere. Non tutti in questo caso hanno eseguito questa pratica per la quale è particolarmente evidente quel principio di emulazione che è stato osservato anche negli altri casi: ciò significa che vi è stata una maggiore affluenza quando il numero di persone arrampicate sul muretto che stavano lasciando qualcosa, era alto; mentre l’attenzione di chi giungeva è stata meno attratta quando vi erano poche o nessuna persona intorno alla statua. In questo caso sono stati lasciati sia brevi messaggi, spesso solo il nome della persona, sia oggetti personali, alcune volte usati proprio come supporto per scrivere. Così, accanto ad alcuni rosari e altri oggetti religiosi, donati probabilmente in altre occasioni, si sono lentamente accumulati oggetti tipici della vita quotidiana di questi studenti, come sigarette, biglietti degli autobus o del treno, cartine per le sigarette, fazzoletti di carta, fototessera, stick burro cacao, deodoranti, pacchetti di merendine, braccialetti, tessere dello studente e pacchetti di chewing gum.

I messaggi, non molto numerosi, non sono sempre rivolti a qualcuno ma spesso sono semplicemente l’espressione dei pensieri dei ragazzi. Vi si trovano, quindi, frasi come “speriamo bene, ps: anche scuola guida” seguita dal nome del ragazzo e dalla classe, o “speriamo di non tornarci il prossimo anno!”. Non mancano, tuttavia, anche messaggi nei quali il destinatario è Dio o è implicito: “prometto di impegnarmi ma ti prego dammi un aiutino”, “Aiutami, grazie in anticipo!”, “Dio, aiutami e sostienimi durante l’esame”, “che Dio ce la mandi buona!” “Caro angioletto, portami tanta fortuna per tutto”.

Figura 21: Messaggi degli studenti

In altri casi, invece, vi è lo specifico riferimento alla Madonna estrapolato da qualsiasi riferimento o formula tipica della religione cattolica tradizionale come nel seguente bigliettino: “ Santa Madonna, ascolta la nostra ode, facci prende 100 e lode!”. Non mancano, poi, i messaggi ironici come per esempio questo: “B. M. santa subito!”.

Alla fine del percorso vi è l’ultima fase che determina l’uscita dal Santuario e la chiusura del rito: questa parte avviene al cancello di fronte alla cappella dei cerini verso il quale i ragazzi tirano una monetina girati di spalle.

Sebbene questa descritta sia la sequenza più seguita, non tutti i ragazzi hanno eseguito le diverse fasi nell’ordine qui descritto, o tutte quelle che sono state menzionate, così come qualcuno, dall’altra parte, ha improvvisato passaggi inediti, per esempio salendo sulle ginocchia anche sulle scale del sagrato. La puntualità e la precisione sembrano in queste occasioni essere secondarie rispetto alla pratica in sé, da eseguire sempre insieme ai propri compagni.

Alla fine del percorso mi è capitato di essere introdotta da Don Tommaso a dei ragazzi appartenenti a un gruppo di preghiera seguito da una suora che gli aveva chiesto di riceverli e di farli anche pregare. Approfittando dell’occasione presentatasi, mi sono messa a parlare con questi studenti che mi hanno spiegato che le pratiche che avevano svolto quella mattina non erano da loro considerate come “religione” e che, per questo, sarebbero anche andati a pregare in seguito. Nonostante la sacralità del luogo, è stato separato un tempo della “festa”, dedicato

a un rito non appartenente alla tradizione cattolica, da quello della “preghiera”, così che non è stata percepita nessuna contraddizione dai giovani credenti. Infatti, anche gli studenti credenti e praticanti, non colgono nessuna ambiguità nello svolgere queste pratiche all’interno del Santuario, come se si scegliesse di vivere, in un primo momento, il ruolo dello studente e solo in seguito riprendere lo sguardo del credente che attribuisce il significato religioso a questo luogo. Per di più, nessuno è entrato nella chiesa se non per pregare, anche se alcune pratiche della devozione tradizionale, come il lasciare messaggi sul libro dei pellegrini o i cerini nella cappella votiva, sono stati compiuti.