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La campagna di Nanchino

Capitolo 2: Zheng Chenggong

2.2 Il Conflitto Ming-Qing e il ruolo dei Zheng

2.2.4 La campagna di Nanchino

Ora che la sua posizione di “restaurare i Ming e combattere i Qing” (fu Ming da Qing 复明打清) era stata chiarita61, Zheng, che durante i mesi di trattative aveva rafforzato la sua posizione e influenza persino oltre i confini del Fujian, aveva raccolto attorno a sé non solo un vero e proprio movimento politico per la restaurazione dei Ming, ma anche il favore della popolazione. La città di Xiamen, che era diventata una delle sue basi principali, venne eletta capitale e rinominata

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YANG Ying, Congzhen shilu 從征實錄, cit. pag. 42, in Taiwan wenxian congkan n. 32, Taibei 1999. Lo stesso passaggio viene tradotto in questo modo da Clements: “For eight years now […] my father has not regarded me as his son. I returned the sentiment. […] there is a greater duty than mere loyalty to one’s family. […] Now, all of a sudden, you seek to lecture me on loyalty” (JonathanCLEMENTS, Coxinga and the Fall of

the Ming Dinasty, cit. pag.143).

60Lynn A.S

TRUVE, The Southern Ming1644-1662, pag.165-166.

61

Dopo il fallimento delle trattative, Zheng Chenggong scrisse una lettera di aperta sfida al governatore mancese del Fujian, e accettò pubblicamente il titolo di Principe Preservatore della Pace (Yan ping wang 延 平王) conferitogli dall’imperatore Yongli, che nel frattempo stava avanzando verso ovest nello Yunnan (ibidem, pag. 178-180).

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Simingzhou ( 思 明 州 , “Prefettura in onore dei Ming”); funzionari e burocrati lealisti lo appoggiarono con entusiasmo e grazie al loro aiuto Zheng Chenggong vi istituì i il governo e i sei ministeri, secondo il sistema imperiale dei Ming. Nelle zone riconquistate, gli ufficiali mancesi vennero sostituiti da uomini fedeli alla causa, e la popolazione cominciò a pagare regolarmente le tasse a un nuovo governo, che finalmente sembrava avere la forza e la stabilità sufficiente per porsi come valida alternativa a quello dei Qing62.

Sapendo tuttavia che la pace non sarebbe durata a lungo, Zheng fece evacuare Simingzhou tra l’estate e l’autunno del 1655: in tal modo, persone e beni sarebbero stati lontani dallo scontro con i mancesi; inoltre, ordinò a Zhang Mingzhen di aprirgli la strada verso nord e verso l’entroterra. L’obiettivo finale di Zheng era infatti la conquista di Nanchino: la presa dell’ex capitale del sud avrebbe rappresentato una crepa nel sistema di assoggettamento dei Qing e un simbolo di speranza per tutti i coloro che avrebbero voluto unirsi alla causa lealista, ma che ancora non avevano osato farlo63.

I Qing giunsero nel Fujian solo ad ottobre, esausti, mentre a novembre Zhang Mingzhen occupava con successo l’isola di Zhoushan. Il Generalissimo Jidu riuscì a raccogliere le forze per attaccare Chenggong solo nel maggio del 1656, quando ormai i Zheng si erano barricati a Jinmen; il risultato dello scontro navale fu la disfatta dei Qing, che si vendicarono con un assalto ai depositi dei Zheng a Haicheng nell’agosto 1656. Per contro, pochi mesi dopo, Zheng guidò personalmente una flotta di migliaia di navi contro la prefettura di Funing, dove annientò le forze mancesi nel febbraio del 1657. Nonostante questi successi, però, Zheng dovette far fronte a delle grosse perdite, come la morte di Zhang Mingzhen, che avrebbe dovuto aprirgli la strada verso nord, dell’anno precedente. Nella primavera del 1657, perciò, fu costretto a tornare a Xiamen; in autunno, inoltre, mentre era impegnato nello Zhejiang, i Qing riuscirono a sottrargli la città-presidio di Min’an, situata in un punto chiave per la difesa della foce del fiume Min. Da quel momento Zheng iniziò un

62PatriziaC

ARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 99. Struve però afferma che la maggior parte degli uomini venivano impiegati da Zheng in incombenze più di carattere bellico che non civile; nei territori che conquistava, era più interessato a sostenere l’apparato militare e non tentò mai di istituire un’amministrazione generale per la gente comune. Forse in futuro le nuove cariche di funzionari di sorveglianza, comunicazione e giudiziari sarebbero potuti evolversi in una nuova burocrazia civile, ma non ne ebbero l’occasione (Lynn A.STRUVE, The Southern Ming1644-1662, pag. 180).

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allenamento ancora più duro e mirato, che avrebbe portato alla creazione delle unità di “uomini di ferro” (cioè guerrieri capaci di combattere indossando tuniche di placche di ferro) 64

:

Heavy, shining armor decorated with intricate patterns and motifs covered their bodies, leaving only small openings for the eyes and mouth. During battle, each unit of the division, marked by a flag bearing a distinct animal, specialized in one weapon, which included arquebuses, long swords, and shields. In many ways, the Iron Men’s equipment and battlefield formations reflected the influence of Japanese form of warfare. Besides the actual power of these warriors, they capitalized upon the fearsome reputation of Japanese fighters and swordsmen throughout coastal East and Southeast Asia.65

Carioti evidenzia che l’inflessibilità di Zheng nell’addestrare i suoi uomini causò diverse diserzioni e, di conseguenza, non pochi problemi66: ad esempio, il generale Shi Lang67, uno dei più abili uomini dell’organizzazione, sarebbe diventato poi il loro più acerrimo nemico, passando dalla parte dei Qing e sconfiggendo infine gli eredi di Chenggong a Taiwan nel 1683; Huang Wu, rivelando ai mancesi la posizione dei depositi di Haicheng e tutta la rete di contatti commerciali dell’organizzazione, rese più efficace il veto imposto nell’agosto del 1656 ai mercanti cinesi sui traffici con i Zheng68.

Nel giugno del 1658 Zheng partì con uomini e provviste a sufficienza per una campagna verso Nanchino: invase prima la prefettura di Wenzhou, poi, dopo una tappa a Zhoushan, si diresse a Zhongming, ma un tifone sbaragliò la sua flotta a metà strada, causando disastrose perdite. Tra quelli che non morirono durante la tempesta, per di più, molti furono catturati in seguito dai Qing.

64PatriziaC

ARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 99-100 e . Lynn A.STRUVE, The Southern Ming1644-1662, pag.

182-183. La divisione di questi “uomini di ferro” era modellata secondo le unità militari dei samurai e combatteva utilizzando i metodi giapponesi, da cui Koxinga era riuscito a ottenere un’alleanza, come vedremo nel prossimo paragrafo (HANG Xing, “The Shogun’s Chinese Partners…”, pag. 122).

65

HANG Xing, Between Trade and Legitimacy, Maritime and Continent, cit. pag. 69-70.

66Sulla diserzione degli uomini di Zheng si esprimono anche fonti olandesi, come riportato da Campbell

(Formosa Under the Dutch, pag. 460).

67

JonathanCLEMENTS, Coxinga and the Fall of the Ming Dinasty, pag. 134: Clements aggiunge che la defezione di Shi Lang fu dovuta anche alla rivalità con Zheng Chenggong.

68PatriziaC

ARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 100 e 105-106; ovviamente tale veto non colpiva solamente i Zheng ma tutta l’economia locale della provincia, con il risultato che molti mercanti si davano alla macchia o passavano dalla parte della resistenza del Fujian. Coloro che fino al tradimento di Huang Wu erano riusciti a trattare in segreto, tuttavia, vennero scoperti e puniti duramente.

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Zheng fu costretto a ritirarsi di nuovo a Zhoushan e tornare alla prefettura di Daizhou per riorganizzarsi. Nonostante l’indebolimento, Zheng riuscì a non retrocedere oltre Wenzhou, e nel giugno del 1659 fu in grado di ripartire.

Questa volta niente sembrava arrestarlo: la conquista di Ningbo gli fornì ulteriori uomini, armi e provviste, nonché un porto sicuro a sud che avrebbe impedito ai Qing di sorprenderlo alle spalle. Nei primi di luglio giunse poi alla foce dello Yangzi e vi rimase fino alla fine del mese, ripristinando vettovaglie e le forze dei suoi uomini, cui impedì l’attacco ai centri abitati sulla costa: era importante ottenere la fiducia della popolazione, anche per acquisire informazioni su quella zona, che gli era in gran parte sconosciuta. Organizzò una spedizione, infatti, guidata da Zhang Huangyan, l’ex aiuto-campo di Zhang Mingzhen, che aveva già preso parte a campagne nel delta dello Yangzi e sapeva quindi come muoversi69; nonostante questo, però, e nonostante l’allenamento durissimo cui erano stati sottoposti e la loro superiorità numerica, i soldati di Zheng Chenggong si trovarono disorientati a combattere in un ambiente così poco familiare. Questo, aggiunto al continuo temporeggiare del loro comandante, fu una delle cause della loro sconfitta70.

Diversamente dagli scontri che aveva condotto in precedenza, infatti, Zheng Chenggong non fece nulla per mantenere segreto il suo piano di attaccare Nanchino, anzi: sin dal 1655 aveva apertamente dichiarato i suoi propositi, e tutti i movimenti fatti per accostarsi alla regione dello Yangzi erano stati portati avanti alla luce del sole. La possibilità che i Qing prendessero precauzioni aumentando le guarnigioni di guardia al delta non sembrava preoccuparlo, piuttosto pareva rinvigorirne le intenzioni: se li avesse sconfitti in una maestosa battaglia, l’effetto psicologico di una tale vittoria avrebbe stroncato la loro autorità e reso fragile la loro presa sul resto dell’Impero, riaccendendo invece lo spirito di ribellione dei cinesi. Inoltre, sperava di indurre Nanchino alla resa, terrorizzandola mentre nella sua avanzata sbaragliava città come Guazhou e Zhenjiang. Zheng Chenggong non aveva però considerato diversi fattori: l’autorità dei Qing nell’entroterra non era minimamente indebolita come credeva; gli attacchi che gli alleati di Zheng avevano in precedenza scagliato contro il delta dello Yangzi avevano contribuito a forgiare l’esperienza dei comandanti Qing della zona, che ora sapevano come difenderla; i mancesi avevano preso precauzioni non solo aumentando le guarnigioni ma posizionando anche imbarcazioni armate di cannoni all’inizio e alla fine del canale, chiudendolo invece a metà con un cavo, che costringeva così le navi a dirigersi verso la linea di fuoco; rispetto all’anno precedente, infine, i Qing avevano più uomini a

69

Ibidem, pag. 128.

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disposizione, e le guarnigioni che in precedenza erano state impegnate a sud-ovest stavano tornando o erano tornate a Nanchino71.

Non rendendosi conto di tutto ciò, forse anche a causa di un’eccessiva fiducia in se stesso, Zheng Chenggong si concesse di procedere con troppa calma; all’inizio di agosto, rimase fermo altri tre giorni per celebrare solenni cerimonie in onore del Cielo, della Terra e del fondatore della dinastia Ming, componendo anche una poesia per l’occasione. Lo scopo era probabilmente quello di impressionare gli avversari, ma certo gli fece perdere del tempo prezioso.

Quando finalmente si mosse, mandò Zhang Huangyan ad aprire la strada, distruggendo le imbarcazioni armate di cannone che bloccavano l’entrata del canale, mentre conduceva di persona la conquista, rispettivamente il 3 e il 10 agosto, di Guazhou e Zhenjiang, come da programma. Poi però i venti cominciarono a soffiare in una direzione avversa, rallentando l’avanzata delle navi Ming sul fiume e, nonostante i consigli di Zhang Huangyan e altri generali di procedere via terra, Zheng si ostinò a voler navigare il fiume. Le sue forze arrivarono alle mura di Nanchino solo il 24 di agosto, quando ormai la città era stata raggiunta dai soccorsi mancesi. Ancora una volta, Zheng non ascoltò gli avvertimenti dei suoi strateghi di attaccare per primo, ma decise di aspettare e di cominciare piuttosto un assedio, sperando forse che, vedendo la schiacciante superiorità numerica degli assedianti, i governanti di Nanchino si sarebbero arresi72. Una tattica del genere aveva in effetti già funzionato in precedenza, quando il semplice dispiegamento di forze era bastato per ottenere la resa73. Non fece nemmeno nulla per evitare l’arrivo dei rinforzi, né disegnò progetti per organizzare la ribellione della popolazione delle città conquistate in modo da esserne avvantaggiato. Come descrive Lynn Struve,

Cheng placed his faith in the self-interest of military men and in affecting history primarily by winning battles. Consequently, when things went badly at Nan-ching, Cheng did not have any organized support to fall back on the surrounding region and, feeling isolated in a strange environment, he beat a hasty retreat.74

La sua decisione di attendere lasciò ai Qing spazio per la prima mossa: quando attaccarono la notte dell’8 settembre, costringendo Zheng a ridistribuire i suoi soldati, che il giorno seguente non furono in grado di sostenere lo scontro lanciato dal loro comandante ai cancelli della città. Con la

71

Ibidem, pag. 185-186.

72

Lynn A.STRUVE, The Southern Ming1644-1662, pag. 187.

73

PatriziaCARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 129.

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perdita di numerosi abili generali e metà della fanteria, Chenggong dovette ritirarsi con la flotta verso Zhenjiang. Zhang Huangyan, rimasto bloccato con le sue navi a Digang, lo pregò con una lettera di rimanere a resistere, ma Zheng rimase sordo alle sue richieste, immaginando, non a torto, che i Qing a questo punto avrebbero deciso di attaccare le sue basi nel sud, e partì il 14 settembre per Chongming, per arrivare a Xiamen in autunno inoltrato. Zhang Huangyan fu attaccato il 23 settembre, ma riuscì miracolosamente a fuggire nello Zhejiang75.

Come previsto, i Qing avevano organizzato una spedizione speciale contro di lui, che arrivò nel Fujian nel febbraio del 1660 e che raccolse sotto un unico comando le flotte mancesi della provincia, insieme a quelle del Guangdong e dello Zhejiang. Sin dal suo arrivo, Chenggong aveva preparato le sue difese: possedeva, in fondo, una flotta assai più numerosa dei Qing.

A giugno i Qing subirono una devastante sconfitta a nord e a ovest di Xiamen, che diede tempo a Zheng di riorganizzare le uniche due basi su cui poteva ancora contare (Jinmen e Xiamen stessa); tuttavia la situazione gli era tutt’altro che favorevole: le forze lealiste erano allo sbando e i Qing avevano ormai assoggettato l’intera Cina. Le sue piccole basi non avrebbero resistito a lungo76

. I mancesi fecero sentire la loro pressione non solo militarmente, ma anche privando i Zheng della loro principale riserva economica: cominciarono infatti a far evacuare le isole del Fujian e le coste, costruendo avamposti militari e torri di controllo; in seguito sarebbero arrivati a disegnare una linea di blocco, strappando la popolazione dalle loro abitazioni e spingendola verso l’interno, determinando così il rapido declino e la rovina delle provincie costiere77.

A questo punto, a Chenggong rimaneva una sola alternativa: nel febbraio del 1661, convocò i suoi generali e cominciò a progettare la ritirata verso Taiwan. Il piano non incontrò l’entusiasmo dei suoi uomini: la visione generale che si aveva dell’isola era di una terra incolta, velenosa, abitata da genti selvagge; inoltre era ancora in mano agli olandesi, i “diavoli dai capelli rossi” (hong mao gui

75

Ibidem, pag. 188-189.

76

Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 130-131.

77Le terribili misure adottate dai mancesi per impedire a Zheng qualunque contatto con il continente

vengono ben descritte da Daphon in “The Empire’s Scorched Shore: Coastal China 1633-1683”; nel suo articolo, racconta di come le lotte per la restaurazione dei Ming furono devastanti per il Fujian, tanto che si registrarono casi di cannibalismo tra la popolazione affamata; il divieto di commercio marittimo imposto dai Qing rappresentò un colpo durissimo per l’economia locale, ma le punizioni per i trasgressori erano ugualmente spaventose. Quando poi venne promulgata la legge di spopolamento delle coste, vennero portate avanti deportazioni di massa verso l’entroterra; ai residenti delle aree costiere veniva dato un ultimatum di tre giorni: abbandonare la propria casa o bruciare con essa.

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红毛鬼 ), rivali commerciali principali dei Zheng nei mari asiatici, tanto a Taiwan quanto in Giappone78.