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L’insediamento a Taiwan e la minaccia a Manila

Capitolo 2: Zheng Chenggong

2.4 La conquista di Taiwan

2.4.4. L’insediamento a Taiwan e la minaccia a Manila

Per via dei decreti di sgombero delle coste (qianjieling 迁界令) e di divieto alla navigazione attuati dai Qing nel 1661 e nel 1662, la situazione delle basi di Zheng sul continente era diventata critica, e qualunque comunicazione tra Taiwan e le coste cinesi era diventata praticamente impossibile. I decreti avevano avuto però l’effetto di provocare una migrazione delle genti del Fujian verso Taiwan, migrazione che Koxinga fu svelto a incentivare: se le sue due principali basi di Xiamen e Jinmen non potevano né sopravvivere né tantomeno inviargli derrate alimentari, sarebbe stato molto più proficuo evacuare tutti i cinesi residenti con le loro famiglie e trasferirli a Taiwan, dove avrebbero potuto stabilire una nuova comunità agricola e provvedere così al sostentamento dell’organizzazione136

.

Yang Ying descrive come Zheng avesse immediatamente iniziato ad amministrare l’isola, dando ai suoi uomini terra e campi da coltivare ma ammonendoli severamente di non sconfinare nei territori degli aborigeni o dei cinesi residenti e di non causare litigi con loro137: era importante che Zheng potesse continuare a contare sul loro sostegno. Queste direttive, che rispecchiavano quella disciplina che Chenggong aveva sempre preteso dai suoi uomini, gli valsero l’ammirazione e la gratitudine dei taiwanesi anche per molte generazioni seguenti.

Tuttavia abbiamo anche visto che le misure prese da Zheng per superare le difficoltà imposte dallo sgombero delle coste sul continente e dai sette lunghi mesi di assedio al forte olandese non furono sufficienti per evitare la diserzione di uomini e coloni. Quello che serviva non erano soltanto le opere di bonifica e l’impiego di forza lavoro per riprendere la coltivazione di campi, ma una vera e propria struttura amministrativa che si sostituisse a quella olandese e che regolasse in modo efficace i rapporti dei coloni cinesi con i nuovi arrivati.

Così, Zheng stabilì a Fort Provintia la nuova capitale Dongdu Mingjing (“Capitale orientale dei Ming”, 东都明京) e, continuando a utilizzare il calendario dell’imperatore Yongli, fissò le date per

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Tonio ANDRADE, “A Chinese Farmer, Two African Boys, and a Warlord: Toward a Global Microhistory”

e How Taiwan became Chinese, cap. 11 par. 43-45. La gioia della vittoria si tinse però di amaro, quando Chenggong seppe che, lo stesso giorno in cui aveva ottenuto una vittoria così importante, l’imperatore Qing a Pechino aveva annunciato la morte del padre Zheng Zhilong, avvenuta dopo una delle torture più lunghe e strazianti: lo scuoiamento (Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 147).

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Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 150-151.

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le celebrazioni dei riti in onore della dinastia, mentre riorganizzò la burocrazia dell’isola secondo il sistema tradizionale imperiale. Creò anche un ufficio per gli intellettuali (chujianguan 储笕馆) e

un’accademia (yucaiguan 育才馆)138

, poi istituì un sistema di tassazione e regolò la distribuzione di terre, così come le attività di caccia e pesca.

Lynn Struve sottolinea però come la dicotomia tra wen 文 (cultura) e wu 武 (marzialità) non venne risolta nemmeno dal governo di Zheng su Taiwan, trattandosi prevalentemente di un governo militare: era fondamentale, infatti, evitare insubordinazioni e ribellioni, e così, di fatto, Taiwan era retta da una sorta di legge marziale139.

Per quanto riguarda l’esercito, Chenggong spostò l’attenzione nel potenziare la marina più che le forze militari di terra, al contrario di come aveva fatto durante le campagne antimancesi, e utilizzò alcune unità per la bonifica, la coltivazione e il controllo del territorio; convogliò una parte dei ricavi dei traffici commerciali nei fondi della famiglia Zheng, e una parte nelle spese pubbliche, rendendo gran parte del commercio esercitato dai Zheng, di fatto, attività governative140. A un anno dalla cacciata olandese, l’isola era in piena ripresa economica, con la nascita di nuove città sulle coste, la crescita di villaggi rurali e l’aumento di produzione agricola141.

Anche dopo la vittoria sulla VOC, i Zheng continuarono a finanziare operazioni navali con scopi non solo politici ed economici ma soprattutto militari: il trasferimento a Taiwan era ufficialmente solo provvisorio, l’obiettivo principale rimaneva la riconquista dell’impero cinese, e perciò Koxinga passava ore insieme ai generali a progettare un contrattacco ai mancesi. Possedendo questi ultimi il vantaggio della superiorità numerica, Zheng e i suoi dovevano assolutamente aggiudicarsi una vittoria sul continente per demoralizzarli e rinforzare lo spirito dei propri uomini e dei ribelli sul continente.

Per questo serviva, oltre al capitale e all’efficienza delle truppe, un controllo più che stabile sulla nuova base e, ancora meglio, su tutti i mari cinesi: Koxinga cominciò a pianificare un’invasione delle Filippine142.

Zheng Chenggong chiamò dunque al suo cospetto il padre domenicano Vittorio Ricci143, e il 10 maggio144 lo fece partire come ambasciatore alla volta di Manila: con sé portava una lettera, datata

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Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 152-154.

139

Lynn A.STRUVE, The Southern Ming 1644-1662, pag. 192.

140Patrizia C

ARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 152-154.

141Donald J. S

ENESE, “Koxinga and a Chinese Restoration”, pag. 722.

142Ibidem, pag. 721.

143Nato a S. Maria a Cintoia presso Firenze nel 1621, prese i voti nel 1634, per poi nel 1643 partire per

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24 (o il 21) aprile, in cui si ordinava la resa degli spagnoli. Il motivo dell’invasione, stando alla lettera, era la cattiva condotta degli spagnoli verso i cinesi e, in particolare, verso i mercantili di Zheng. Se gli spagnoli fossero stati tanto stolti da non accettare la resa, Koxinga non avrebbe permesso loro di rimanere come stato tributario, e li avrebbe cacciati come aveva fatto con gli olandesi. In questo caso, aggiungeva, il Padre ambasciatore non era tenuto a tornare a Taiwan145.

Per quanto la caduta di Formosa nelle mani di Koxinga, in quanto prima vittoria degli orientali sugli europei, avesse spaventato gli spagnoli, il Governatore di Manila, De Lara, rifiutò di cedere. L’atmosfera che si respirava nell’arcipelago dopo l’arrivo dell’ultimatum era, com’è ovvio, di estrema tensione tra la comunità cinese da lungo tempo residente e i coloni europei. Gli spagnoli, in passato, avevano già portato avanti un massacro di cinesi, e ora sembrava che se ne riproponessero le condizioni. Inoltre, sebbene De Lara avesse richiamato tutte le guarnigioni spagnole nel sud-est asiatico, da Mindanao a Molucca, per difendere Manila, e avesse assoldato giovani nativi, la base spagnola era comunque troppo debole. Le provviste furono ammassate nella città in preparazione a un assedio e le fortificazioni vennero rafforzate, ma c’era grande paura tra gli spagnoli che i cinesi

(segue nota) costa del Fujian, le Filippine e Taiwan, servendo spesso anche come ambasciatore. Missionario domenicano, cambiò il suo nome in “Riccio” per via della troppa somiglianza con il nome del già famoso gesuita Matteo Ricci, di cui tra l’altro non condivideva le idee, e trascrisse le sue memorie nel Hechoes de la

Orden de predicatores en el Imperio de China. Stabilitosi in Amoy (Xiamen), ebbe modo di conoscere

direttamente Zheng Chenggong, che lo accolse spesso come amico e per cui Vittorio Ricci fece più volte da ambasciatore, in particolare con la colonia spagnola di Manila (vedi nota 103). Anche dopo la morte di Koxinga, la sua attività di diplomatico continuò: convinse infatti l’erede di Chenggong, Zheng Jing, a trattare la pace e risanare i rapporti con gli spagnoli, perché avrebbe più giovato il commercio con loro che non l’apertura di un nuovo fronte di battaglia. Fu mandato dunque ancora come ambasciatore, e stavolta Ricci completò la missione con successo (MCCARTHY, “On the Koxinga Threat of 1662”, pag. 195). Per

approfondimenti su Vittorio Ricci, vedere Patrizia CARIOTI, “La missione del domenicano Vittorio Ricci (1621-1685) tra Cina, Formosa e Filippine: diplomazia e Guerra”; BERTUCCIOLI e MASINI, Italia e Cina, pag. 128-132; anche il Gentili traccia una sua biografia in Memorie di un missionario domenicano in Cina.

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Patrizia Carioti afferma che, secondo le fonti del Gentili, Vittorio Ricci avrebbe raggiunto la sua destinazione il 18 maggio, ma per McCarthy l’ultimatum raggiunse Manila il 5 dello stesso mese (MCCARTHY, “On the Koxinga Threat of 1662”, pag. 191, e Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 155). Come fa notare però McCarthy, gli storici è raro che concordino sull’esattezza di queste date; è probabile anche che non sia stata studiata correttamente la corrispondenza del calendario usato da Zheng Chenggong con il calendario occidentale.

145Patrizia C

ARIOTI, “La missione del domenicano Vittorio Ricci (1621-1685) tra Cina, Formosa e Filippine: diplomazia e Guerra”, pag. 37-38.

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residenti potessero unirsi alle forze di Zheng. La maggioranza degli ufficiali avrebbe preferito bandire tutti i cinesi non cristiani, ma non avevano i mezzi per trasportare lontano così tante persone: l’unica nave che partì carica di passeggeri paganti per Taiwan era talmente stipata che non era nemmeno possibile sedersi. Fu così deciso di raggruppare tutti i cinesi ancora residenti in zone di reclusione; si assistette spesso ad azioni di sciacallaggio da parte delle folle, e i quartieri cinesi dovettero essere a loro volta fortificati; in poco tempo la ribellione dei cinesi fu inevitabile, nonostante la mediazione dei frati domenicani, tra cui Vittorio Ricci stesso. Alcuni riuscirono a fuggire da Koxinga, altri vennero massacrati da spagnoli e nativi146.

Vittorio Ricci salpò verso Taiwan il 10 luglio, portando la risposta negativa di De Lara. Fortunatamente per lui, gli fu risparmiato lo spiacevole compito di comunicarne il contenuto a Koxinga, perché il Signore dal Cognome Imperiale si era spento all’età di trentanove anni, forse per malattia, il 23 giugno 1662147.