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La morte di Koxinga

Capitolo 2: Zheng Chenggong

2.4 La conquista di Taiwan

2.4.5 La morte di Koxinga

Sulla morte di Koxinga sono fiorite le più disparate versioni, che hanno contribuito a forgiare la sua immagine di eroe tragico nella storiografia cinese: come Croizier sottolinea, un uomo straordinario come Koxinga non poteva che morire di una morte fuori dal comune, e dunque persino i resoconti del primo periodo Qing tendono a drammatizzare la vicenda, anche se il loro scopo principale è farlo apparire più come un mostro folle e sanguinario. Sicuramente, la malattia giocò un ruolo principale nella sua prematura dipartita: si trattò probabilmente di polmonite o malaria148, anche se le prime biografie enfatizzano il dolore che la morte del padre, dell’imperatore Yongli e la disubbidienza del figlio Zheng Jing gli avevano portato, conducendolo a una pazzia che lo avrebbe accompagnato fino alla morte149. Pochi giorni prima, infatti, gli era giunta voce della morte di

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MCCARTHY, “On the Koxinga Threat of 1662”, pag. 191-194.

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Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 156, e “La missione del domenicano Vittorio Ricci (1621-1685) tra Cina, Formosa e Filippine: diplomazia e Guerra”, pag. 40-41. Anche in questo caso, le date riportate da McCarthy differiscono: Koxinga, secondo la sua versione, sarebbe morto il 10 gennaio 1663, e fece quindi in tempo a ricevere la lettera portata da Ricci e a sapere del massacro di cinesi a Manila. Organizzò immediatamente la spedizione punitiva sugli spagnoli, ma la malattia gli impedì di metterla in atto (MCCARTHY, “On the Koxinga Threat of 1662”, pag. 194); per Senese invece sarebbe addirittura morto il la

prima settimana di maggio del 1662, durante una toccante cerimonia in onore dei Ming (Donald J. SENESE, “Koxinga and a Chinese Restoration”, pag. 722).

148Tubercolosi secondo McCarthy (“On the Koxinga Threat of 1662”, pag. 194). 149

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Yongli nello Yunnan150 e dell’esecuzione di Zheng Zhilong a Pechino; inoltre, alcune fonti raccontano che l’insubordinazione del figlio Zheng Jing non stava tanto nell’ostinazione a rimanere a difendere Xiamen con truppe che sarebbero potute servire a Chenggong (ostinazione che comunque Chenggong disapprovava151), bensì in un episodio di adulterio: pare che Zheng Jing avesse iniziato con una delle concubine del padre una relazione, da cui sarebbe poi nato un figlio152. L’azione, che agli occhi di Chenggong appariva niente meno che come incesto, rese Koxinga furioso al punto da ordinare l’esecuzione di Zheng Jing, della concubina, del neonato e pure della propria moglie. I suoi uomini cercarono di placarlo presentandogli solo le teste del bambino e della concubina, ma Chenggong si arrabbiò ancora di più, pretendendo adesso anche la loro morte, senza però che, fortunatamente, venisse eseguita: morì lui stesso, infatti, poco tempo dopo153.

Fu proprio Zheng Jing a succedergli, nonostante proprio a causa della sua insubordinazione diversi ufficiali di Zheng lo avessero disconosciuto per raccogliersi attorno a Zheng Miao, quinto figlio di Chenggong, o a Zheng Shixi, un fratello minore di Koxinga. Nel dicembre del 1662, Zheng

150L’imperatore Yongli era stato catturato da un gruppo di spedizione mancese nello Yunnan, dove stava

conducendo una campagna per riconquistare l’Impero da ovest, mentre Zheng attaccava da est. Dopo tre mesi di custodia, l’asma che Yongli aveva contratto era peggiorata; considerando che trasportarlo fino a Pechino avrebbe comportato seri problemi di sicurezza e dato che la sua presenza rendeva le truppe Qing inquiete, si decise di condannarlo a morte, forse per strangolamento, insieme al figlio, verso la fine del maggio del 1662 (Lynn A.STRUVE, The Southern Ming 1644-1662, pag. 178).

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Struve racconta che Zheng aveva già avuto problemi a mantenere la disciplina tra i suoi uomini nella faccenda di Taiwan; ora, anche il suo primo erede e diversi generali rifiutavano di ubbidire al suo ordine diretto di abbandonare Xiamen e trasferirsi con l’isola insieme alle loro famiglie. La rabbia che gli procurò quest’affronto lo spinse a punire con rinnovata ferocia gli uomini che disubbidivano, con atti che rasentavano la pazzia (ibidem, pag. 193).

152Hang Xing ricorda che Vittorio Ricci, diversamente dalle fonti cinesi, parla di due neonati nati da

quest’unione; uno dei due forse era una femmina e venne perciò tralasciata dai resoconti cinesi, perché ritenuta non importante (HANG Xing, Between Trade and Legitimacy, Maritime and Continent, pag. 181).

153Lynn A. S

TRUVE, The Southern Ming 1644-1662, pag. 193. L’episodio, per quanto avvincente, non presenta per Carioti abbastanza attendibilità storica per poter essere considerato assolutamente reale (Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 157), anche se viene raccontato anche nel Zheng Chenggong zhuan (ZHENG Juzhong, Zheng Chenggong zhuan 鄭成功傳, pag. 22, in in Taiwan wenxian congkan n. 67, Taibei 1999).

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Jing, sostenuto dai generali che gli erano fedeli ed erano rimasti con lui a Xiamen, si mosse verso Taiwan e sgominò la competizione del fratello e dello zio (che si arrese senza combattere)154.

Ora aveva il controllo dell’organizzazione dei Zheng, che sarebbe riuscito a riportare al suo ruolo di supremazia nel commercio di quei mari, tanto che gli inglesi stipularono con lui accordi commerciali nel 1670 e nel 1675; eppure, nemmeno Zheng Jing avrebbe portato a termine il piano di restaurare i Ming e riconquistare il continente. Nel 1664 perse Xiamen e Jinmen ai mancesi, coadiuvati dalla VOC, e solo dieci anni dopo riuscì a riprendersi Xiamen. Continuò a mantenere il calendario di Yongli per tutta la durata del suo breve regno su Taiwan, che rimaneva l’ultimo rifugio per tutti i lealisti Ming delle coste cinesi, devastate dai decreti Qing di sgombero delle coste e dai governatori di Fujian e Zhejiang, che non esitavano a speculare sul commercio illecito alle spese della gente comune; la Rivolta dei Tre Feudatari, che ebbe inizio nel 1673, vide anche la massiccia partecipazione di Zheng Jing nell’attacco alle coste del Fujian, ma si risolse con un nulla di fatto per i lealisti Ming: rifugiatosi a Taiwan nel 1681, Zheng Jing morì come suo padre a trentanove anni. Due anni dopo, l’ammiraglio Shi Lang, che un tempo aveva militato per Chenggong, guidò una spedizione dei mancesi contro Taiwan e sbaragliò le residue forze dei Zheng alle isole Penghu, ottenendo la resa dall’erede appena adolescente di Zheng Jing, Zheng Keshuang155. Il Principe Ning Jing, un aspirante al trono dei Ming che aveva seguito Koxinga a Taiwan, si suicidò insieme alle sue cinque concubine156.

Taiwan era infine entrata a far parte dell’Impero cinese.

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Patrizia CARIOTI, Zheng Chenggong, pag. 157, e MCCARTHY, “On the Koxinga Threat of 1662”, pag. 194.

Un’ottima fonte cinese cui fare riferimento è ZHENG Juzhong, Zheng Chenggong zhuan 鄭成功傳, pag. 22- 24, in Taiwan wenxian congkan n. 67, Taibei 1999.

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I Principi Feudatari a ribellarsi ai Qing furono Wu Sangui (Yunnan e Guizhou), Shang Kexi (Guangdong) e Geng Jingzhong (Fujian); la rivolta durò otto anni, dal 1673 al 1681, e minacciò seriamente gli ancora fragili Qing, ma ebbe almeno l’effetto di terminare la politica di sgombero delle coste nel 1684, dopo l’avvenuta annessione di Taiwan all’Impero, e di riaprirle ai commerci (David Ho DAPHON, “The Empire’s

Scorched Shore: Coastal China 1633-1683”, pag. 69-73). Sulla resistenza e la resa finale dei Zheng a Taiwan vedere ZHENG Juzhong, Zheng Chenggong zhuan 鄭成功傳, pag. 24-39, in Taiwan wenxian congkan n. 67, Taibei 1999.

156Donald J. S

ENESE, “Koxinga and a Chinese Restoration”, pag. 723. A Taiwan c’è un tempio che commemora il coraggioso atto di lealtà delle concubine, elevate per questo al rango di principesse; la targa che onora il loro sacrificio, chiamata wu fei mudao 五妃墓道 (“Passaggio tombale delle cinque concubine”) è visibile dal sito di “Digital Resources for Sinology Studies in Taiwan” (http://sinology.ascdc.sinica.edu.tw/).

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