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IL BALLO CANTATO IN ITALIA

D) Le fasi di un percorso etnografico

V.01 IL CANTO ASEMANTICO

Le forme probabilmente più arcaiche del canto a ballo consistono in esecuzioni coreutiche su suoni emessi con la voce: si tratta di sillabazioni, vocalizzi, onomatopee e fonemi a forte impronta ritmica che forniscono la melodia necessaria a far scaturire movimenti organizzati in danza. Questo tipo di canto a ballo, che possiamo definire una fonazione melodica asemantica3, fa a meno del testo verbale e attraverso suoni melo-ritmici e onomatopeici costituisce un particolare testo orale di non sense, una comunicazione linguisticamente priva di significato finalizzata principalmente alla

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. trasposizione coreutica. Si fornisce al ballo il solo supporto prioritario: una voce modulata ritmicamente che dia impulsi motori al corpo.

Tale tipologia di canto è quella che più in assoluto trasforma la voce in arcaico strumento musicale, chi canta infatti fa “suonare la voce” ossia fa musica adoperando lo strumento più naturale e immediato che l’uomo ha a disposizione. Il canto si priva della sua peculiare funzione fàtica, rinuncia cioè alla solita comunicazione verbale che attinge al codice lingua mediante l’organizzazione dei suoi elementi; ma l’assenza del testo mette in risalto altre funzioni di questa modalità canora di accompagnare il ballo. La fonazione asemantica, oltre ad accentuare la valenza ritmica, come si è già detto, aiuta a memorizzare il motivo musicale e non vincola l’esecuzione coreutica al ricordo del testo completo. Tant’è vero che spesso chi non ricorda del tutto o in parte le parole di un canto a ballo, le supplisce con parti di sillabazioni melodiche. In alcuni canti poi, le cui strofe erano affidate all’esecuzione di un solo cantatore, il ritornello veniva asemantizzato per permetterne una modulazione corale. Tale uso ha ascendenze antiche, alcuni esempi ancora in vita sembrano riprendere la liolela cinquecentesca, che costituiva una sezione significativa della villotta. Quando però la sillabazione nasceva dalla scomparsa del testo, derivata dalla dimenticanza per disuso dello stesso, era l’intero ruolo del canto a perdere forza a favore dell’esecuzione strumentale. L’intervento - talvolta postumo - di strumenti musicali sopraggiungeva infatti più facilmente nei ritornelli sillabizzati e di lì pian piano invadeva l’intera melodia. Molti canti a ballo hanno oggi conservato la strofa, mentre il ritornello è affidato all’esclusivo apporto strumentale.

Dalle indagini sinora effettuate in Italia non è emerso alcun esempio “puro” di questa categoria di canto a ballo, ma tutti quei canti che si avvalgono di parti di testo asemantico, hanno contemporaneamente anche un testo verbale, segno di un ampio bisogno espressivo realizzato con più forme linguistiche. Per questo i campioni coreutici che prenderemo in esame presentano una doppia veste linguistica: una semantica con testo dai significati compiuti, e una asemantica con emissioni di suoni sillabici; queste ultime sezioni sillabiche acquistano una rilevanza fondamentale per l’esecuzione coreutica, sino a fornire il nome stesso del ballo.

Il canto a ballo che più d’ogni altro fa uso di sillabazione asemantica è quello che sorregge e guida il ballo armato della ‘ndrezzata dell’isola di Ischia. Qui intere

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. formazioni strofiche sono costituite da fonazioni melodiche asemantiche dalla forte incisività ritmica, e si alternano a comuni strofe verbali4:

Trallera lallera tirità llirà llallèra Trallera lallera tirirà llirà llallèra E tirà llirà llallèra e zëngariellë e llariulà ...

Pititum tindum tindera e apitidum e apitindera ...

‘Ndandà ‘ndandà ‘ndandera ‘ndandà ‘ndandà ‘ndandera ‘ndandà ‘ndandà ‘nadndera aritreia atrité

Ma gli esempi che per la loro morfologia complessiva consideriamo più antichi sono presenti soprattutto in Sardegna: il ballo “muto” di Oliena, su durdurinu, e il canto a tenore per ballu tundu o per passu torrau entrambi della Barbagia. Il primo è un ballo in circolo a struttura coreografica chiusa, che viene eseguito solo su canto, senza alcun accompagnamento strumentale. Il canto parte con un breve incipit testuale e prosegue in una serie misurata di monosillabi, poi si zittisce e riprende di tanto in tanto con un frammento testuale o con i caratteristici suoni sillabici. Nei lunghi momenti di silenzio della voce emerge il fraseggio ritmico dei battiti dei piedi. Anche i balli in tondo su canto a tenores vengono eseguiti senza accompagnamento musicale. Entrambi mettono enormemente in risalto il ruolo del canto e di questo l’elevata funzionalità coreutica della parte sillabica. Altre tracce di questo genere si ritrovano come intercalari rafforzativi in alcuni canti che accompagnano il ballo sul

tamburo dell’area circumvesuviana e domiziana alle porte di Napoli. Anche nelle

regioni centro-settentrionali si ritrovano residui di un uso non verbale del canto, soprattutto come intermezzi strofici o più spesso come ritornello in alcuni testi per

veneziana, trescone o paroncina in cui era scomparso o non era previsto un testo per

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. variabili di “lalalà lalalà, para paponzi ponzipò, parà pariparapà pariparapà paràpapà, ecc., con funzione prettamente melo-ritmica, parti che in presenza di suonatori vengono in genere sostituite dall’esecuzione strumentale della stessa melodia.

NOTE

3 L’asemanticità del testo è da riferirsi alla sola comunicazione linguistica, mentre in altri codici con cui il

canto a ballo si esprime, come ad esempio quello melodico, ritmico e gestuale il testo può esporre contenuti ben individuabili. A tal proposito Tullio De Mauro definisce “segmenti significanti a significato zero” le forme di sillabazione non lessicale cui talvolta si ricorre anche nel parlato, oltre che nel canto (De Mauro Tullio, Commento

al corso di linguistica generale di Saussure, Laterza, Bari 1967, p. 439).

4 Il ballo della ‘ndrezzata è stato però inserito nella categoria dei canti allusivi, per i suoi evidenti elementi

coregici insiti nel testo.