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IL GALATEO ETNOCOREUTICO

A) Codice preliminare

a1) Tempi e spazi della festa.

Vi sono feste rituali calendarizzate e feste a organizzazione spontanea ed occasionale. Nelle prime i tempi e gli spazi della festa sono sanzionati da ordinanze municipali,

e le feste dei ragazzi", pp. 212-215; Levi Pisetsky R. (1973), Moda e costume, Storia d'Italia, vol. V, Einaudi, Torino; Douglas M. (1979), I simboli naturali, X + 238 pp., Il Mulino, Bologna; Elias N. (1982), La civiltà delle buone maniere,

390 pp., Il Mulino, Bologna; Chini A. (1982-1983), Teorie e metodologie per una antropologia della danza, 309 pp., tesi di

comunicati parrocchiali o disposizioni di comitati appositamente precostituiti. Quasi sempre si tratta di eventi pubblici, ma nei balli in essi presenti a seconda dei casi vi può essere partecipazione libera o partecipazione vincolata o assegnata. Ogni situazione festiva prevede tempi, spazi e modalità del ballo. Nelle feste carnevalesche si esige talvolta che siano solo gruppi organizzati in maschera o in ruoli predeterminati ad esibirsi davanti agli altri (mamuthones3, thurpos4, mascaras limpias5,

mamutzones6, morescanti o battitori7, gobbi8, belli e brutti9, lacchè10, mascheri11, abbà12,

matazin13, pulcinelli14, ecc.); ciò accade anche in vari periodi dell'anno nel montare le torri umane15 o nel personificare i fantocci danzanti delle pupe16, delle pantasime17, dei

giganti18, del ciuccio di fuoco19, del serpentazzo o cammello20, ecc. Le danze processionali carnevalesche o religiose hanno in genere un loro percorso designato e si svolgono in appropriati periodi dell'anno. Anche molte danze ludiche trovano collocazione in feste fisse dell'anno, divenendo rituali appuntamenti di riferimento per le popolazioni che conservano tali tradizioni.

a2) Chi, come e quando si partecipa alla festa.

Vi sono feste pubbliche aperte alla partecipazione libera di chiunque, feste di settore e feste private con partecipazione regolamentata. Come negli esempi appena accennati di personaggi dal ruolo rappresentativo pubblico, si esige una preparazione

3 Maschere di Mamoiada in Sardegna. 4 Maschere di Orotelli in Sardegna. 5 Maschere di Fonni in Sardegna. 6 Maschere di Samugheo in Sardegna.

7 Maschere o figuranti di danze armate ancora rintracciabili in Piemonte, Toscana, Molise, Campania e Sicilia. 8 La "Compagnia dei gobbi" era il gruppo che accompagna il carnevale morto, dopo che questi s'è sentito male e

muore, poi da morto viene trasportato in un simbolico corteo con apposito lamento funebre e, mentre al fantoccio di carnevale viene dato fuoco, i gobbi eseguono il ballo dei gobbi, con gesti allusivi e scurrili. Rappresentano i personaggi straccioni, brutti e deformi che, in un rovesciamento simbolico della società, prendono il sopravvento sino alla morte del carnevale.

9 Maschere presenti nella mascarata di vari centri dell'Irpinia

10Maschere dell'Appennino modenese e di altri centri appenninici o alpini del Nord d'Italia.

11 Maschere presenti in Val Caffaro a Bagolino e Ponte Caffaro in Lombardia; questo nome, inoltre, si ritrova in altri

carnevali nordici.

12 Maschere di alcune rappresentazioni delle Baìo o Abbaìe delle valli occitane o più in genere delle valli alpine

occidentali in Piemonte.

13 Maschere presenti nei carnevali di varie valli alpine e prealpine fra Lombardia, Trentino e Veneto.

14 I pulcinelli sono le maschere, dal ruolo ironico, provocatore o regolamentatore di molte mascherate dei carnevali

centro-meridionali, in aree spesso appartenute in passato al Regno di Napoli.

15 Erano un tempo balli di marcata prestazione ginnica molto diffusi in varie parti d'Italia, dette forze d'Ercole o ballo

alla contadina, oggi rimasti solo in pochi centri del centro-sud con vari nomi (pizzicantò, piccichellò, torre, castello, ecc.).

16 Fantocci femminili in cartapesta diffusi in Abruzzo, soprattutto nel Pescarese e Chetino, che danzano mentre

fuochi pirotecnici collocati addosso alla sagoma del personaggio scoppiettano.

17 Fantocci femminili in cartapesta diffusi in Sabina e nel Reatino, un tempo fra Abruzzo e Lazio, anch'essi con

addobbi pirotecnici.

18 Fantocci di grandi dimensioni presenti oggi ancora in Calabria e Sicilia.

particolare e abilità adeguate ad interpretare il repertorio richiesto dalla festa. Durante i carnevali c'è l'usanza di organizzare in diversi paesi i veglioni o i festini, tipiche occasioni che hanno nei balli il loro epicentro e ragion d'essere. Di solito partecipano a questi ritrovi danzanti - nella maggior parte dei casi organizzati da famiglie private, comitati21

, circoli o associazioni - parenti ed invitati, ma in molte tradizioni hanno diritto a usufruire di qualche ballo anche le compagnie o i piccoli gruppi di mascherati che girano per le vie del paese e s'introducono nei luoghi dove sanno che si sta svolgendo una festa da ballo. Tale diritto di partecipazione viene comunque regolamentato, onde evitare disguidi o intemperanze, visto anche il grande uso di alcolici in queste occasioni. In genere all'interno della compagnia mascherata una persona di maggior prestigio sociale o li accompagna in borghese e a viso scoperto, oppure, se mascherata anch'essa, nel momento di ingresso nella sala dove si balla o in casa deve farsi riconoscere dall'organizzatore o dal padrone di casa, e tale garante assume il ruolo di responsabile dei comportamenti dell'intero gruppo. In alcuni paesi anche il numero dei balli per gli avventori casuali è sanzionato nel numero, nelle scelte della tipologia dei balli e nelle modalità d'invito o di partecipazione22. In alcune feste religiose della Basilicata e della Calabria si conserva l'uso di ballare per devozione, per richiesta di grazia o per ringraziamento di grazia ricevuta, davanti o dietro la statua del santo o della Madonna durante certe processioni religiose, a corpo libero o con sovraccarico di toselli di candele, di spighe lavorate di grano o di sagome di vario disegno, (detti cinte, pagliacciotti, gregne, ecc.) di stendardi, rami arborei, frasche, ecc. Anche in questi casi per partecipare al ballo esitono momenti e luoghi o percorsi stabiliti espressamente o in modo latente ma risaputo dai frequentatori tradizionali, per cui l'ordine degli eventi accresce il senso di convenzionalità ritualizzata della festa.

21 Sotzios in Sardegna.

22 Esemplare è il caso dell'usanza dei festini a Lavello (PZ). In alcune case o garages vengono allestiti appositi spazi

addobbati con numero adeguato di sedie e panche per poter accogliere i partecipanti invitati o le maschere del paese dette i domini (una sorta di abito da confraternita, di colore in genere nero, rosso e azzurro, munito di cappuccio e mascherina per non far riconoscere la persona che l'indossa). Per gli ospiti invitati si preparano piatti gastronomici tradizionali, tra cui il coniglio al forno con patate, mentre per i domini che possono arrivare eventualmente si offre dolci e bibite, a seconda anche della familiarità del gruppo con l'impresario che ha allestito il festino. I gruppi di domini - un tempo rigorosamente formati solo da uomini - sono accompagnati da un conduttore, che in genere resta vestito in abiti normali ed è il primo che si fa riconoscere sull'uscio del luogo. Questi chiede l'autorizzazione per il suo gruppo a poter entrare nel festino e prender parte a tre soli balli. Quando i componenti del gruppo entrano, salutano la gente presente, restando però nell'anonimato e a capo coperto, decidono e richiedono i tre balli a loro piacimento, che i suonatori eseguono esaudendo la richiesta degli ospiti (oggi spesso si fa uso di musica preregistrata o edita, pur restando nelle regole del rito). Terminati i tre balli, e quindi esaurito il credito che la tradizione prevede per le maschere, il gruppo ringrazia, saluta e va via. Succede spesso che, quando c'è un gran numero di compagnie di domini e pochi festini, i gruppi si incrociano o si sovrappongono davanti all'ingresso, allora si mantiene un ordine di entrata secondo i tempi di arrivo sul luogo, e durante i tempi di attesa, si incita dall'esterno a fare presto, poiché spesso si patisce il gelo nelle notti di carnevale, allora si usa gridare "Fuori i caldi, dentro i freddi!" per sollecitare a far presto a terminare i tre balli previsti per ciascuno. Un tempo questo rito

a3) I ruoli e le gerarchie nella partecipazione al ballo.

Nell'espletamento dell'evento danzato in molti casi sono previste delle figure di maggior prestigio che ricoprono ruoli precisi. Il ruolo è determinato da varie disposizioni vigenti in ciascuna comunità: la competenza sul repertorio, l'autorevolezza sociale riconosciuta dalla comunità, la mansione ricoperta durante l'evento festivo, l'ereditarietà o l'assegnazione del ruolo e altri requisiti ancora.

Un posto di riguardo l’occupa in tutte le regioni studiate il suonatore o l’orchestrina di musici. Ad essi può essere riconosciuto un diritto abituale alla ricompensa in denaro e comunque gli veniva garantita una calorosa accoglienza e l’ospitalità in vettovaglie e, in caso di protrazione della festa nella notte, di un alloggio per riposare. Nella scelta dei suonatori - quindi nella loro valutazione umana e professionale - contano molto l’esperienza nel saper gestire la serata da ballo, la buona conoscenza del repertorio, l’abilità esecutiva e il buono stato delle relazioni sociali. In molte zone la concorrenza fra suonatori era ed è intensa perché con l’attività da musicista si ottengono ricavi che vanno ad aggiungersi ai lavori abituali, poiché nella maggior parte dei casi la funzione di musicista da ballo è esercitata come prestazione saltuaria o integrante il reddito. Sono rari i casi nella cultura popolare di professionismo ancor più necessario nelle relazioni sociali e nella gestione delle occasioni coreutiche. Nello stesso tempo però il suonatore aveva alcuni obblighi professionali, doveva sapersi controllare nell’uso di alcool, nel mangiare smodatamente e in tutto ciò che diceva o faceva in pubblico; era, insomma, opportuno un costante atteggiamento diplomatico per conservare buoni rapporti con tutti, perché tutti sono possibili committenti.

Nelle danze dove è previsto un corifeo o conduttore del ballo, si accede a tale ruolo secondo modalità richieste dalla società tradizionale: nella Toscana meridionale il caposala è affidato a colui che organizza la veglia, ma nei balli a invito con improvvisazione di testi cantati, iniziare e condurre i balli spetta a quelli che meglio se la cavano nell'improvvisazione poetica; nella Calabria meridionale il ruolo di mastro di

ballo è in genere affidato ad una persona cui si riconosce una personalità forte ed

influente, e non di rado è il capondragheta a pretendere il ruolo di mastru. Durante i banchetti matrimoniali del sud, dove era ancora in uso ballare la quadriglia o

contraddanza con numerose coppie di invitati, nell’affidare il ruolo di “comandante”

si rispettava una certa gerarchia procedendo per prossimità parentelare: toccava in primis al padre della sposa o dello sposo, poi si passava al padrino o qualche zio degli sposi e così via distanziandosi nei rapporti familiari. Nei balli guidati o comandati, il ruolo del corifeo era sancito da un’apposita denominazione, segno di un riconoscimento ufficiale del ruolo: guidaiolo in Emila e Romagna, caposala o capoveglia in Toscana, capoballo in molte regioni, comandante o mastro di (o da) ballo in varie regioni del sud, capobastone o bastoniere in Sicilia e così via. In alcune feste dava il via alla serata danzante la persona più anziana, l’organizzatore, la persona ospitante, la persona festeggiata, il capo suonatore e comunque qualcuno che contribuiva a sottolineare il senso di cerimonialità all’evento.

Nel Materano sopravvive sempre più di rado la consuetudine che a chiudere la festa nuziale o nella parte centrale di essa sia la tarantella dë la zita: la sposa deve ballare con tutto il parentado a turno in una tarantella di coppia ed ogni parente o amico, uomo o donna che sia, a fine del breve ballo deve appuntare sul vestito bianco della sposa delle banconote spesso di grosso taglio come dono agli sposi. Così a fine della lunga tarantella, la sposa si ritrova come una Madonna in processione, tutta rivestita di denaro offerto dagli invitati. A fine ballo i due genitori degli sposi o loro facenti funzione conteranno il ricavato e lo annunceranno a tutta la comunità degli invitati. In ambienti di miseria, almeno una volta nella vita si poteva ostentare una ricchezza agognata24

.

In molte feste religiose complesse, nelle quali si eleggono priorati o direzioni a mansione annuale o pluriennale, spetta all’autorità della festa l’onere spesso organizzativo e finanziario, ma anche l’onore di dirigere le operazioni dello svolgimento festivo, ivi compresa l’occasione del ballo. Ogni paese aveva le sue gerarchie nella conduzione di una festa da ballo, gli abitanti si adeguavano volentieri perché, oltre a riconoscerne meriti o abilità, dava garanzia di controllo e rassicurazione; inoltre in molti casi l’assegnazione di ruolo permetteva di attivare un meccanismo di rotazione e quindi di pariteticità tra i ruoli di organizzatore e di fruitore del ballo.

a4) Comportamenti conseguenziali nella festa.

23 In Sicilia o nel “Reggitano” (la parte più meridionale della Calabria) si usa più spesso chiamare il corifeo:

La partecipazione ad una festa tradizionale da ballo comportava un tempo una serie di regole note a tutta la comunità, che le rispettava per convenzione e per convinzione. In alcune aree l’abbigliamento aveva una sua grande importanza, perché era segno di rispetto verso l’evento e gli altri. Ogni festa aveva un suo semplice o complesso apparato da predisporre. Il posto del suonatore o dei suonatori, ad esempio, non era casuale, ma veniva situato con funzionalità nel luogo da dove meglio si poteva udire il suono e vedere i suonatori: spesso nelle serate domestiche, nelle stalle o nelle grandi cucine contadine il suonatore montava sul tavolo o sulla madia addossati alla parete, tale sorta di piedistallo gli permetteva una vista generale della situazione e nel contempo fungeva da cassa di risonanza o da base acustica per i battiti dei piedi. Il canto del camino spettava innanzitutto agli anziani, poi c’era l’angolo del ristoro, dove si recavano i ballerini in momenti determinati della festa, per esempio a fine quadriglia, dove toccava ai cavalieri offrire da bere o da mangiare alle dame. Nei rituali coreutici all’aperto, durante i carnevali o le feste religiose sono la tipologia stessa della festa e gli organizzatori a stabilire tempi e spazi, ma vi è anche un’autonomia gestionale da parte della gente che in molti casi fa nascere spontaneamente momenti di ballo, perché questo è sentito come uno dei connotati principali di rottura della ferialità.

Se certi balli facevano uso di oggetti (castagnole, fiasco, mela, scopa, seggiola, fiore, ecc.) o di parti dell’abbigliamento (fazzoletto, grembiule, nastri, ecc.) ciascun ballerino se li procurava in anticipo, poiché questi facevano parte della dimensione coreutica, oppure toccava a chi organizzava la festa procurare certi oggetti per far svolgere, ad esempio, dei balli-gioco che garantivano una dose aggiuntiva di divertimento sociale.