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Dal rito alle nuove reincarnazioni del ballo popolare

IL BALLO OGGI FRA TRADIZIONE E TRASFORMAZIONE

VIII.01 IL BALLO DELOCALIZZATO:

VIII.01.1 Dal rito alle nuove reincarnazioni del ballo popolare

Quando più di vent'anni fa circa tentavamo di dare contenuti all'espressione “danza popolare” non pensavamo che quelle esperienze pioneristiche sarebbero durate così a lungo e sarebbero cresciute sino a divenire un nuovo campo di studi e di interesse. Oggi quel sintagma richiama in Italia concetti, realtà e immagini molto più complessi di quanto il fenomeno potesse evocare alcuni decenni addietro. Il fenomeno della danza etnica rinchiuso nella sua cultura originaria costituiva già di per sé un composito sistema culturale ed espressivo, grazie anche alle migrazioni e agli scambi dei repertori a seconda dei rapporti fra uomini e paesi diversi. Nella società attuale, in cui tutto è segnato da avvicinamenti e spostamenti planetari, da facilità di comunicazione e da rapidità di diffusione delle notizie e dei saperi, la danza popolare sta vivendo una situazione inevitabilmente nuova, di estraneazione e di circolazione confusa, senza che tali mode - in senso di consuetudini - di ballo si localizzino, mettano nuove radici e si specifichino; è una situazione in continua metamorfosi di cui difficilmente si riescono a prevedere i possibili sviluppi.

Per danza popolare intendiamo oggi in Italia almeno sei dimensioni diverse:

a) Tradizione: è l'insieme delle espressioni coreutiche di un contesto folklorico originario, nel quale i balli sono stati trasmessi e praticati nelle forme rituali tipiche della tradizione, adattate nel tempo mediante un lento processo di trasformazione interna.

b) Folklorismo: è l'organizzazione spettacolare che vede sin dal XIX sec. esempi di esposizione stilizzata di balli tradizionali locali, veri o fasulli, in ambienti

c) Etnocoreologia: è l'interesse scientifico che ha avuto nel nostro paese un filone di studi molto sporadico e superficiale, e che solo negli ultimi vent'anni si è dotato di più solide basi teoriche e metodologiche ed ha avviato un'intensa campagna di ricerca sul campo, recuperando un'ingente mole di materiale documentario. La danza etnica è dunque assunta come oggetto di studio. Spesso l'etnocoreologo è in Italia anche ripropositore di danze popolari recuperate (per finanziare la ricerca medesima) oppure operatore culturale sul territorio.

d) Revival o riproposta: designa il recente circuito del consumo urbano lontano dai modi e dai luoghi originari, nato in seguito all'interesse per il canto e la musica popolare a fine degli anni '70 e che innesca al suo interno piccole mode fra esterofilie e rivendicazioni di identità regionalistiche. In Italia si presenta ideologicamente collocato per lo più a sinistra, nel quadro di una più generale rivalorizzazione delle classi subalterne. La confusione ontologica cresce quando il cosiddetto “ballo folk” viene a convivere con altri filoni coreutici, come i balli nobili storici, i balli di società da manuale, le danze sacre, le danze bionergetiche, le nuove coreografie di comunicazione o di espressione corporea, ecc.

e) Risemina o reinnesto: hanno prodotto tale fenomeno le esperienze di reinserimento nei luoghi di origine dei vecchi balli interrotti per decenni. Tale opera di rivitalizzazione è scaturita in genere da una presa di coscienza interna o dietro lo stimolo di qualche studioso; nei casi migliori son serviti da fonte e da guida la memoria o la pratica di alcuni anziani ballerini sopravvissuti. Esemplari a tale proposito possono considerarsi i casi di Ittiri in Sardegna, della Val Varaita in Piemonte, della valle del Savena in Emilia e di Premilcuore in Romagna (ad opera rispettivamente del locale gruppo “Ittiri Cannedu”, di G. Boschero, di S. Cammelli e P. Staro, e di G. M. Gala e G. Gori). La risemina inevitabilmente è contraddistinta da una frattura cronologica e da un “salto” morfologico, con conseguente parziale alterazione degli stili e dei repertori originali. Recentemente fungono da rigeneratori etnocoreutici anche le Pro Loco, gruppi folk o musicali e le scuole. Il recente caso salentino presenta peculiarità tutte proprie: ritorno spontaneo e incontrollato su un territorio molto vasto (oltre un centinaio di comuni coinvolti) a forme di ballo senza un serio apporto documentario, ricerca rigorosa e consultazione con gli ultimi reali portatori della pizzica pizzica. Ne consegue che più che reinnesto si tratta di reinvenzione. Non a caso il fenomeno salentino si presenta anche fortemente spettacolarizzato, nel quale la

componente artistica e creativa è molto forte, a scapito della veridicità della nuova pratica.

f) Didattica: l'uso della danza popolare come sapere demologico e come tecnica motoria da trasmettere sotto forma di disciplina nei vari circuiti dell'apprendimento (scuola, palestre, colonie, ospizi, centri di aggregazione, ecc.) è oggi un fenomeno in crescendo e vincolato alla generale tendenza di recupero di identità culturale. Quando la didattica si lega al revival si tende al consumismo acritico di balli vagamente etichettati come popolari.

Sono sei differenti mondi che procedono talvolta autonomamente, ma che sempre più spesso si intrecciano, convivono e fanno denotare una certa vitalità del settore, pur restando il ballo popolare ancora un fenomeno non delle grandi masse, poco considerato dai media e adoperato dalla grande industria mondiale della danza sempre più come serbatoio per creare nuove mode passeggere e di consumo.

Se tradizione, folklorismo e risemina nascono da un senso localistico del ballo popolare, le altre dimensioni sopra enunciate si basano invece sulla libera circolazione di ciò che prima era di proprietà e di radicamento socio-geo-ambientale.

Gli entusiasmi che la danza etnica suscita in questi anni nei suddetti ambienti li leggo anche come un senso di rimorso collettivo per un mondo ch'era sulla via dell'estinzione, e nel contempo come un danno a cui porre rimedio o più semplicemente come presa di coscienza di un patrimonio da tutelare per ragioni culturali e turistiche. Questo fervore di iniziative ha però due vistose carenze: i ritardi degli studi di ricerca (soprattutto al confronto con altri stati europei), e una sorta di semiclandestinità che tale interesse vive, quasi sempre fuori degli ambiti accademici e dei circuiti multimediali ufficiali, ad eccezion fatta per le forme di spettacolarizzazione e di nuova aggregazione giovanile.

Come ogni fenomeno culturale esso ha avuto un germoglio spontaneo, basato su diverse motivazioni ideologiche, sociali, psicologiche e culturali; ma è venuto alla ribalta soprattutto perché è diventato un evento urbano e la città, si sa, ha più forza di amplificazione della provincia minuta. Staccato dal folklore vivo e con una propria vita autonoma, il ballo tradizionale è diventato in questi nuovi ambienti sociali e politici una prassi “alternativa” e con varie e contraddittorie ragion d'essere: solo in alcuni casi è vissuto come emblema di identità culturale e di appartenza, ma nella maggior parte dei casi diventa mezzo di aggregazione e di modus vivendi “altri” e

appartenenze, fascino dell'esotico, ricerca di una verginità culturale delle origini, spinta a nuove forme di protagonismo e di esibizionismo giovanile, scoperta di nuove ispirazioni d'arte coreutica, ecc.

Certo sotto l'aspetto puramente etnologico siamo di fronte ad un ossimoro: si fa largo uso di aggettivazioni come etnico, popolare, folklorico, tradizionale, autentico, originale, ecc. per qualcosa che diviene altro - a rigor di logica - appena fuoriesce dagli spazi residenziali e se ne impossessa un esterno. Ma anche chi ha fatto della ricerca e dello studio etnocoreutico la propria ragione di professione, non può eludere l'esistenza del fenomeno d'imitazione e di riutilizzazione di massa di linguaggi della tradizione in luoghi diversi e da parte di chi non ha mai messo piede o non ha mai conosciuto direttamente un ballerino tradizionale; problema che oltre ad avere rilievo come fatto sociale e di costume, potrebbe comunque influenzare anche indirettamente repertori e patrimoni originali. Fenomeni questi peraltro già accaduti in passato nella storia della danza popolare.