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IL BALLO CANTATO IN ITALIA

B) Separazione e alternanza dei ruoli fra “cantatori” e “ballatori”.

V.04 IL CANTO COREICO

Esaurito il settore di canti a ballo di senso improprio, nel quale sono stati analizzati quei testi che godono di una propria autonomia esistenziale, resta da approfondire la mole di canti a ballo di senso proprio, canti cioè che hanno col ballo un rapporto più diretto e conservano - osservandoli dal punto di vista etnocoreologico - una maggiore dipendenza dalle danze cui si riferiscono. Tra i canti usati per il ballo vi sono infatti quelli che hanno con l’esecuzione coreutica un rapporto più stretto e funzionale, si direbbe quasi strumentale, poiché i testi vengono utilizzati per organizzare e determinare le modalità di conduzione dei relativi balli.

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. Oltre a costituire la base ritmica e melodica, il canto può mettere a disposizione della danza l’importante valenza semantica del suo testo, che può intervenire direttamente nello sviluppo della struttura coreografica. In tal caso il canto perde la sua autonomia testuale, ma vive essenzialmente in funzione dell’evento orchestico, assumendone alcuni tratti formali. Il cantore o i cantori sono meno liberi nella composizione e nell’organizzazione del testo, poiché esso deve sempre rispondere ai requisiti di guida del ballo. Talvolta si nota, come nei balli-gioco, che il testo è nato insieme alla sua trasposizione cinetica, in altri casi il canto si è sovrapposto al motivo musicale per una finalità didattica, oppure per ausilio alla conduzione del ballo stesso o al riconoscimento della melodia da parte dei suonatori e ballerini. Quest’ultimo fenomeno è divenuto più frequente nel secolo scorso quando i numerosi balli di sala venivano appresi dai manuali o dall’insegnamento dei maestri di ballo e, una volta passati negli ambienti popolari, si sentiva il bisogno di creare un testo cantato che seguisse di pari passo il motivo musicale e che funzionasse da appunto o canovaccio coreografico, come una sorta di immediato vademecum del ballo.

Per canto coregico, dunque, intendiamo in senso lato quei canti a ballo che nel loro testo hanno un qualche indizio o suggerimento che avvii, conduca o aiuti l’esecuzione coreica. In tal senso anche i canti a invito o quelli pantomimici accompagnano lo svolgersi del ballo, ma per questi, visto il loro particolare modo di influire su di esso, abbiamo creato delle categorie tassonomiche a parte. Purtroppo la situazione di disuso di molti balli e dei loro relativi canti ha creato numerose lacune mnemoniche nella ricostruzione dei testi; di alcuni canti a ballo rimangono pochi residui parziali, che non ci permettono una visione globale e profonda del fenomeno.

V.04.1 Il gioco a ballo

Sono frequenti i casi di balli che venivano un tempo praticati regolarmente da adulti e poi, caduti in declino, hanno perso via via importanza e sono stati trasferiti nel repertorio infantile e qui hanno continuato la loro esistenza con la funzione di gioco per bambini. Il mondo del gioco è una specie di metaforica soffitta dove ogni

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. cultura tradizionale ripone le espressioni canore e coreutiche andate in disuso. In genere, quindi, i comportamenti o le forme espressive tradizionali sono destinati ad una triplice sorte: o si trasformano mediante un processo di rapida o lenta mutazione che li rende adattabili ai nuovi bisogni collettivi, o semplicemente muoiono perché cadono nel disuso e possono essere sostituiti da nuove espressioni, oppure vengono marginalizzati in altro ambito, dove sopravvivono con una rigenerata identità. La ludificazione nasce come bisogno di rinnovamento del mondo degli adulti e segue i vari ritmi del consumismo culturale di ogni area; il meccanismo di passaggio dal modo corrente al gioco si basa sulla svalutazione e l’ironizzazione del vecchio a favore dell’esaltazione del nuovo. Nello stesso tempo la trasformazione in gioco preserva le manifestazioni culturali - un tempo identificatrici della cultura dominante di un popolo - e garantisce loro una seconda vita, riduttiva e sminuita, ma comunque continuata nel tempo e nelle generazioni successive. Il processo di ludificazione è un fenomeno interessante, perché ci permette di osservare i processi di trasformazione del linguaggio espressivo tradizionale e della cultura ad esso sottintesa; ad avviare tale processo intervenivano quasi sempre due fattori concomitanti e per certi aspetti conseguenti. Il bisogno di rinnovamento dei modi espressivi, che ogni nuova generazione avvertiva, veniva vissuto senza distruggere radicalmente il precedente, ma realizzando un’opera di sincretismo culturale per cui il nuovo veniva trasformato e avvicinato alle forme espressive già esistenti, tanto da renderlo talvolta irriconoscibile rispetto ai modelli di partenza o di arrivo sul posto, e il vecchio da rimuovere era accantonato in una pratica “minore”. Di conseguenza agiva una sorta di giudizio estetico, che da generazionale diveniva collettivo, e che spesso si trasformava in giudizio etico funzionando da censura protettiva: certe pratiche non stava più bene eseguirle pubblicamente da persone adulte e responsabili, ma tuttalpiù potevano essere tollerate come giochi per ragazzi o per ubriaconi. Altri balli-gioco invece erano reputati interessanti e degni di rimanere nell’ambito delle feste ufficiali, perché rispondevano ancora a funzioni ritenute utili, come quelle della formazione delle coppie nel ballo o della pura pantomima comica, ecco perché poi, accanto ai giochi a ballo infantili, troviamo una grande abbondanza di balli-gioco per adulti: ballo della sedia, ballo della scopa, ballo del fazzoletto, ballo della candela, ballo del

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. bacio, ballo dell’ahimè, ballo del sospiro, ecc.; e sul piano della pantomima: ballo dell’uccellaccio, galletto, ballo del morto o di Mantova, ballo dei gobbi, ecc.

Così anche alcuni balli un tempo in voga, entrati nella dimensione del gioco sono stati semplificati e preservati intatti nel tempo, perché il gioco fanciullesco tende alla conservazione; infatti esso, per sua intrinseca natura, deve basarsi sull’iterazione continua di movimenti, di strutture geometriche e di testi, onde favorire da parte dei piccoli un apprendimento imitativo ed una assimilazione di elementi ripetitivi affinché diventino familiari al loro mondo conoscitivo e alla loro identità esistenziale. Anche le melodie dei canti sono in genere delle cantilene con rare escursioni melodiche e quasi sempre monodiche. Nel passaggio da ballo a gioco puerile vi è stata una fase di transizione nella quale il ballo veniva inteso come “cosa vecchia, d’altri tempi”, ed eseguito di rado ormai come gioco da soggetti a margine della società (donne, ubriaconi, vecchi, bambini). Il passaggio nel campo ludico di una danza non va inteso solo in forma restrittiva come passaggio al mondo infantile, il concetto di gioco va ampliato a tutte le fasce generazionali: esistevano infatti - e di seguito vengono riportati alcuni esempi - alcuni balli-gioco per adulti e anziani che venivano eseguiti nelle osterie2

come passatempo e che in quell’ambito trovavano una loro legittimazione esistenziale.

Nel passaggio ad uno stato ludico potevano avvenire facilmente fusioni, aggregazioni o scissioni fra balli-gioco diversi o loro parti, così non meraviglia se oggi noi osserviamo che alcuni giochi sono il risultato di sovrapposizioni integrate e rese in qualche modo nuovamente organiche e funzionali. Diversi esempi hanno vissuto tale parabola esistenziale, da danze a tutti gli effetti e molto praticate sono state declassate poi lentamente in una sfera “inferiore” e trasformate in gioco puerile:

Mamma Pollaiola, Ballerai tu villanella, Maria Giulia, La bella lavanderina, ecc.

In molti balli-gioco infantili si nota il ricorrente fenomeno dell’italianizzazione dei testi. Non è stata ancora sufficientemente analizzata tale diffusa toscanizzazione delle cantilene da gioco, quindi non sappiamo se si tratta dell’effetto del prevalere sin dal ‘300 della letteratura e della lingua toscana sulle altre culture regionali o se è il segno di una più recente forzatura sull’oralità da parte della scolarizzazione di massa post-unitaria, che ha imposto sul territorio nazionale modelli dominanti toscani durante gli anni della formazione scolastica, mandando in disuso i precedenti canti

Giuseppe Michele Gala, Etnocoreologia italiana. Ricerca e analisi sui balli tradizionali in Italia. analoghi in dialetto. L’educazione scolastica e, in ambito più ristretto, la formazione infantile nei collegi e nelle strutture ecclesiastiche hanno avuto da lungo tempo un ruolo rilevante da una parte nel vivificare e conservare il vasto repertorio di canti- gioco, dall’altra però anche nell’omologare attraverso un’opera di cernita, tanto da contribuire all’estinzione, tramite il metodo della sovrapposizione e della sostituzione, di altri esemplari ludico-canori dialettali delle varie regioni italiane.

Un’analogia fra antichi balli cantati e i giochi a ballo infantili rimasti sta anche nel tipo di esecutori privilegiati: nelle ballate medievali e rinascimentali erano le donne che più volentieri e più frequentemente preferivano questo tipo di danza, ancora oggi sono più spesso le bambine a preferire questo tipo di gioco; in genere i maschietti provano vergogna e considerano avvilente il partecipare a giochi “per femminucce”; v’è in fondo la permanenza lungo i secoli di una medesima cultura che affida al sesso debole la gestione di questa categoria “inferiore” di balli o di giochi.