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Caratteristiche generali della revoca della sentenza di non luogo a procedere.

LA REVOCA DELLA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE: IL PROCEDIMENTO

3.1. Caratteristiche generali della revoca della sentenza di non luogo a procedere.

Il complesso regime dei rimedi impugnativi delineato dall'art 428 c.p.p. non esaurisce l'ambito dei mezzi di critica esperibile nei confronti della sentenza di non luogo a procedere. Questa infatti, essendo una pronuncia di carattere eminentemente processuale, è soggetta al rimedio della revoca, prevista dagli articoli 434-437 c.p.p., se sopravvengono o si scoprono nuove prove che da sole o unitamente a quelle già valutate possono determinare il rinvio a giudizio: «la sopravvenienza o la scoperta di nuove fonti di prova possono fondare la necessità di reinstaurare il

cursus processuale se, per loro propria forza argomentativa o perché

capaci di dare nuova luce al quadro probatorio allora ritenuto insufficiente, i nuovi mezzi istruttori (latu sensu) siano idonei a determinare il rinvio a giudizio»1.

La richiesta di revoca è sottoposta quindi a una valutazione più rigida rispetto alla richiesta di riapertura delle indagini successiva all'archiviazione, per la quale a norma dell'art. 414 c.p.p. è sufficiente che il pubblico ministero adduca l'esigenza di nuove investigazioni2.

L'istituto della revoca della sentenza di non luogo a procedere evoca quello della riapertura dell'istruzione vigente sotto l'imperio del codice Rocco (artt. 402 e ss. c.p.p. 1930); tuttavia, «venuta meno la fase dell'istruzione e mutata l'intera struttura del processo, un riferimento alla disciplina della riapertura dell'istruzione – salvo che per aspetti circoscritti o marginali – rischia di diventare in larga misura fuorviante»3.

La revoca de qua riguarda la sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal giudice a conclusione dell'udienza preliminare ex art. 425 c.p.p. per i reati di competenza del Tribunale in composizione collegiale e della Corte d'assise nonché, a seguito della legge n. 479/1999, del Tribunale in composizione monocratica, in ordine ai delitti puniti con pena detentiva superiore ai quattro anni, rispetto ai quali è previsto lo svolgimento dell'udienza preliminare.

Nel silenzio della legge, la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza delle Sezioni Unite4 sostengono che debba trattarsi di sentenza non più

soggetta ad impugnazione e quindi divenuta definitiva. L'assunto si fonda 1 Così, B. DANI, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, in Digesto penale,

vol. XII, Torino, 1997, p. 147.

2 Cfr., P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., p. 633.

3 Così, testualmente, R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, in Enc. dir., vol. XL, 1989, p. 285; v., anche G. SPANGHER, Art. 434 – Casi di

revoca, in Commento al nuovo codice di procedura penale, M. CHIAVARIO (a cura di), vol. IV, Torino, 1990, p. 745.

4 Cfr., R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 286; v., Cass. pen., S.U., sentenza n. 8, Romeo, del 23 febbraio 2000, in Cass. pen., 2001, vol. I, p. 48, con nota adesiva di L. PECORI, Potenzialità preclusive della sentenza di

sul dettato dell'art. 60 commi 2 e 3 c.p.p. che, prevedendo l'immanenza della qualità di imputato in ogni stato e grado del processo sino a che non sia più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ed il suo riacquisto in caso di revoca del medesimo provvedimento, sembra confermare l'operatività del rimedio esclusivamente avverso decisioni definitive.

Il silenzio del legislatore autorizza a ritenere che tutte le sentenze di non luogo a procedere siano assoggettabili alla revoca, qualunque sia la formula di proscioglimento adottata.

In verità l'ambito oggettivo di operatività del rimedio si lascia facilmente delineare sulla scorta di un'interpretazione sistematica che vale a sottrarre alla revoca le sentenze di non luogo a procedere per mancanza di una condizione di procedibilità o per morte dell'imputato, o per errore di persona, le quali trovano un'autonoma disciplina nel dettato di cui agli artt. 345, 69 e 68 c.p.p., i quali consentono una autonoma riattivazione delle indagini e quindi un nuovo esercizio dell'azione penale, qualora successivamente alla sentenza venga accertato che la morte dell'imputato sia stata erroneamente dichiarata, che l'errore di persona non sussista o che, in seguito, sia venuto meno l'ostacolo di carattere processuale: in tali ipotesi, infatti, la sentenza di non luogo a procedere non determina effetti preclusivi di alcun genere. Parimenti sono esclusi i casi in cui intervenga una causa estintiva del reato, rispetto ai quali non si potrebbe prefigurare «neppure in via ipotetica la sopravvenienza di presupposti per un nuovo esercizio dell'azione penale»5, posto che la sentenza di non luogo a

procedere risulta irrevocabile al pari di una qualsiasi sentenza di proscioglimento pronunciata all'esito del giudizio. Se poi a seguito della revoca della sentenza si giungesse alla fissazione dell'udienza preliminare, il giudice dovrebbe comunque emettere sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato ex art. 425 comma 1 c.p.p., 5 Così, Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 459, Privitera, del 8 novembre 1996, in Cass.

mentre nel caso di riapertura delle indagini il pubblico ministero dovrebbe richiedere l'archiviazione ex art. 411 c.p.p.6.

Dottrina concorde afferma come «il potere d'iniziativa in ordine alla richiesta di revoca spetta al solo pubblico ministero, mentre il prosciolto

ex art. 425 c.p.p. resta ingiustificatamente non legittimato a tale fine»7.

Non pare corretta infatti la soluzione normativa che trascura l'interesse di tali soggetti ad ottenere una sentenza di non luogo a procedere con una formula più favorevole, come ad esempio nel caso in cui il soggetto sia stato ritenuto prima non imputabile ed in base a nuovi elementi intenda dimostrare la propria estraneità al fatto.

Allo stesso modo è esclusa l'iniziativa della persona offesa: in questo caso, però, l'opzione legislativa pare opportuna perché volta ad evitare di dotare “l'accusa privata” di «un potere propulsivo in tal senso parallelo a quello attribuito all'accusa pubblica»8. Ciò non impedisce alla prima di

esercitare un potere propulsivo, sollecitando l'iniziativa del pubblico ministero anche attraverso l'indicazione di nuove fonti di prova, oltre alla facoltà di partecipare all'udienza nella quale il giudice decide sulla richiesta di revoca.

La competenza a decidere in ordine alla revoca spetta ad un giudice appartenente all'Ufficio del giudice per le indagini preliminari, il quale deve però trattarsi, come specificato dall'art. 7 ter ordi. giud., di un soggetto fisicamente diverso da quello che ha pronunciato la sentenza di non luogo a procedere, essendosi in presenza di un soggetto che ha già manifestato la propria opinione sulla res iudicata.

In linea con le preoccupazioni del legislatore delegante, il quale all'art. 2, direttiva n. 56, della l. delega n. 81 del 1987 raccomandava la previsione di «idonee garanzie per l'imputato nel caso di esercizio dell'azione penale per fatti precedentemente oggetto di una sentenza di non luogo a 6 Cfr., E.M. CATALANO, Udienza preliminare: conclusione e formazione dei fascicoli,

cit., p. 981.

7 Testualmente, tra gli altri, E. APRILE – M. SASO, L'udienza preliminare, cit., p. 222. 8 Così, R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 288.

procedere», il codice appresta talune idonee garanzie per il prosciolto che rischia di vedersi pregiudicato da una decisione di accoglimento della richiesta di revoca, imponendo da un lato che tale richiesta debba necessariamente fondarsi su nuove fonti di prova e, dall'altro, che sulla richiesta non inammissibile siano comunque garantiti la difesa tecnica ed il contraddittorio in un'apposita udienza camerale9.