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Le modalità di reperimento delle nuove fonti di prova.

UNA ECCEZIONE AL NE BIS IN IDEM?

4.4. Le modalità di reperimento delle nuove fonti di prova.

Diversamente dal passato, in merito alla riapertura dell'istruzione, il codice del 1988 non provvede ad elencare le fonti di prova rilevanti ai fini della revoca, ma dispone solamente che condizione del provvedimento in parola è la sopravvenienza o la scoperta di “nuove fonti di prova”.

Secondo un orientamento minoritario e non condivisibile della dottrina, «il primo termine indica un atteggiamento di tipo passivo del pubblico ministero, riferendosi alla circostanza che gli elementi siano emersi senza lo svolgimento di alcuna investigazione in ordine alla medesima regiudicanda: dunque elementi trovati casualmente, reperiti nel corso di altre investigazioni o offerti spontaneamente. Il secondo termine, invece, indica un comportamento attivo, riguardando l'espletamento di atti di indagine che, non esigendo la presenza del prosciolto, non sono garantiti dall'assistenza difensiva e non risultano, quindi, vietati»43.

Questo orientamento ritiene così legittime ed utilizzabili le risultanze

41 Così , L. PECORI, Potenzialità preclusive della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 58.

42 Ivi, p. 59.

43 Così, testualmente M. DANIELE, Profili sistematici della sentenza di non luogo a

procedere, cit., p. 167; per un'analoga lettura del termine “scoperta” impiegato

dall'art. 434 c.p.p., v. R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a

dell'attività investigativa compiuta dal pubblico ministero dopo la chiusura del procedimento con la sentenza del non luogo a procedere. Per avallare tale conclusione viene sottolineato che, mentre è vietato il compimento di atti fuori dei termini massimi stabiliti per le indagini preliminari, art. 407 comma 3 c.p.p., analogo divieto non si rinviene per gli atti compiuti dopo la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere. L'organo inquirente pertanto sarebbe legittimato a proseguire l'attività investigativa con l'unico limite costituito dal divieto di compiere atti che richiedano la partecipazione del prosciolto o consentano l'intervento del suo difensore, permettendo dunque al pubblico ministero, anche prima della revoca, di esperire tutte quelle attività tese all'acquisizione di “nuove fonti di prova” funzionali alla richiesta di rinvio a giudizio dell'imputato già prosciolto per il medesimo fatto, attenuando così in modo considerevole la portata della preclusione derivante dalla sentenza di non luogo a procedere divenuta inoppugnabile.

La dottrina maggioritaria, partendo invece dall'assunto per cui la “sopravvenienza” e la “scoperta” indichino, rispettivamente, la prova

noviter reperta, cioè sopravvenuta solo dopo la pronuncia della sentenza

di non luogo a procedere in quanto prima non esistente, e la prova

noviter producta, ossia già conoscibile al momento della pronuncia ma

non acquisita agli atti e dunque non portata all'attenzione del giudice44,

sostiene che «tutte le fonti di prova non vietate dalla legge ed influenti ai fini di un diverso accertamento dei fatti siano rilevanti, a patto che esse non siano il risultato di una indagine ad hoc del pubblico ministero»45.

Deve dunque ritenersi che il pubblico ministero non possa compiere indagini funzionali al reperimento delle nuove fonti di prova; attribuire

44 V., supra, capitolo III, par. 3.2. Il presupposto della revoca: nuove fonti di prova, p. 68.

45 Così, M. TIRELLI, La revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 103; v. anche, G. GARUTI, La verifica dell'accusa nell'udienza preliminare, cit., p. 345; P. SECHI, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 865.

infatti all'organo inquirente «un incondizionato potere investigativo dopo la sentenza di non luogo a procedere significherebbe legittimare una sorta di inammissibile restituzione in termini per lo svolgimento di atti d'indagine da parte dell'accusa»46. Una simile conclusione sarebbe

inaccettabile poiché in tal modo la posizione del prosciolto in sede di udienza preliminare risulterebbe addirittura meno garantita rispetto a quella del soggetto destinatario di un provvedimento di archiviazione. Per di più dallo stesso codice emerge chiaramente una voluntas legis tesa ad impedire, in linea generale, qualsiasi arretramento della regiudicanda dalla fase processuale a quella procedimentale, secondo il c.d. principio della non regressione del processo.

Ne deriva che gli elementi utilizzabili ai fini della revoca non dovranno essere “procurati” dallo stesso inquirente il quale, dopo il non luogo a procedere, «dovrà mantenere un atteggiamento passivo»47.

Di conseguenza, sembra opportuno il richiamo all'art. 191 c.p.p., che permette di sanzionare con il divieto di utilizzabilità le risultanze delle indagini compiute prima della revoca, in quanto poste in essere da un soggetto privo del relativo potere e, pertanto, in violazione di un divieto che va considerato come immanente al sistema48.

Tali nuovi elementi, come infine sostenuto esplicitamente anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, potranno avere natura sia dichiarativa che reale, «a condizione che essi siano stati acquisiti aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed

46 Così, L. PECORI, Potenzialità preclusive della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 64; B. DANI, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 152. Di avviso contrario, R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 289.

47 Così, C. FANUELE, La ricostruzione del fatto nelle investigazioni penali, cit., p. 154. 48 Cfr., Cass. pen., S.U., sentenza n. 8, Romeo, del 23 febbraio 2000, in Cass. pen.,

2001, vol. I, p. 48; in dottrina v., P. SECHI, Revoca della sentenza di non luogo a

all'approfondimento degli elementi emersi»49.

Premesso che secondo giurisprudenza e dottrina maggioritaria per fonte di prova «deve intendersi la matrice, personale o materiale, da cui si origina un determinato risultato probatorio», si tratterà quindi degli «eventuali, ulteriori soggetti in grado di rendere dichiarazioni sui temi del processo od ulteriori documenti e reperti in grado di alimentare uno sviluppo delle indagini»50. Tuttavia, secondo taluno, sarebbe più corretto

riferire il concetto di fonte di prova più che «alla persona o alla cosa generanti la conoscenza (che non possono fornire elementi di convincimento quando non esistono al momento del fatto oggetto di dimostrazione), […] all'elemento di convinzione fornito dalla fonte stessa»51.

Esemplificativamente gli elementi utilizzabili ai fini della revoca potranno essere costituiti da testimonianze spontanee, da ulteriori elementi reperiti con casualità nel corso di indagini diverse, o da atti relativi ad altri procedimenti, tali da determinare uno sviluppo delle indagini52.

Com'è stato osservato da una parte della dottrina53, l'ipotesi di materiale

probatorio proveniente da altri procedimenti suscita qualche perplessità, in quanto potrebbe sottintendere una lesione dei diritti della difesa, laddove quest'ultima non avesse partecipato al procedimento a quo. Tuttavia si ritiene possibile superare l'obiezione affermando che «l'impiego dei suddetti atti dovrà essere condizionato non solo dalla verifica circa la loro validità formale nel processo di origine, ma anche 49 Così, Cass. pen., S.U., sentenza n. 8, Romeo, del 23 febbraio 2000, in Cass. pen., 2001, vol. I, p. 48; v., anche, Cass. pen., Sez. I, sentenza n. 21977, Schiavone, del 6 marzo 2003, in C.E.D. Cass., Sez. I, n. 224416; v., nella giurisprudenza più recente, Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 31970, Regina, del 2 luglio 2013, in C.E.D. Cass., Sez. VI, n. 255980.

50 Così, Cass. pen., Sez. I, sentenza Migliore, del 18 febbraio 1994, in Foro it., 1994, vol. II, c. 684.

51 Così, J. CALAMANDREI, La novità della prova come presupposto per revocare la

sentenza di non luogo a procedere, in Dir. pen. proc., 1998, vol. I, p. 358.

52 Cfr., G. SPANGHER, Art. 435 – Richiesta di revoca, cit., p. 750.

dal controllo circa il rispetto delle disposizioni che ne vincolano la validità nel processo ad quem. Occorre cioè che nel trasferimento dell'atto da una sede processuale all'altra non venga travisata la ratio che ne ispira la disciplina. In ragione di ciò, pare lecito sostenere che determinati elementi raccolti con le forme dell'incidente probatorio, nel corso di indagini diverse rispetto a quelle collegate alla sentenza di non luogo a procedere, possano essere considerate “nuove fonti di prova” con i limiti stabiliti dall'art. 401 comma 6 c.p.p.»54.

Analogamente pare consentito utilizzare i verbali di prove di altro procedimento penale, secondo quanto stabilito dall'art. 238 c.p.p.; peraltro, la riformulazione della disciplina qui contenuta in modo da consentire l'acquisizione dei verbali di dichiarazioni provenienti da un diverso procedimento solo se l'imputato abbia partecipato alla loro assunzione, dovrebbe garantire una tutela effettiva del contraddittorio. Secondo alcune pronunce giurisprudenziali possono inoltre costituire “nuove fonti di prova” anche modalità attuative della condotta dell'agente diverse da quelle originariamente contestate e che avevano indotto il giudice al proscioglimento dell'imputato55, nonché le dichiarazioni dello

stesso imputato già prosciolto con sentenza di non luogo a procedere56.

La giurisprudenza di merito ha stabilito, invece, per quanto attiene alle dichiarazioni rese dal coimputato nel medesimo reato a carico del prosciolto con sentenza di non luogo a procedere, che «è inammissibile la revoca della sentenza di non luogo a procedere basata sull'emersione di nuove fonti di prova a carico dell'imputato costituite non da dichiarazioni rese spontaneamente dai testimoni o da coimputati ma di risposte a domande specifiche formulate in sede di controesame dal pubblico

54 Così, G. GARUTI, Revoca della sentenza di non luogo a procedere e misure

cautelari coercitive, cit., pp. 962 ss..

55 V., Cass. pen., Sez. V, sentenza n. 998, Quaglino, del 23 maggio 1992, in Riv. pen., 1993, p. 349.

56 V., Corte d'Ass. Terni, sentenza C. F., del 11 febbraio 2008, in Corr. merito, 2008, fasc. VI, p. 708.

ministero tese a far emergere elementi di responsabilità a carico dell'imputato prosciolto»57.

È infatti evidente come in tal caso le dichiarazioni indizianti a carico del prosciolto, poste dal pubblico ministero a fondamento della richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere, non sono state reperite in modo casuale né tantomeno offerte spontaneamente, ma costituiscono il risultato dell'azione di stimolo del pubblico ministero attraverso domande specifiche ai testimoni ed agli imputati in sede di controesame, finalizzate proprio alla verifica o all'approfondimento della concorrente responsabilità dell'imputato prosciolto e secondo autorevole dottrina: «tale controesame, dunque, ha rappresentato per il P.M. l'occasione per continuare a svolgere un'attività di ricerca preordinata al reperimento delle nuove fonti di prova, successivamente all'emanazione della sentenza di non luogo a procedere»58, in palese violazione del divieto di

svolgere attività d'indagine mirata ad accertare eventuali responsabilità dell'imputato già prosciolto con sentenza di non luogo a procedere, in assenza della revoca della medesima sentenza.

Ancora più complessa è la questione sulla possibilità di considerare “nuove fonti di prova” le metodiche e tecniche scientifiche innovative. La dottrina maggioritaria e la prevalente giurisprudenza sul punto escludono tale possibilità perché dette innovazioni consentirebbero soltanto di valutare diversamente il medesimo materiale già acquisito al procedimento: «nuove fonti di prova potranno considerarsi unicamente gli eventuali, ulteriori soggetti in grado di rendere dichiarazioni sui temi del processo od ulteriori documenti e reperti in grado di alimentare uno sviluppo delle indagini ma non anche nuove metodiche di ricerca scientifica o nuove tecniche di investigazione, che costituiscono semplicemente mezzi o strumenti per la disamina delle fonti di prova già 57 V.,Trib. Arezzo, Uff. indagini preliminari, ordinanza del 7 gennaio 2009, in Giur.

merito, 2010, fasc. n. 7/8, p. 1942, con nota di L. CASTELLUCCI, Nuove fonti di

prova e revoca della sentenza di non luogo a procedere, ivi, pp. 1944 ss..

individuate»59, già presenti in actis e già inizialmente valutate dal primo

giudice ai fini della decisione liberatoria.

Tale complicato problema però è destinato ad assumere crescente importanza, data la progressiva diffusione della prova scientifica e la recente introduzione, anche nel nostro sistema, di una normativa specificatamente relativa agli accertamenti genetici (l. n. 85 del 30 giugno 2009).

Proprio per tali ragioni, oggi, taluno sostiene che per la revoca del luogo a procedere e la successiva riapertura delle indagini anche una diversa valutazione tecnico-scientifica di elementi già noti al giudice, quando questa si basi su nuove metodologie, può servire ad integrare un “novum”, in quanto «la “novità” dei principi tecnico-scientifici applicati può condurre alla conoscenza di veri e propri fatti nuovi. Ad esempio, dopo la conclusione dell'udienza preliminare, potrebbero essere state scoperte nuove metodologie tali da provare che il DNA ottenuto dall'analisi di alcuni reperti trovati sulla scena del delitto apparteneva al soggetto prosciolto. Pertanto, possono essere considerate “nuove prove” le tecniche che, pur incidendo su di un tema già oggetto d'indagine nel corso del primo procedimento, siano diverse e innovative, consentendo risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili»60.

In tal caso, anche per la prova scientifica sembra valere quanto già detto in generale sugli elementi utilizzabili per revocare il non luogo a procedere: tale prova dovrà essere legittima, cioè non in contrasto con i principi del nostro ordinamento e rilevante ai fini del rinvio a giudizio, ossia, a priori, idonea a prospettare un esito diverso da quello avutosi con le tecniche precedenti.

59 Così, Cass. pen., Sez. I, sentenza Migliore, del 18 febbraio 1994, in Foro it., 1994, vol. II, c. 684; in dottrina tra gli altri v., A. MARANDOLA – P. BRONZO, La chiusura

indagini e l'udienza preliminare, in Procedura penale. Teoria e pratica del processo, G. SPANGHER – A. MARANDOLA – G. GARUTI – L. KALB (diretto da), vol. II, Misure cautelari. Indagini preliminari. Giudizio, A. MARANDOLA (a cura di), Torino, 2015, p. 1037.

Accogliendosi questa tesi fatta propria dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza Romeo, e da questa ripetutamente confermata nel tempo61, per cui le “nuove fonti di prova” sono legittimamente acquisite e

quindi pienamente utilizzabili solo a condizione che esse siano state acquisite aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all'approfondimento degli elementi emersi, si capisce come sia molto limitata la possibilità della revoca di una sentenza di non luogo a procedere e come assuma maggiore pregnanza la preclusione che deriva dalla sentenza stessa.

61 Cfr., tra le altre, Cass. pen., Sez. I, sentenza n. 18396 del 28 marzo 2008, inC.E.D. Cass., Sez. I, n. 240183; nella giurisprudenza più recente v.,Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 31970, Regina, del 2 luglio 2013, in C.E.D. Cass., Sez. VI, n. 255980.

CONCLUSIONI

Il legislatore, legando il passaggio in giudicato di una decisione alla irrevocabilità ex art. 648 c.p.p., e dunque quando non sia più soggetta ad impugnazione ordinaria ovvero sia inutilmente decorso il termine per proporla, sembrerebbe escludere tale possibilità per la sentenza di non luogo a procedere, essendo infatti questa in qualsiasi momento revocabile

ex artt. 434-437 c.p.p., se sopravvengono o si scoprono nuove fonti di

prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio.

Benché dunque la revocabilità della sentenza di non luogo a procedere sembrerebbe formalmente impedire il formarsi del giudicato, da un'attenta analisi e tenendo conto delle varie opinioni dottrinali e giurisprudenziali in materia è possibile constatare la limitatezza degli spazi di azione della revoca della sentenza di non luogo a procedere, sia in quanto il legislatore nel codice di procedura penale li designa in maniera molto ristretta, sia perchè la giurisprudenza, con la sua interpretazione, li ha ulteriormente ridotti, facendo così dell'ipotesi della revoca della sentenza di non luogo a procedere, una ipotesi del tutto eccezionale.

Occorre quindi confermare l'opinione di quella autorevole dottrina, la quale afferma che l'esclusione della sentenza di non luogo a procedere dal novero delle sentenze irrevocabili «dipende da scelte nomenclatorie»1

e sia il «frutto di una cautela eccessiva del legislatore»2.

1 Così, F. CORDERO, Procedura penale, Milano, 2006, p. 1233.

2 Così, testualmente, F. CAPRIOLI – D. VICOLI, Procedura penale dell'esecuzione, Torino, 2009, p. 76.

La sentenza di non luogo a procedere, benché il codice non la annoveri espressamente tra i provvedimenti idonei a produrre l'effetto del ne bis in

idem, con l'esaurimento delle impugnazioni o la scadenza dei termini per

impugnare, acquisisce una stabilità giuridicamente assimilabile alla irrevocabilità ex art. 648 c.p.p., in quanto suscettibile di essere superata solo al ricorrere delle condizioni tassativamente previste per la sua rimozione a norma dell'art. 434 c.p.p., cui sarebbe incongruo non far seguire, in carenza di quelle condizioni, la preclusione all'avvio di un nuovo procedimento in idem. Vero è che le maglie dell'art. 434 c.p.p. sono ben più larghe di quelle che, a norma dell'art. 630 c.p.p., filtrano l'istanza di revisione. E tuttavia, la sentenza di non luogo a procedere costituisce pronuncia giurisdizionale idonea a definire il processo. Per questa ragione essa deve dirsi idonea a generare un effetto preclusivo che, sebbene meno intenso di quello che assiste le sentenze irrevocabili pronunciate in giudizio, si presenta tuttavia del medesimo stampo: vale a dire, quale vero e proprio ne bis in idem, sia pure “allo stato degli atti”. All'esito della ricerca possiamo dunque affermare che la sentenza vale e costituisce giudicato, esplicando altresì il divieto di procedere una seconda volta nei confronti dello stesso soggetto per il medesimo fatto, finché rimangono immutati i presupposti; è una decisione rebus sic

stantibus e, come tale, è destinata a cadere se variano i dati di

riferimento.

Infine dall'analisi della rigorosa giurisprudenza di merito e di legittimità in materia risulta chiaramente come gli elementi utilizzabili ai fini della revoca non dovranno essere procurati dallo stesso inquirente il quale, dopo la sentenza di non luogo a procedere dovrà mantenere un atteggiamento “passivo”.

Come sostenuto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza Romeo, e da questa ripetutamente confermato3, i nuovi elementi potranno

3 Cfr., tra le altre, Cass. pen., Sez. I, sentenza n. 18396 del 28 marzo 2008, inC.E.D. Cass., Sez. I, n. 240183; nella giurisprudenza più recente v.,Cass. pen., Sez. VI,

avere natura sia dichiarativa che reale, ma sono legittimamente acquisiti e quindi pienamente utilizzabili solo a condizione che siano stati acquisiti

aliunde, nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o

provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all'approfondimento degli elementi emersi; alla luce di quanto sopra, risulta chiaro come sia molto limitata la possibilità della revoca di una sentenza di non luogo a procedere e come assuma maggiore pregnanza la preclusione che deriva dalla sentenza stessa.