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L'impugnazione in cassazione delle ordinanze di inammissibilità e rigetto.

LA REVOCA DELLA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE: IL PROCEDIMENTO

3.5. L'impugnazione in cassazione delle ordinanze di inammissibilità e rigetto.

Nell'ipotesi in cui il giudice dichiari inammissibile o rigetti la richiesta di revoca, il pubblico ministero può ricorrere per cassazione, in base all'art. 437 c.p.p., contro la corrispondente ordinanza. Questa soluzione appare logica e coerente con il sistema, in quanto sia la dichiarazione di rigetto che quella d'inammissibilità, impedendo al pubblico ministero di

55 Cfr., R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 292. 56 Ibidem; B. DANI, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 156. 57 Così, tra gli altri, R.E. KOSTORIS, Revoca della sentenza di non luogo a procedere,

cit., p. 292.

esercitata l'azione penale, incidono su di un obbligo costituzionalmente stabilito59.

Secondo l'orientamento della Suprema Corte, in forza del principio di tassatività, non possono invece proporre impugnazione al riguardo né l'imputato né l'offeso del reato, anche se quest'ultimo potrebbe sollecitare a tal fine l'iniziativa del pubblico ministero60.

Questa differenza di trattamento ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale dell'art. 437 c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ma la Corte ha ritenuto la questione manifestamente infondata in quanto non si possono reputare omologabili le posizioni dell'inquisito e del pubblico ministero rispetto ai provvedimenti in materia di revoca della sentenza di non luogo a procedere. Infatti, l'ordinanza che dichiari inammissibile o rigetti la richiesta di revoca, se inoppugnabile, precluderebbe al pubblico ministero ogni ulteriore possibilità di azione, mentre l'ordinanza di accoglimento della richiesta di revoca non preclude al già prosciolto di far valere, nel successivo procedimento condotto nell'osservanza del principio del contraddittorio, le proprie ragioni, anche volte a far riconoscere, se del caso, l'insussistenza delle condizioni legittimanti la revoca61. T a l i

considerazioni paiono giustificare il diverso regime di impugnazione, escludendo la sostenibilità della tesi di una disparità di trattamento censurabile in sede di giudizio di costituzionalità.

L'art. 6 della legge n. 128 del 2001 ha modificato l'art. 437 c.p.p. per il quale «contro l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca il pubblico ministero può proporre ricorso in cassazione», aggiungendo in fine le parole: «solamente per i motivi indicati nell'art.

59 Cfr., F. CORDERO in Procedura penale, cit., p. 981; B. DANI, Revoca della sentenza

di non luogo a procedere, cit., p. 157.

60 Cfr. , Cass. pen., Sez. fer., sentenza n. 2689, Cangemi, del 11 settembre 1990, in

Foro it., 1991, vol. II, c. 78; Cass. pen., Sez. I, sentenza n. 234, Pilara, del 21

gennaio 1993, in Cass. pen., 1994, vol. III, p. 2768.

61 Cfr., Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 34, Romiti, del 13 gennaio 1997, in Cass. pen., 1997, vol. III, p. 2820.

606, comma 1, lettere b) , d) ed e)». In tal modo il legislatore ha circoscritto la possibilità del pubblico ministero di ricorrere per cassazione contro l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere alle sole ipotesi di:

1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale (art. 606 lett. b);

2) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale, limitatamente ai casi previsti dall'art. 495 comma 2 c.p.p. (art. 606 lett. d);

3) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificatamente indicati nei motivi di gravame (art. 606 lett. e).

Quanto alle due ultime ipotesi, sono necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto il nuovo testo dell'art. 606 comma 1, lett. d, come sostituito dall'art. 8 della legge n. 46/2006, nonostante l'introduzione dello specifico riferimento alla fase dibattimentale in forza del richiamo all'art. 495, comma 2, non deve ritenersi determinante, poiché il sindacato della legittimità concerne esclusivamente la mancata assunzione di una controprova62 attinente ad un punto decisivo della deliberazione assunta

dal giudice dell'udienza preliminare, anche se tale prova sia stata tardivamente dedotta63; e ciò indipendentemente dalla circostanza che

tale ritardo sia derivato da un'oggettiva impossibilità d'indicare tempestivamente tale elemento oppure da una negligenza della parte. Invece, secondo autorevole dottrina, resta aperta la questione se assuma o 62 Cfr., E. MARZADURI, Così nell'assetto degli istituti il legislatore cerca nuovi

equilibri, in Guida al dir., 2006, fasc. n. 10, p. 51.

63 Cfr., F.M. IACOVIELLO, A rischio il ruolo di legittimità della Corte, in Guida al dir., 2006, fasc. n. 10, p. 88.

meno rilievo, ai fini del ricorso, anche la «“sopravvenuta” decisività di una prova che non appariva tale al momento del rifiuto di assunzione», in quanto molto può dipendere «dall'interpretazione, più o meno ristretta, del concetto di “prova decisiva”»64.

Con riferimento all'art. 606 comma 1 lett. e, si ricava che il sindacato della Suprema Corte risulta esteso alla corrispondenza fra premesse probatorie assunte dal giudice di merito, enunciate nella motivazione del provvedimento, e il materiale legittimamente acquisito al processo65: tale

confronto sarà suscettibile, però, di riguardare solo gli atti processuali a contenuto probatorio, specificatamente indicati nei motivi del ricorso, in relazione ai quali si è prospettato il vizio dedotto66. Del resto, la verifica

circa l'effettiva novità delle fonti di prova indicate nella richiesta di revoca presuppone una valutazione nel merito e, quindi, implica necessariamente la possibilità di accedere agli atti del procedimento. È questo accesso che consente di censurare la mancata valutazione o il travisamento delle prove, come vizio suscettibile d'influire sul percorso argomentativo e sulle conclusioni del giudice di merito67. In particolare,

per quanto specificamente concerne la revoca del non luogo a procedere, tale sindacato potrà vertere sulle ragioni della ritenuta inammissibilità o del rigetto riguardante la domanda di revoca presentata dal pubblico ministero.

Peraltro, già prima della novellazione intervenuta nel 2006, taluno sosteneva che nel caso in cui la Corte di cassazione fosse chiamata a sindacare l'esistenza di vizi logico-giuridici afferenti al provvedimento di 64 Così, P. FERRUA, Riforma disorganica: era meglio rinviare. Ma non avremo il terzo

giudizio di merito. L'appello del Pm creava disparità, però serviva una svolta vera,

in Dir. e giustizia, 2006, fasc. n. 9, p. 82.

65 V., P. FERRUA, Gli ermellini contro la pecorella. Se la legge va sul letto di

Procuste. Ricorsi per cassazione: fra le prime sentenze una lettura forzata, in Dir. e giustizia, 2006, fasc. n. 19, p. 10; F.M. IACOVIELLO, A rischio il ruolo di legittimità

della Corte, cit., p. 88.

66 Cfr., P. FERRUA, Riforma disorganica: era meglio rinviare. Ma non avremo il terzo

giudizio di merito. L'appello del Pm creava disparità, però serviva una svolta vera,

cit., p. 78. 67 Ibidem.

rigetto (art. 606 comma 1 lett. e), non si sarebbe potuto escludere alla stessa il potere di valutare «non solo il profilo formale della domanda di revoca, ma anche il merito e segnatamente l'aspetto della novità delle fonti di prova»68 supportanti la richiesta di revoca.

In conclusione, le innovazioni introdotte nel 2006 ben sembrano conciliarsi con l'opzione legislativa del 2001, tesa a restringere la possibilità di ricorrere per cassazione in materia di revoca della sentenza di non luogo a procedere e a garantire maggiore stabilità alla condizione processuale di un soggetto già prosciolto con una sentenza di non luogo a procedere, rendendo la sua posizione inamovibile nell'ipotesi in cui sia stata rigettata o dichiarata inammissibile la richiesta di revoca, a meno che non ricorra uno dei casi tassativamente previsti dall'art. 437 c.p.p.; il che pare apprezzabile, trattandosi di sentenza emessa all'esito di un iter procedimentale e processuale che può essere stato caratterizzato da un'ampia attività probatoria e valutativa.

Ai sensi dell'art. 623 comma 1, lett. a, nel caso in cui la Corte di cassazione accolga il ricorso, essa disporrà la trasmissione degli atti al giudice che ha pronunciato l'ordinanza, il quale provvederà ad uniformarsi alla sentenza di annullamento. Qualora invece il ricorso sia rigettato, il pubblico ministero potrà comunque presentare una nuova richiesta, «purché fondata su elementi diversi»69.

68 Così, B. DANI, Revoca della sentenza di non luogo a procedere, cit., p. 157. 69 Così, testualmente, G. GARUTI, L'udienza preliminare, cit.,p. 505.

CAPITOLO IV