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Fatta questa premessa, va verificato il rapporto intercorrente tra la mediazione e le altre misure deflative del contenzioso, al fine di porre in evidenza le caratteristiche precipue di tale procedura.

In particolare, l’istanza di mediazione è rivolta nei confronti degli enti impositori al fine di un annullamento parziale o totale degli atti da loro adottati, presentando, dunque, delle affinità con l’istanza di autotutela e tuttavia differenziandosi da quest’ultima per il suo carattere obbligatorio, oltre che per la circostanza che la mediazione è rimessa al solo impulso del contribuente.

Peraltro, differentemente dall’autotutela, l’istanza di mediazione benché rivolta agli enti impositori, è destinata ad un Ufficio diverso da quello che ha curato la fase istruttoria antecedente all’emissione dell’atto, inoltre, mentre la presentazione del reclamo diretto all’annullamento dell’atto sospende il termine per ricorrere, l’istanza di autotutela non produce tale effetto.

Quanto al rapporto tra la mediazione tributaria e l’accertamento con adesione, notevoli sono le differenze tra i due istituti.

In dettaglio, la procedura di cui all’art. 17-bis del D.lgs n. 546 del 1992 ha un ambito di applicazione diverso, per certi versi più ristretto (limite di valore), per altri più ampio, essendo esperibile per atti quali l’avviso di liquidazione del tributo, il rifiuto espresso della richiesta di rimborso, il diniego dell’agevolazione, nonché il rifiuto tacito della restituzione dell’imposta e, da ultimo, nei confronti di tutti gli atti degli enti impositori (non esclusivamente dell’Agenzia delle Entrate), salvo non si tratti di atti volti al recupero di aiuti di Stato.

Per altro, parte della dottrina100 ha criticato che possa essere oggetto di mediazione l’atto di contestazione delle sanzioni (tranne se considerato provvedimento di irrogazione sanzioni), nel caso in cui il privato non abbia inteso ricorrere alla definizione agevolata, né presentare le deduzioni difensive previste dall’art. 16 , co. 4, D.lgs. n. 472 del 1997. Invero, tale tesi suggerisce di escludere dall’accertamento con adesione le sanzioni, disponendo invece la decurtazione delle stesse nell’ambito della mediazione, in misura pari a quella contemplata per il perfezionamento del procedimento di cui al D.lgs. n. 218 del 1997.

Un’ulteriore differenza tra l’accertamento con adesione e la mediazione è costituita dall’obbligatorietà di quest’ultima procedura: la presentazione dell’istanza di mediazione non è una facoltà per il contribuente, ma un onere ogniqualvolta ricorrano i presupposti previsti dall’art. 17-bis, comma 1, del D.lgs. n. 546 del 1992.

Inoltre, come visto101, nelle due procedure diversa è anche la disciplina del contraddittorio: quest’ultimo, infatti, è necessariamente previsto nella procedura di accertamento con adesione, mentre nella mediazione fiscale, il dialogo contribuente-Ufficio può limitarsi ad essere solo documentale, non essendo previsto alcun esplicito momento di confronto orale.

Peraltro, nella procedura di adesione vi è una forte commistione tra chi ha esercitato l’accertamento e chi è chiamato a rivedere l’operato dell’Amministrazione, non essendo tale strumento deflativo affidato, come nel caso della mediazione, ad una diversa struttura degli enti impositori che hanno posto in essere l’azione di controllo.

      

100 F. PISTOLESI Il reclamo e la mediazione nel processo tributario in Rassegna

tributaria n.1 del 2012.

Da ultimo, un’altra differenza va individuata nella circostanza che la procedura di mediazione consente di rivedere i contenuti dell’atto contestato alla luce dei motivi del ricorso, che possono essere diversi dalle questioni trattate durante l’iter di accertamento con adesione (ad esempio, perché relativi a vizi di motivazione dell’atto), nonché degli orientamenti giurisprudenziali.

Ad ogni modo, stanti le evidenti affinità tra i due istituti, per evitare un’eccessiva dilatazione dei tempi di accesso alla giustizia, parte della dottrina102 auspica che il legislatore preveda l’alternatività tra il procedimento dell’accertamento con adesione e quello di mediazione, con estensione a quest’ultima procedura dello stesso regime di riduzione delle sanzioni previsto per l’accertamento con adesione.

Quanto al rapporto intercorrente tra mediazione e conciliazione, sebbene tra i due strumenti di deflazione del contenzioso vi sia un collegamento evidente 103 , la conciliazione diversamente dalla procedura di cui all’art. 17-bis del D.lgs. n. 546 del 1992, ha natura processuale e presuppone vi sia un giudizio pendente, istaurato a seguito di un ricorso ammissibile.

La procedura di mediazione, invece, (al pari degli altri istituti deflativi) si caratterizza per prevenire le controversie.

In particolare, si deve aver presente che la conciliazione produce effetti processuali peculiari, sia con riguardo alla fine del processo in corso, sia con riguardo al fatto che la legge attribuisce efficacia di titolo esecutivo al documento nel quale la conciliazione viene consacrata. Di conseguenza, mentre la conciliazione, avendo come effetto principale quello di porre termine alla lite, costituisce un modo

      

102 Ex multis, F. PISTOLESI, cit.

103 Basti pensare che nella versione originaria dell’art. 17 bis erano state richiamate, in quanto compatibili, le disposizioni del D.lgs. n. 546 del 1992 previste per la conciliazione giudiziale.

di estinzione del processo, la mediazione, avendo efficacia precontenziosa, non rappresenta un momento processuale, bensì una fase amministrativa.

Peraltro, ulteriori distinzioni di rilievo tra i due istituti vanno ravvisate nel diverso ambito di applicazione, nel carattere obbligatorio della mediazione, nonché nel prevedere104 tale procedura, che gli enti impositori (laddove non accolgano il reclamo) formulino, anche d’ufficio, una proposta volta alla composizione degli interessi delle parti, sulla base di specifici criteri (incertezza delle questioni controverse, grado di sostenibilità della pretesa e principio di economicità dell’azione amministrativa) non previsti nel caso di conciliazione.

Dunque, con riferimento alle caratteristiche precipue della mediazione tributaria, si rileva che trattasi di procedura obbligatoria, caratterizzata dall’uso di criteri normativamente previsti. In essa, peraltro, differentemente da quanto previsto nell’istituto della mediazione civile e commerciale:

 non è contemplato l’intervento di un terzo imparziale;

 lo svolgimento del procedimento è condizione di procedibilità per determinate controversie individuate per valore, e non per oggetto;

 non opera una negoziazione avente ad oggetto rapporti disponibili;

 non è previsto espressamente il contraddittorio tra le parti,

 non è prevista l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento;

 la domanda di mediazione si trasforma ope legis nell’atto introduttivo del giudizio.

      

L’unico tratto comune con la mediazione civilistica, dunque, è la finalità di contribuire alla riduzione del contenzioso.

Con riferimento alla natura di tale strumento deflativo taluni autori105 hanno considerato la mediazione fiscale una congiunta attività di accertamento dell’Ente impositore e del contribuente, ritenendo tuttavia che, nella versione originaria della disciplina, il comma 8 dell’allora vigente art. 17-bis rivelasse, ex adverso, il carattere di definizione transattiva dell’istituto, nella stessa ottica della transazione fiscale di cui all’art. 182 ter del R.D. n. 267 del 1942.

Altri autori106, invece, secondo tesi che pare maggiormente condivisibile, sostengono la duplice natura dell’atto introduttivo della procedura di mediazione volto, da un lato, ad avviare una preventiva fase amministrativa e dall’altro, ad introdurre un eventuale processo, con valore di ricorso “quiescente”, che può essere depositato presso la Commissione tributaria, ove la fase di mediazione si concluda senza dare esito positivo107.