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Caratteristiche della transizione

Adesso cerchiamo di ricostruire la transizione dalla scuola al lavoro avvenuta o in corso, dei nostri intervistati. Le domande miravano inizialmente a capire che tipo di opinione si erano fatti sulla istituzione scolastica e vertevano inoltre sulla percezione della loro propria preparazione scolastica e capacità acquisite, sugli strumenti che avevano utilizzato per cercare lavoro e su che tipo di lavoro erano riusciti a trovare.

Per quello che riguarda la preparazione scolastica, i vari corsi, la connessione con il mondo del lavoro e quindi i tirocini, che vengono previsti al suo interno, quasi tutti sostenevano sia che l’organizzazione generale era ottima, sia che la scuola formava in modo efficace e offriva percorsi ben strutturati agli studenti.

Solo alcuni degli intervistati si lamentavano sostenendo che la formazione pratica non bastava per trovare lavoro e che quindi vi fosse la necessità, una volta terminata la scuola, di trovare dei corsi che prevedessero una implementazione delle capacità manuali e pratiche.

Su 10 persone, 9 si sentivano preparate a sufficienza per avere accesso al mercato del lavoro, solo 1 ha sostenuto che l’offerta scolastica di tirocinio e corsi manuali prevista dalla scuola era

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stata scarsa e ha voluto cercare di migliorare le sue competenze, aderendo ad un percorso offerto dal servizio pubblico di “training job” .

Una delle domande previste nell’intervista era connessa al lavoro durante gli anni del liceo e dell’università.

Sembra importante sottolineare che su 10 persone 5 avevano sempre lavorato durante il periodo della scuola secondaria superiore e dichiaravano di aver svolto lavori intermittenti e stagionali che gli permettevano di studiare e compiere ogni tipo di attività nel tempo libero.

A distanza di diversi anni sembravano soddisfatti delle esperienze fatte e affermavano che, anche se svolte in modo discontinuo, attraverso questi lavori erano riusciti ad apprendere ed imparare “a vivere il mondo del lavoro”, citando testualmente le parole di una ragazza di 25 anni.

Come vedremo in seguito riuscire a costruire una rete di rapporti lavorativi da giovani può facilitare la transizione e il percorso successivo.

Coloro che invece frequentavano, al momento dell’intervista, o avevano frequentato l’università, avevano svolto tutti almeno un lavoro che gli permettesse di arrotondare ciò che lo stato norvegese passa ad ogni studente universitario. Incrociando i dati risulta che dei 5 che avevano lavorato durante la scuola superiore, 4 erano universitari o laureati, che avevano proseguito con lavori part-time o intermittenti anche durante l’università e l’altra persona è colui che adesso ha un lavoro stabile.

Riguardo gli strumenti utilizzati nella ricerca del lavoro invece, emerge che ognuno di loro aveva cercato in modo diverso a seconda delle competenze e conoscenze acquisite. Vediamo nella tabella 4.8 quali sono stati gli strumenti più utilizzati sia per trovare lavori stagionali o a chiamata, sia per lavori a tempo pieno.

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Figura 25. Distribuzione degli intervistati per numero di modalità utilizzate nella ricerca del lavoro

Emerge un distacco netto dello sfruttamento dei network come strumento principale utilizzato per trovare lavoro, questo avviene, perché, nella maggior parte dei casi effettivamente questo permette l’inizio di collaborazioni più o meno stabili.

Su 10 persone, 7 hanno trovato almeno un lavoro attraverso conoscenze, in particolare, avallando la tesi di Granovetter (1973), sembrano essere i legami deboli quelli che fruttano maggiormente, escluso un caso in cui un ragazzo intervistato lavorava nella stessa azienda del padre.

Al contrario invece, nonostante in molti avessero tentato di utilizzare il servizio pubblico preposto e lo avessero sempre valutato in modo positivo, nessuno attraverso di esso, aveva trovato lavoro.

Le 5 persone coinvolte negli schemi NAV infatti, non possono essere classificate come lavoratrici dato che, sembrano rispondere più alle caratteristiche di partecipanti a progetti di attivazione.

Complessivamente, tutti confermavano che il “passaparola” e le conoscenze erano stati gli strumenti migliori che garantivano, nella maggior parte dei casi, la possibilità di lavorare, non escludevano però anche la presentazione diretta della domanda distribuendo CV che ognuno definiva come una ottima strategia, la quale, permetteva secondo loro uno scambio di informazioni, non solo di tipo orale ma anche visiva.

Solo una ragazza aveva trovato una occupazione all’interno dell’azienda in cui aveva svolto il tirocinio universitario e solo una persona si era rivolta ad una Agenzia per il lavoro, la quale, aveva assegnato lei un lavoro temporaneo in breve tempo.

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6

3

1

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Solo in 3 avevano tentato invece di inviare i CV attraverso internet alle aziende che risultavano avere posizioni aperte, ma senza successo.

Intersecando i dati, emergono alcune differenze nei metodi di ricerca del lavoro. Occorre sottolineare infatti che, chi partecipava al programma di avviamento al lavoro previsto dal NAV aveva avuto minore pazienza e dinamismo nella ricerca dell’occupazione, apparivano quasi essersi abbandonati al servizio e alle offerte proposte. Questi non sembravano infatti essersi ingegnati o mobilitati secondo strategie mirate e meditate, ma in modo invece casuale e senza particolare impegno e costanza. Sembrano dunque affidarsi completamente agli operatori del NAV e alle loro proposte di lavoro o attivazione rispetto invece a coloro i quali hanno insistito e perseverato nel tentativo di trovare una occupazione che potesse soddisfarli quantomeno economicamente.

Sul totale dei ragazzi con cui abbiamo parlato, 9 di loro avevano avuto almeno una esperienza di lavoro, uno dei ragazzi più giovani del gruppo degli uomini (20 anni) non era riuscito a trovare neppure una occupazione temporanea e quindi si era rivolto al NAV.

Tutto il resto del campione aveva svolto, almeno una attività retribuita nel corso della propria vita e una volta terminata la scuola.

Osservando i dati possiamo affermare quanto più numerosi siano stati i rapporti di lavoro e le esperienze che avevano avuto le donne del campione rispetto agli uomini. Sembra infatti che gli uomini abbiano avuto una media di 1.5 rapporti di lavoro mentre le donne 4.5.

Anche per i due ragazzi più giovani, entrambi di 20 anni, nonostante la simile situazione avevano finito infatti la scuola da non molto, la ragazza è riuscita a fare esperienza in uno store per qualche mese, il ragazzo non aveva trovato niente. L’assoluta maggioranza dei rapporti però erano stati per alcuni, volutamente temporanei, per poter continuare altre attività quale ad esempio lo studio. Altri non erano riusciti a trovare occupazioni full-time e sono stati cotretti ad accontentarsi.

L’età media degli uomini era di 25,5 anni, quella delle donne di 27,8 anni, all’interno del secondo gruppo si riscontrava una maggiore varietà di età mentre nel primo veniva a mancare una parte centrale, quella tra i 20 e i 30 anni di cui non abbiamo purtroppo testimonianze. Anche in questo caso si potrebbe dividere in due gruppi, come sopra, tra coloro che frequentavano le attività del Nav e coloro che invece no, si noterebbe due distinte tendenze e caratteristiche eterogenee ma cercheremo di osservarlo meglio più avanti.

La disoccupazione non sembra essere una costante nel corso della vita di alcuni giovani mentre sembra essere parte importante di altri.

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Dalla nostra ricerca emerge che coloro i quali hanno sperimentato più strategie di ricerca di lavoro e lasciata la casa dei genitori in età molto giovane, apparentemente più dinamici di altri, sono gli stessi che hanno trovato lavoro con più facilità e hanno vissuto meno momenti di disoccupazione se non nessuno.

Le persone che hanno vissuto più a lungo nella condizione di disoccupazione sembrano coincidere invece con i ragazzi che si erano “ abbandonati al Nav” senza cercare lavoro con costanza e perseveranza, utilizzando strategie differenti, come invece sembravano aver fatto gli altri.

Durante le interviste però, i disoccupati, nonostante le varie difficoltà, sono sembrati assolutamente certi della possibilità di trovare un lavoro nel breve periodo e vivevano con molta tranquillità quella condizione, senza preoccupazioni e senza paura nei confronti del futuro. In molti hanno ammesso che le misure previste dal NAV erano state di aiuto per aumentare la loro autostima e la voglia di imparare differenti professioni.

A conferma delle parole dei ragazzi di Jobsentral collocata a Grimstad : “Le attività che ci

fanno svolgere qui dentro ( Tjenesten, Lillesand) sono molto importanti, producono esperienza e ci permettono una volta fuori di presentarci con dei mestieri in mano e spesso passando qualche mese in queste strutture, di mestieri ne impariamo più di uno”, queste sono le parole di

una ragazza con la quale ho parlato durante una visita in un altro centro sovvenzionato dal NAV chiamato Tjenesten nel vicino comune di Lillesand. Erano un gruppo di circa 20 ragazzi senza lavoro che, coordinati da un ingegnere, praticavano attività diverse, sia uomini che donne in tenuta da lavoro, si occupavano di giardinaggio, meccanica, cucina, compilazione CV, partecipavano a corsi di formazione e molto altro.

Viene data loro la possibilità di lavorare e collaborare in team, creare dei piani di lavoro, interfacciarsi con clienti e aziende. Vengono costantemente motivati dai loro responsabili e sembrano misure molto efficienti per stimolare la attivazione e la dinamicità di questi individui, i quali spesso hanno solo necessità di essere sostenuti e aiutati.

Altro aspetto da non sottovalutare è l’emergere di un importante raccordo tra la professione svolta e il titolo di studio.

Le 3 persone con la laurea,colei che sta frequentando ancora l’università in attesa di laurearsi, ed un ragazzo hanno trovato tutti un lavoro coerente con il titolo di studio.

Uno dei ragazzi più giovani dopo aver frequentato una scuola superiore con indirizzo meccanico ha trovato lavoro nel suo campo e affermava soddisfatto: “ ho iniziato la scuola perché fin da

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Gli altri 5 non avendo una preparazione specifica ma soprattutto teorica e neppure idee chiare riguardo a quello che avrebbero voluto fare, hanno svolto quello che capitava, nell’ambito della ristorazione e del commercio