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Sostegno familiare morale ed economico

5.8 Possibili modelli e traiettorie

5.8.1 Sostegno familiare morale ed economico

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Età e genere Titolo Occupato/Disoccupato Autonomia

Abitativa

Autonomia Economica

M-21 Terza media Occupato No Si

M-26 Terza superiore Occupato No Si

M-20 Diploma Disoccupato No No M-29 Diploma Occupato No Si M-25 Laurea Disoccupato No No F-22 Diploma Occupato No No F-30 Laurea Tirocinio Si Si F-31 Laurea Tirocinio No No F-28 Laurea Occupato No Si F-32 Laurea Occupato Si Si F-24 Laurea Disoccupato No No

Figura 38. distribuzione del campione per età, titolo, occupazione e autonomia

Questo primo gruppo era composto come vediamo nella tabella 5.6 da 10 individui, 5 maschi e 6 femmine, l’età media del gruppo era di 26 anni.

In base alle dichiarazioni durante l’intervista emergeva che ognuno di loro era stato sostenuto dalla famiglia di origine su due livelli: quello economico e quello morale.

Attraverso trasferimenti di denaro, proprietà abitative, supporto per i costi scolastici e universitari, inserimento nell’azienda di famiglia, i genitori avevano protetto economicamente i figli accompagnandoli fino alla ricerca del lavoro ma, come vedremo tra poco, non solo, si rilevava infatti la necessità per gli stessi di contare su un sostegno anche nel periodo successivo al termine della scuola, che risultava spesso essere caratterizzato da difficoltà e impossibilità di autonomizzarsi.

Per quanto concerneva l’aspetto del sostegno morale, questo gruppo affermava di avere avuto un supporto da parte delle famiglie relativamente ad ogni scelta importante della vita, da quelle scolastiche a quelle lavorative. Ognuno affermava che le stesse considerazioni e il supporto familiare avevano avuto un certo impatto sulla scelta fatta.

Questo gruppo si caratterizzava per avere al suo interno 6 persone laureate e 5 persone con titoli inferiori, terza media o diploma.

Osservando il gruppo di persone con titolo universitario, al momento dell’intervista, avevano una età media di 28,3 anni ed erano 6 femmine e 1 maschio.

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Ognuno di loro, terminato il percorso scolastico, dichiarava di essersi attivato fino dall’inizio e di aver cercato lavoro in modi diversi, attraverso canali formali e informali, seppur nella maggior parte dei casi il risultato sembrava essere stato piuttosto scarso.

Tutti vivevano una condizione caratterizzata da profonda frammentazione, i loro percorsi, una volta terminata l’università, fino al momento dell’intervista, erano estremamente precari e non omogenei, senza alcuna struttura. Un continuo alternarsi tra tirocini, i quali spesso non permettevano una indipendenza economica, lavori a nero e occupazioni che, in pochi casi, avevano a che fare con il percorso di studi.

Nonostante il percorso universitario, accompagnato nella maggior parte dei casi da aspettative di un certo tipo, ognuno di loro sembrava essersi adattato al contesto come poteva, con gli strumenti in suo possesso ed aver accettato ogni tipo di attività, dal lavoro nel bar di un amico, lavori stagionali, servizi civili, attività dei genitori e tirocini, cambiando costantemente. Solo due di loro, un uomo di 25 anni e una donna di 24 nonostante svariati concorsi in tutta Italia risultavano completamene disoccupati dall’anno in cui avevano finito l’università, entrambi li caratterizzava un passato senza nessuna esperienza lavorativa.

In questo gruppo di 6 persone non abbiamo riscontrato nessuno occupato in modo stabile e con contratto indeterminato, piuttosto, lavori instabili, precari e temporanei che, come possiamo osservare nella tabella, non permettevano nessun tipo di autonomia abitativa, se non, grazie al sostegno familiare o di altro tipo. Le due persone che dichiaravano di essere autonome abitativamente infatti erano, una ragazza tirocinante retribuita con 500 Euro mensili che conviveva nella casa del compagno e non doveva quindi occuparsi delle relative spese; un’altra ragazza che lavorava in una scuola per l’infanzia come supplente e la madre le aveva lasciato la propria abitazione.

Il resto delle persone, apparivano autonome economicamente, ma solo in modo temporaneo a causa di contratti a tempo determinato, retribuzioni scarse e lavori precari, di conseguenza le evidenti difficoltà nel raggiungere l’obiettivo dell’autonomia abitativa. L’aiuto della famiglia si è dimostrato indispensabile, sia per il continuo sostegno economico, che per il supporto psicologico prestato in questo delicato momento, in cui, le aspettative difficilmente riuscivano a realizzarsi in un contesto così tortuoso e complesso per le giovani generazioni.

Per quanto riguardava il gruppo di 5 persone (4 maschi e 1 femmina) con età media complessiva di 23,6 e con titoli scolastici più bassi si delineava una situazione leggermente diversa.

L’unico ragazzo (20 anni) che risultava diplomato e disoccupato, in realtà, da quando era terminata la scuola si stava mobilitando attraverso formazione e frequentazione di alcuni corsi per migliorare le sue competenze, con l’obiettivo di entrare nelle forze armate. Il resto degli intervistati, esclusa una persona, la quale aveva abbandonato il suo precedente lavoro per fare

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una esperienza all’estero e con l’obiettivo di aprire di lì a breve una sua propria attività, avevano una occupazione. Anche qui però la questione relativa al ruolo della famiglia sembrava essere importante e penetrante nella vita dei figli intervistati, dato che due delle persone di questo sottogruppo lavoravano all’interno di attività di uno dei due genitori e una viveva in un appartamento indipendente ricavato all’interno della casa dei genitori.

Complessivamente sembrano essere maggiormente strutturate le storie di questo secondo gruppo che, nonostante la giovane età non aveva vissuto momenti di disoccupazione completa e colui il quale non lavorava al momento dell’intervista lo faceva per sua volontà nel tentativo di migliorare alcune competenze.

Le famiglie giocavano evidentemente un ruolo fondamentale anche in questo secondo sottogruppo il quale dimostrava di avere una discreta autonomia economica ma che ancora, probabilmente per motivi di età, non aveva abbandonato la casa della famiglia di origine. Tutti, anche in questo caso, dichiaravano di avere avuto necessità del supporto psicologico e morale della famiglia nei vari momenti della loro transizione, definendo “molto importante” il sostegno nel periodo della formazione e della ricerca del lavoro che, in alcuni casi ha visto anche il contributo di uno dei genitori.

Complessivamente le transizioni apparivano maggiormente complicate per coloro i quali avevano un titolo di studio universitario rispetto a chi non lo aveva e anche la stabilità economica e lavorativa sembrava essere maggiore. Occorre considerare inoltre che per questi ultimi, i periodi di disoccupazione non erano così costanti come nel caso dei laureati, i quali, nonostante le molte attività svolte, avevano sperimentato diversi periodi.

In un simile contesto è molto difficile immaginare una indipendenza completa dalla famiglia, economica e abitativa. Come immaginabile le dichiarazioni di questi giovani erano colme di insoddisfazione verso il proprio territorio e verso i servizi che avrebbero dovuto agevolare il loro ingresso nel MDL e che invece venivano descritti unanimemente come inefficienti.