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4.3 Analisi e caratteristiche del campione

4.3.2 Dati di background

Per quello che concerne le storie e condizioni familiari delle persone intervistate, troviamo eterogeneità, anche se, come vedremo in seguito, quello che accomuna le varie storie e che è emerso dalla narrazione individuale, è la spiccata indipendenza dei figli dalla famiglia di origine una volta compiuta la maggiore età.

Per poter successivamente porre in essere un paragone con le condizioni dell’Italia, analizziamo alcuni tratti caratteristici del paese nordico.

Per iniziare, elaboriamo i dati legati alla condizione abitativa degli intervistati, successivamente ci occuperemo degli interventi pubblici, dei titoli di studio dei familiari e delle loro occupazioni cercando di conoscere se esiste un certo tipo di legame e correlazione tra famiglia, figlio e servizi pubblici.

104 Figura 21. Condizione abitativa al momento dell'intervista

La volontà e il desiderio di autonomia è emersa come una costante all’interno delle interviste, ogni persona, tranne una, che già da qualche anno lavorava, desiderava vivere solo o insieme ad amici o compagno/a.

Delle persone che coabitavano o vivevano sole abbiamo 5 donne e 3 uomini; 2 donne coabitavano con dei coetanei, una per motivi universitari e l’altra, utente del NAV, conviveva con una amica. Le altre 2 donne convivevano, una con il marito e due figli, entrambi con lavori stabili, mentre l’altra, tirocinante, viveva con il compagno il quale aveva anche esso un lavoro stabile. Una, la più anziana di età viveva sola ed era utente NAV.

Dei 3 uomini, due vivevano soli ed erano utenti NAV, uno, il più giovane, aveva un lavoro stabile e conviveva con la compagna, studentessa lavoratrice.

Coloro che vivevano ancora con i familiari erano una donna e un uomo ed avevano condizioni economiche ed occupazionali differenti, la donna lavorava e l’uomo era utente NAV.

È interessante notare che tutti coloro, tranne uno, che sono coinvolti nei progetti del NAV di cui abbiamo parlato, vivono fuori dalla casa di famiglia soli o in compagnia.

Questo dato ci permette di capire quanto penetrante sia l’intervento di questa politica e di questo sistema di servizi, che permette a queste persone, attraverso dei sussidi, di vivere in modo indipendente nonostante la mancanza di lavoro.

Le scuole di avviamento, di cui discutevamo in precedenza, nelle quali questi ragazzi passano la maggior parte del loro tempo e lavorano, svolgendo attività diverse e di pubblica utilità, insieme al NAV, provvedono a sussidiare queste persone, permettendogli una abitazione e lo stretto necessario, ad esempio biglietti dell’autobus, cibo e non molto altro. Se non si presentano nella struttura e perdono una giornata lavorativa questi, perderanno la paga giornaliera.

Vive solo Convive con coetanei Vive con i genitori 3 5 2 Serie 1

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Solo un uomo di 20 anni che è utente NAV vive con i genitori ma afferma che è solo perché da non molto coinvolto in questo percorso e dunque ancora in una fase transitoria.

Ogni utente del NAV si dichiarava assolutamente soddisfatto della funzionalità dei servizi del territorio e si sentivano tutti molto motivati grazie alla partecipazione e alle attività che previste in questi programmi offerti dalla collaborazione di comune e stato.

In particolare uno di loro, il quale è stato per anni classificabile come NEET, impiegava il suo tempo in casa non svolgendo nessun tipo attività e durante l’ intervista affermava che “Il NAV è

stato fondamentale, mi ha aiutato a capire che vale la pena alzarsi la mattina per fare qualcosa della propria vita ed impegnarsi. Dopo aver abbandonato l’università, mi ero preso un anno per pensare ma poi sono diventati quattro. La voglia di lavorare o studiare era sempre meno, non posso che ringraziare lo staff che mi ha motivato ed aiutato a venir fuori da quella situazione”.

Le 3 persone che vivevano sole, tutti utenti NAV, erano 2 uomini e 1 donna, erano le tre persone più anziane del campione, l’età media complessiva era di 32anni.

Nessuno di coloro che al momento dell’intervista stava sperimentando la condizione di autonomia e viveva solo o accompagnato, risultava essere aiutato economicamente dai genitori. Emerge con forza il principio secondo il quale per un processo che risulta ai loro occhi naturale, l’individuo una volta compiuti i diciotto anni non ha più il diritto di pesare sulle spalle dei propri genitori e sembra quasi esserci una stigmatizzazione per chi esercita questa pressione nei confronti dei familiari.

“ Non è normale che un genitore si senta in dovere di pagarmi il dentista o la pizza, sia quando compiuti i diciotto anni abito ancora in casa, sia quando esco” , “è difficile trovare qualcuno che a diciotto anni non abbia mai lavorato, lo hanno fatto tutti almeno una volta e qualche risparmio si riesce ad averlo” , così, una delle intervistate risponde alla domanda relativa all’

autonomia e alla questione della dipendenza economica dai genitori.

Ognuno delle persone intervistate non dipende economicamente dalla famiglia di origine e anche coloro che vivono nella casa dei genitori hanno espressamente affermato che sarebbero stati ancora per poco, data la possibilità economica di entrambi di uscire ed essere autonomi (uno dei due era utente NAV ma riscuoteva una somma di circa 650,00 Euro che sarebbe aumentata una volta deciso di abitare solo).

Le risorse familiari quindi non sembravano ricoprire un ruolo fondamentale ma anzi, non venivano mai né valutate né considerate durante le discussioni fatte insieme agli intervistati se non, per confermare che “in Norvegia a 18 anni sei adulto e te la devi cavare”.

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Non emerge in nessuna intervista neppure la necessità dell’individuo di essere supportato psicologicamente e moralmente dai familiari, i quali non sembrano influenzare in modo decisivo le decisioni dei figli per quanto riguarda il lavoro.

Nelle discussioni fatte, la percezione è stata come se esistesse un netto distacco tra figlio, genitore, fratelli. Alcuni di loro parlavano di fratelli e sorelle come se fosse stato molto tempo che non si incontravano, dubitando e non ricordandosi il lavoro o la scuola frequentata. Una ragazza, dopo aver affermato che la madre oltre al lavoro frequentava anche l’università rise dicendo di non sapere che tipo di indirizzo o corso seguiva.

L’attenzione è inoltre caduta sulla difficoltà degli intervistati di ricordare che tipo di livello di istruzione avevano i genitori, inferiore, superiore o universitaria. Con qualche dubbio e sforzo nel ricordare, gli intervistati hanno comunque dato una risposta e questo ci ha permesso di raccogliere alcuni dati.

Padre Madre Sorella/Fratello Intervistato

Scuola Superiore 9 6 3 6 Università 1 1 4 4 Non rilevato 0 1 3 0 Nav User 0 2 0 5 Totale 10 10 10 10

Figura 22. Distribuzione degli intervistati e dei loro familiari per titolo di studio

Durante la ricerca è emerso, soprattutto parlando con gli operatori, che esiste una forte correlazione tra coloro che sono utenti NAV e la possibilità che anche i figli divengano dipendenti o fruitori dei sussidi.

Dai dati della nostra ricerca risulta che siano soprattutto le donne e madri degli intervistati ad usufruire dei sussidi, le quali, al momento dell’intervista non lavoravano ma sopravvivevano con i trasferimenti del NAV già da molto tempo.

Risulta infatti che molte donne facciano ricorso in modo temporaneo a questo tipo di trasferimento monetario per diverse ragioni. Nella nostra tabella 4.5, 5 intervistati sono utenti NAV, due dei quali hanno anche la madre coinvolta in schemi di questo tipo. Dato il nostro piccolo campione risulta difficile stabilire l’esistenza o meno di questa relazione.

Da una prima analisi complessiva non sembra esserci particolare correlazione tra i percorsi dei genitori e quelli dei figli, se però dividiamo in due gruppi il campione, uno composto da quello

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degli intervistati utenti NAV e l’altro composto da coloro che non lo sono, emergono delle differenze.

Nel primo gruppo troviamo due madri che ricevevano sussidi, un solo genitore e un solo fratello laureati e ognuno degli intervistati aveva come titolo di studio la scuola superiore.

Nel secondo gruppo invece c’erano 3 fratelli che studiavano all’università o che avevano la laurea, e gli altri due che avevano il titolo della scuola superiore. Uno solo dei padri aveva la laurea, tutti gli altri la scuola superiore. Le madri, avevano tutte, tranne una della quale non abbiamo potuto rilevare dati, il titolo di scuola superiore.

Quello che si nota è che nel primo gruppo tra gli intervistati non risultano laureati, nonostante la presenza di un fratello e una madre che invece lo sono.

Nel secondo gruppo di intervistati su 5 persone, 4 facevano l’università o erano laureati e solo 1 aveva il diploma di scuola superiore. Durante l’analisi notiamo che ognuno delle 4 persone iscritte all’università aveva almeno un familiare con la laurea o che frequentava l’università, l’unico del gruppo che non aveva familiari laureati o universitari possedeva il diploma di scuola superiore.

PADRE MADRE

Disoccupato-NAV 0 2

Pensione 1 0

Operaio/ Lavoro manuale 6 0

Dirigente 1

Addetto vendite/ servizi persona

1 4

Professione intellettuale 0 1

Impiegato 1 2

Non rilevata 0 1

Figura 23. Occupazione degli intervistati

Osservando i lavori svolti dai genitori e i lavori dei figli non risultano delle particolari similitudini e nessuno degli intervistati, tranne un ragazzo che svolgeva il lavoro del padre nella stessa ditta, sembrava avere la stessa posizione lavorativa del genitore. La professione del genitore quindi in quel momento specifico non aveva un particolare ruolo nella vita lavorativa del figlio.

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Emerge piuttosto che coloro i quali genitori risultavano separati, avevano molto più rapporto con la madre, della quale avevano più informazioni rispetto a quelle relative al padre di cui spesso faticavano, durante le interviste, a ricordare formazione e lavoro.

Il background familiare non appare un nodo centrale all’interno della contesto di transizione, non ci sono infatti ragioni che possono farci credere ad una connessione, se non quella di cui abbiamo discusso riguardo al titolo di studio dei genitori e alla frequentazione dell’ambito universitario o laurea. Ma anche questo deve essere letto attraverso chiavi diverse, dato che, nella maggior parte dei casi erano i fratelli degli intervistati a frequentare l’università o ad avere una laurea, non i genitori (solo in un caso, il padre) quindi non possiamo stabilire una diretta connessione e influenza genitori-figli.

Per quanto riguarda l’autonomia è piuttosto chiaro che non ci siano problematiche particolari neppure per chi ancora una occupazione non la ha trovata.

Lo stato interviene in modo da limitare la povertà per coloro che non lavorano cercando attraverso trasferimenti e servizi di aiutarli ed attivarli nella ricerca di una occupazione e renderli autonomi dai genitori. Per coloro che lavorano, sembra piuttosto scontato uscire dalla abitazione della famiglia di origine non appena possibile senza farvi ritorno e soprattutto senza usufruire delle risorse e di aiuti familiari. Dalle interviste si capisce, che solo in casi di emergenza i figli chiederebbero aiuto ai genitori, preferendo sempre l’indipendenza, anche nel caso in cui incontrino difficoltà. Emerge inoltre che le famiglie del campione in esame, sono tutte piuttosto numerose,nessuna di queste infatti era composta da un solo figlio da almeno due e risulterebbe probabilmente complesso per i familiari aiutarli tutti durante gli studi e durante il periodo di transizione, ci pensa dunque per la maggior parte lo stato a proteggere le famiglie e a fiancheggiare i figli. Il concetto di de-familizzazione di Esping-Andersen sembra realizzarsi in modo concreto in questo caso.

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Titolo studio Numero di persone

Età media Anni dall’uscita dall’istruzione Occupati stabilmente Scuola secondaria inferiore 1 30 11 0 Scuola secondaria superiore 5 25,2 4,4 1 Università 4 27 3,3 2 Totale 10 27,4 6,23 3

Figura 24. Distribuzione per titolo di studio, età media, anni dopo l’uscita dall’istruzione, occupazione

stabile.

Attraverso la tabella della figura 24 potremmo dedurre che colui il quale ha il titolo di scuola secondaria inferiore ed è utente NAV ha difficoltà nel trovare un lavoro stabile, nel suo percorso sembra aver trovato solo ed esclusivamente lavori temporanei.

Di coloro che hanno il diploma di scuola superiore secondaria, solo uno ha lavoro stabile, gli altri, sono tutti utenti NAV, che vivono attraverso il sussidio. L’età media risulta così alta perché tra questi vi sono un ragazzo di 32 anni che aveva iniziato l’università per poi lasciarla dopo 3 anni, rimanendo successivamente e per sua volontà a casa per molto tempo.

Vi è inoltre una ragazza di 34 anni con problemi di vario genere che ha finito la scuola superiore secondaria solo 3 anni fa e nel frattempo ha lavorato saltuariamente.

Nel gruppo di persone che facevano l’università vi erano 2 persone con un lavoro stabile trovato in poco tempo dopo la laurea. Una delle ragazze che costituisce il campione era occupata, ma in un progetto di tirocinio perché non è riusciva a trovare lavoro. L’ultima era al momento dell’intervista una studentessa universitaria e lavorava in maniera intermittente (per propria decisione) in una scuola. Il dirigente della stessa gli aveva confermato che non appena avesse voluto la avrebbe inserita a tempo pieno con contratto indeterminato.

Le persone laureate avevano frequentato corsi in salute mentale, infermieristica, e studi sul welfare, coloro che invece ancora stavano studiando, frequentavano corsi in mediazione linguistica. Le due occupate stabilmente avevano la laurea una in salute mentale e una in infermieristica.

Dati i risultati e conoscendo inoltre i percorsi intrapresi da questi giovani sembra più agevole trovare lavoro e stabilità nel breve periodo attraverso una laurea triennale o specialistica. Su 4 che frequentavano o avevano frequentato l’ambiente universitario ed avevano un titolo infatti, sembrava facilitato il percorso verso la stabilità. Non è invece possibile affermare lo stesso per

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coloro che avevano il titolo di scuola superiore secondaria e primaria i quali non sembravano bastare per trovare una occupazione stabile e sicura.

Uno dei primi intervistati affermava che “ in Norvegia ormai, a differenza di prima, se sei senza

la laurea vieni considerato poco, non sembra esserci più posto per chi non ha voglia di studiare”. Questa affermazione viene ripetuta con insistenza da ognuno degli intervistati, i quali

confermano la stessa tesi sostenendo che è diventato seriamente complesso riuscire a trovare un buon lavoro senza avere un titolo universitario. Questo è stato inoltre confermato anche dagli operatori intervistati all’interno del NAV, sia da coloro che lavoravano nel “team

young”(Cap.3), sia da operatori e manager delle varie scuole di avviamento che abbiamo

visitato. La società dunque sembra essere divenuta molto selettiva e il titolo diventa uno dei criteri più importanti di selezione. “La continua evoluzione e il costante sviluppo dell’ IT

comporta che le aziende cerchino sempre più personale qualificato ed esperte, i lavori manuali sono sempre meno e il numero di aziende che adotta e investe in innovazione tecnologica cresce in modo esponenziale. Le persone con la laurea vengono facilmente inserite nell’organico aziendale, gli altri faticano, sembrano non essere merce attraente”, conferma una professoressa

universitaria che si occupa dei giovani sul territorio da molti anni.