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Istruzione e regolazione dei contratti di lavoro

Quando prendiamo in considerazione la transizione dalla scuola al lavoro non possiamo non dedicare del tempo ai sistemi scolastici e all’ambiente sociale di riferimento che, in molti casi, hanno grande responsabilità sul futuro della popolazione giovane. La crescita del livello di istruzione ha spostato in avanti la data di inizio del primo lavoro, e più in generale dell’autonomia57. Nell’ambito dello studio relativo alla occupazione, alle retribuzioni e alle minori o maggiori possibilità di avere accesso al mercato del lavoro dobbiamo porre attenzione a molteplici fattori che influenzano tali dinamiche uno di questi è certamente la dotazione di capitale umano individuale.

Il capitale umano, definito dall’OECD (2007) come l’insieme di doti, capacità e competenze individuali innate e di conoscenza acquisite a scuola o nei vari percorsi di formazione, si sviluppa all’interno di un’interazione tra: scolarizzazione, background familiare, ambiente sociale, attitudini, formazione professionale, esperienze lavorative58 (Deidda, 2011). L’istruzione e la formazione sembrano essere, secondo il parere di innumerevoli studiosi, gli elementi di maggiore rilievo del determinare questo tipo di capitale perché le conoscenze e le abilità acquisite aumentano il saper fare e il sapere delle persone (Cipollone, Sestito, 2010). Sono saperi però intrinsecamente elaborati dalle persone a seconda del contesto di riferimento e dunque non facilmente e completamente sostituibili.

Il concetto di capitale umano è stato spesso analizzato, fino dagli anni 80 in discipline economiche che tentavano di studiarlo in relazione alla razionalità economica dell’essere umano. Spesso è stato sviluppato un interesse riguardo l’interdipendenza tra crescita economica e sviluppo del capitale umano, ancora e attualmente si pensa che la conoscenza e le competenze individuali siano gli elementi principali di cui si servono le imprese per mobilitare e rendere dinamica la produzione impegnando forza lavoro qualificata. Il capitale umano sembra infatti essere fondamentale, secondo molti per la crescita economica e il rafforzamento della coesione sociale. Ancora, è difficile capire se la difficoltà riscontrata dai giovani nell’avere accesso nel mercato del lavoro sia definita dalle caratteristiche della domanda da parte delle imprese, dal capitale umano degli stessi giovani, privi di esperienza rispetto agli adulti, dal sistema di welfare o dal mercato del lavoro59.

57 ISTAT, Generazioni a confronto, come cambiano I percorsi verso la vita adulta, 2014, Roma

https://goo.gl/EA1ATb

58 Cordella G., Masi S.E. (2013), Condizione giovanile e nuovi rischi sociali, quali politiche?, pag 131,

Carocci Editore, Roma

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In linea generale la letteratura e le analisi statistiche sembrano concordi nel mostrare che le persone con più alti livelli di istruzione hanno redditi solitamente superiori e più facilità e opportunità nell’accedere ad una occupazione. Successivamente alla crisi economica del 2007 alcune analisi hanno tuttavia evidenziato molte differenze tra i paesi europei anche riguardo a questo, pare non essere più questione da considerarsi come scontata. In Italia ad esempio l’investimento in istruzione si è rivelato meno remunerativo rispetto al passato e all’aumento dell’offerta di lavoro qualificato si è andata associando una riduzione dei divari retributivi tra i diversi titoli di studio che ha reso secondo qualcuno meno conveniente rispetto a prima e ad altri paesi europei l’investimento in istruzione60. Nonostante i frutti non siano particolarmente abbondanti e le differenze rispetto al passato siano evidenti, Reyneri (2014) sostiene che studiare convenga comunque, esiste infatti il vantaggio per chi studia di trovare il primo lavoro meno lentamente e di rimanere occupati nell’età adulta. Rispetto a molti paesi, effettivamente, in Italia il vantaggio è molto piccolo, infatti quello che restituisce l’istruzione esiste, ma è molto meno evidente rispetto a paesi quali la Francia, la Germania o la Gran Bretagna. Superata la difficile fase dell’entrata nel contesto lavorativo, l’istruzione più elevata, sembra costituire un vantaggio per mantenere il lavoro nell’età adulta. Tra i 35 e i 54 anni il tasso di disoccupazione degli istruiti è sempre minore di quello dei non istruiti e le analisi nel 2007 mostravano come in Italia per gli adulti, il rischio di disoccupazione dei più istruiti è molto inferiore a quello dei meno istruiti. In questo paese inoltre il numero dei laureati è molto basso rispetto agli altri paesi e nonostante tutto esistono difficoltà nel trovare loro un posto nel mercato del lavoro, per questo, spesso si trovano ad accettare lavori non in linea con la loro preparazione (sovraeducazione degli occupati, Checchi 200). In linea generale potremmo affermare che quasi per certo, il capitale umano ha una importanza centrale all’interno del mercato del lavoro, ma a seconda dei contesti di riferimento ci saranno sostanziali divergenze, come vedremo confermare, anche all’interno del contesto della nostra ricerca, in un ambiente come quello italiano, sembra essere importante il capitale umano per raggiungere una stabilità futura e uno stipendio discreto, ma non a tal punto da agevolare le persone a trovare una occupazione ed evitare situazioni intermittenti di lavoro o non-lavoro. Differenze invece, emergono nel contesto norvegese in cui, il capitale umano, sembra comportare delle facilitazioni di integrazione e coesione sociale probabilmente però stimolate da un maggiore investimento statale nelle politiche sociali. Queste ultime infatti hanno permesso un alto livello di istruzione, spinto per l’uguaglianza di genere e una forte protezione del lavoratore, gettando dunque le basi su cui costruire una economia certamente diversa rispetto a quella italiana. Potrebbe essere interessante

60 Cordella G., Masi S.E. (2013), Condizione giovanile e nuovi rischi sociali, quali politiche?, pag 132,

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riflettere mettendo in relazione il tipo di economia, avanzata o meno, e quanto il capitale umano risulti più o meno funzionale.

Tornando alla questione relativa alla formazione e alla istruzione, parte importante del capitale umano, i sistemi di istruzione vengono distinti all’interno della letteratura attraverso alcune variabili che determinano il diverso funzionamento degli stessi: possono essere caratterizzati da un grado di flessibilità o rigidità che riguarda la possibilità data al giovane di muoversi da un curriculum ad un altro; scegliere non troppo presto il proprio percorso formativo; percorsi non troppo lunghi da provocare abbandono e infine fornire agli adulti, che hanno interrotto la loro formazione, percorsi di istruzione ad hoc.

I sistemi di istruzione possono essere anche duali, si da importanza cioè all’alternanza della scuola e del lavoro cercando di preparare e formare il giovane per un futuro da “lavoratore” 61oppure sequenziali, la cui missione è una educazione di carattere generale mentre la formazione avviene successivamente62.

La maggior parte dei paesi europei ha un sistema di formazione sequenziale, il sistema duale lo troviamo in Germania e sembra avere, per varie ragioni, buoni risultati.

Come scrive l’OECD nel 1996 il sistema di formazione duale favorisce un rapido accesso ai giovani al mercato del lavoro e consente di classificare come occupati a tempo parziale anche molti giovani che studiano63. È stato spesso messo sotto accusa il sistema scolastico proprio perché sembra fornire una preparazione astratta e remota dalle realtà del mondo del lavoro e quindi poco fruibile, il sistema duale invece tenta di ovviare a questo problema attraverso una formazione pratica e professionale64. Nonostante tutto anche il sistema duale non è privo di limiti e problemi tanto è vero che spesso in letteratura si afferma che questo sistema favorisca l’eredità sociale e incentivi preparazioni troppo specifiche all’interno di un mercato e di un contesto soggetto a mutamenti e trasformazioni.

I sistemi di istruzione scandinavi hanno impostazione sequenziale e l’esperienza lavorativa viene fatta successivamente. Nonostante tutto però il contesto permette di accedere al lavoro in modo piuttosto regolare. Le diverse politiche attive per il lavoro messe in campo dal governo quando il giovane risulta disoccupato sono certamente un importante strumento. Se il giovane transita nella condizione di disoccupazione per più di quattro mesi lo stato interviene aiutandolo con strumenti di counselling65. I servizi proposti e organizzati dallo stato in Norvegia ad

61 Ibidem pag.157

62 Pastore F. (2011), Fuori dal tunnel: Le difficili transizioni dalla scuola al lavoro in Italia e nel

mondo,Giappichelli Editore, Torino pag.12

63 Reyneri E. (2011), Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino,Bologna pag.159 64 ibidem

65 Pastore F. (2011), Fuori dal tunnel: Le difficili transizioni dalla scuola al lavoro in Italia e nel

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esempio, si diramano in modo profondo e coordinato su tutto il territorio e cercano di coprire ogni tipo di problematica legata all’abbandono della scuola e alla ricerca del lavoro in età giovane.

In Italia invece esiste un sistema piuttosto sequenziale e non particolarmente flessibile, solo ultimamente si è cercato di incentivare la collaborazione tra imprese e scuole con lo scopo di favorire periodi di alternanza scuola lavoro e facilitare l’utilizzo di strumenti quali il tirocinio formativo per preparare e implementare le capacità del giovane.

Non considerando i questo contesto la differenza a livello di qualità (fondamentale per osservare meglio l’oggetto di studio e farne paragoni approfonditi) le divergenze riguardo la partecipazione agli studi nei paesi da noi considerati sono le seguenti: in Norvegia l’82% degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni ha completato gli studi secondari superiori, una percentuale superiore alla media OCSE che è pari al 76%, in Italia invece solo il 59%66. Come abbiamo detto sopra, è stata una decisione comune all’interno degli stati appartenenti all’Unione Europea quella di aumentare la collaborazione tra aziende e sistemi di istruzione attraverso strumenti quali apprendistato e tirocinio retribuito o anche il traineeship o l’ internship che si differenziano principalmente dall’apprendistato per l’assenza di un salario. Oltre al sistema dell’istruzione è certamente importante capire come nel corso del tempo gli stati hanno promosso contratti per rendere più semplice l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro per fare esperienza e ridurre il divario con gli adulti, favoriti da contratti a tempo indeterminato e maggiore protezione sociale.

Gli strumenti rilevanti emersi negli ultimi decenni sono: i contratti a causa mista di formazione e lavoro e i contratti che permettono una maggiore flessibilità riguardo l’assunzione e il licenziamento delle persone giovani67.

L’International Labour Organization (2012) definisce l’apprendistato, o contratto a causa mista, un sistema rivolto ai giovani, basato su un contratto di lavoro che prevede una retribuzione e un percorso formativo. È un contratto meno favorevole rispetto a quello di un’occupazione standard, ed è uno strumento che ha l’obiettivo di formare il giovane e inserirlo nel lavoro. In molti paesi lo Stato si fa carico di una parte dei costi di questi contratti riducendo le spese per le aziende e incentivando periodi di attività per le persone disoccupate.

Uno degli strumenti più utilizzati che ha reso il mercato maggiormente flessibile è il contratto a tempo determinato che permette al giovane di entrare con maggiore facilità nel mercato del lavoro. La deregolamentazione del mercato del lavoro in molti paesi europei è stata discreta per i contratti a tempo determinato, aumentando flessibilità e diminuendo i vincoli, ma non è

66 OECD better life index https://goo.gl/3TZbgL

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intervenuta nello stesso modo sulle norme relative ad assunzioni e licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato. Si conferma dunque questa parziale deregolamentazione e protezione nei confronti degli insider rispetto agli outsider, in particolare i giovani, che costituiscono la maggior parte di coloro che vengono coinvolti attraverso contratti atipici e temporanei68. I modelli di welfare scandinavi per la loro flessibilità sul mercato del lavoro e generosità delle politiche di sostegno del reddito vengono definiti di flexsicurity. Si caratterizzano per un limitato utilizzo di contratti di apprendistato e un discreto livello di flessibilità, fanno costante uso di contratti a termine e al contempo è presente una forte protezione per il lavoro a tempo indeterminato. Il periodo di ricerca del lavoro del giovane è accompagnato da stabili interventi dello stato per proteggere e aiutare l’individuo in queste delicate fasi della vita.

I modelli dei paesi sud europei hanno un livello di flessibilità del mercato del lavoro medio-alto con un utilizzo dei contratti non standard, un’alta diffusione dei contratti a causa mista e un livello piuttosto basso di protezione del lavoro a tempo indeterminato. In questi regimi esiste un trattamento diverso per coloro i quali sono insider , come i lavoratori a tempo indeterminato del pubblico impiego, i quali sono fortemente protetti e gli outsider, i lavoratori delle piccole imprese o dei settori più marginali dell’economia e con contratto a tempo determinato. L’intervento dello stato è principalmente passivo, con politiche di sostegno al reddito che dovrebbero aiutare nel momento di perdita del lavoro o difficoltà economiche69non particolarmente generose ed efficienti. La problematica emergente, a posteriori della flessibilizzazione e deregolamentazione del mercato del lavoro, è che si rileva in tutti i paesi europei un aumento della partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, ma contemporaneamente vi è un processo di sostituzione di quote di lavoro stabile con nuovi contratti a tempo determinato che in diversi casi rendono frammentata e complessa la transizione del giovane alla vita adulta.