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casa, dolce casa

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 129-137)

A confidare che « di tanto in tanto la curiosità spinge anche il Papa a sbirciare tra le persiane, di lassù, verso la terrazza » su cui i fi­

gli di don Bosco trascorrono i loro momenti di ricreazione e conver­

sazione familiare, è stato più volte Papa Giovanni XXIII; ma non solo lui. Anche Papa Ratti e Papa Montini vi fecero talora velata­

mente cenno, per cui è lecito de­

durre che tutti i Papi, poco o tanto, abbiano sospinto l'occhio da quel­

la finestra sull'altana antistante alla casa della com unità salesiana del Vaticano.

L'abitazione si trova al terzo pia­

no dell'edificio della Poliglotta ed è vasta né più né meno di un appar­

tam ento com une, anche se le esi­

genze di una com unità religiosa, piccola quanto si vuole, hanno im­

posto lungo i primi tempi l'accor- pamento di qualche vano in più da adibire a cappella, o ufficio, o sala raduni ... Insomma, com e casa sa­

lesiana resta piccolina, ristretta e

« anom ala » in confronto all'ampio respiro delle consuete sedi. Ma vi regna eguale lo spirito di famiglia lasciato in eredità da don Bosco:

spirito che sa essere aperto, sereno e cordiale anche nel guscio d'un

mente necessario rivolgere l'atten­

zione all'assestamento di questa piccola com unità, dato che essa si

trova così esposta all'attenzione al­

trui in ogni minimo particolare ...

Non sarà com unque un criterio esterno a guidare il nostro com ­ portamento, ma l'intima persua­

sione di servire la Santa Sede con assoluta fedeltà alla Chiesa, al nostro fondatore e alle nostre regole ... ».

Questo spontaneo e semplice tracciato, suggerito dal cuore al primo responsabile del gruppo sa­

lesiano, è rimasto per oltre cin­

q uantanni uno dei criteri guida fondamentali nel continuo avvi­

cendarsi di eventi e di persone che hanno fatto la storia della casa. Per quanto varie, dissimili, persino contrastanti possano essere state tali persone e vicende, vuoi all'in­ mai preteso l'uniformità delle in­

doli personali, ma ha unito le più

compagnare quei primi. Essi furo­

no convocati a Torino, nella Casa Madre com e già s'è detto, il 18 lu­

glio 1937. Insieme andarono a

ci-Sulla terrazza di casa, i « giardini salesiani ».

barsi di Eucaristia nella cam eretta del fondatore. Là pregarono uniti e si disposero ai rispettivi compiti.

Tra quelle impegnative memorie attinsero la forza per vincere, all'occorrenza, i residuati di nostal­

gia per quel mondo giovanile al quale sem bravano dover voltare le spalle. Ivi raccolsero dal superiore generale l'esortazione a « fare quello che don Bosco avrebbe fat­

to al loro posto per servire il Papa e la Chiesa ... ». Al che don Pietro Ri- caldone aggiunse: « La vostra casa in Vaticano sarà una casa come tutte le altre, dove esistono due la­

boratori tipografici che funziona­

no norm alm ente con i loro rispet­

tivi capi; e questi capi, com e in tut­

te le nostre case professionali, fa­

ranno riferimento al direttore che verrà ad essere — anche in base alla convenzione con la Santa Sede — l'ultimo vero responsabile di ogni cosa ... ».

Normale casa religiosa, anche nell'anomalia della situazione. Fa­

miglia con un proprio « paterfami- lias ». Ciò all'interno della struttu­

ra, ma anche nei rapporti « azien­

dali » con i dipendenti, a prescin­

dere da quell'altra cosa che è il pa­

ternalismo. Quasi a prefigurarne il profilo, quel giorno il Consiglio Ge­

nerale della Società salesiana volle tutti i prescelti a partecipare del pane alla stessa mensa: che quel segno indicasse l'affetto e la soli­

darietà di tutti i salesiani; com e se un'altra volta don Bosco stesse per partire da V aldocco alla volta di Roma, ripetendo l'esperienza del lontano 1858 ...

Facendo un bel salto nel tempo e andando a toccare la cam pana delle testimonianze, ecco un

« consuntivo » a tutto tondo

— benché personale — dello spi­

rito di famiglia che ha caratte­

rizzato l'ambiente salesiano della Poliglotta nel cinquantennio tra­

scorso. Lo scrive un teste che ha vissuto dal di dentro il particolare clim a della casa, non importa per quanto tempo. « Q uella casa

— egli dice — non era mai stata nei miei sogni, non avevo mai pen­

sato di occuparm i di "maggiordo- mato" com e im provvisam ente mi si chiedeva. "Dovrai solo fare, mi si disse, quello che si fa in famiglia quando tutti gli altri sono al lavo­

ro ..."; ma io non avevo mai svolto quelle funzioni. L'inizio fu alquanto duro, non m 'intendevo di spese, di verdure, di formaggi, di carni, di in­

gredienti ad uso e consumo d'una casa. Arrivai a Roma com e caduto nel vuoto. Alla stazione Termini fui prelevato dal confratello Mario G.

che con straordinaria amicizia aveva supplito al bus, quel giorno in sciopero. "Sono a tua disposi­

zione, mi disse, ora e ogni volta che vorrai ..." Mi portò nel suo uf­

ficio all' Osservatore Rom ano e mi descrisse dettagliatamente tut­

to quello che avrei dovuto fare.

Q uante volte passeggiando sul terrazzo, la sera, egli m'incoraggiò con le sue esperienze, i suoi consi­

gli utili, le belle motivazioni religio­

se sul da farsi ... Al primo Natale fui sostituito nel lavoro e mandato per i riti in San Pietro: tutti i confra­

telli mi sostituirono, chi per una cosa e chi per un'altra. Q uesta e tante altre attenzioni mi colpirono e mi aiutarono a superare le mie incom petenze e non pochi mo­

menti di solitudine ...

Quei confratelli facevano un la­

voro molto duro e continuo anche oltre i limiti dell'orario; avevano bi­

sogno di buon trattam ento. Ricor­

do quanto se ne preoccupava don Terenzio S. perché in casa si tro­

vassero ben agevolati e potessero dim enticare almeno per un poco le officine tipografiche, gli uffici amm inistrativi e tutte le preoccu­

pazioni connesse. Era cuoco di casa un tale sig. Giovanni con l'aiuto di sua moglie, la signora Pai­

mira, che faceva anche le pulizie.

Entrambi mi aiutavano, mi consi­

gliavano, mi davano indicazioni sugli acquisti da fare, sempre at­

tenti che fossero di prima qualità.

Relax.

Non son o m olti i ritagli di tem po da p o te r dedicare

al dialogo in famiglia.

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Non si sprecava nulla e tutti erano contenti. Molto mi aiutava anche il sig. Fiorenzo M., pronto a rilevare le necessità spicciole della casa.

Bastava avvisarlo ed ecco arrivare il falegname, l'elettricista, il m ec­

canico, l'idraulico, l'imbianchino ...

Di lui ho presente una particolare finezza: in casa lavorava con abiti dimessi, ma in ufficio e fuori era davvero un signore. Anche il sig. Rocco P. era straordinario, sempre sereno con tutti, sempre a salutarmi col suo "stammi allegro e sempre in piota (in gamba)".

Quando si andava in gita su una spiaggia facevam o belle partite a bocce e si era felici! E il sig. A n ­ tonio M.? Superava ogni difficoltà con il suo carattere allegro e burlo­

ne. Q uanto al sig. Pio era tale di nome e di fatto: puntualissimo, fe­

delissimo, metteva anima e corpo in ogni azione. "Per il Papa — dice­

va — per il Santo Padre, questo e altro!". Poi c'era quell'uomo di Dio che è don Stefano H., tanto gene­

roso quanto silenzioso, puntuale e preciso in ufficio, a tutti e a tutto disponibile in casa ... Il nostro di­

rettore don Andrea T. — a citarlo per ultimo, ma non ultimo — ha lasciato in me uno dei più affettuo­

si ricordi; quando mi vedeva un po' teso mi diceva: "Cosa posso fa­

re per te ? ..." Mi ha sempre trattato da uomo responsabile, mai da subalterno; devo molto alla sua fiducia.

Ecco, questi sono i miei ricordi sulla famiglia salesiana in V a tica ­ no. Se non c'è nulla di rilevante, o se c'è qualcosa che possa offende­

re, vorrei che tutto andasse bru­

ciato, ma è tutto quanto può dire il sottoscritto: Nazzareno M. ».

La citazione è lunga ma va per­

donata per il suo contenuto. A n ­ che la galleria dei nominativi meri­

ta benevolenza (da parte degli in­

teressati) com e prova di sincerità.

Ma non sono né i nomi né l'atte­

stazione in sé a richiam are il mag­

giore interesse: è lo spirito che vi sta sotteso in filigrana. Forse non sempre e non tutto l'ambiente in oggetto è stato altrettanto

esem-direttori

e amministratori

1937-56 Giuseppe Fedel

1956-63 Savino Zagaria

1963-65 Giuseppe Zeliauskas

1965-74 Angelo Vedani

1974-80 Andrea Toti

1980-82 Michele Marchisio

1982 Salvatore De Bonis

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V

Dilecto Filio AEGIDIO VIGANO'

Societatis Sancti Francisci Salegii Rectori Maiori

Si s t a p o r c o n c l u d e r e l ' a n n o c e n t e n a r i o d e l l a morte di

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 129-137)