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don bosco nelle grotte vaticane

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 27-31)

procurare ai giovani. Fondate que­

sta Congregazione religiosa, ma con regole nuove, miti, di facile os­

servanza, senza divise che la se­

gnalino tra la gente ... Meglio se la chiam erete Società anziché Con­

gregazione ... Insomma, fate in modo che ogni suo membro, men­

tre è religioso in faccia alla Chiesa, sia un libero cittadino in seno alla società civile ... ».

Idee che anche il ministro pie­

montese Urbano Rattazzi aveva insinuato a don Bosco; e che ebbe­

ro positiva efficacia. Risuonarono nello stesso Concilio Vaticano I, con vivo com piacim ento del Papa.

« Pio IX — riferì don Bosco venuto a per dire che questa Società già esi­

ste e che è quella dei Salesiani ... Il Concilio applaudì e un altro vesco­

vo (di Mondovì) ebbe l'incarico di redigere un'esatta relazione all'as­

semblea ».

Col passare degli anni il proget­

to innovatore si affermò e perfe­

zionò (sempre sotto l'ispirazione del Papa) fino alla morte di Pio IX e all'avvento del suo successore.

Continuò pertanto a occupare i giorni di don Bosco, in sintonia con la Santa Sede, specie nel corso del­

le attività del santo in Roma e libero accesso agli appartamenti di Pio IX; al punto da poterlo avvici­ pedite, lettere intercettate, oppo­

sizioni occulte e palesi di svariata fonte, parole mortificanti e du­

re ... » fino a suscitare il lamento del Papa stesso: « Don Bosco non viene più da me, eppure so che è

in Roma: che cosa gli ho fatto di m ale?... ». Sono ardue per tutti le autentiche vie del Signore.

Un ampio e sereno ventaglio di esperienze, vissute con apertura umana e cristiana, caratterizzò pe­

raltro i venti soggiorni romani e v a ­ ticani di don Bosco. Sono mem o­

rabili, ad esempio, le « dispute » ora dottrinali, ora storiche, ora so­

ciali e pastorali, sempre condite di arguzia attiva e passiva, in cui il santo si trovò sovente coinvolto nelle dimore di cardinali, vescovi, dignitari della corte pontificia o della società romana. A dare il via, un « dopo-pranzo » del 1858 (23 marzo), fu in casa propria il car­

dinale Segretario di Stato Giacom o Antonelli, quando giocò a don Bo­

sco una serie di trabocchetti « cu l­

turali », dal santo abilmente elusi e persino ribaltati a danno dell'inter­

locutore. O ltre all'Antonelli, quella volta, erano presenti « vari cardi­

nali, prelati, illustri e nobili perso­

naggi fra i quali il card. Marini, il card. Patrizi, e il Segretario della S. C. dei Vescovi e Regolari mons.

De Luca ... Com e sempre — dico­

no le Memorie Biografiche di don Bosco — quei signori romani, visto che non era cosa facile prendere l'ospite in fallo, smisero di metterlo alla prova e all'affetto unirono una grande stima e venerazione per le grandi virtù che scoprivano in lui ».

In altra occasione, presenti i cardi­

nali F. Gaude e L. Altieri con num e­

rosi prelati, don Bosco fu richiesto di « un po' di predica, com e se si trattasse dei suoi ragazzi ... ».

— A questi eminentissimi? A questi reverendissimi? - obiettò don Bosco.

— Faccia così, faccia così.

— Non sarebbe meglio che loro facessero la predica a me?

— No, no. Faccia conto che noi siamo i suoi ragazzi.

Don Bosco si raccolse un

mo-A d alcuni m etri di profondità don Bosco to ccò qualcosa in cu i credette di ravvisare una copertura sepolcrale:

aveva « to cca to » e credeva.

mento. Poi tutto tranquillo inco­

minciò in dialetto piemontese:

— Me' cari fieui ... E proseguì per un bel po' a narrare fatti di sto­

ria ecclesiastica intromettendo dialoghi pieni di brio, proverbi e frasi lepide, avvisi, rimproveri, pro­

messe, interrogazioni ed esortazio­

ni agli uditori; finché quei signori, ridendo divertiti, lo interruppero prendendo atto dell'efficacia della sua parola e della sua saggezza pe­

dagogica. La stessa cosa avvenne in casa del card. E. Marini, dove

« don Bosco riempì una serata a narrare di quando era servitore di campagna, e conduceva le v a c ­ cherelle al pascolo, e andava per nidi, e si pagava la pigione eserci­

tando questo e quel mestiere ... ».

Conversazioni che divertirono molto anche il Papa, quando gli vennero riferite da qualcuno degli uditori.

Tra la ricca aneddotica v'è però un filone che, per quanto meno curioso e meno « im portante » in se stesso, interessa molto da v ici­

no l'assunto di queste pagine. Ed è il rapporto che a quei tempi inter­

corse tra don Bosco e le tipografie vaticane, non ancora strutturate com e oggi ma non meno di oggi investite di strumenti e responsa­

bilità a servizio della Santa Sede (resta incognito se l'antiveggenza di don Bosco abbia anche previsto la presenza dei suoi figli nelle mansioni che egli ebbe a conosce­

re in non poche occasioni). Il rap­

porto fu tale che i contatti dovet­

tero essere assai più numerosi e in­

tensi di quanto non dicano le M e­

morie del santo; ma non si può qui presumere di fuoruscire da quanto è stato registrato e tram andato dai testimoni di allora.

La prima testim onianza è datata 13 febbraio 1867 e risale al salesia­

no don Giovanni B. Francesia che nel frattem po fungeva da segreta­

rio del santo in Roma. Q ui don Bo­

sco, al suo secondo soggiorno (dal 7 gennaio al 2 marzo 1867), stava trattando con il Papa gli affari e gli statuti delle sue istituzioni; e dal Papa riceveva il com ando di

met-27

// card. Giacom o Antonelli.

L'Accadem ia deli'Arcadia, di cui fu m em bro don Bosco.

Un ordine di Pio IX al gen. Kanzler: all'arrivo dei « piem ontesi » si tratti subito la resa senza spargere sangue.

tere per scritto « tutte le cose ri­

guardanti l'ispirazione di fondare una nuova società religiosa, con precedenza assoluta su qualsiasi altra occupazione »; inoltre veniva incaricato della grave impresa di

poli, appena estromessi, diceva senza reticenze che non sarebbe­

ro più rientrati nei loro domìni. Fra tanta mole di lavoro don Bosco trovò modo di accostare il mar­

chese Augusto Baviera, direttore de L'O sservatore Romano.

« Ieri sera — scrive don France- sia in data 13 febbraio 1867 — fui dal marchese Baviera, Direttore dell'O sservatore Romano. Fu gen­

tilissimo e assicurò che avrebbe parlato del (libro di don Bosco sul) Centenario di San Pietro ... ».

Questo inizio di lettera lascia in­

tuire che conoscenze e rapporti fossero già intercorsi tra don Bo­

sco e il marchese, al quale il santo non avrebbe certo inviato il segre­

tario con una perorazione giornali­

stica, senza antecedenti e senza reciproca stima. Ma di antefatti non abbiamo notizie. Ne abbiamo di susseguenti, con netto riferi­

mento alle nomine vescovili per le diocesi italiane. Schiettam ente don Bosco andava dicendo: « Da una parte si chiede troppo, dall'al­

tra non si vuol concedere nulla ».

Quest'atteggiam ento, così ovvio per un mediatore, allarmò taluno da una parte e dall'altra. Q ualche giornale di Roma e altrove insinuò che fossero in corso tentativi per una Conciliazione. Si agitarono delle verità e delle bugiarderie, ma il grande clam ore non spaventò né fermò don Bosco, che continuava a operare dissimulando. « Sono contento che i giornali abbiano parlato della pretesa Conciliazio­

ne; così almeno nessuno penetra il vero motivo per cui io sono a Ro­

ma, e me ne tornerò a casa con le nostre Costituzioni approvate ». E qui, per compensarlo un po' di

tante stramberie giornalistiche, ec­

co un intervento del marchese Augusto Baviera su L'O sservatore Rom ano, rubrica Bibliografia, dove usciva un bell'elogio di vari libri stampati dalla tipografia dell'Ora­

torio « fondato e diretto da quel mi­ confidarsi con il Papa. Poi dal corti­

le interno, in vettura chiusa, disce­

se presso l'Oratorio di San M arcel­

lo in via dell'Umiltà e si recò a

pranzo dal Direttore de L'O sserva ­ tore Romano. Pranzo di lavoro, in cui si dissero molte cose e si con­

certò tra l'altro, su richiesta del Ba­

viera, una difesa di don Bosco con­

tro i polemisti dell'una e dell'altra amm inistrazione delle due tipo­

grafie (allora « di Propaganda » e

« Cam erale »); ed ecco come. Il Papa Pio IX aveva in mente di

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ne della Poliglotta ma anche la di­

rezione della Cam erale; il che in pratica significava gestire « tutta » la stamperia pontificia. Il Marietti esitò. « Quali saranno — si chiese, persuadendolo ad accettare (MB

Vili,

744). Fu un intervento molto significativo e anticipatore. Possia­

mo dedurne che con la medesima decisione il santo avrebbe accet­

tato, settantanni dopo, di gestire direttamente le stesse tipografie, messe infine nelle sue mani da un altro grande amico, don Achille Ratti, divenuto Papa Pio XI.

Con il giornale vaticano e il suo

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 27-31)