• Non ci sono risultati.

con il papa e per il papa

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 51-57)

La piccola com unità salesiana sali di buonora a Castel Gandolfo quel mattino del 1° agosto 1937.

L'udienza pontificia era fissata per le ore 11. Agli otto « predestinati » alla residenza vaticana s'erano lo­

gicam ente uniti il Conte Giuseppe Dalla Torre, direttore de L 'O sse r­

vatore Rom ano, il Procuratore Ge­

nerale salesiano don Francesco Tomasetti, il com m. Giuseppe Caccia, Direttore generale della editrice torinese SEI, e qualche al­

tro collaboratore coinvolto in quei

« difficili inizi ». Guidava tutto il gruppo il cardinale Domenico M a­

riani, preposto ai beni della Santa Sede, dal quale dipendeva diretta­

mente la nuova struttura.

Lo studio papale era luminosa­

mente aperto alla più cordiale ac­

coglienza. Pio XI si presentò com e padre, più che com e Papa: l'eufo­

ria gli traspariva dal viso già un po' smagrito dall'età e dai malanni (lo separavano appena diciassette mesi dalla morte) e quasi un soffio di vitalità inattesa, di riaccese energie, ne illuminò gli occhi e ne scosse la persona. Allargò le brac­

cia com e a un incontro amato e desiderato. « I miei figli — morm o­

rò — i miei carissimi figli di don Bo­

sco ... ». Poi salutò tutti, ciascuno in particolare, ascoltando le singo­

le presentazioni che man mano venivano fatte dal Procuratore To­

masetti.

Q ualcuno notò l'insolito lin­

guaggio in prima persona singola­

re usato da un Papa che soleva sempre usare il plurale maiestatis:

« miei ». Fu una delle rare eccezio­

ni, una sottolineatura voluta a per­

sonalizzare l'evento che, peraltro, era stato « personale » fin da quan­

do la Provvidenza aveva condotto in casa di don Bosco il giovane sa­

cerdote milanese Achille Ratti ...

Questi ora si abbandonava a se stesso, ai propri ricordi, e anche al- l'erompente allegria. Gli presenta­

rono il cuoco Davide Battiston ...

«Al l a tavola di don Bosco — sor­

rise Papa Ratti — arrivava roba sana, quella buona cucina casalin­

ga che certam ente sa preparare anche lei ... Non dim entichi. Il cuo­

co è la persona più importante della casa, nelle sue pentole si sciolgono tante cose ... persino le difficoltà e i malumori ... Perciò lei sarà particolarm ente apprezzato, creda al Papa ».

Si rise, m entre il protocollo si scioglieva in una tem peratura sempre più familiare. Pio XI volle dire infine qualcosa di « ufficiale » che le cronache si sono premurate di tram andarci con la massima fe­

deltà possibile a quei tempi, quan­

do la fedeltà era garantita solo dal­

la memoria e dalla immediatezza dell'appunto scritto. E non stupi­

sca se ancora una volta si riscontra nella parola del Papa l'eco dei suoi lontani ricordi personali. Quel leit m otiv era davvero papale.

« Figli carissimi — iniziò a dire Pio XI — la vostra presenza ci ri­

corda il provvidenziale primo in­

contro con san Giovanni Bosco.

Provvidenziale, sia perché abbia­

mo potuto conoscere personal­

mente colui che da noi sarebbe

I giardini della villa pontificia a Castel Candolfo.

45

stato elevato agli onori degli altari, sia perché ci ha condotto a vedere con i nostri propri occhi lo svolgi­

mento delle sue opere. Vada, egli ci disse, entri dovunque vuole, nessuno le metterà ostacolo; ma ...

e qui aggiunse una parola che fa­

ceva molto onore alla casa salesia­

na ... ma mi dispiace di non poterla accompagnare, né di poterle dare un altro compagno, perché qui sono tutti occupati, tanto occu ­ pati.

Q uelle parole hanno destato in noi ammirazione; e anche pia­

cere, perché così potevamo vedere con i nostri occhi ciò che più ci gradiva, e giudicare senza alcuna interferenza di spiegazioni favore­

voli. A cena poi, dove più volte ci siamo trovati col santo, egli ci ri­

volse la parola: Ebbene, che cosa ha visto oggi di interessante?... Ho ammirato in modo tutto particola­

re la meravigliosa attrezzatura di m acchine nell'officina tipografica, che rappresentano ciò che vi è di più progredito, ed ho pure am ­ mirato le belle edizioni in corso di stampa ...

San Giovanni Bosco alzò la fron­

te, si manifestò soddisfatto della nostra risposta, e volle conferm ar­

la dicendo: don Bosco (e ripetè due volte quel "don Bosco") vuole sempre essere all'avanguardia.

Ecco dunque che il nostro pri­

mo incontro con don Bosco può giustamente definirsi un incontro tipografico-editoriale. L'idea poi di chiam are i salesiani alla direzione della Poliglotta V aticana fu tutta nostra, e ci sorrideva da tempo, avendo sempre seguito e am m ira­

to il vasto ed esemplare lavoro del­

la Società Salesiana in questo cam po, additato dal fondatore che con l'intuito del veggente scorse e sentì di quale decisiva im­

portanza fosse ai giorni nostri l'arte tipografica, l'editoria, per l'aposto­

lato e per l'educazione cristiana.

La tipografia della Santa Sede, per le sue tradizioni e per le opere alle quali dà mano, guarda dal più alto vertice delle attività della stampa cattolica a questi ideali,

Villa pontificia di Castel Candolfo. Udienza papale.

che guidarono i figli di don Bosco in una ascesa degna di simili mete.

Qui, com e già all'Oratorio, la stampa si svolge in tutte le sue espressioni, sino al culm ine del giornale quotidiano. E voi siete i nostri nuovi cooperatori in questa impresa; perciò vogliamo conse­

gnarvi una parola d'ordine, rica­

vandola dalla nostra conversazio­

ne con don Bosco. Il santo dichia­

rava di voler restare all'avanguar­

dia del progresso. Q uesto proposi­

to del fondatore, così splendida­

m ente attuato in tutte le tipografie ed editorie salesiane, dovrà essere d'ora in poi tutto proprio dei sale­

siani addetti alla Tipografia Poli­

glotta Vaticana. Fate in modo che la Chiesa, lavorare per la quale deve sempre essere un grande onore, possa dire grazie all'opera vostra: siamo sempre all'avan­

guardia anche in fatto di tipografie e di stampa ».

Sia venia per la lunga citazione.

Però quel « discorsetto » l'ha meri­

tata, in quanto bandolo program­

matico di un servizio salesiano che vi si raffronta ormai da oltre cin­

q uan tann i. Con quali esiti, va la­

sciato dire ai documenti e alla sto­

ria, ma certo con la costante buo­

na volontà di tradurlo in atto da parte dei figli di don Bosco. I quali iniziarono l'indomani stesso a vi­

verne lo spirito e l'incitam ento, quando entrarono negli ambienti vaticani a loro destinati com e casa.

La fondazione aveva fervidi pre­

cedenti a monte. Ai primi contatti intercorsi per volere del Papa tra gli uffici vaticani (Segreteria di Sta­

to, Am m inistrazione dei Beni, ecc.) e la Direzione Generale salesiana di Torino, per il tram ite del Procu­

ratore Tomasetti, avevano fatto seguito fin dal 1936 e nei primi mesi del '37 consultazioni tra il Rettore Maggiore don Pietro Rical- done e il suo Consiglio Generale;

poi tra i massimi dirigenti salesiani e i singoli presumibili candidati alla

S co rcio delle « Logge » vaticane.

47

nuova impresa, al fine di redigere un quadro il più efficiente possibile del personale. Lo studio più delica­

to e accurato però era stato con­

dotto — da parte vaticana come da parte salesiana — per la « Con­

venzione » (quinquennale) su cui dovevano essere instaurati i rap­

porti.

Il giorno 18 luglio 1937 don Ri- caldone poteva radunare a Torino, nei suoi uffici, i confratelli destinati alla nuova impresa. Ad essi il supe­

riore presentava il direttore nom i­

nato per la casa salesiana del V a ti­

cano, intitolata a San Francesco di Sales, nella persona di don Giusep­

pe Fedel, fino allora direttore dell'importante centro professio­

nale di Verona. All'intero gruppo, cui dichiarava la sua stima e la sua fiducia, il Rettore Maggiore confi­

dava anche le sue apprensioni ed esortazioni, perché tutti si rendes­

sero consapevoli e responsabili dell'onore riservato dal Papa alla Società Salesiana: « È una respon­

sabilità che to cca tutti insieme e ognuno singolarmente — sottoli­

neava il superiore — e che coin­

volge tanto il nome dei salesiani com e quello di don Bosco ».

Esposti poi i punti più salienti dell'accordo con la Santa Sede, don Ricaldone aggiungeva che la casa del V aticano sarebbe stata

« né più né meno identica a tutte le altre case in cui opera una co­

munità salesiana, con due labora­

tori che funzionano normalmente facendo costantem ente capo al Direttore che — anche in base agli accordi con i dicasteri vaticani — viene ad essere il vero responsabi­

le d'ogni cosa ». Era questa una sottolineatura di norme salesiane e al tempo stesso un richiamo alla esplicita condizione posta dalla Santa Sede nella « Convenzione » firm ata dalle due parti; dove stava scritto che « responsabile presso la Santa Sede della parte morale e am m inistrativa della Tipografia Vaticana e dell'amministrazione de L'O sservatore Rom ano è il sa­

cerdote direttore della com unità salesiana », mentre gli altri religiosi

Comunità salesiana degli inizi.

La sed e vaticana della Poliglotta e della casa salesiana,

durante i lavori di ristrutturazione.

L ' O S S E A

U . T I C M I O E ITALI*! G li

enrk del v*'|)c1^3 NnmM‘™ *-«

Anno L. .50 - o«r,=>le

^ « O . 6Arr;J>»»mL- ° '6°

U n numero • « P * ” 10 1 , 1 - 1 0 7 5 1

Conto corrente po

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 51-57)