diario del tempo pazzo
3 ottobre. L'Osservatore Rom a
no aum enta la tiratura. Don M ar
munità salesiana il rifornimento di 25 kg. di pasta a prezzo ridotto. 1945 gli autocarri de L'Osservatore Romano, con a capo il solito don prelievo provvidero i salesiani del Vaticano; alla distribuzione i sale
siani delle varie istituzioni sparse nel Paese. Imballaggi di stoffe in
viate dall'Am erica ai salesiani del Vaticano per lo stesso fine furono prelevate il 28 agosto e messe in distribuzione. Per tutta quella esta
te, poi, i camion dell'O sservatore provvidero alla distribuzione del giornale della Santa Sede alle v a rie città d'Italia non raggiungibili per trasporto statale ...
S'è fatto cenno ad alcuni « rifu
giati » presso la com unità salesiana del V aticano in periodo critico. E risaputo che personalità ragguar
devoli, prima e dopo la liberazione da parte alleata, scam parono in tale modo alla cattura e alla morte. ’ Quest'opera umanitaria e cristia
na coinvolse tutte le istituzioni cattoliche d'Italia che non ignora
vano né le direttive né l'esempio pontificio. Un particolare episodio in seno alla com unità religiosa del
la Poliglotta merita di essere ricor
dato, tenuto presente il rischio aperto che, nel caso, fu affrontato dal Direttore don Giuseppe Fedel.
Siamo al 9 novem bre 1943. Il fa
scismo romano — dopo la caduta e il recupero di Benito Mussolini — vive momenti di agonia e i suoi epigoni sono agitati da tensioni nervose che possono produrre conseguenze dram m atiche. In quel clima, un signore si presenta al Direttore salesiano in V aticano per informarlo che il proprio fratel
lo, generale dell'esercito, si trova da otto giorni in carcere sotto l'im
putazione di com plotto antifasci-79
sta. L'arresto è stato com andato personalmente dal Segretario Fe
derale (l'autorità di partito che non tem e superiori nel territorio di sua competenza). Il Capo della Polizia non può nulla al riguardo; il Fede
rale è un duro e nessuno osa af
frontare quell'uomo; tuttavia i fa
miliari del generale sperano contro la speranza di salvare il congiun
to ... Don Fedel si trova ora in un bell'impiccio, tra la necessità di soccorrere un soldato veram ente onesto, benemerito per l'opera che ha svolto presso i ministeri a favore dei bisognosi, e il rischio (non solo per sé, ma per lo stesso soldato) di intervenire presso il Fe
derale di Roma. Poiché non c'è molto da scegliere, assicura che andrà di persona egli stesso a par
lare con l'autorevole personaggio.
L'indomani mattina si trova puntualm ente a Palazzo Braschi, dove risiede il Federale. L'udienza non può avere luogo e alle 12.15 don Fedel rincasa senza registrare novità nella situazione. L'indom a
ni, 11 novembre, dopo due ore e mezzo di anticam era, viene intro
dotto nell'ufficio dell'alto funzio
nario fascista. « L'animo mio è agi
tato — confessa in cronaca don Fedel — e invoco Maria Ausiliatri
ce e don Bosco. Vado avanti. L'im
pressione è buona. Il Federale chiede garbatam ente cosa voglio da lui. All'udire il nome di quel ge
nerale scatta in piedi e reagisce violentem ente: "Q ualunque cosa
— dice — qualsiasi favore lei può dom andarmi, ma non mi parli di quell'ufficiale. Egli resterà in prigio
ne. E stato lui a capeggiare gli anti
fascisti del ministero ..."».
Camion vaticani bom bardati dagli aerei negli anni di guerra. Le foto sono state conservate dal co n d u cen te Aiati e fornite da suo figlio Franco, oggi impegnato nelle stesse m ansioni p resso la Poliglotta. Sotto, alcuni con d u cen ti ch e allora servirono a proprio rischio Roma e il Papa.
Au to tren i in deposito nell'autoparco vaticano, oggi.
Le tipografie vaticane hanno un continuo bisogno di questi veicoli p e r il trasferim ento di carta, libri, materiali e strumenti, secon d o le varie necessità di lavoro e distribuzione.
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Dicono che il coraggio consista nell'avere paura, ma vincerla. Don Fedel vinse la paura e prese con pazienza a tessere una serie di ar
gomentazioni che smantellarono a poco a poco le persuasioni dell'uomo di potere. Dopo qua
ranta minuti di dialogo il Federale cedette alla persuasione che il ge
nerale avesse agito per altruismo e non per complotto. Fissò in volto il sacerdote che aveva davanti a sé e gli disse: « Le voglio credere, voglio credere all'onestà di un prete. Le do la mia parola e gliene do subito la p ro v a ... ». Fece chiam are il Capo della Polizia e ordinò l'imm e
diata scarcerazione dell'imputato.
« È contento, ora? — disse a don con un'auto della polizia.
Un'altra impresa memorabile a cui non furono estranei i salesiani della Poliglotta fu il salvataggio dei cosiddetti « sciuscià » im perver
santi in Roma e dintorni, oltre che
in altre città italiane. Anim e dell'in
tervento furono per la Santa Sede il Sostituto monsignor G. B. Monti
ni, e per i salesiani il Vicario Gene
rale don Pietro Berruti. Il Rettor Maggiore don Pietro Ricaldone aveva « distaccato a Roma, dall'al
tra parte del fronte », il suo braccio destro con altri due capitolari. I tre risiedevano al « Sacro Cuore » in via Marsala, ma si ritrovavano nel
la com unità vaticana piuttosto fre
quentemente anche per la mag
giore comodità di conferire con i dicasteri pontifici. Dalla prima metà del 1944 a tutto l'anno 1945 s'infittiscono queste presenze e sovente il Direttore don Fedel ha il lasciano anche trasparire l'emer
gere di problemi inconsueti, che a poco a poco prendono consi
stenza.
Il 12 marzo 1944 Pio XII confida a una moltitudine di rifugiati e pro
fughi convenuti in Piazza San Pie
tro le sue preoccupazioni. Conscio della « desolazione dei senza casa militarmente inglorioso, quanto abominevole agli occhi di Dio e loggetta predisposta dal Direttore della Poliglotta — ascoltano quel discorso, vedono quella folla di in
digenti, assistono alle intem peran
ze di alcuni « politici » che tentano di turbare l'ordine, notano la lati
tanza della polizia italiana (fortu
natam ente rimpiazzata dalla Guardia Palatin a)... e per tutto il giorno com m entano tra i confra
telli del Vaticano quell'evento che incide negli animi com e una pre
messa densa di incognite. Il 5 mag
gio, il 29 maggio, l'8 giugno, e forse più frequentemente, don Berruti torna in Vaticano. Il 19 luglio viene ricevuto in udienza priva
ta da Pio XII. Poi l'agenda dei suoi contatti diretti con la Santa Sede s'infittisce di appuntam enti, tra cui quelli rimarchevoli con la Se
greteria di Stato e con il Sostituto Montini. I contatti si susseguono tutto l'anno e nei primi tre mesi del 1945 com e una ordinaria routi
ne, ma nascondono qualcos'altro.
In quel frattempo Roma è diventa
ta un campo di battaglia: non (for
tunatamente) tra opposti eserciti, ma tra la società civile e un'orda di piccoli barabba, i cosiddetti « sciu
scià », che assaltano persino i tre
ni, manomettono, saccheggiano, devastano ovunque credono di potersi impadronire di qualcosa.
« Magazzino Annona » in Vaticano.
Lo sp a ccio derrate ha so cco rso m olti p o veri in tem po di guerra.
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Non solo Roma, ma altre città, soprattutto Napoli, sono mes
se a soqquadro. Quegli assalti e il degrado dei minorenni destano preoccupazioni. Ed ecco il « detta
to » che don Berruti fa al proprio segretario ...
« Nel gennaio 1945 viene riferito al Santo Padre che a Napoli le au
torità alleate e italiane sono grave
mente preoccupate per questo fatto doloroso: dalle fognature del
la città sbucano di notte nel porto turbe di giovani, ragazzi e ragazze, che com e un esercito di topi si sparpagliano all'intorno e assalta
no le navi che giungono dall'Am e
rica con carichi di merci e di viveri, rubando a man salva. Quella turba di ladruncoli era assai temibile per
ché circa 3.000 erano armati e col servizio logistico e ausiliare rag
giungevano il numero approssi
mativo di 10.000. La polizia aveva già deciso di fare uso delle armi. Il Santo Padre ne rimase assai addo
lorato e, dopo avere pregato di so
spendere le misure repressive, dis
se: "Cerchiam o piuttosto di riedu
carli quei poveretti. Per questo bi
sogna ricorrere a don Bosco. Dite ai salesiani che desideriamo che si prendano cura di questi ragazzi abbandonati o traviati, e che fac
ciano quanto don Bosco ispirerà loro". E inviò un alto personaggio del Vaticano per com unicare ai superiori il suo desiderio ».
Appreso tale desiderio da mons.
Montini, don Berruti approfondì le
S co rcio della Città d el Vaticano sullo sfondo dei giardini pontifici.
D i sco rcio a destra la basilica di S. Pietro.
informazioni, com unicò la sua ri
sposta positiva, e il 24 marzo 1945 mobilitò i salesiani in un'opera di recupero che riuscì bene — come è noto — e che a distanza di tem po è possibile leggere e valutare su pubblicazioni apposite. L'azione, assai ampia e duratura, coinvolse le forze salesiane molto al di là del piccolo gruppo della Poliglotta V a ticana. Monsignor Montini a cco m pagnò, incoraggiò e sorresse a nome del Papa l'intero sviluppo dell'intervento, dal suo nascere presso il « Sacro Cuore » alla sta
zione Termini fino all'insediarsi nel
« Borgo Ragazzi di don Bosco » al Prenestino; né mai dim enticò i
« suoi ragazzi » con il gruppo dei salesiani che fin dall'inizio, quando più ardua e ingrata era l'impresa, si consacrarono alla loro salvezza.
A ncora da Papa, Paolo VI am ava ricordare quell'intervento, ram mentare la memorabile udienza concessa da Pio XII Pacelli alla massa degli « sciuscià » divenuti
« Ragazzi di don Bosco », nominare ad uno ad uno i salesiani F. Giorgi, M. Valentini, C. Biavati ... primi ani
matori; e il consistente manipolo degli studenti in teologia, che tan
to di sé donarono ai piccoli barab
ba che avevano scoraggiato persi
no le menti dello Stato e le truppe della polizia.
Dagli uffici e dalle officine della Poliglotta bisognò limitarsi a
« guardare con partecipazione » il successo di così grande opera. Ma resta la collaborazione alla semina, che iscrive anche la Poliglotta V a ticana alle radici del riscatto socia
le e cristiano di tante migliaia e migliaia di « sciuscià ».
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A lcu n i « ospiti » della com unità salesiana, nell'immediato dopoguerra. Riconoscibili nella foto in alto don G. Fedel sed uto tra l'Ammir. P. Thaon di Revel e sig.ra, con don C. M archisio e don A. Gallenca.
In piedi, da sinistra, G. Pagliassotti, G. Bianconcini, M. Coppo, D. Battiston, B. Rizzo, L. D el Favero.
Nella foto in basso, davanti a don Fedel, il sig. G. Rossotti.