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nel regno delle macchine

Nel documento don bosco in vaticano (pagine 191-195)

La rotativa dava seri grattacapi. La stampa non veniva bene, non era uniforme. Si erano logorati i perni dei cilindri stampa a causa del peso di macchina e del sensibile cedimento dei basamenti. Bisogna­

va correre ai ripari se non si voleva correre il rischio di dover sospen­

dere l'uscita de L'Osservatore Romano.

Fu tenuta una riunione ad alto livello: il direttore Manzini, i diri­

genti Alessandrini e Levi, l'amministratore Vedani, l'assistente tec­

nico Tiozzo, altri esponenti deH'Amministrazione Beni, del Governa­

torato, della Segreteria di Stato. Oltre una quindicina di persone. Il Sostituto mons. Benelli, costretto da imprescindibili impegni, si fece rappresentare dall'Assessore mons. E. Martinez Somalo.

Bisognava prendere una decisione urgente: o comprare una ro­

tativa nuova, come consigliavano alcuni insieme ai miei diretti supe­

riori (ma quanto tempo sarebbe occorso e dove sistemarla?), oppure revisionare accuratamente la rotativa in uso, come suggerivano altri insieme a me stesso (ai quali poi i fatti diedero ragione).

Scelta la seconda via, furono avvertiti il direttore del giornale e tutti gli interessati: per la durata dei lavori non si sarebbero potute stampare più di otto pagine contemporaneamente. E si procedette sia a una revisione degli elementi stampanti, sia al consolidamento della base di supporto. Poiché si stampavano anche altri giornali ol­

tre a L'Osservatore, furono presi accordi con i responsabili di questi per garantirne l'uscita. Grazie a Dio potemmo fare tutto noi senza ri­

correre a tipografie esterne. Avevamo scelto i tempi giusti: era termi­

nato il Concilio, non si teneva Sinodo, Paolo VI non si sarebbe mosso dal Vaticano ...

* * *

Risentivano degli anni anche le linotypes, su cui ormai gravava un lungo sfruttamento: risultavano difetti di movimento e di fusio­

ne ... Si pensò di sostituirne alcune con altre, anche di seconda mano ma in prospettiva del futuro, ossia pensando alla fotocomposizione:

non più il piombo ma la pellicola...

Con il sig. F. Musso ci recammo a Boston. Vi sono anche là i sale­

siani e vi dirigono un centro grafico, tra altre specializzazioni profes­

sionali. Quei confratelli ci furono di grande aiuto. Potemmo trovare e comprare alcune linotypes in ottime condizioni e a metà prezzo ri­

spetto ai costi in Italia: tre per la tipografia de L'Osservatore, due per la tipografia della Poliglotta (che l'anno dopo ne acquistò altre tre alle medesime condizioni).

Dei salesiani fu anche l'iniziativa per l'impianto « rotocalco ».

Questo reparto venne a occupare ben 10 persone (quattro alla pre­

parazione cilindri, quattro alla rotativa, una in magazzino e affilatura

« racle », una alle caldaie per recupero xilolo, toluolo, eccetera). Si trattava d'impianto devoluto alla stampa de L'Osservatore della Do­

menica, a colori, di cui era l'anima il prof. Enrico Zuppi coadiuvato da un altro redattore e da vari collaboratori esterni. Data l'insufficienza della tiratura a coprire le possibilità a tempo pieno dell'impianto, si erano cercati altri clienti per il settore. Tra l'altro si stampavano in quegli anni diversi settimanali e quindicinali, anche a lunga tiratura, per le associazioni di Azione Cattolica.

LEONE T IO Z Z O

già Assistente Tecnico a L'O sservatore Rom ano

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apostolici del Pontefice, i docu­

menti e i discorsi del Pontefice stesso, le principali decisioni dei di­

casteri vaticani, nonché (in taluni casi) delle Conferenze episcopali e dei vescovi, i commenti ai fatti e ai detti di maggiore rilevanza sia reli­

giosa come anche sociale, politica, economica, culturale ... Agli eventi di maggiore portata suole inoltre dedicare dei numeri « speciali » molto accurati per contenuti e per grafica. Quanto venga a incidere tutto ciò sul lavoro non solo reda­

zionale ma anche tecnico — due aspetti convergenti nell'unità gior­

nalistica — intuisca il lettore. De­

sta perciò una certa sorpresa il fat­

to che rubriche e impegni di così vasta eco planetaria non richia­

mino poi anche la proporzionata massima attenzione da parte dei lettori cattolici, specie degli opera­

tori e animatori nonché degli stessi ecclesiastici ... Nasce il dubbio che i ceti cattolici e le stesse dirigenze cattoliche disattendano nei fatti il più serio dialogo con quel mondo che si mostra, viceversa, attentissi­

mo a ciò che accade e si dice in Vaticano ... Il fenomeno è tale da imporsi ovviamente all'attenzione dei conduttori del giornale; ma as­

sai più alla coscienza dei credenti, fedeli e pastori, cui forse giovereb­

be un severo riesame del proprio atteggiamento.

Lunga e vecchia storia! È possi­

bile rintracciarla fin dalle remote cronache. Al 10 novembre 1942 si legge che « Monsignor Montini ha chiesto la lista dei parroci abbonati a L'O sservatore Romano. Ne rica­

verà una delusione. I parroci sono circa 24.500; abbonati numero 2.986 ... ». A tale rilievo il cronista faceva seguire un ragguaglio det­

tagliato regione per regione, che veniva a confermare il sorpren­

dente totale. Se con un balzo di ol­

tre venticinque anni torniamo ad esaminare la situazione dell'anno 1968, ci colpisce ancora la mede­

sima incresciosa « costante ». Pao­

lo VI aveva disposto l'invio gratui­

to della edizione settimanale quale

« omaggio del Papa » a tutti i par­

roci d'Italia (sempre oltre 24 mila).

Ma costatato che il giornale non richiesto poteva essere trascurato, l'amministrazione concordò con la Santa Sede di proseguire sì l'omaggio, ma solo ai parroci che avessero sottoscritto una richiesta esplicita. Risposero ... settecento firmatari. E lasciamo che queste ci­

fre si commentino da sole.

Sono però cifre che mettono in questione la mentalità e maturità culturale dei « disattenti »; e pro­

prio in quanto il giornale è alterna­

tivo e si rifiuta alle mode del gior­

no, cui antepone invece il signifi­

cato degli eventi riferiti. Un con­

fronto con l'altra stampa lungo il decorrere degli anni e dei fatti ac­

caduti nel frattempo non svantag­

gerebbe certo L'O sservatore Ro­

mano, alla cui « sfida » ben pochi fogli saprebbero resistere. Non che il giornale si sia sempre stagliato in una sorta di « infallibilità critica » quale certo non si potrebbe pre­

tendere; ma esso ha sempre guar­

dato e guarda alle vicende dell'uo­

mo con occhi intenti a quel princi­

pio superiore che per un verso gli conferisce serietà e autorevolezza, e per altro verso lo rende unico al mondo per indipendenza e tran­

quilla coerenza.

« Noi vogliamo pigliar posto fra i deboli — scriveva l'editorialista sul numero uno dell'anno uno, il pri­

mo luglio 1861 — e vogliamo combattere per coloro a cui la bal­

danza dei nemici viene apparec­

chiando le ignominie di una com ­ pleta disfatta ». Spogliate dai sot­

tintesi polemici che le circostanze dell'epoca imponevano, quelle pa­

role conservano una sorprendente attualità e potrebbero essere ri­

scritte ancora oggi. Esse traggono freschezza dai valori perenni a cui L'O sservatore s'è sempre ispirato.

Cooperare al successo di sif­

fatto giornale e adoperarsi per le sue migliori fortune è per i figli di don Bosco un onore.

/ « D ottori » nella basilica vaticana, grandi « com unicatori »

della Parola salvifica all'um anità e alla storia.

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Paolo VI M ontini tra i lavoratori de «L'O sservatore Romano ».

A lla sua destra

l'allora direttore Raim ondo M anzini, con il salesiano don G. Zelauskas.

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Nel documento don bosco in vaticano (pagine 191-195)