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I casi European Environmental Bureau, WWF e Região Autónoma dos Açores.

Quarto Capitolo L’accesso alla giustizia nel diritto internazionale e comunitario dell’ambiente.

4.3. L’accesso alla giustizia in materia ambientale nell’Unione Europea.

4.3.2. I casi European Environmental Bureau, WWF e Região Autónoma dos Açores.

Il medesimo indirizzo interpretativo seguito sin dal caso Greenpeace è stato, poi, confermato anche in altre controversie attinenti all’applicazione di norme riconducibili al diritto ambientale comunitario, in cui è stato sistematicamente negletto l’accesso alla giustizia agli enti esponenziali portatori di interessi collettivi

Tra queste meritano di essere menzionate per la loro rilevanza la causa promossa dall’European Environmental Bureau (E.E.B.) ed altre associazioni497 - finalizzata all’annullamento di una Direttiva comunitaria (2003/112/CE) che aveva, tra l’altro, disposto l’inclusione di un potente erbicida (denominato “paraquat”) nella lista delle sostanze idonee ad essere utilizzate per l’immissione in commercio di prodotti fitosanitari - nonché le vertenze WWF-UK Ltd. contro Commissione498 e Região Autónoma dos Açores contro Consiglio499.

In tutti i suddetti casi il Tribunale dichiarò irricevibili i ricorsi sempre adducendo la mancanza di una posizione distintiva dei ricorrenti rispetto alla generalità di soggetti potenzialmente interessati dagli agli atti impugnati, tale da consentire loro di integrare i

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Si veda il paragrafo 43 delle conclusioni dell’Avvocato Generale: “Come ho già avuto modo di spiegare nelle mie conclusioni relative alla causa Unión de Pequeños Agricultores, trovo che il criterio restrittivo della legittimazione ad agire attualmente applicabile in base all’art. 230, quarto comma, sia altamente problematico. A mio avviso, tale criterio fa sorgere un rischio effettivo che i singoli vengano privati di qualsiasi strumento soddisfacente per contestare di fronte ad un giudice competente la validità di un atto comunitario di portata generale e autoesecutivo […]”.

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Paragrafo 46 delle conclusioni dell’Avvocato Generale.

497 European Environmental Bureau ed altri contro Commissione, T-94/04, ordinanza del 28 novembre 2005, in ECR

II-4919 (2005).

498 WWF-UK Ltd. contro Commissione, T-91/07. Ordinanza del 2 giugno 2008. 499

Região Autónoma dos Açores contro Consiglio, T- 37/04. Sentenza del 1° luglio 2008. Per una massimazione di

tale sentenza, cfr. il contributo di G.CANTILLO in The Global Community Yearbook of International Law and

requisiti di legittimazione di cui all’articolo 230, comma 4 del Trattato (ora, si ripete, divenuto art. 263 nella nuova numerazione).

In particolare, per quanto qui interessa, il Tribunale considerò le associazioni di protezione ambientale o di salute pubblica ricorrenti500 od intervenute nei su menzionati giudizi “alla stessa stregua di qualsiasi altro soggetto che si trovi nella stessa situazione”

501

. Né, analogamente, alcuna posizione distintiva sufficiente a superare il requisito del

direct and individual concern venne riconosciuta in capo alla Regione Autonoma delle

Azzorre che aveva impugnato un Regolamento comunitario rutenendolo fortemente penalizzante per l’incolumità del proprio ambiente marino. Menzionando un proprio precedente, la Corte ritenne, infatti, che “Even if that provision (i.e.: l’articolo 299, comma 2, del Trattato CE) could be interpreted not only as permitting the Council to

provide for derogations specific to the outermost regions but also as requiring it to adopt such derogations or, at the very least, as prohibiting the Council from adopting measures which would exacerbate the disadvantages suffered by those regions, the protection which it gives is not sufficient to establish that the applicant is individually concerned by the contested provisions. […].It follows from Nederlandse Antillen v Council, cited in paragraph 39 above, that the fact that a regional authority is entitled to specific protection under Community law is not sufficient to give it standing to bring proceedings for the purposes of the fourth paragraph of Article 230 EC […]”502.

Tali recenti pronunce non fanno che confermare quanto già esposto in precedenza circa l’esistenza di un vulnus nel sistema giudiziario comunitario circa le possibilità di accesso alla giustizia, soprattutto in materia ambientale, per le persone fisiche e giuridiche. Del resto, oltre alle già citate critiche espresse della dottrina, l’inadeguatezza

500

European Environmental Bureau, WWF, Pesticides Action Network Europe, Stichting Natuur en Milieu, Svenska Naturskyddföreningen, Seas at Risk VZW, Stichting Greenpeace Council.

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Si leggano, in proposito, i paragrafi 53-55 del caso E.E.B.:

“53. A prescindere da quale sia o quali siano le disposizioni che, ad avviso dei ricorrenti, costituiscono una grave lesione degli interessi da essi difesi in forma di regresso della protezione di tali interessi […], occorre necessariamente constatare che quelle disposizioni li riguardano nella loro obiettiva qualità di enti attivi nella protezione dell’ambiente o della salute dei lavoratori […], alla stessa stregua di qualsiasi altro soggetto che si trovi nella stessa situazione.

54 Orbene, come risulta dalla giurisprudenza, questa qualità da sola non basta a dimostrare che i ricorrenti sono individualmente interessati dall’atto impugnato […].

55 Da quanto precede risulta che i pretesi gravi effetti negativi dell’atto impugnato sugli interessi e i diritti di proprietà dei ricorrenti non consentono di dimostrare che essi sono individualmente interessati dall’atto impugnato.”

dell’attuale impianto dell’U.E. a soddisfare appieno il diritto di tutela giurisdizionale degli individui venne già evidenziato dalle stesse Istituzioni comunitarie sia in occasione della redazione del “quinto Programma comunitario di azione ambientale della Comunità Europea503”, del 1993 – in cui si riconobbe che “i singoli cittadini e i gruppi di interesse pubblico devono poter realmente ricorrere ai tribunali, onde garantire la tutela dei loro interessi legittimi e far sì che i provvedimenti ambientali prescritti siano realmente applicati e per porre fine a pratiche illecite” – sia nel progetto di Direttiva sull’accesso alla giustizia (rimasto lettera morta), inteso a dare attuazione al c.d. terzo pilastro della nota Convenzione di Aarhus.

Orbene, proprio la recente ratifica della Convenzione di Aarhus504 avvenuta con la Decisione del Consiglio dell’Unione Europea n. 2005/370, potrebbe a nostro avviso aprire, con ragionevoli prospettive di successo, una nuova strada verso un possibile mutamento di opinione delle Corti dell’Unione circa i requisiti di accesso alla giustizia per i ricorsi ambientali.

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