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Il modello della “Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia

Terzo Capitolo I mezzi di tutela del diritto all’ambiente: l’accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia

3.1. Il modello della “Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia

ambientale”, pag. 108; 3.2. L’importanza dei diritti di partecipazione dei privati nell’attuazione del diritto all’ambiente, pag. 114; 3.3. L’accesso alle informazioni ambientali nel diritto internazionale, pag. 119; 3.4. L’accesso alle informazioni ambientali nella Convenzione di Aarhus, pag. 123; 3.4.1. Segue: quanto alle modalità di accesso “passivo”, pag. 126; 3.4.2. Segue: quanto alle modalità di accesso “attivo”,

pag. 132; 3.5. La pubblica partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale

nel diritto internazionale, pag. 137; 3.6. La pubblica partecipazione ai processi decisionali nella Convenzione di Aarhus, pag. 141; 3.7. L’accesso alle informazioni e la pubblica

partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale nell’Unione Europea, pag.

149.

3.1. Il modello della “Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale”.

La conferma dell’esistenza del diritto all’ambiente quale diritto fondamentale, sancito e tutelato sia nei singoli Stati membri, sia nell’ordinamento dell’Unione Europea, può ricavarsi - come accennato nel precedente capitolo – attraverso il ricorso all’antico insegnamento ubi remedium ibi ius, per cui ogni diritto esiste ed è tale in quanto il bene o l’interesse, che ne è l’oggetto, sia presidiato, appunto, da idonei strumenti di tutela. Orbene, in tal senso occorre soffermarsi sulle disposizioni contenute nella citata “Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale”, stante l’importanza che essa assume nel procedimento ricostruttivo del diritto all’ambiente sul piano interno ed internazionale, esprimendo la dimensione c.d. procedurale del diritto all’ambiente che si realizza, per l’appunto, attraverso mezzi di tutela del diritto di tipo preventivo e repressivo.

La matrice prima di tale diritto risiede, infatti, proprio in norme di diritto internazionale che in vario modo vincolano gli Stati alla tutela dell’ambiente e, nel contempo, esprimono doveri degli stessi nei confronti dei singoli cives, ai quali spettano correlati poteri, anche di indole giurisdizionale, dandosi perciò luogo ad una tutela del diritto all’ambiente ulteriore rispetto a quella prevista dalle legislazioni interne. Ed attraverso la Convenzione di Aarhus gli Stati firmatari si sono, per l’appunto, impegnati a coinvolgere i singoli e le associazioni ambientaliste nelle sempre più pressanti esigenze globali di tutela ambientale. Approvata il 25 giugno 1998 sotto l’egida della Commissione per l’Europa delle Nazioni Unite (U.N.E.C.E.) ed entrata in vigore il 30 ottobre del 2001, la suddetta Convenzione280 costituisce il primo strumento giuridicamente vincolante di livello sovranazionale avente ad oggetto la tutela dell’accesso alle informazioni, la pubblica partecipazione ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia con specifico riguardo alla materia ambientale.

Pur essendo un trattato di espressione regionale281, la Convenzione ha sicuramente una rilevanza che si estende oltre i confini degli Stati che l’hanno sottoscritta, rappresentando, com’è stato autorevolmente sottolineato, “the most impressive

elaboration of principle 10 of the Rio Declaration [... ]. As such it is the most ambitious

280

“Convention on Access to Information, Public Partecipation in Decision Making and Access to Justice in

Environmental Matters”, firmata ad Aarhus (Danimarca), il 25 giugno 1998. Quanto alla letteratura sulla

Convenzione, si vedano, tra gli altri i contributi di: S.T.MCALLISTER, The Convention on Access to Information,

Public Partecipation in Decision Making and Access to Justice in Environmental Matters, in Journal of International Environmental Law & Policy, 10-1999, pagg. 187 e ss.;M.PRIEUR, La Convention d’Aarhus, instrument universel de

la démocratie environnementale, in Revue Juridique de l’Environnement, 9-1999 pagg. 87 ess.; J.JENDROSKA,

Aarhus Convention: Towards New Era in Granting Individual Rights in International Environmental Law, in Environmental Rights in the Aarhus Convention, atti del Meeting dell’Avosetta Group, 2001;M.PALLEMAERTS,

Proceduralizing environmental rights: the Aarhus Convention on Access to Information, Public Partecipation in Decision-Making and Access to Justice in Environmental Matters in a Human Rights Context, in Human Rights and the Environment, Atti della tavola rotonda del Geneva Environment Network, Luglio 2004, consultabile presso la

biblioteca on line dell’U.N.E.C.E. al sito www.unece.org;E.MORGERA. An Update on the Aarhus Convention and

Its Continued Global Relevance, in Review of European Community and International Environmental Law, 14 (2)

2005, pp. 138 e ss.; S.STEC,J.JENDROSKA, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, testo consultabile

presso la biblioteca on line dell’U.N.E.C.E. www.unece.org.

281

Come si è detto, la Convenzione di Aarhus è maturata nel seno dell’U.N.E.C.E. ed è stata, ad oggi, ratificata principalmente da Paesi dell’area europea, in particolare da: Albania, Armenia, Austria, Azerbajian, Bielorussia, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, , Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Italia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldova, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica ex Iugoslava di Macedonia, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Tajikistan, Turkmenistan, Ucraina, Ungheria, Unione Europea (La Convenzione in parola è stata, in realtà, firmata e ratificata dalla Comunità Europea, ma per coerenza con l’assetto istituzionale successivo all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona si è scelto di fare esclusivo riferimento all’Unione Europea, al riguardo cfr. anche la nota 297).

venture in the area of ‘environmental democracy’ so far undertaken under the auspices of the United Nations282”. Del resto, la portata potenzialmente globale delle disposizioni in essa contenute si desume sia dall’articolo 19, comma 3, che consente l’adesione alla Convenzione in parola anche a Stati che non fanno parte dell’U.N.E.C.E.283, sia dall’articolo 3 – rubricato “Disposizioni Generali” – che richiede espressamente alle parti di promuovere “l’applicazione dei principi della presente convenzione nei processi decisionali internazionali in materia ambientale e in seno alle organizzazioni internazionali per le questioni riguardanti l'ambiente”284. E’, pertanto, evidente che la

Convenzione sia stata concepita sin dalla sua origine alla stregua di uno strumento destinato ad influenzare e diffondere l’introduzione dei principi in essa contenuti nella normativa ambientale di livello interno, regionale ed internazionale, stante l’importanza di affiancare ad un dettagliato quanto variegato elenco di disposizioni a carattere sostanziale, un nucleo fondamentale di principi di carattere procedurale, diretti ad assicurare la conoscenza e l’attuazione delle prime.

Sono molteplici gli aspetti innovativi che hanno fatto della convenzione di Aarhus uno strumento la cui rilevanza trascende l’ambito del diritto internazionale dell’ambiente, contribuendo a declinare – come si è accennato – in termini normativi il concetto stesso di democrazia ambientale, a sua volta concretamente specificato nei su citati tre pilastri dell’accesso alle informazioni, della pubblica partecipazione ai processi decisionali e dell’accesso alla giustizia in materia ambientale.

Essa, innanzitutto, rappresenta un punto di arrivo delle istanze che, sin dalla nota Dichiarazione di Stoccolma sull’Ambiente Umano del 1972, tendevano a costruire un collegamento inscindibile tra la protezione dell’ambiente e la tutela dei diritti umani. Non è un caso, infatti, che sin dal suo preambolo vengano richiamati, oltre al primo principio della Dichiarazione di Stoccolma, il principio 10 della Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’Ambiente e lo Sviluppo ed altri documenti internazionali di soft law che, in vario modo, corroboravano l’importanza di detta connessione285. In particolare, si

282

K.ANNAN, Introducing the Aarhus Convention, testo disponibile alla pagina internet ufficiale dell’U.N.E.C.E.,

www.unece.org.

283 Previa approvazione da parte del c.d. Meeting of the Parties e purché si tratti di Stati membri delle

Nazioni Unite.

284

Articolo 3, comma 7 della Convenzione.

285

Ed in particolare, la Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 37/7, del 28 ottobre 1982, sulla “Carta mondiale della natura” e la n. 45/94, del 14 dicembre 1990, sulla necessità di garantire un ambiente sano per il

riconosce che “un'adeguata tutela dell'ambiente è indispensabile per il benessere umano e per il godimento dei diritti fondamentali, compreso il diritto alla vita”, ed, altresì, che “ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l'ambiente, individualmente o collettivamente, nell'interesse delle generazioni presenti e future286”; e per la realizzazione di tale diritto e l’adempimento del suddetto dovere i cittadini “devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale, in quanto “un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l'efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto287”.

La strumentalità dei diritti procedurali alla realizzazione di un diritto sostanziale all’ambiente salubre viene reiterata ed ancor più nettamente espressa nell’articolo 1 della Convenzione, ai sensi del quale “Per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione288”.

In dottrina la portata della disposizione è stata talvolta enfatizzata, essendosi sostenuto289 che essa costituisca la più avanzata ed attuale postulazione del diritto

benessere degli individui. Ma anche la “Carta Europea sull’Ambiente e la Salute”, adottata l’8 dicembre 1989 a Francoforte sul Meno, e le linee guida sull’accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, approvate dalla dichiarazione dei Ministri dei Paesi dell’UNECE adotatta a Sofia (Bulgaria) il 25 ottobre 1995 nel corso della Terza Conferenza Ministeriale denominata “Ambiente per l’Europa”.

286

Convenzione di Aarhus, paragrafi 6 e 7 del Preambolo.

287

Convenzione di Aarhus, paragrafi 8 e 9 del Preambolo.

288

E’ interessante notare che questo articolo è stato oggetto di una riserva all’atto della ratifica da parte del Regno Unito, teso a specificare che il riferimento al “diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in

un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere” doveva intendersi come una mera aspirazione e che i

diritti tutelati dall’articolo 1 del trattato erano solo quelli procedurali, costituenti i tre pilastri della Convenzione.

289

J.WATES: The Aarhus Convention: a New Instrument Promoting Democracy, in C.SEGGER &C.G.WEERAMATRY,

Sustainable Justice: Reconciling Economic, Social and Environmental Law, Brill, 2005; id: The Aarhus Convention. A Driving Force for Environmental Democracy, in Journal for European Environmental & Planning Law, Vol. 2 (1),

pagg. 2 – 12, 2005; M.PAQUES, “L’environnement, un certain droit de l’homme” in “Les droits de l’homme dans les

umano ad un ambiente salubre; e ciò sebbene la norma in esame non fornisca alcuna concreta indicazione di tipo descrittivo di tale asserito diritto e sia esplicitamente finalizzata a garantire i soli diritti di tipo procedurale. Appunto in questo senso è stata sottolineata290 una certa ambiguità dell’articolo 1 e della stessa convenzione che sembra garantire un elenco di diritti finalizzati alla tutela di una distinta posizione giuridica soggettiva la cui sussistenza è tuttavia quantomeno dubbia sul piano internazionale, ciò che alimenta le critiche di una fuga in avanti nella redazione dell’articolo in parola291. A parere di chi scrive sembra condivisibile la tesi di coloro292 che, richiamando le regole generali di interpretazione contenute nell’articolo 31 della Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul Diritto dei Trattati293, escludono che l’articolo 1 della convenzione di Aarhus appresti alcuna forma di tutela diretta del diritto ad un ambiente salubre o, addirittura, contenga una sua codificazione.

Invero, l’enunciato della disposizione, quale risulta in base all’esegesi testuale ed alla funzione complessiva della Convenzione, non sembra lasciare dubbi circa l’oggetto della stessa che è limitato, appunto, alla garanzia dei diritti procedurali ambientali, ancorché il riferimento ad un diritto sostanziale ad un ambiente salubre costituisca il

290

M.DELNOY, La Convention d’Aarhus grantit-elle le droit à la protection de l’environnement?, in Aménagement

Environnement, Revue d’Etudes Juridiques, maggio 2008, pagg. 57 e ss.

291

C.LARSSEN, L’accès aux informations sur l’environnement en droit international: la convention d’Aarhus, in C.

LARSEEN (ed.) Dix ans d’acceès à l’information en matière d’environnement en droit international, européen et

interne: bilan et perspective, Bruylant, 2003, pag. 28 e ss.

292

M.DELNOY, La Convention d’Aarhus grantit-elle le droit à la protection de l’environnement?, cit, supra, nota 11.

293

L’articolo 31 della Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati dispone:

“1. Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato

nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo.

2. Ai fini dell'interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, il preambolo e gli allegati ivi compresi:

a. ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso fra tutte le parti in occasione della conclusione del trattato;

b. ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione della conclusione del trattato e accettato dalle parti come strumento in connessione col trattato.

3. Si terrà conto, oltre che del contesto:

a. di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di interpretazione del trattato o della applicazione delle sue disposizioni;

b. di qualsiasi prassi successivamente seguita nell'applicazione del trattato attraverso la quale si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo;

c. di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti. 4. Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l'intenzione delle parti.”

presupposto inespresso della disciplina, integrandone la ratio o - come indica la rubrica dell’articolo 1 – la finalità che ha spinto le Parti contraenti a stipulare detta Convenzione. Se, dunque, è razionale ritenere che l’obiettivo ultimo della stessa sia la protezione dell’ambiente (rectius: del diritto all’ambiente salubre), sembra altrettanto evidente l’intento degli Stati firmatari di perseguire tale risultato solo ed esclusivamente mediante gli strumenti dell’accesso alle informazioni, della pubblica partecipazione ai processi decisionali e dell’accesso alla giustizia, evitando di prendere posizione sul complesso dibattito in merito al contenuto del diritto umano ad un ambiente salubre, tuttavia quasi dandone per scontata l’esistenza a livello internazionale.

In questo senso, sembra corretto ritenere che la Convenzione sicuramente non individua né definisce il contenuto del diritto individuale ad un ambiente salubre, ma, disciplinando aspetti fondamentali della tutela dell’ambiente, abbia contribuito, ancorché indirettamente, alla configurazione di un siffatto diritto.

Al riguardo occorre, altresì, sottolineare come la Convenzione si limiti ad indicare una serie di standards minimi di garanzie procedurali ai quali gli Stati firmatari (oltre all’Unione Europea) devono conformarsi, lasciando impregiudicato il loro “diritto di continuare ad applicare o introdurre norme che prevedano un più ampio accesso alle informazioni, una maggiore partecipazione ai processi decisionali ed un più ampio accesso alla giustizia in materia ambientale294”. Tale disposizione è rilevante sotto un duplice profilo: se, infatti, da un lato essa lascia libere le Parti di dotarsi di un sistema di garanzie ancora più stringenti rispetto ai parametri di Aarhus, dall’altro impedisce agli Stati più virtuosi295 di peggiorare il proprio pertinente quadro legislativo, così introducendo quel che è stato definito come un effetto di standstill296, tale da garantire il mantenimento di livelli soddisfacenti di protezione delle garanzie previste dalla suddetta Convenzione e, in definitiva, di contribuire alla tutela del diritto all’ambiente salubre. Questa conclusione, del resto, trova riscontro nel commento all’articolo 1 della Convenzione contenuto nella Implementation Guide297, in cui si sottolinea che tale norma “piuttosto che affermare il diritto ad un ambiente sano in termini di mera

294

Art. 3, paragrafo 5 della Convenzione.

295

Cfr.: A.HARDING (ed.), Access to Environmental Justice: A Comparative Study, Nijhoff, 2007.

296

Cfr.: L.KRAMER. The Genesis of EC Environmental Principles, in Principles of European Environmental Law,

Europa Law Publishing, pagg. 36 e ss., 2004.

297

aspirazione, come è spesso avvenuto in passato a livello nazionale […] indica alle Parti i passi da compiere per garantire alle presenti e future generazioni il diritto fondamentale a vivere in un ambiente adeguato alla salute ed al benessere. Esso stabilisce, quindi, un collegamento diretto tra una serie di diritti dal contenuto pratico e facilmente comprensibile, come quelli relativi alle informazioni ed alla pubblica partecipazione e quel complesso di posizioni giuridiche di difficile enucleazione ricompresi nel concetto di diritto ad un ambiente salubre298”.

3.2 L’importanza dei diritti di partecipazione dei privati nell’attuazione del diritto

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