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Segue: quanto alle modalità di accesso “passivo”.

Terzo Capitolo I mezzi di tutela del diritto all’ambiente: l’accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia

3.4. L’accesso alle informazioni ambientali nella Convenzione di Aarhus.

3.4.1. Segue: quanto alle modalità di accesso “passivo”.

Se l’articolo ora esaminato definisce l’oggetto delle informazioni ambientali, gli articoli 4 e 5 della Convenzione di Aarhus disciplinano, invece, le concrete modalità di accesso alle stesse, differenziandosi per la circostanza che l’articolo 4 sancisce il diritto del pubblico a richiedere le informazioni alle autorità governative ed il corrispondente dovere di queste ultime a di fornire una risposta entro tempi predeterminati325, laddove il successivo articolo 5 prevede il dovere da parte delle autorità pubbliche di raccogliere e diffondere informazioni di pubblico interesse, indipendentemente dalle formulazione di specifiche richieste in tal senso326. In particolare, l’articolo 4327, rubricato proprio

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Si parla in questo caso di accesso “passivo” alle informazioni ambientali, in considerazione del fatto che l’amministrazione pubblica non ha alcun obbligo di adoperarsi per diffondere le informazioni di cui è in possesso, essendo, viceversa, unicamente gravata del dovere di non opporsi irragionevolmente innanzi ad una richiesta di informazioni ambientali proveniente dai soggetti legittimati. Al riguardo si veda: S. De Abreu Ferreira, “Passive

Access to Environmental Information in the EU. An Analysis of Recent Legal Developments”, in “European

Environmental Law Review”, Vol. 17 (4), pagg. 186 – 198, 2008.

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Si parla, invece, in quest’altra ipotesi di accesso “attivo” alle informazioni ambientali, proprio in ragione del differente comportamento richiesto alle autorità pubbliche.

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Così dispone l’articolo 4:

“1. Fatti salvi i paragrafi che seguono, ciascuna Parte provvede affinché, nel quadro della legislazione nazionale, le autorità pubbliche mettano a disposizione del pubblico le informazioni ambientali loro richieste, ivi compreso il rilascio, ove richiesto e ferma restando la lettera b), di copie dei documenti contenenti tali informazioni

a) senza che il pubblico debba far valere un interesse al riguardo; b) nella forma richiesta, salvo qualora:

i) l'autorità abbia validi motivi per renderle accessibili in altra forma, nel qual caso tali motivi devono essere specificati; o

ii) le informazioni siano già pubblicamente disponibili in altra forma.

2. Le informazioni ambientali di cui al paragrafo 1 devono essere messe a disposizione del pubblico non appena possibile e comunque entro un mese dalla presentazione della richiesta, a meno che il loro volume e la loro complessità non giustifichi una proroga del termine, che in ogni caso non può essere superiore a due mesi dalla

“Accesso alle Informazioni Ambientali”, statuisce al paragrafo 1 il generale obbligo per le autorità pubbliche degli Stati membri di fornire, nel quadro della legislazione nazionale, le informazioni ambientali loro richieste da qualsiasi persona fisica o giuridica e ciò – va sottolineato – senza che i richiedenti debbano addurre alcuna

presentazione della richiesta. Il richiedente deve essere informato delle eventuali proroghe e dei motivi che le giustificano..

3. Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta: a) se l'autorità pubblica cui è rivolta non dispone di tali informazioni;

b) se è manifestamente irragionevole o formulata in termini troppo generici; oppure

c) se riguarda documenti ancora in corso di elaborazione o comunicazioni interne delle autorità pubbliche, qualora tale deroga sia prevista dalla legge o dalla prassi nazionale, tenendo conto dell'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni.

4. Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:

a) la segretezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, ove sia prevista dal diritto nazionale; b) le relazioni internazionali, la difesa nazionale o la sicurezza pubblica;

c) il corso della giustizia, il diritto di ogni persona ad un processo equo o il potere delle pubbliche autorità di svolgere indagini di carattere penale o disciplinare;

d) la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, qualora essa sia tutelata dalla legge a salvaguardia di legittimi interessi economici; tuttavia devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell'ambiente;

e) i diritti di proprietà intellettuale;

f) la riservatezza dei dati personali e/o dei dossier riguardanti una persona fisica che non abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni al pubblico, qualora tale riservatezza sia tutelata dal diritto nazionale;

g) gli interessi dei terzi che abbiano fornito spontaneamente le informazioni richieste, senza essere o poter essere soggetti ad alcun obbligo legale in tal senso, e che non acconsentano alla divulgazione della documentazione; o h) l'ambiente cui si riferiscono le informazioni, ad esempio i luoghi di riproduzione di specie rare.

I motivi di diniego di cui sopra devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni nonché dell'eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell'ambiente.

5. Qualora non disponga delle informazioni ambientali richieste, l'autorità pubblica indica quanto prima al richiedente l'altra autorità pubblica alla quale ritiene possibile rivolgersi per ottenere tali informazioni, o inoltra la richiesta a tale autorità informandone il richiedente.

6. Ciascuna Parte provvede affinché, nei casi in cui le informazioni sottratte all'obbligo di divulgazione in forza del paragrafo 3, lettera c) e del paragrafo 4 possano essere stralciate senza comprometterne la riservatezza, le autorità pubbliche rendano disponibili le rimanenti informazioni richieste.

7. Il rigetto della richiesta deve essere notificato per iscritto quando la richiesta stessa è stata formulata per iscritto o quando il richiedente ne faccia domanda. La notifica deve precisare i motivi del diniego e fornire informazioni sull'accesso alle procedure di ricorso di cui all'articolo 9. Il diniego deve essere comunicato quanto prima e comunque entro il termine di un mese, a meno che la complessità delle informazioni non giustifichi una proroga, che in ogni caso non può essere superiore a due mesi a decorrere dalla richiesta.

Il richiedente viene informato delle eventuali proroghe e dei motivi che le giustificano.

8. Ciascuna Parte può autorizzare le autorità pubbliche a subordinare il rilascio di informazioni al pagamento di un corrispettivo, che tuttavia non può superare un importo ragionevole. Le autorità pubbliche che intendono rilasciare informazioni a titolo oneroso mettono a disposizione dei richiedenti un tariffario, indicando i casi in cui il rilascio delle informazioni è soggetto o non è soggetto a pagamento e i casi in cui è subordinato al pagamento anticipato del corrispettivo.”

particolare motivazione alla base della stessa. La disposizione impone, quindi, preliminarmente alle Parti di dotarsi di una cornice normativa idonea a supportare le prescrizioni contenute in tale articolo della Convenzione, specificando, altresì, alcune regole relative ai modi ed ai tempi entro cui adempiere alle predette richieste, nonché una serie di ipotesi derogatorie in cui gli Stati hanno la facoltà di respingere le domande di accesso alle informazioni.

Quanto alle modalità con cui la richiesta deve essere soddisfatta, la Convenzione precisa che gli Stati rispondono utilizzando il supporto formale sollecitato dall’istante, restando, tuttavia, ferma la possibilità per l’autorità pubblica di utilizzarne un altro qualora in tal senso vi siano validi motivi, che devono essere però esplicitati nella risposta. In pratica ciò è ammesso quando il ricorso ad altro supporto formale sia ragionevole in considerazione della tipologia della documentazione materiale da rilasciare o della circostanza che la stessa è già pubblicamente disponibile in altro formato.

Relativamente alla tempistica, l’articolo 4 fa obbligo agli Stati di rispondere alla domanda di accesso alle informazioni “non appena possibile” e, comunque, entro un mese dalla sua presentazione, prevedendosi, tuttavia, la possibilità di ritardare tale risposta fino ad un massimo di due mesi dalla presentazione in ragione del volume della documentazione a cui si vuole accedere o della particolare complessità della richiesta. Inoltre, qualora l’informazione non sia nella materiale disponibilità dell’autorità cui è stata richiesta, questa dovrà “quanto prima” indicare l’amministrazione pubblica reputata in possesso della stessa, ovvero provvedere ad inoltrare direttamente la richiesta.

E’ interessante, altresì, sottolineare che la Convenzione autorizza le Parti a prevedere la corresponsione di un corrispettivo al quale subordinare il rilascio delle informazioni, obbligandole però in tal caso a dotarsi di un tariffario pubblico e precisando che, ad ogni modo, la richiesta di pagamento non può superare un importo equo, tale da non trasformarsi in un’indebita barriera e da consentire, quindi, a chiunque di esercitare i diritti previsti in Convenzione.

Come si diceva, questa individua talune fattispecie che consentono agli Stati di rifiutarsi di accogliere la richiesta di accesso alle informazioni ambientali.

Ciò è ammissibile, a mente dell’articolo 4, paragrafo 3, innanzitutto nel caso in cui l'autorità pubblica cui è rivolta la domanda non disponga delle informazioni richieste.

Ma a legittimare il rifiuto non è sufficiente la circostanza che l’informazione sia in possesso di altra autorità pubblica, in quanto in questa evenienza trova applicazione la disposizione innanzi menzionata e deve trattarsi, invece, di una impossibilità oggettiva, attinente al contenuto dell’informazione, che è tale da escluderne il possesso da parte della pubblica amministrazione, siccome del tutto sottratta alla sua sfera di intervento. In secondo luogo, la richiesta potrà essere disattesa qualora risulti “manifestamente irragionevole”, sia formulata in termini troppo generici, ovvero riguardi documenti non definitivi, ancora in corso di elaborazione o “comunicazioni interne delle autorità pubbliche”. I concetti di manifesta irragionevolezza ed eccessiva genericità non sono spiegati nella Convenzione, rimettendosi, pertanto, ai singoli Stati il compito di darvi concretezza, ferma restando la necessità di individuare criteri idonei a contemperare le finalità di trasparenza della Convenzione con l’esigenza dello Stato di non essere intralciato nella sua azione da richieste irrazionali.

Agevolmente si comprendono, poi, le ragioni alla base dell’esclusione dei documenti che siano ancora in fase di elaborazione, il cui contenuto potrebbe, pertanto, anche profondamente cambiare rispetto a quello esistente al momento della richiesta. Gli effetti dell’esclusione risultano, per altro, notevolmente attenuati dalla possibilità – prevista dai successivi articoli – di garantire la partecipazione dei soggetti legittimati, sin dalle fasi iniziali, ai processi decisionali relativi all’elaborazione di piani e programmi in materia ambientale, ciò che comporta necessariamente la possibilità di avere accesso anche a documenti non definitivi, ancora in fase di formazione.

Qualche difficoltà interpretativa in più presenta, invece, l’enunciato concernente la possibilità di escludere dall’obbligo informativo le comunicazioni interne delle autorità pubbliche, eventualità che la Convenzione subordina all’esistenza di una conforme previsione dell’ordinamento interno di ciascuno Stato, sancita da una specifica disposizione asseverata dalla “prassi nazionale”. In assenza di una chiara definizione del concetto di “comunicazione interna” e degli elementi che inducono a ritenere esistente una “prassi nazionale”, la disposizione lascia notevoli margini di discrezionalità a ciascun Paese in ordine al contenuto del precetto valido nell’ordinamento nazionale, al quale scopo la norma prevede, altresì, che la pubblica amministrazione tenga in considerazione, nel momento di effettuare una valutazione circa l’opportunità di opporre - o meno - tale causa di esclusione, anche l'interesse pubblico tutelato dalla

divulgazione delle informazioni (public interest served by disclosure). Riferimento, codesto, che risulta ambiguo perché se, da un lato, sembra sottolineare l’importanza di rafforzare gli interessi pubblicistici alla trasparenza delle informazioni di cui è portatrice la Convenzione, dall’altro si presta ad essere interpretato nel senso di non autorizzare la diffusione di informazioni suscettibili di porre in pericolo la collettività. E in tal senso la disposizione appare quanto meno generica ove si consideri che numerosi ipotesi di esclusione legate alla necessità di tutelare interessi particolarmente sensibili - come quello di ogni cittadino alla riservatezza - ovvero interessi superiori dello Stato - quali la sicurezza pubblica, la difesa nazionale o il corso della giustizia - sono autonomamente previste da specifiche prescrizioni.

Queste sono analiticamente contenute nel successivo paragrafo 4) dello stesso articolo, che, nello specifico, riconosce agli Stati la facoltà di rifiutare l’accesso alle informazioni ambientali la cui divulgazione possa pregiudicare: la confidenzialità e la segretezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche (che siano espressamente regolamentate dal diritto nazionale); le relazioni internazionali, la difesa nazionale e la sicurezza pubblica; lo svolgimento di indagini di carattere penale o disciplinare da parte delle pubbliche autorità ed in generale il corso della giustizia, ma anche il diritto di ogni persona ad un processo equo, la riservatezza dei dati personali e/o dei dossier riguardanti una persona fisica che non abbia consentito alla divulgazione delle informazioni al pubblico (sempre che tale riservatezza sia tutelata dal diritto nazionale). Altre ipotesi di esclusione riguardano la tutela degli interessi dei terzi che abbiano fornito spontaneamente certe informazioni senza esserne legalmente obbligati e che non acconsentano alla divulgazione della documentazione, nonché la tutela dei luoghi cui si riferiscono le informazioni328 e dei diritti di proprietà intellettuale.

Una particolare menzione conviene, infine, riservare all’esclusione, affine all’ultima menzionata, prevista a garanzia della “riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, qualora essa sia tutelata dalla legge a salvaguardia di legittimi interessi economici; tuttavia devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell'ambiente”. Tale disposizione ha la finalità di evitare che informazioni commerciali e/o industriali la cui riservatezza sia tutelata per legge e di cui la pubblica amministrazione sia in vario modo venuta in possesso in ragione del proprio

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ruolo istituzionale, possano essere indebitamente divulgate al pubblico, con il rischio di avvantaggiare impropriamente altri soggetti privati o pubblici. Alla stessa maniera, si è cercato di contenere il rischio che le autorità governative, talvolta poste “sotto pressione” da potenti gruppi imprenditoriali, opponessero in modo costante la necessità di garantire la riservatezza di legittimi interessi economici al fine di rifiutare richieste di accesso alle informazioni ambientali; e proprio a tale scopo la norma testualmente sancisce l’obbligo per gli Stati di divulgare in ogni caso informazioni relative alle emissioni rilevanti per la tutela dell’ambiente, così limitando in modo sostanziale i margini di applicazione di tale caso di esclusione.

Ad ogni modo, l’articolo 4 fornisce alle Parti un precisa indicazione in ordine all’esegesi delle menzionate fattispecie di esclusione, statuendo che “i motivi di diniego devono essere interpretati in modo restrittivo […] tenendo contodell'eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell'ambiente329”. Ciò vale ulteriormente a sottolineare l’obiettivo della Convenzione di limitare i margini di discrezionalità inevitabilmente concessi agli Stati contraenti nell’applicazione concreta della norma, nel contempo invitandoli ad assicurare in modo particolare l’accesso alle informazioni relative alla conoscenza dei livelli di emissioni inquinanti nell’ambiente. E, ai sensi del paragrafo 6 dello stesso articolo, l’ambito di discrezionalità risulta ancora più circoscritto, giacché, in presenza di informazioni solo in parte sottratte all’obbligo di divulgazione, le autorità pubbliche hanno il dovere di stralciare, se possibile senza comprometterne la riservatezza, le informazioni inibite e rendere disponibili le rimanenti informazioni richieste.

La disposizione su indicata prevede al successivo paragrafo 7) anche una precisa procedura che le pubbliche amministrazioni dovranno rispettare in caso di diniego di accesso. Un’eventuale determinazione negativa dovrà, infatti, essere in pratica330

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Anche in tale paragrafo si fa, invero, menzione al concetto di “interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni” (public interest served by disclosure), espressione che come si è detto, presenta qualche profilo di ambiguità. Tuttavia, in considerazione del tenore della disposizione in cui è inserita, che ha un chiaro contenuto limitativo alla discrezionalità degli Stati, ci sembra che essa al più indichi la necessità di effettuare un contemperamento tra le contrapposte esigenze alla tutela di interessi pubblici e/o privati potenzialmente pregiudicati dalla divulgazione delle informazioni ambientali e, d’altro lato, quello garantito dalla Convenzione all’accesso alle medesime informazioni, precisando che quest’ultimo potrà essere negletto solo in casi specifici ed attraverso

un’interpretazione restrittiva dei motivi di diniego.

330

La norma prevede, in effetti, che una risposta scritta sia necessaria solo quando la richiesta stessa è stata formulata per iscritto o il richiedente ne abbia fatto esplicita faccia domanda. Tuttavia, nella pratica è alquanto inusuale che simili richieste siano formulate verbalmente; inoltre normalmente (ed anche in Italia) sono le stesse autorità

sempre comunicata per iscritto e dovrà precisare i motivi che hanno condotto a tale diniego, nonché – particolare di notevole rilevanza – fornire informazioni in ordine all’accesso alle procedure di ricorso previste dall’articolo 9 della Convenzione. In tal modo si impone agli Stati di consentire con le modalità previste da quest’ultima norma (di cui si tratterà in seguito) un riesame amministrativo o giurisdizionale del provvedimento espresso di diniego, ciò che amplia evidentemente le garanzie di oggettività nell’adozione dei provvedimenti di accesso o di diniego alle informazioni, offrendo nel contempo alla collettività un efficace strumento per ottenere il rispetto delle prerogative tutelate dalla Convenzione.

Infine, analogamente a quanto avviene per i provvedimenti positivi, l’eventuale risposta negativa deve essere comunicata331 nel minor tempo possibile e “comunque entro il termine di un mese, a meno che la complessità delle informazioni non giustifichi una proroga, che in ogni caso non può essere superiore a due mesi a decorrere dalla richiesta”.

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