• Non ci sono risultati.

L’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.

Quarto Capitolo L’accesso alla giustizia nel diritto internazionale e comunitario dell’ambiente.

4.2. L’accesso alla giustizia nella Convenzione di Aarhus.

4.2.1. L’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.

Il sistema di accesso alla giustizia in materia ambientale disegnato dalla Convenzione di Aarhus non si limita, peraltro, a prevedere strumenti di rimedio volti a fornire tutela alle disposizioni convenzionali contenute nei primi due “pilastri” del medesimo trattato (c.d.

internal review), contemplando, altresì, all’articolo 9, paragrafo 3446, la possibilità per i “membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale” di accedere a procedure di ricorso di natura giurisdizionale od amministrativa avverso “gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale”.

Diversamente da quanto previsto nel paragrafo 2 del suddetto articolo, la norma in commento estende i provvedimenti assoggettabili a riesame fino a ricomprendervi in generale tutti gli atti ed omissioni contrari al diritto ambientale dei singoli Stati parte447, indipendentemente dal fatto che le denunciate illegittimità – formali o sostanziali – siano imputabili a condotte ascrivibili a soggetti pubblici o privati.

Ribadendo il ruolo fondamentale esercitato da gruppi ed organizzazioni non governative nel promuovere il rispetto della normativa interna e riconoscendo loro il potere di contestare la legittimità di atti ed omissioni posti in essere anche dai privati, la Convenzione di Aarhus – e la disposizione in commento in particolare – conferma, quindi, il suo contributo centrale sulla strada dell’attuazione del diritto ambientale dei

446

Così dispone l’articolo 9, paragrafo 3: “In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1

e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale”.

447

Si è discusso in ordine ai confini della definizione usata dalla Convenzione di “diritto ambientale nazionale” (nell’originale in lingua inglese “provisions of its national law relating to the environment”), che, in assenza di una chiara definizione contenuta nel testo del trattato, lascia sostanzialmente alle Parti il compito di definire quali normative vi rientrino e quali, invece, no. Il primo Meeting di una specifica Task Force sull’accesso alla giustizia istituita dalle Parti proprio per verificare e monitorare i problemi relativi a tale aspetto della Convenzione, ha ritenuto che al fine di chiarire la portata della suddetta disposizione un determinante parametro interpretativo sia da ricercare nella definizione di “informazioni ambientali” fornita dall’articolo 2, par. 3 della Convenzione medesima. Cfr.: i risultati di tale studio (Doc. ECE/MP.PP/WG.1/2006/4 del 15 marzo 2006, disponibile presso il sito web dell’U.N.E.C.E. www.unece.org.).

singoli Stati firmatari. E l’importanza è soltanto mitigata, ma non annullata448, dalle pur rilevanti cautele di cui è circondata la norma e dai rilevanti spazi di autonomia riconosciuti alle Parti nel disciplinare al loro interno l’esercizio del diritto di accesso alla giustizia ambientale.

La particolare formulazione della norma comporta, invero, che la concreta estensione del locus standi ai sensi del paragrafo 3 dipenda pressoché completamente dai criteri determinati dai singoli legislatori degli Stati, la cui discrezionalità al riguardo trova unico limite nell’impegno di non pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi generali della Convenzione449.

Pertanto solo quei soggetti che soddisfino i criteri (eventualmente) previsti dal diritto nazionale potranno agire dinanzi ai rispettivi organi giudiziari od amministrativi450 per ottenere, ad esempio, un provvedimento (anche di natura cautelare) che imponga il rispetto delle pertinenti norme antinquinamento da parte di una società - pubblica o privata - che gestisca un impianto di depurazione delle acque marine. Ed è del tutto evidente che la scelta di uno Stato di adottare criteri di legittimazione ad agire e stare in giudizio più o meno ampi, influisce non poco sull’effettiva attuazione della normativa ambientale e, in definitiva, sulle possibilità di tutela dell’ambiente in generale. Un esempio di particolare rilevanza in tal senso si trae dalla discussione aperta circa la compatibilità con la Convenzione di Aarhus dell’attuale meccanismo di accesso per le persone fisiche e giuridiche alla procedura di annullamento diretto degli atti comunitari ai sensi dell’articolo 230, comma 4 del Trattato CE (ora sostituito dall’articolo 263 a del nuovo Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), questione di cui si darà ampiamente conto in prosieguo.

Le disposizioni relative alla legittimazione ad agire vanno, peraltro, necessariamente collegate anche a quanto disposto dal successivo paragrafo 4451 dell’articolo 9, che

448

Cfr. al riguardo le tesi di J.EBBESSON (ed.), Access to Justice in Environmental Matters in the EU, cit., supra nota

40, pagg. 15 e ss.

449

E cioè, si ripete ancora, garantire un ampio e diffuso accesso alla giustizia nel settore ambientale.

450

Anche tale scelta, lo ricordiamo, è riservata alle opzioni di ciascuno Stato, purché indipendente, imparziale ed istituito per legge.

451

Dispone l’articolo 9, paragrafo 4: “Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono

offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.”

contiene precise indicazioni relative agli standards minimi qualitativi ed alle tipologie di rimedio che tutte le procedure di ricorso dovranno necessariamente soddisfare. Indipendentemente dal riferimento al “quadro delle legislazioni nazionali” (e, quindi, dalle differenti impostazioni di sistema), e nonostante un notevole margine di discrezionalità, la Convenzione di Aarhus impone a carico delle Parti l’onere di istituire al proprio interno sistemi di rimedio “adeguati ed effettivi” – tali, cioè, da consentire il raggiungimento degli obiettivi dalla stessa enunciati – compresa la possibilità di includere “injunction relief”. Il riferimento alla possibile emissione di misure cautelari è, del resto, di notevole importanza proprio nel settore del diritto dell’ambiente, in cui è cruciale intervenire prontamente, prima che si producano danni potenzialmente permanenti e non più rimediabili452, rispetto ai quali eventuali misure risarcitorie rischierebbero di essere insufficienti453.

Ancora nell’ottica dell’effettività di tutela, il paragrafo 4 è diretto a superare alcuni aspetti che influenzano negativamente l’accesso alla giustizia e che spesso si riscontrano negli ordinamenti delle Parti, alle quali, pertanto, richiede che le procedure di ricorso siano “eque, rapide e non eccessivamente onerose”. Ciò significa che tali procedure dovranno in primis scongiurare qualsiasi rischio di discriminazione, per qualunque ragione, e svolgersi altresì in tempi ragionevoli e senza barriere di tipo economico. Quest’ultimo aspetto merita particolare attenzione stante la forte limitazione che gli elevati costi dell’accesso alla giustizia pongono, soprattutto in alcuni Paesi, all’esercizio dei diritti consacrati nel terzo pilastro della Convenzione.

Il problema è amplificato rispetto ai singoli individui ed a numerose ONG, la cui natura di enti non lucrativi spesso le rende sprovviste di mezzi finanziari idonei a sostenere le spese necessarie per la copertura legale delle proprie azioni. Il problema dei costi non è limitato, peraltro, alle sole spese imposte dalle autorità pubbliche per potere avviare un’azione giudiziaria od amministrativa, né è circoscritto al pur rilevante problema della spesa necessaria per potersi avvalere dell’ausilio (spesso obbligatorio per legge) di

452

Si pensi al caso di uno stabilimento chimico che a causa di presunte negligenze nelle procedure di controllo sversi nell’acqua o nell’aria sostanze tossiche. In questo caso è determinante agire con estrema sollecitudine per evitare che

si producano danni gravi alla salute umana ed all’ambiente in generale. Senza, peraltro, pensare alle ipotesi in cui

una misura di tale tipo si renda opportuna per finalità probatorie.

453

specialisti del diritto454. Un ulteriore ostacolo di ordine finanziario – che frena maggiormente l’instaurazione di procedure di ricorso da parte delle associazioni ambientaliste – è da ricercare nel rischio, in caso di soccombenza in giudizio, di dovere potenzialmente fare fronte a gravose richieste di risarcimento danni, spesso non sopportabili455. Si pensi al riguardo, sin d’ora, alla recente proposta di legge formulata nell’ordinamento italiano, volta ad aggiungere i commi 5-bis e ter all’attuale articolo 18, comma 5, della legge 8 luglio 1986, n. 349456, in materia di responsabilità processuale delle associazioni di protezione ambientale. Tale proposta, il cui dichiarato intento sarebbe quello di “responsabilizzare l'attività delle associazioni di protezione ambientale, al fine di evitare che ricorsi amministrativi, manifestamente infondati, siano presentati al solo fine di ritardare la realizzazione di opere pubbliche”457, prevede un’automatica condanna al “risarcimento del danno oltre che alle spese del giudizio” nell’ipotesi che il ricorso da queste presentato avverso qualsiasi provvedimento ritenuto lesivo dell’interesse ambientale sia respinto dai Giudici per “manifesta infondatezza”. La disposizione, che presta il fianco a numerose censure rappresenterebbe, se approvata, indubbiamente un esempio di concreto ostacolo al libero esercizio di accesso alla giustizia, in considerazione della previsione di condanna ipso jure al risarcimento del danno (svincolata da ogni onere probatorio) e, d’altra parte, della nota aleatorietà e difficoltà di molti giudizi ambientali458.

Eppure, come si è detto, sono proprio le associazioni ambientaliste i soggetti cui viene riconosciuto un ruolo di particolare efficacia per reclamare il rispetto della pertinente

454

Che pure sono sovente alquanto onerosi. Al riguardo una misura che va nello spirito della rimozione degli ostacoli all’accesso alla giustizia potrebbe essere quella di introdurre sistemi di patrocinio gratuito o a condizioni di particolare favore.

455

Si pensi, ad esempio, alle milionarie richieste risarcitorie che potrebbero essere avanzate da un soggetto privato impegnato nella costruzione di un’autostrada il cui cantiere sia rimasto bloccato a seguito dell’accoglimento di una richiesta cautelare avanzata da un’associazione ambientalista per asserite violazioni della normativa ambientale, poi rivelatesi inesistenti.

456

L’attuale formulazione dell’articolo 18, comma 5, della suddetta legge, sancisce il diritto delle “associazioni

individuate in base all'articolo 13 della presente legge” di intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in

sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamenti di atti illegittimi. D’altra parte, l’articolo 13 della medesima legge 349 dell’8 luglio 1986, indica i criteri per individuare le associazioni ambientaliste di rilievo nazionale cui è riconosciuta la particolare capacità di stare in giudizio. In particolare, tale norma afferma che: “Le associazioni di

protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del consiglio nazionale per l'ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta”.

457

Proposta di legge n. 2271, presentata il 1° marzo 2009 presso la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana.

458

normativa ambientale459, e in questo senso è stato opportunamente sottolineato460 come la loro funzione di tipo pubblicistico dovrebbe indurre gli Stati ad adottare misure idonee a favorirne un ruolo più efficace. Non è, pertanto, un caso che il paragrafo 5461 dell’articolo in commento indichi espressamente, tra le misure da intraprendere per accrescere l’efficacia delle disposizioni in materia di accesso alla giustizia, appunto quella di introdurre meccanismi di assistenza volti ad eliminare o, quantomeno, ridurre le barriere di natura finanziaria, nonché gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia462. I quali obiettivi potrebbero essere raggiunti, come pure si è in precedenza accennato, attraverso la predisposizione di sistemi di patrocinio gratuito od agevolato ovvero attraverso l’abbattimento delle spese amministrative di accesso alla giustizia e, in generale, mediante un quadro normativo più favorevole all’attuazione del diritto ambientale: si pensi, sul punto, alla difficoltà di provare la violazione di leggi e regolamenti in materia di inquinamento, in assenza di precise soglie oltre le quali la condotta deve ritenersi illecita.

Il rischio, del resto, è proprio quello che gli obiettivi indicati dalla Convenzione di Aarhus siano pregiudicati da disposizioni che, pur in un quadro di formale accoglimento delle istanze convenzionali, si rivelino essere, nella sostanza, nascoste barriere all’accesso alla giustizia.

Deve essere sottolineato, infine, che la norma contiene un importante principio di trasparenza, postulando la necessità che le decisioni prese dagli organi giudiziari e/o amministrativi delle Parti, che si sono pronunciati sulle disposizioni della Convenzione, siano rese per iscritto e siano accessibili al pubblico.

459

Così si esprime M.MONTINI, Accesso alla giustizia per ricorsi ambientali, cit., supra, nota 40, pag. 268.

460

N.DE SADELEER, Access to Justice in Environmental Matters in the EU Member States, in Journal for European

Environmental and Planning Law, 2, 2005, pag. 22 e ss.

461

Dispone l’articolo 9, par. 5: “Per accrescere l'efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascuna Parte provvede affinché il pubblico venga informato della possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale e prende in considerazione l'introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all'accesso alla giustizia.”

462

In un interessante studio di N.DE SADELEER,G.ROLLER E M.DROSS reso su incarico della Commissione Europea

e teso a studiare i sistemi di accesso alla giustizia in materia ambientale in otto diversi Stati dell’Unione Europea, i suddetti Autori hanno sinteticamente suddiviso gli ostacoli all’accesso alla giustizia in 6 macro-gruppi, così identificati nel testo originale del lavoro: a) venue for action; 2) standing; 3) scope of the review (procedural or

Outline

Documenti correlati