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Il diritto all’ambiente quale nuovo diritto fondamentale tutelato dalla C.E.D.U.

Secondo Capitolo Il diritto all’ambiente quale diritto fondamentale europeo 2.1 La protezione dell’ambiente quale componente dei diritti individuali garantiti dalla

2.3. Il diritto all’ambiente quale nuovo diritto fondamentale tutelato dalla C.E.D.U.

La pur sintetica rassegna di giurisprudenza sin qui proposta consente di svolgere alcune riflessioni in ordine al percorso intrapreso circa vent’anni fa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla strada dell’estensione delle garanzie da essa tutelate ai fenomeni di degrado ambientale, nonché in ordine alla configurabilità ed al contenuto del diritto all’ambiente quale diritto fondamentale nel sistema della CEDU e nell’ordinamento dell’Unione Europea.

Al riguardo, occorre innanzitutto riconoscere alla Corte di Strasburgo l’indubbio merito di essere stato il primo Tribunale internazionale ad avere sancito l’esistenza di un legame diretto tra la tutela dei diritti umani e la protezione dell’ambiente, prendendo quindi atto della negativa e sempre maggiore incidenza che episodi di grave inquinamento possono avere sul godimento dei diritti umani previsti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali245. La Corte ha, successivamente, sviluppato una giurisprudenza che si è dimostrata sempre più sensibile alle necessità ambientali, nonostante il silenzio della Convenzione, enunciando nei casi suesposti, ed in altri simili, una serie di massime che hanno

243

Par. 115: “La Cour note que d'après la procédure de réglementation des activités économiques et sociales ayant

un impact sur l'environnement élaborée conformément à la loi no 137/1995 sur la protection de l'environnement, telle qu'elle était en vigueur à l'époque des faits, les autorités nationales devaient, dans le cadre d'un débat public, informer les intéressés de l'impact que l'activité industrielle pouvait avoir sur l'environnement [...]”

244

Par. 118: “Au niveau international, la Cour rappelle que l'accès à l'information, la participation du public au

processus décisionnel et l'accès à la justice en matière d'environnement sont consacrés par la Convention d'Aarhus du 25 juin 1998, ratifiée par la Roumanie le 22 mai 2000 [...]. Dans le même sens, la Résolution no 1430/2005 de l'Assemblée parlementaire du Conseil de l'Europe sur les risques industriels renforce, entre autres, le devoir pour les États membres d'améliorer la diffusion d'informations dans ce domaine”.

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Al riguardo, tra i contributi più rilevanti si vedano: M. R. ANDERSON, A. E. BOYLE, Human Rights Approaches to

Environmental Protection, Oxford-New York, 1998; M. POSTIGLIONE, Giustizia ed Ambiente Globale, Milano, 2001;

M. PALLEMAERTS, M. DÉJEANT-PONS, Human rights and the environment, Council of Europe Publishing, 2002; D.

SHELTON, The Environmental Jurisprudence of the European Court of Human Rights, 2003-2004; in The Global

Community. Yearbook of International Law and Jurisprudence, cit, 2004, (I), pagg. 301 e ss.; D. GARCÍA SAN JOSÉ,

Environmental protection and the European Convention on Human Rights (Human Rights File No. 21), Council of

Europe Publishing, 2005; AA.VV., Manual on Human Rights and the Environment - Principles Emerging from the

Case-law of the European Court of Human Rights, Council of Europe Publishing, 2006; F. HAUMONT, Le droit

fondamental à la protection de l’environnement dans la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales, in L’environnement, object d’un droit fondamentale, Alphen aan den Rijn, 2008;

individuato i parametri di ricevibilità delle denunce fondate su danni ambientali, giungendo per questa via a delineare i contorni di un autonomo diritto umano all’ambiente salubre.

Nel sistema paneuropeo di tutela multilivello dei diritti fondamentali, essa è riuscita pertanto a delineare compatibilmente con i limiti insiti nelle proprie regole procedurali e perciò non sempre in modo preciso, un sistema di rimedi per eventi lesivi dei diritti individuali che molto spesso non riescono a trovare adeguata giustiziabilità, né negli ordinamenti interni, né in alcuni casi – per i Paesi che ne fanno parte – all’interno dell’ordinamento dell’Unione Europea.

Ancorché nell’ottica di tutela dei tradizionali diritti umani positivamente sanciti nella C.E.D.U., le pronunce della Corte di Strasburgo sono pervenute a configurare la sussistenza di un autonomo bene giuridico ambiente, inteso come sintesi dei fattori che permettono e favoriscono la vita e lo sviluppo degli esseri viventi, perciò percependo nitidamente l’ontologica diversità della nozione di ambiente rispetto ai singoli beni oggetto dei diritti della persona. Ma occorre subito avvertire che tale percorso potrà dirsi compiutamente realizzato solo attraverso l’espressa inclusione nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo di un nuovo protocollo addizionale che aggiunga al novero dei diritti da essa tutelati il diritto ad un ambiente salubre. Se è, infatti, vero che la giurisprudenza della Corte ha già – come si è detto – contribuito a delineare il contenuto di un siffatto diritto, evidenziandone gli aspetti sostanziali246 e procedurali247 e giungendo nel caso Tatar – sia pure in obiter dictum – a decretarne l’autonoma sussistenza, appaiono, altresì, evidenti dall’analisi della suddetta casistica le criticità che la descritta evoluzione giurisprudenziale inevitabilmente presenta in ordine alla cornice giuridica nella quale ricondurre le predette violazioni ambientali248.

246

Es.: non consentire illegittime distruzioni del paesaggio; non essere esposti oltre certe soglie a emissioni inquinanti; non dovere sottostare ad eccessive immissioni acustiche.

247

Consistenti, in primis, nell’accesso attivo e passivo alle informazioni ambientali, a prescindere dalle normative vigenti all’interno dello Stato convenuto in giudizio.

248

Cfr. le osservazioni di R. O’CONNELL, Social and Economic Rights in the Strasbourg Convention, in R.

O’CONNELL (ed.), Rule of Law and Fundamental Rights of Citizens: the American and European Conventions on

Ci si riferisce – com’è stato opportunamente sottolineato249 – alle ambiguità ed ai limiti della norma ripetutamente identificata dalla Corte come di riferimento per il riconoscimento del diritto ad un ambiente salubre, cioè l’articolo 8 della Convenzione. Non v’è, infatti, dubbio che alcuni dei casi di lesione all’ambiente sottoposti all’attenzione della Corte di Strasburgo e decisi in base all’articolo 8 della C.E.D.U., potevano essere – ed in qualche caso sono stati – giudicati anche sotto il profilo della conformità con altri articoli della Convenzione, segnatamente con l’articolo 2 (relativo al diritto alla vita), l’articolo 6 (diritto ad un processo equo), l’articolo 1 del primo protocollo addizionale, l’articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo), l’articolo 10 (relativo alla libertà di espressione).

Il caso più evidente riguarda, come si è visto, l’uso alterno dell’articolo 2, relativo alla tutela del diritto alla vita, che non prevedendo alcun margine di discrezionalità tra interessi privatistici e pubblicistici, né alcuna possibilità di ingerenza da parte dello Stato, evidentemente appresta una tutela più stringente rispetto a quella fornita dall’articolo 8. Orbene, nei citati casi Guerra contro Italia e Tatar contro Romania, in cui pure era stata denunciata la violazione dell’articolo 2, stanti le gravissime conseguenze per l’integrità fisica e psichica dei ricorrenti, la Corte ha reputato non necessario (caso Guerra), ovvero ha del tutto escluso (caso Tatar), che le fattispecie al suo esame fossero da esaminare alla luce della compatibilità con l’articolo 2, ritenendo, invece, come si è detto, concretata la violazione minoris generis dell’articolo 8.

Le forti manifestazioni di dissenso espresse da alcuni componenti dei collegi giudicanti nei casi suddetti250, rafforzano la tesi di coloro che, come chi scrive, ritengono che in questi ed altri casi in cui episodi di grave inquinamento ambientale comportavano seri rischi per la vita, la Corte abbia preferito fare riferimento all’articolo 8, più che per ragioni di sistematica giuridica, per la maggiore elasticità che la disposizione offre nel giudicare la condotta delle autorità pubbliche251.

249

Cfr. : F. HAUMONT, pagg. 7-55, cit supra nota 96;

250

Ci riferiamo soprattutto alla dissenting opinion del Giudice Jambrek nel caso Guerra contro Italia, nonché alla

dissenting opinion del Giudice Zagrebelsky nel caso Hutton.

251

M. FALLON, Droit Fondamental à l’Environnement, in L’environnement, object d’un droit fondamentale, Alphen

In effetti, il positivo ed ormai consolidato indirizzo di conferire all’articolo 8 una dimensione procedurale oltre che sostanziale – sanzionando, quindi, lo Stato, come è avvenuto nel caso Guerra, per non avere diffuso adeguate informazioni alla collettività sui rischi connessi alla presenza di attività industriali particolarmente pericolose – apre la strada ad ulteriori considerazioni. Come potrebbe, ad esempio, negarsi che senza alcun particolare sforzo interpretativo la stessa fattispecie poteva essere considerata ugualmente come una violazione dell’articolo 2, a cui pure (caso Oneryiliz) è stata riconosciuta una dimensione procedurale? L’Italia, come si ricorderà, è stata sanzionata ai sensi dell’articolo 8 per non avere fornito alla comunità di Manfredonia, residente nelle vicinanze dell’Enichem, informazioni sulla pericolosità dello stabilimento che, se conosciute, avrebbero permesso loro di valutare l’opportunità di non fissare in quella zona la propria residenza ovvero di traslocare altrove. Ebbene, seguendo lo stesso ragionamento, come potrebbe escludersi che non fornire le medesime informazioni sull’estrema rischiosità dell’impianto non comporti anche una violazione del diritto alla vita?

E’ difficile negare, cioè, che episodi di inquinamento possano, quanto meno nel medio- lungo periodo, fondatamente comportare dei rischi per la salute pubblica e per la vita stessa, ancorché non necessariamente ciascuno si traduca in una violazione del diritto alla vita. Sono evidenti, cioè, le difficoltà e le incongruenze insite nel fare riferimento all’articolo 8 anche in vicende in cui esso può trovare applicazione, al più, in modo secondario rispetto ad altre disposizioni della Convenzione, specificamente volte a tutelare il bene giuridico “vita”, indubbiamente meritevole di protezione prioritaria. Altro punto di criticità dell’esegesi dell’articolo 8 elaborata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, riguarda l’indeterminatezza della c.d. soglia di gravità che le minacce ambientali devono raggiungere per essere potenzialmente lesive del diritto al rispetto della vita privata e familiare (o del domicilio). Si tratta, in effetti, di un criterio di pura elaborazione giurisprudenziale, non ancorato ad alcun parametro positivamente previsto e, pertanto, caratterizzato da notevoli dubbi applicativi la cui risposta è sostanzialmente rimessa al discrezionale apprezzamento dei giudici.

In definitiva, le considerazioni svolte rafforzano la proposta - già oggetto di una recente raccomandazione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa252 - di aggiungere al catalogo dei diritti garantiti dalla C.E.D.U., con le modalità che saranno ritenute più opportune, il diritto all’ambiente salubre, quale autonoma posizione giuridica soggettiva il cui contenuto, pur già sufficientemente delineato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, richiede un ulteriore sforzo di sistemazione giuridica.

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