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Il caso della minoranza che detiene un potere di blocco sostanziale:

Analisi di alcuni casi giurisprudenziali e delle rispettive ipotesi dottrinal

1. L’ ipotesi di abuso esterno all’adunanza assembleare: l’abuso del diritto di richiedere la convocazione da parte del socio ex art 2367 c.c.

2.2 Mancata approvazione di una delibera di aumento del capitale sociale

2.2.2 Il caso della minoranza che detiene un potere di blocco sostanziale:

l’ordinanza del Tribunale di Milano del 28 novembre 2014

Una seconda decisione di fondamentale importanza, in materia di abuso dei soci di minoranza realizzato attraverso un comportamento ostruzionistico, è rappresentata da un’ordinanza del Tribunale di Milano, datata 28 novembre 2014, nella quale si vedono contrapposti J.F. Kalma, altri e FULLSIX S.P.A. (da ora in avanti F6) a WPP Dotcom Holdings LCC (da ora in avanti WPP)150.

Per la precisione questa ipotesi si annovera all’interno del c.d. “abuso del blocco di fatto”, cioè fra quei casi in cui il socio di minoranza seppur abbia una partecipazione minoritaria, a causa della presenza dei soci polverizzati, detiene una posizione rilevantissima; situazione più comune rispetto a quella in cui vi sia una situazione di blocco anche da un punto di vista formale151.

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L’ordinanza alla quale farò riferimento anche per la descrizione dei fatti è quella del Trib. Milano 28 novembre 2014 con la nota di TONIOLO, La delibera “negativa” dell’assemblea: un

futuro ancora incerto, in Giur. Comm., 2016, II, pp. 200 ss. Ordinanza poi richiamata da molti

Autori che hanno elaborato contributi in materia di delibera negativa ex multis PINTO, Il problema

dell’impugnazione della delibera negativa nella giurisprudenza delle imprese, in Riv. dir. civ., pp.

911 ss.; PUPO, L’impugnazione della delibera negativa, in Riv. Soc., 2016, II, pp. 333 ss.; GABOARDI, Delibera assembleare negativa e tutela cautelare d’urgenza (profili processuali), in

Società, 2015, pp. 711 ss.; DI BITONTO, Abuso del diritto di voto a carattere ostruzionistico (c.d. “delibere negative”: profili sostanziali), in Società, 6/2015, pp. 700 ss.

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In giurisprudenza è noto un unico caso, quello del Lodo arbitrale, 18 dicembre 2006, in Corr.

Partendo da un’analisi delle domande dei ricorrenti (J.F. Kalma, altri e Fullsix S.p.a.) possiamo constatare come questi richiedessero l’accertamento e la dichiarazione che il socio WPP (convenuto in giudizio), nell’assemblea straordinaria convocata per la approvazione di una delibera di aumento del capitale di F6, avesse esercitato il diritto di voto in conflitto di interessi152, in violazione dell’art. 2373 c.c., o in subordine avesse abusato del suo diritto di voto. Come conseguenza dell’abuso si chiede di annullare le deliberazioni assembleari “negative” con le quali si è rigettato le proposte di aumento del capitale e la costituzione in via giudiziale degli effetti delle proposte di aumento rigettate, oltre che al risarcimento danni in favore dei ricorrenti153.

Le eccezioni preliminari dei convenuti (WPP) consistono, invece, nella inammissibilità dell’impugnazione della delibera negativa e nella inammissibilità

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Domanda che a noi non interessa analizzare in questo paragrafo poiché, come abbiamo detto nel cap. I, presuppone un contrasto tra interessi differenti (quello del socio e quello sociale) rispetto a quelli oggetto di analisi in questo paragrafo (interessi dei soci di maggioranza e dei soci di minoranza). La parte della sentenza che esamina la domanda dei ricorrenti per verificare la sussistenza di un conflitto di interessi è però di fondamentale importanza per comprendere come, anche nella prassi, la giurisprudenza sia giunta a distinguere l’ipotesi del conflitto di interessi nell’esercizio del diritto di voto dall’ipotesi dell’abuso del diritto di voto. Vedi Trib. Milano 28 novembre 2014 con nota di TONIOLO, La delibera “negativa” dell’assemblea: un futuro ancora

incerto, in Giur. Comm., 2016, II, p. 204, paragrafo 1.5.1 dove esamina la domanda giudiziale del

conflitto di interessi e paragrafo 1.5.2 dove, invece, esamina la domanda giudiziale di abuso del diritto di voto.

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Sull’impugnabilità delle delibere negative, sulla eventuale costituzione in via giudiziale degli effetti della delibera e sulla possibilità di prevedere un risarcimento danni si rinvia al cap. III dove si riprenderà questa sentenza.

del ricorso ex art. 700 c.p.c. volto a far dichiarare gli effetti di una delibera mai adottata dalla società154.

Dopo aver delineato le domande introduttive e le rispettive eccezioni delle parti, passiamo ad esaminare l’oggetto della controversia. La compagine sociale di F6 (Fullsix S.p.a.) è così composta: il sig. M. B. ha una partecipazione diretta che ammonta al 3,6% del capitale sociale, lo stesso detiene indirettamente, attraverso la Blugroup s.r.l., il 45,69 % del capitale, la WPP detiene il 29,98 %, mentre il 20,73 % del capitale è flottante.

La società F6 aveva proposto delle delibere di aumento del capitale al fine di reperire nuove risorse finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi strategici e per il sostentamento dello sviluppo del gruppo, oltre che per riequilibrare la struttura finanziaria della società. Il presidente dell’assemblea dei soci aveva proposto la delibera degli aumenti suddetti nei seguenti termini: un primo aumento di €1.242.479,00 con diritto di opzione per i soci escluso il sovraprezzo e, in caso di reiezione della proposta, un secondo aumento, delegato però al C.d.A., di €4.999.999 senza diritto di opzione, ma già comprensivo di sovraprezzo.

Lo statuto della società rinviava all’art. 2368 c.2 per l’approvazione delle delibere in assemblea straordinaria e di conseguenza prevedeva un quorum costitutivo del 50% del capitale sociale e un quorum deliberativo dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Nel caso di specie in assemblea era presente

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Nel caso di specie i ricorrenti avevano esperito una domanda per l’instaurazione di un procedimento di urgenza volto ad ottenere la tutela richiesta ed evitare che la mancata approvazione della delibera potesse causare un danno alla società.

l’80% del capitale sociale e di conseguenza il quorum deliberativo era pari al 53%. Le delibere suddette, però, sono state entrambe rigettate per mancato raggiungimento del quorum deliberativo, infatti, in assemblea si è avuto il voto favorevole di Marco Benotti, di BG s.r.l. ed altri per un percentuale totale pari al 50,096 %, ma il voto contrario di WPP che detiene il 29,98 % del capitale sociale.

WPP ha motivato il suo diniego, riproponendo ciò che aveva già espresso in una precedente delibera di aumento del capitale risalente al 2013, facendo riferimento alla situazione di crisi finanziaria in cui versa la società e nella inopportunità di un aumento di capitale destinato ad essere coperto dal socio di maggioranza BG s.r.l. attraverso una compensazione con una porzione del credito, che lo stesso BG vantava nei confronti della società F6 per un pregresso finanziamento. Infatti WPP asserisce che la conversione del credito di BG verso la società sia l’unico reale scopo dell’aumento di capitale, inoltre, vista la condizione di crisi della società, il credito avrebbe un valore di mercato inferiore a quello che BG vorrebbe ricavare dalla conversione di capitale.

Concentrandosi sull’analisi, che il tribunale ha effettuato, della domanda giudiziale di abuso del diritto di voto155, si può comprendere come i ricorrenti ritengano che WPP abbia in realtà votato solo per determinare uno svantaggio in capo a F6, prolungandone la crisi fino ad una eventuale riduzione per perdite ex art. 2446 c.c. e, quindi, abusando del suo diritto di voto. Ma il tribunale effettuando una valutazione a ritroso dei comportamenti di WPP ha rilevato come

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Si rinvia alla sentenza del Trib. Milano 28 novembre 2014, in Giur. Comm., 2016, II, p. 204 per lo studio e le considerazioni relative alla domanda di condanna per violazione della norma sul conflitto di interessi ex art 2373 comma 2 c.c.

in realtà, precedentemente, essa si era astenuta nella votazione di un aumento di capitale del 2007, mentre aveva votato favorevolmente ad un aumento di capitale del 2008 (aumento poi non eseguito per motivi differenti), di conseguenza la sua condotta non può considerarsi, in assoluto, “ostile” nei confronti della società e soprattutto degli altri soci (di maggioranza).

Inoltre BG s.r.l. replica, all’accusa di aver programmato l’aumento di capitale con il fine di convertire il suo precedente finanziamento da capitale di credito a capitale di rischio (evitando così di non poterlo recuperare in caso di insolvenza della società), evidenziando che il debito di F6 nei suoi confronti risale al 2006 e solo grazie al suo finanziamento la società ha potuto proseguire la sua attività; inoltre avendo F6 un patrimonio netto ampiamente positivo, sebbene inferiore al nominale, il finanziamento verrebbe restituito alla BG s.r.l. anche in caso di liquidazione, perciò la conversione del capitale di credito in capitale di rischio è legittima e, contrariamente a quanto sostenuto dalla controparte, a suo svantaggio.

Infine il tribunale osserva che, con riferimento alla sussistenza o meno di un’ipotesi di abuso di minoranza, non rileva se l’aumento di capitale sia o meno giustificato o se la conversione del finanziamento del socio in capitale di rischio sia o meno legittima o, ancora, se tale operazione sia agevole per la società, ma piuttosto rileva se il socio WPP abbia o meno utilizzato in modo scorretto il suo diritto di voto e se egli abbia fatto un cattivo utilizzo della discrezionalità, non tecnica ed ampia, che ha nell’esercizio di tale diritto, a tal punto da sconfinare in un arbitrio dannoso per il socio di maggioranza e per la società. È proprio effettuando tale valutazione che il tribunale ha concluso che nell’esercizio del

diritto di voto WPP non ha abusato della sua discrezionalità e ha ritenuto che la sua motivazione sia coerente e soddisfacente, a tal punto da ritenere la sua decisione legittima, anche alla luce dei fatti di causa menzionati156.

Nonostante in questa decisione non sia stato dichiarato l’abuso del socio di minoranza, sono interessanti le molteplici considerazioni fatte dal Tribunale di Milano. In primo luogo quella secondo cui non vi è un diritto della società all’aumento di capitale che possa essere tutelato in via generale ed assoluta, così come non vi è un obbligo del socio di votare nell’interesse della società, vista anche la difficoltà, più volte sottolineata, di individuare quale sia l’interesse sociale. Riguardo a quest’ultimo il tribunale evidenzia come c’è chi ritiene che non sia altro che l’interesse del socio di controllo e chi sottolinea come non vi sia un fondamento positivo dell’obbligo di voto del socio, ma vi sia una discrezionalità ampia nell’esercizio di tale prerogativa sociale, fatti salvi i casi limite di conflitto di interessi e di abuso.

In secondo luogo l’ordinanza effettua un’importante distinzione tra le due ipotesi che fungono da casi limite all’esercizio del diritto di voto, differenzia infatti l’ipotesi del conflitto di interessi, attraverso un’attenta analisi dello stesso, da quella dell’abuso. Per quanto riguarda l’ipotesi del conflitto di interessi il tribunale riprende ciò che la dottrina prima e la giurisprudenza poi hanno già in passato affermato; affinché sussista un vizio della deliberazione rilevante ex art. 2373 c.c. occorrono tre requisiti : l’individuazione dell’interesse della società soddisfatto con la deliberazione adottanda, l’individuazione dell’interesse

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Per un approfondimento vedi Trib. Milano 28 novembre 2014 con nota di TONIOLO, op. cit., p. 208

perseguito dal socio con il voto sulla deliberazione adottanda e un rapporto di incompatibilità tra l’interesse della società e quello del socio tale per cui in caso di non approvazione (per le ipotesi di delibera negativa) della proposta, l’interesse della società verrebbe sacrificato e quello del socio verrebbe soddisfatto. Ciò che è importante ai fini della valutazione giudiziale è, inoltre, l’entità e la natura dell’incompatibilità dei due interessi e il fatto che tale incompatibilità abbia ricadute sul patrimonio di entrambi i soggetti in conflitto157.

Per quanto riguarda, invece, l’ipotesi dell’abuso si rinvia alle considerazioni sopra svolte dal tribunale, che si riferivano al caso di specie, ma che possono essere considerate applicabili a tutti i casi analoghi; inoltre si aggiunge che la discrezionalità ampia del socio nell’esercitare il suo diritto di voto permette a quest’ultimo di effettuare le scelte più vicine al suo interesse personale, laddove poi, però, la sintesi degli interessi particolari è attuata mediante l’applicazione del principio maggioritario. Tale ampia autonomia, però, non può giungere fino a determinare un blocco nel funzionamento del principio maggioritario motivato dal solo intento di nuocere alla società e agli altri soci. Le fattispecie abusive sono, anche secondo i giudici di questa corte, caratterizzate dal fatto che il voto del socio abusante è volto esclusivamente a danneggiare altri soci in assenza di ragioni giustificatrici158.

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Ricadute che possono individuarsi nel danno emergente, nel lucro cessante, nell’incremento patrimoniale o risparmio di spesa.

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Possono esserne sintomi la mancanza di motivazione del voto, l’esclusivo vantaggio proprio o di terzi perseguito dal socio abusante e la mancanza di vantaggio od il danno all’interesse sociale. Si badi bene, sintomi, non elementi costitutivi o presupposti. Contrariamente può costituirne esimente il vantaggio recato all’interesse sociale.

Come già anticipato dalla dottrina ripresa nel precedente capitolo, la conferma dell’autonomia dell’abuso dalla fattispecie del conflitto di interessi ci viene data dalla natura contrattualistica posta alla base della figura dell’abuso nel voto; infatti il contratto sociale prevedendo l’esercizio in comune tra i soci di un’attività economica a scopo di lucro (come disposto dall’art. 2247 c.c.), impone ai soci doveri di collaborazione per il perseguimento dello scopo, doveri accentuati dalla possibilità di estendere l’applicazione dei principio di buona fede e correttezza anche alle deliberazioni assembleari come atti esecutivi del contratto sociale, come oramai affermato da alcune importanti sentenze della Corte di Cassazione159.

In terzo ed ultimo luogo il tribunale sottolinea la differenza tra l’abuso di maggioranza e l’abuso di minoranza; infatti il voto della maggioranza, seppur nocivo per i soci minoritari, non risulta incompatibile con l’interesse sociale, ma piuttosto strumentalizza quest’ultimo in danno alle minoranze, diversamente da quanto sopra osservato per l’abuso della minoranza.

Possiamo, quindi, concludere ritenendo che questa ordinanza del Tribunale di Milano, seppur emessa nella fase cautelare, sia di fondamentale importanza per la comprensione degli sviluppi giurisprudenziali in materia di abusi dei soci in generale e dei soci di minoranza in particolare; grazie anche alla comparazione che i giudici della corte hanno effettuato tra questi e l’istituto, vicino ma diverso, del conflitto di interessi. A conferma dell’importanza di questa pronuncia

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Già riprese nel cap. I: Cass., 26 ottobre 1995, n.11151; Cass., 12 dicembre 2005, n. 27387. In dottrina vedi JAEGER, Cassazione e contrattualismo societario: un incontro?, in Riv. giur.

troviamo i molteplici richiami dei quali essa è oggetto negli articoli e nelle monografie degli studiosi che hanno affrontato il tema in questione.