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I quorum costitutivi e quelli deliberativi come strumenti che regolano

Analisi di alcuni casi giurisprudenziali e delle rispettive ipotesi dottrinal

1. L’ ipotesi di abuso esterno all’adunanza assembleare: l’abuso del diritto di richiedere la convocazione da parte del socio ex art 2367 c.c.

2.1 I quorum costitutivi e quelli deliberativi come strumenti che regolano

la dialettica assembleare

Prima di addentrarci nell’ipotesi dell’abuso appena detta, dobbiamo aprire una breve parentesi sui quorum costitutivi e deliberativi necessari per la regolare costituzione e l’approvazione delle delibere nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società per azioni. Ancora una volta sarà necessario effettuare, solo per le assemblee straordinarie, però, la distinzione tra società quotate e società non quotate. Invece per le assemblee ordinarie i quorum costitutivi e deliberativi sono gli stessi sia per le società non quotate che per quelle quotate e per quest’ultime sia in caso di sistema con pluralità di convocazioni sia in caso di sistema a convocazione unica. Tali quorum consistono, in prima convocazione, per quanto riguarda quello costitutivo nel 50% del capitale e per quello deliberativo nel 50% più uno del capitale che ha preso parte alla votazione; in seconda convocazione, non vi è quorum costitutivo e quello deliberativo consiste nel 50% più uno del capitale che ha preso parte alla votazione.

minoranza, iniziano ad impugnare le delibere rigettate a causa dei comportamenti ostruzionistici dei soci minoritari.

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Vedi BUONOCORE, L’ostruzionismo degli azionisti nelle assemblee delle società per azioni, in Riv. Soc., 1970, pp. 291 ss.

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Importante in questo senso sono le opere di PISANI MASSAMORMILE, Minoranze “abusi” e

rimedi, Giappichelli, Torino, 2004 e NUZZO, L’abuso della minoranza. Potere, responsabilità e danno nell’esercizio del voto, Giappichelli, Torino, nelle quali si prende in considerazione questa

Per le assemblee straordinarie delle società quotate, si deve tenere in considerazione del cambiamento avvenuto con le riforme, già citate, del 1998, del 2003 e i successivi interventi del 2010 e del 2012138.

Per quanto riguarda le assemblee straordinarie139, ad oggi, bisogna distinguere tra il sistema con una pluralità di convocazione e il sistema con un’unica convocazione140

. Nel sistema con una pluralità di convocazioni, la prima, richiede un quorum costitutivo del 50% del capitale e un quorum deliberativo dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea, la seconda, un

quorum costitutivo di un terzo più uno del capitale e un quorum deliberativo dei

due terzi del capitale rappresentato in assemblea; infine la terza convocazione prevede un quorum costitutivo del 20% del capitale e un quorum deliberativo dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea141.

Nel sistema con unica convocazione, sempre per le assemblee straordinarie, il quorum costitutivo ammonta al 20% del capitale e quello deliberativo ai due terzi del capitale rappresentato in assemblea.

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Le riforme a cui si fa riferimento consistono nell’approvazione: del d.lgs. n. 58/1998 (c.d. riforma Draghi), d.lgs. n. 6/2003, d.lgs. n. 27/2010 e infine il d.lgs. n. 91/2012.

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Nelle quali si dispongono le modificazioni dello statuto, come ad es. l’aumento di capitale sociale.

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Questa distinzione è necessaria perché nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il sistema a pluralità di convocazioni non è più obbligatorio. Lo statuto può infatti prevedere ancora oggi una pluralità di convocazioni, ma se non lo fa la disposizione legale prevede che le assemblee di queste società si tengano in un’unica convocazione alla quale si applicano le maggioranze più basse previste dal sistema con più convocazioni (v. CAMPOBASSO, Diritto

commerciale, nona edizione, UTET, Torino, 2015, Vol. 2, p. 318). 141

Tralasciamo i quorum speciali, per i quali si veda la tabella redatta da CAMPOBASSO, op. cit., p. 319.

Per le assemblee straordinarie delle società non quotate non c’è la distinzione tra sistema con pluralità di convocazioni e sistema a convocazione unica, infatti, quest’ultima ipotesi non è prevista. Piuttosto nel sistema con pluralità di convocazioni, la prima, non prevede nessun quorum costitutivo e un

quorum deliberativo pari al 50% più uno del capitale; per la seconda

convocazione, invece, si applicano gli stessi quorum previsti per le società quotate (un terzo più uno del capitale come quorum costitutivo e due terzi del capitale rappresentato in assemblea come quorum deliberativo); per la terza convocazione si applicano i quorum previsti per la seconda142.

Questo elenco non è fine a se stesso, ma è fondamentale per comprendere le dinamiche interne alle società, quotate e non, e come possono concretizzarsi i possibili casi di abuso di minoranza.

Nelle società quotate in presenza di disinteresse da parte dei soci di minoranza, che si trasforma in un marcato assenteismo, per il socio di maggioranza diventerà più agevole assumere una delibera, al contrario in caso di minoranze organizzate diventerà più difficile per il socio di maggioranza approvare le delibere proposte e di conseguenza più facile per le minoranze far valere i loro interessi all’interno della società, potendo anche, in alcuni casi, utilizzare abusivamente i quorum richiesti per bloccare l’approvazione delle

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I quorum qui riportati sono quelli previsti dalla legge e in quanto tali innalzabili dall’autonomia privata dei soci. Nella nostra analisi terremo in considerazione i quorum legali, consci del fatto che l’autonomia statutaria potrebbe modificare (come spesso avviene nella prassi) alcune situazioni da noi prospettate.

delibere. Si è in questo senso parlato di normativa premiale per le minoranze che decidano di tenere un comportamento attivo143.

Ciò che rende problematico rinvenire un abuso nelle società quotate è la natura delle minoranze, come abbiamo visto nel capitolo precedente, tendenzialmente le minoranze sono rappresentate dai cc.dd. investitori istituzionali, cioè fondi di investimento, che nell’esercizio delle loro prerogative sociali devono perseguire gli interessi dei singoli investitori che hanno acquisito le loro partecipazioni. Quindi per rinvenire un’ipotesi di abuso non si dovrebbe guardare al rapporto tra l’interesse del fondo e quello del socio maggioritario nella società quotata, ma al rapporto tra l’interesse di quest’ultimo e l’interesse degli investitori che acquisiscono le partecipazioni del fondo. Così il problema consiste nel capire quale è l’equilibrio fra l’interesse di chi vuole produrre e quello di chi vuole remunerare il proprio risparmio144.

Nelle società non quotate, seppur le cose non siano mutate dopo le riforme suddette, ciò che cambia è la tipologia delle minoranze e gli interessi di quest’ultime che tornano ad essere quelli tipici degli azionisti privati. Anche per questi ultimi, però, visto che l’ordinamento italiano tiene in considerazione, per verificare la sussistenza di un abuso, del rapporto fra gli interessi dei soci e non di quello della società (alla sopravvivenza), sarà interessante andare a vedere cosa accade in caso di mancata approvazione di una delibera di aumento del capitale o di approvazione del bilancio, senza che a questo diniego la minoranza faccia

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Cfr. PISANI MASSAMORMILE, op. cit., p. 32; MONTALENTI, Corporate governance: la

tutela delle minoranze nella riforma delle società quotate, in Giur. Comm., 1998, I, pp. 329 ss. 144

corrispondere un interesse oggettivamente meritevole di tutela rispetto al danno causato all’interesse della maggioranza.

Per comprendere meglio le dinamiche finora ipotizzate andiamo ad analizzare alcuni casi concreti riscontrabili all’interno dei provvedimenti dei tribunali italiani.