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Le teorie dichiarativo – negozial

LA DELIBERA NEGATIVA E LE SANZIONI IN MATERIA DI ABUSO DI MINORANZA

2. La struttura dell’atto deliberativo e la sua natura giuridica

2.1 Le teorie dichiarativo – negozial

Prime fra queste due liee di pensiero sono le teorie dichiarativo – negoziali, le quali, come vedremo, dando una determinata qualifica all’atto deliberativo in generale, ci faranno concludere che in caso di delibera negativa non vi sia la formazione di alcuna volontà sociale e la proposta non si possa ritenere assunta, così che quest’ultima non possa essere ritenuta una delibera assembleare.

Cercando di analizzare più puntualmente queste teorie, si comprende come esse considerino la delibera assembleare come una fattispecie plurisoggettiva; un filo comune all’orientamento esaminato, che possiamo anche definire come teorie “dichiarative in senso ampio dell’atto collegiale”, è proprio la nozione di atto collegiale. Quest’ultimo viene ad essere considerato come “fattispecie che si caratterizza sul piano della struttura, cioè sul piano del processo formativo dello stato psichico di cui l’atto viene considerato la forma di estrinsecazione. Contrariamente, dal punto di vista del contenuto l’atto collegiale è reputato uno strumento dichiarativo neutro, idoneo ad esprimere in linea di principio qualunque tipo di pensiero”194

.

Questo fa si che, l’atto collegiale, non abbia una natura autonoma sul piano che distingue tra fatti, atti giuridici in senso stretto e negozi, ma piuttosto delinei

194

la propria identità sul piano che distingue tra atto collettivo e atto complesso195, così che, a seconda del suo contenuto, l’atto acquisirà la natura negoziale, o di altro atto giuridico in senso stretto, o di dichiarazione di scienza196, divenendo di fatto il suo inquadramento negoziale un aspetto secondario e rilevando piuttosto la sua struttura.

Questa impostazione, che può definirsi tradizionale197, fa si che l’atto collegiale possa avere una duplice considerazione: o come dichiarazione unitaria o come fascio di dichiarazioni parallele.

Nel primo caso, lo stato psichico, che viene ad essere manifestato mediante la deliberazione, acquista natura unitaria, prescinde dalla volontà dei singoli soggetti che compongono l’organo, ed esprime, piuttosto, la volontà dell’organo unitamente inteso. La peculiarità consiste nel fatto che, nell’agire del singolo socio, la formazione della volontà avviene nella psiche del soggetto, mentre nell’agire collegiale, tale formazione acquista rilevanza giuridica. La deliberazione acquisisce la natura di espressione della volontà individuale e l’ipotesi della deliberazione negativa non è altro che la volontà dell’ente di conservare la situazione giuridica preesistente198.

195

I quali non costituiscono tipi negoziali o comunque fatti giuridicamente rilevanti ma rappresentano piuttosto una particolare ipotesi strutturale dell’atto in concreto compiuto. In tal senso si vedano STOLFI, Teoria del negozio giuridico, CEDAM, Padova, 1947 e gli altri autori indicati da CIAN, , La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per azioni, cit.., p. 52 nt. 30.

196

CIAN, La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per azioni, cit., p. 52

197

Vi sono infatti altre teorie, che possiamo definire meno tradizionali, per le quali si veda CIAN,

La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per azioni.,cit., p. 54, nt. 35. 198

Nel secondo caso, quello che qualifica l’atto collegiale come un fascio di dichiarazioni parallele, si rifiuta l’idea di una volontà imputabile all’organo nella sua unità, essa è attribuibile ai singoli soci e di conseguenza la deliberazione non è altro che la somma delle distinte volontà degli individui, le quali, però, hanno un’unica direzione e sono perciò considerabili come atto unilaterale199

.

Dopo aver sommariamente descritto le due impostazioni presenti all’interno delle teorie dichiarativo – negoziali, si può concludere che la principale differenza consista nella destinazione della dichiarazione. Per le teorie unitarie, la dichiarazione è diretta verso l’esterno della società, per le teorie antiunitarie, invece, è diretta verso l’interno della stessa, e ciò porta a contraddizioni con le premesse fatte200.

La differenza tra le due teorie negoziali non fa venire meno l’elemento centrale delle stesse, che consiste nella valutazione della natura dell’atto collegiale e del suo contenuto.

È proprio in relazione a questo elemento che si possono muovere le obiezioni nei confronti delle teorie dichiarativo – negoziali. Secondo queste l’atto collegiale, essendo considerato in relazione alla sua struttura e rivelandosi neutro per quanto riguarda il contenuto, non permette di considerare all’interno della fattispecie le dichiarazioni e le volontà della minoranza201.

La conseguenza inevitabile consiste nel fatto che la deliberazione è formata solo dalle dichiarazioni della maggioranza e solo quest’ultime possono

199

CIAN, La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per azioni., cit., p.59.

200

Per tali contraddizioni vedi CIAN, La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per

azioni., cit., p. 61 nt. 59. 201

qualificarsi come suoi elementi costitutivi. Perciò non si potrà che qualificare diversamente le dichiarazioni della maggioranza da quelle della minoranza, facendo assumere, alle prime, la qualifica di manifestazioni negoziali di volontà, alle seconde, quella di meri atti giuridici in senso stretto, che, in quanto esprimono una volontà priva di effetti, rileveranno su altri piani, quali, ad esempio, quello che conferisce la legittimazione a richiedere l’impugnazione della delibera202

. Si giunge a conclusione di queste prime teorie riprendendo ciò che si era inizialmente anticipato e cioè che, date queste premesse, le deliberazioni negative non possono essere considerate come deliberazioni vere e proprie, non sono produttive di alcun tipo di effetto e sono quindi irrilevanti da un punto di vista giuridico203. Quanto appena detto evidenzia, però, un’ulteriore incongruenza da un punto di vista sistematico delle teorie dichiarativo – negoziali, poiché esse non rinunciano ad applicare in via analogica gran parte della disciplina dell’atto deliberativo anche alle deliberazioni negative, facendo percepire una stretta affinità tra quest’ultime e le deliberazioni a contenuto positivo, ma non permettendo poi di equipararle sul piano della classificazione giuridica.

202

CIAN, La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per azioni., cit., p. 67.

203

CIAN, La deliberazione negativa dell’assemblea nelle società per azioni., cit., p. 69, in realtà, un filone delle teorie dichiarativo – negoziali attribuisce valore giuridico alle deliberazioni negative considerandole, infatti, come fatti giuridici che portano alla consumazione della proposta deliberativa, impedendone di conseguenza la riproposizione.