• Non ci sono risultati.

Il castrum normanno

Le tarsie murarie del nucleo normanno del castello di Acerra

2. Il castrum normanno

La striscia di terra compresa tra il dominio napoletano e quello beneventano ha da sempre rivestito un ruolo strategico fondamentale. In essa sono tuttora presenti strutture difensive e di avvistamento medievali, tra queste vi è anche quella di Acerra che si trovava, dunque, in una regione di frontiera – quale era la Terra di Lavoro durante le età longobarde e normanne – e in un punto strategico per la guardia del territorio: controllava, a sud, la strada per Napoli e, ad oriente, il confine dell’area beneventana. In particolare, consentiva di scorgere, a levante, la collina con il castrum di Maddaloni [2] ed anche la prominenza collinare caratterizzata, a partire dal XIII secolo, dal castello del Matinale a S. Felice a Cancello; insomma era a guardia del confine tra l’ager campanus e l’ager Nolanus (Fig. 1).

Un accurato rilievo della fabbrica acerrana ha permesso di identificare, con certezza e per la prima volta, il perimetro del nucleo del castello e di datarlo al primo periodo normanno, ossia all’XI secolo [3].

Il settore medievale del castello è indicato da Montano come «il nucleo est, a destra di chi entra, comprendente anche il donjon (…) esistente già verso la fine del XII secolo». A tale conclusione giunge fondandosi sulla presenza ivi di tarsie murarie, «tipiche dell’architettura normanna dei secoli XI e XII» [4].

Fig. 1 - Inquadramento territoriale su Carta Topografica Programmatica Regionale, Regione Campania, Tav. 24, Quadrante 185-IV, edizione aggiornata al 1990, scala 1/25.000. Sono evidenziati i siti dei castelli di Maddaloni, San Felice a Cancello, Castel Cicala, Acerra, Suessola.

di forma semiellittica - circondato da un fossato -, ampliamento del preesistente presidio longobardo ed eretto, a sua volta, sui resti di un teatro romano. All’interno del recinto alloggiano stalle e ambienti di servizio; invece la parte regale era confinata ad oriente, accanto al torrione, di forma semiellittica e caratterizzato da una fascia di tarsie, recanti un motivo con semicerchi alternativamente in verticale ed in orizzontale e formanti, da lontano, delle clessidre (Figg. 4-5). L’accesso al palazzo avveniva presumibilmente attraverso un ponte levatoio, opportunamente affiancato dal torrione. Quest’ultimo, in una posizione leggermente avanzata rispetto al filo della murazione orientale, era strategicamente concepito per l’offesa.

Tornando al recinto fortificato semiellittico, osserviamo che al sommo dello stesso, nel tratto angolare sud-est, partendo dal torrione, sussiste ancora l’originario passaggio di ronda: quello, cioè, da cui era possibile il tiro piombante.

Al riguardo va sottolineata una rilevanza di ordine mensiologico: le murature del torrione del castello e anche quelle di alcuni tratti del recinto semiellittico sono caratterizzati dalla presenza di blocchi tufacei, grossolanamente configurati, di dimensioni notevoli, rapportabili alla fortificazione longobarda. Successivamente venne edificata la parete verso il cortile interno semiellittico, con un muro apparecchiato “a cantieri”.

Nonostante il fatto che il sito fortificato longobardo di Acerra possa dirsi una costruzione unitaria, il tratto della parete meridionale della sala del piano terra a cui è addossato il torrione è un’aggiunta più tarda, dettata da un ripensamento costruttivo. Quest’ultimo, cioè, in un primo momento, era completamente aperto

verso l’interno del castrum, come suggerisce la mancata corrispondenza tra i filari dei blocchi della sua parete semiellittica con quelli del muro interposto tra esso e la sala retrostante. Alla fase normanna, invece, è datato il palazzo a due livelli, il secondo dei quali decorato con brani di tarsie murarie.

La parete settentrionale del palazzo si presenta, a differenza delle altre, con un ridotto spessore murario, poiché prospettava all’interno del castrum e, perciò, non necessitava di cospicui spessori per la difesa. È composta da muratura, sempre in tufo giallo, apparecchiata “a cantieri”, ovvero secondo orizzontamenti periodici, alti mediamente 37-38 cm. Inoltre, conserva dell’originaria decorazione, al primo piano, brani di tarsie murarie a losanghe, in tufo grigio, ed altri consistenti in figure geometriche – che girano ad armilla, del medesimo materiale delle losanghe, con al centro un elemento ellittico – che incorniciano, tra l’altro, due bifore con rosone centrale anch’esso recante motivi a losanga, sempre in tufo grigio.

L’ipotesi che si può formulare in merito alla diversità costruttiva della parete settentrionale in parola consiste nel considerare il muro in questione più tardo degli altri, rilevando, quindi, una lunga pausa nei lavori di costruzione del palazzo oppure, più verosimilmente, il crollo della struttura voltata della sala al piano terra e, di conseguenza, del muro prospettante il cortile interno semiellittico.

Fig. 2 - Acerra, castello, pianta piano terra. Il tratteggio in grigio delimita il palazzo normanno con il recinto semiellittico e la torre.

Fig. 3 - Acerra, castello, pianta secondo piano. Il tratteggio in grigio delimita il palazzo normanno con il recinto semiellittico e la torre. In rosso, sono invece, indicate le tracce dei brani di tarsie murarie.

Figg. 4 - 5 - A Sinistra: Acerra, castello, scorcio del palazzo e dell’annessa torre; il riquadro rosso indica la presenza delle tarsie murarie (Foto del 2007). A destra: Acerra, castello, torre, fascia di tarsie, con motivo a clessidra, che si scorge al di sotto di una porzione di intonaco caduta.

Infine, va rilevato che il suddetto muro è stato consolidato, costruendone un altro scarpato a ridosso. Dall’analisi mensiologica dell’apparecchio murario a vista sul lato esterno – composto da blocchetti di tufo giallo alti mediamente 17-18 cm – si può datare tale consolidamento al primo trentennio del XIX secolo.

Passando, poi, all’interno della torre, attualmente suddiviso in due spazi: l’inferiore, concluso in alto da una sorta di cupola, ospitante una scala in ferro di collegamento tra il piano interrato e il terraneo del museo archeologico, ed il superiore, sottoposto alla terrazza di copertura ed ospitante un ufficio direzionale, osserviamo che nella parte bassa si apre, sul lato orientale, una piccola finestra per il passaggio di luce e aria. Questa sorta di bocca di lupo non è visibile dall’esterno, perché prospettante il corpo quadrangolare adiacente la torre, quello, cioè, che sorregge il balconcino del secondo piano. Nella parete in comune con il palazzo, si scorgono fori per l’alloggio di travi lignee, presenti anche sulla parete curva, ciò fa pensare all’esistenza, in antico, di un tavolato ligneo che consentiva di avvicinare la botola presente nella cupola, – a cui si accedeva poi mediante una scala a pioli o di corda, facilmente rimuovibile – e l’apertura strombata; insomma un vero e proprio soppalco, che planimetricamente copriva metà dello spazio a disposizione.

Resta, tuttavia, il problema della posizione dell’originaria scala del palazzo normanno, di solito sita in uno spazio stretto allo scopo di rendere più arduo l’accesso ai piani regali. Ad ogni modo, un indizio sussiste nell’attuale secondo piano, ove è presente un’angusta scala intramoenia che conduce alla copertura della torre; inoltre, al piano interrato dell’interno di quest’ultima, nel tratto di parete aggiunto seriormente, è presente l’impronta di una struttura inclinata: molto probabilmente la rampa di una scala che metteva in comunicazione i piani superiori con quello adibito a deposito, giacché il torrione presenta le caratteristiche di un ambiente utilizzato come luogo per la stipa di materiali e derrate alimentari.

Una nota a parte merita il muraglione semicircolare dell’attuale cortile, un tempo più alto di oggi, come attesta il suo settore orientale, ove si conserva un piccolo tratto alto quasi tre metri in più rispetto a tutto il resto. L’intero fronte interno è stato foderato, nel XIX secolo, di filari di blocchetti tufacei, alti 22-24 cm.

3. Le tarsie acerrane e ipotesi di ricostruzione grafica delle bifore