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Confronto con altri esempi campan

Le tarsie murarie del nucleo normanno del castello di Acerra

4. Confronto con altri esempi campan

Le tarsie del castello di Acerra sono originali e non trovano corrispondenza in altri coevi esempi campani [5], se non, ma solo in parte, in quelle presenti nei rosoni del palazzo vescovile di Capua (Fig. 12) e nella fascia che incornicia le tarsie di palazzo Fruscione, su vicolo Barbuti, a Salerno (Fig. 13).

Esempi noti di tarsie murarie [6] in edifici medievali si rinvengono anche in altre località campane: a Salerno, nel secondo piano di palazzo Pernigotti [7], ove è

presente «un loggiato con archi incrociati da larghe fasce realizzate in tufi grigi e gialli» [8].

Figg. 12 - 13 - A sinistra: Capua, palazzo arcivescovile, tarsie murarie. A destra: Salerno, palazzo Fruscione, tarsie murarie su vicolo Barbuti.

Nel già citato palazzo Fruscione, ove, sul prospetto orientale, un tempo, si aprivano tre ingressi, oggi parzialmente interrati a causa dell’innalzamento della via S. Maria dei Barbuti, e caratterizzati, così come allora, da archi intrecciati, portali realizzati con materiali policromi, colonne di spoglio reimpiegate come elementi strutturali e decorativi [8], e, da una fascia ad arco con tarsie bicrome che formano degli ovali di tufo giallo, nel cui interno sono inseriti dei triangoli con due lati leggermente arrotondati (Fig. 13).

Nel castel Terracena (Fig. 14) è possibile notare «la classica soluzione dell’arco entro cui sono inseriti due archi minori che costituiscono la bifora. L’alternarsi di tufi gialli e grigi con inseriti elementi di cotto e la presenza di una stella all’interno di una grossa cornice in tufo grigio (…). Particolare singolare è costituito dall’inserto, all’interno della stella, di un “bacino” di ceramica che ne impreziosisce il disegno». Questo elemento, secondo Paolo Peduto, «sembrerebbe comunque più tardo rispetto al primitivo decoro e quindi si tratterebbe di una decorazione che, utilizzata nell’XI e XII sec., sarebbe stata impiegata anche successivamente» [8].

Figg. 15 - 16 - A sinistra: Casertavecchia, tiburio della cattedrale. A destra: Casertavecchia, particolare della fascia di tarsie con elementi curvilinei, simili a quelle presenti nel palazzo arcivescovile di Capua.

Figg. 17 - 18 - A sinistra: Scala., borgo di Campoleone, rudere del campanile della chiesa di S. Maria della Lama (da G. Fiengo, A. Manco 2014, p. 30). A destra: Scala, villaggio di Pontone, palazzo-rudere di via Grotte. Particolare delle tarsie a triangoli della semi-arcata di destra di un modulo di due arcate. (da G. Fiengo, A. Manco, p. 126). Nel palazzo Pinto sono presenti due grandi monofore, in una delle quali è caratterizzata da un «motivo stellare realizzato con l’uso combinato di tufi grigi e gialli, racchiuso in una cornice di tufelli sagomati e disposti a cerchio» [8].

Altri esempi noti si trovano anche nel casertano: nel campanile di Casertavecchia vi sono tre fasce decorative, di cui due con una teoria di archi intrecciati [6], ancora, sul tiburio del duomo vi sono tarsie (Figg. 15-16) con elementi curvilinei che richiamano quelli capuani; nel palazzo arcivescovile di Capua (Fig. 12), nel 1987, furono ritrovati vasti brani di tarsie murarie bicrome [8] caratterizzati da rosoni

incorniciati in un arco che a sua volta contorna una bifora e una fascia orizzontale sottostante. Ancora, esempi noti di fabbriche decorate da tarsie murarie si riscontrano lungo la Costiera amalfitana e, soprattutto in Amalfi, Ravello e Scala [9] (Figg. 17-18), e, nel territorio napoletano, il campanile di Lettere (Fig. 19).

Figg. 19 - 20 - A sinistra: Lettere, campanile, particolare delle tarsie con triangoli e rombi. A destra: Minori, campanile della chiesa di S. Giovanni del Toro, particolare delle tarsie con triangoli e rombi in tufo giallo e grigio di Nocera.

Figg. 21 - 22 - Scala, villaggio di Pontone, ruderi della chiesa di S. Eustachio. A sinistra, le superfici esterne delle absidi prima degli interventi di restauro; a destra, le superfici delle absidi dopo le alterazioni subite a seguito dei restauri del 1995-2002 (da G. Fiengo, A. Manco, pp. 84-85).

Per il castello di Acerra, giova ricordare che, soprattutto per la fascia verticale con le tarsie caratterizzate dalle losanghe con i lati arrotondati, vi sono somiglianze con quelle della chiesa di S. Giovanni a mare di Gaeta, del campanile della chiesa dell’Annunziata di Minori (Fig. 20), delle absidi della chiesa-rudere di Pontone (Figg. 21-22), del S. Giovanni del Toro a Ravello (Fig. 23), del palazzo Veniero di Sorrento (Fig. 24), del campanile della cattedrale di Lettere (Fig. 19) situato nei pressi del castello medievale.

Nonostante la similitudine già accennata, contrassegnata principalmente dalla presenza del motivo con i rombi, o losanghe, a differenza delle tarsie acerrane, quelle delle strutture normanne campane sopracitate sono contraddistinte da figure con lati rettilinei e non curvilinei.

Tuttavia, va precisato che una disposizione alternata di tasselli orizzontali e verticali si ritrovano anche nella fascia orizzontale delle tarsie del campanile del duomo di Melfi, al di sotto di elementi zoomorfi (Figg. 25-26). In questo caso però, gli elementi alternati non sono semicerchi ma triangoli.

Fig. 23 - Ravello, chiesa di S. Giovanni del Toro, le absidi sono caratterizzate da archi intrecciati e fasce di tarsie murarie, queste ultime con elementi triangolari e rombi.

Fig. 24 - Sorrento, palazzo Veniero, tarsie murarie. Al di sopra della fascia orizzontale, con rombi di tufo giallo e triangoli di tufo grigio, vi sono delle decorazioni arcuate che incorniciano bifore, di cui si intravedono labili tracce.

Figg. 25 - 26 – Melfi, campanile della cattedrale. La fascia, al di sotto della bifora fiancheggiata da elementi zoomorfi, è composta da elementi triangolari disposti alternatamente in orizzontale e verticale.

5. Conclusioni

È importante sottolineare che quelli suesposti sono i primi risultati di una ricerca ancora in corso che indagherà non solo il complesso castellare di Acerra ma anche le strutture fortificate di Suessola, Sant’Arcangelo (in territorio di Caivano), Teano e Palombara, nonché le murature degli edifici ecclesiastici di Sant’Angelo in Formis, Capua, Teano, S. Pietro ad Montes e Caserta Vecchia.

L’obiettivo della ricerca consiste nella definizione delle tecniche costruttive per le murature, in tufo giallo e grigio in Terra di Lavoro, di età longobarda e normanna. Bibliografia

[1] G. Kubler, “The Shape of Time. Remarks on the History of Things”, (ed. it. “La forma del tempo. La storia dell’arte e la storia delle cose”, Einaudi, 2002), Yale, 1962.

[2] G. Fiengo, L. Guerriero, “La rocca di Maddaloni. Analisi storico-critica”, Caramanica Editore, Marina di Minturno (LT), 2012.

[3] A. Manco, “The norman palace in the castle of Acerra (Naples)”, Diagnosis for the conservation and valorization of cultural heritage: Atti del Quinto Convegno Internazionale (Napoli, 11-12 dicembre 2014), L. Campanella, C. Piccioli (a cura di), pp. 331-340, Roma 2014.

[4] A. Montano, C. Robotti, “Il Castello Baronale di Acerra”, Metis, Napoli, 1997.

[5] Per gli esempi laziali, come le tarsie presenti in alcuni edifici di Gaeta, cfr. G. Fiengo, “Gaeta”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1971. In particolare: pp. 14-15; pp. 59-60 per le chiese di S. Lucia e di S. Giovanni a mare; pp. 77-78 per il campanile della cattedrale.

[6] L.G. Kalby, “Tarsie ed archi intrecciati nel Romanico meridionale”, Ed. Testaferrata, Salerno, 1971. [7] A. Gambardella, “Il Palazzo Pernigotti ed il problema delle tarsie murarie in Salerno medievale”,

Napoli nobilissima, Vol. VI, 1967, L’Arte Tipografica, Napoli, pp.227-232.

[8] S. Casiello, “Architetture di età normanna in Campania. Problemi di conservazione”, Napoli nobilissima, Vol. XXXVII, ff. I-VI, Gennaio-Dicembre 1998, Arte Tipografica, Napoli, pp. 185-194. [9] G. Fiengo, A. Manco, “Ruderi medievali della Costiera amalfitana. Diffusione e caratterizzazione del

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Normare l’uso del colore. Orientamenti e criteri metodologici per