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Contributo derivante dall’utilizzo di una light probe

Dalla texture del colore apparente alla BRDF delle superfici dei mosaici: il caso di studio della pavimentazione del Duomo d

6. Contributo derivante dall’utilizzo di una light probe

L’applicazione di una light probe personalizzata come fonte di illuminazione della scena si è rivelata determinante nella riproduzione fedele del manufatto nel suo reale contesto. Si sono volute replicare, infatti, anche le reali condizioni di illuminazione ambientali presenti nella scena, al fine di ottenere il maggior realismo possibile. A tale scopo sono stati realizzati due set di cinque fotografie scattate ad una sfera riflettente posizionata esattamente sopra il manufatto. Con esse sono state realizzate due immagini ad Alta Gamma Dinamica (HDR) che, elaborate con il software HDR Shop di Paul Debevec [8], hanno generato una light probe: la procedura prevede una trasformazione sferica, il riconoscimento di punti omologhi tra le due, l’allineamento della seconda alla prima e, attraverso una maschera di livello, la loro unione al fine di eliminare gli elementi di occlusione. La light probe è stata applicata all’environment nel quale è posizionato il modello nelle tre dimensioni e ha restituito in forma, dimensioni, posizione e colore, le reali fonti di luce presenti nel Duomo di Ravenna.

Tale passaggio, tuttavia, può essere trascurato se lo scopo della restituzione è una semplice descrizione delle caratteristiche geometriche e materiche dell’oggetto decontestualizzato.

Si è comunque osservato che l’utilizzo di una light probe genera un’illuminazione ambientale più realistica e dinamica, enfatizzando le proprietà ottiche dei materiali e facilitandone quindi la lettura: è pertanto consigliabile utilizzarne sempre una, anche se non corrispondente all’ambiente in cui l’oggetto realmente si trova.

Si vuole comunque sottolineare come, una volta sperimentata la procedura corretta e memorizzati alcuni semplici accorgimenti operativi, la creazione di una light probe personalizzata sia un’operazione tutto sommato semplice e veloce, che è possibile completare con successo anche se non si hanno approfondite competenze sulle immagini ad Alta Gamma Dinamica o sulle trasformazioni proiettive alla base della loro creazione: è sufficiente disporre di una sfera riflettente di piccole dimensioni, non necessariamente prodotta per tale scopo, scattare due serie di cinque fotografie attorno all’oggetto, originare con esse due immagini HDR e operare le opportune trasformazioni con HDR Shop.

Fig. 5 – Coppia di angular maps generate tramite trasformazione sferica delle immagini riflesse da una sfera speculare e loro fusione, con eliminazione degli elementi di occlusione, per la realizzazione di una light probe personalizzata.

5. Conclusioni

Al di là del valore storico del manufatto oggetto di studio, il presente studio intende illustrare una tecnica a basso costo finalizzata a sfruttare in maniera più ricca e completa la texture del colore apparente ottenuta da applicativi SfM, senza rimuovere l’oggetto dalla sua posizione originaria e fornendo la base per ulteriori caratterizzazioni del modello digitale.

Studiando un solo oggetto di dimensioni contenute, infatti, è stato possibile trattare contemporaneamente molte superfici diverse, attribuendo loro i valori di BRDF più corretti. La validità dei risultati ottenuti è avvalorata dal contrasto tra materiali lapidei, vitrei e metallici, tra materiali isolanti e dielettrici, tra materiali diffusivi e speculari, che nei pavimenti del Duomo di Ravenna convivono gli uni al fianco degli altri; il fatto che i vari materiali coesistano effettivamente nella stessa porzione di pavimento ha consentito inoltre di dimostrare la correttezza dei risultati raggiunti attraverso un confronto diretto con le fotografie dell’oggetto reale.

Nonostante l’oggetto scelto sia sicuramente limitato e di importanza marginale rispetto all’intera pavimentazione del Duomo e all’intero panorama dei pavimenti musivi ravennati, il valore della ricerca svolta consiste nel fatto che i risultati ottenuti possono essere applicati ad altri manufatti più estesi e non bidimensionali come ad esempio le ampie superfici mosaicate delle cupole tardo-antiche ravennati, consentendo di conferire con la stessa procedura a modelli 3D mappati attraverso procedure SfM una “risposta” otticamente attendibile.

Seguendo la procedura qui descritta, con gli opportuni adattamenti, è possibile replicare in tempi brevi l’intero processo, senza la lunga serie di tentativi, correzioni ed errori che è stata necessaria per individuare la soluzione ottimale: il vantaggio principale è senza dubbio legato al fatto che, imparando dalle osservazioni qui presentate, è possibile stimare da subito il più conveniente grado di segmentazione e soprattutto attribuire direttamente a materiali molto diffusi (diverse tipologie di marmi e tessere musive) valori delle BRDF corretti o che necessitano al massimo di piccole variazioni.

Dal presente studio è possibile trarre informazioni utili per chi desideri assegnare ai propri modelli tridimensionali caratteristiche ottiche tali da riprodurre, oltre alla precisione geometrica abbinata ad un corretto texturing del colore, anche l’interazione con diversificate condizioni di illuminazione virtuale, addirittura diverse da quella reale al momento dell’acquisizione. Vista la ricchezza degli apparati decorativi musivi di molti monumenti ravennati, inoltre, tale procedura non conferisce ai modelli soltanto maggiore realismo visivo, ma anche un vero e proprio livello informativo aggiuntivo, capace di restituire in un modello digitale gli affascinanti effetti ottici che i mosaicisti ottenevano con maestria e attorno ai quali si è sviluppata l’intera tecnica del mosaico ravennate.

Bibliografia

[1] F. Fantini, “La modellazione in Displaced sub-D: modelli a dettaglio variabile da scansione laser”, pp. 37-72, in: G. Verdiani (a cura di), Il ritorno all’immagine, nuove procedure image based per il Culturale Heritage, 2011.

[2] L. Cipriani, F. Fantini, S. Bertacchi, “Affidabilità ed ottimizzazione del texturing del colore apparente dei modelli da sensori attivi e passivi: casi studio nel settore dei Beni Culturali”, pp. 23-35 in M. Rossi, V. Marchiafava (a cura di), Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari. Atti della Decima Conferenza del Colore, Università degli Studi di Genova, Genova, 11-12 settembre 2014, Vol. X A, 2014.

[3] F. I. Apollonio, M. Gaiani, F. Fallavollita, M. Ballabeni, A. Guidazzoli, M. C. Liguori, A. Baglivo, M. Felicori, L. Virgolin, “Un sistema informativo in divenire per la candidatura dei Portici di Bologna a sito UNESCO”, pp. 39-48, in UID, Patrimoni e Siti UNESCO. Memoria, Misura e Armonia. 35° Convegno Nazionale dei Docenti della Rappresentazione, Gangemi editore, Roma, 2013.

[4] Sito web “Konica Minolta”: www.konicaminolta.eu.

[5] R. Scateni, P. Cignoni, C. Montani, R. Scopigno, “Fondamenti di grafica tridimensionale interattiva”, The McGraw-Hill Companies, Milano, 2005.

[6] R. Migliari (a cura di), “Geometria descrittiva, Volume II – Tecniche e applicazioni”, CittàStudi Edizioni, Novara, 2009.

[7] G. Amoruso, F. I. Apollonio, F. Remondino, “Caratterizzazione strumentale di sensori attivi a tempo di volo (ToF) e a triangolazione. Utilizzo di laser scanner su superfici marmoree di epoca romana”, cap. 5, pp. 118-161, in particolare “Problemi di utilizzo di laser scanner su superfici marmoree di epoca romana”, par. 5.5, pp. 142-160, in: B. Benedetti, M. Gaiani, F. Remondino (a cura di), Modelli digitali 3D in archeologia. Il caso di Pompei. Edizioni della Normale, Pisa, 2010.

Mappe del colore e rimozione delle ombre: applicazioni di una