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Virtual Reality e restauro

Realtà immersive per una migliore fruizione e divulgazione dei dati Gli affreschi della pieve di S Pietro a Volpedo (Alessandria).

5. Virtual Reality e restauro

Attualmente l’informatica dispone di tecnologie interattive che possono fare la differenza nella redazione di un progetto di restauro o essere la chiave del successo di interventi di valorizzazione e divulgazione.

La diffusione della conoscenza del patrimonio culturale è il primo passo verso la sua conservazione e, oggi, la realtà virtuale appare uno strumento efficace per raggiungere lo scopo. Poter fare esperienza delle innumerevoli possibilità di lettura e della ricchezza espressiva di ogni più piccolo e apparentemente insignificante dettaglio non può che condurre un numero sempre maggiore di persone sulla strada della consapevolezza. La conoscenza e l’esperienza diretta di un bene è alla base del riconoscimento di valore e, dunque, di ogni scelta di conservazione. Quest’ultima potrà diventare una vera e propria esigenza condivisa tanto più intensa e ricca sarà l’esperienza fatta. In questo senso, la realtà virtuale immersiva consente l’attuazione di processi di conoscenza anche in assenza di una specifica preparazione tecnica e chi costruisce il progetto può guidare l’esperienza a vari livelli, da quello di un fruitore generico a quello di uno specializzato.

Non si tratta di spettacolarizzare la realtà o il lavoro ma di offrire a un pubblico, potenzialmente vasto, la possibilità di provare la stessa emozione di un addetto ai lavori. Quell’emozione che chiunque sia salito su un ponteggio e si sia trovato a pochi centimetri dall’opera ha provato scoprendo una firma, una data, un errore e una correzione, un paesaggio vivo ricco di dettagli su uno sfondo che, dal basso, può sembrare quasi anonimo.

Le tecnologie della virtual reality possono essere un prezioso strumento che permette di svolgere diversi compiti culturali, dalla conservazione alla valorizzazione senza dimenticare l’educazione e la sensibilizzazione, in un modo

molto efficace e più immediato di quanto non sia possibile con i mezzi di comunicazione tradizionali che, tuttavia, possono e devono continuare a offrire il loro contributo. È evidente, infatti, che simili realizzazioni, oltre a costituire un valido strumento di studio e approfondimento per gli addetti ai lavori, contribuiscono al soddisfacimento della funzione educativa dei beni culturali. Il caso della Pieve di Volpedo non è unico, tutt’altro. Come molti altri casi di studio, racchiude numerosi spunti e livelli di lettura ognuno dei quali può diventare volano di conoscenza e di sensibilizzazione. Questo non solo per aumentare l’interesse in possibili fruitori ma anche per contribuire attivamente alla sempre più difficile e capillare ricerca di fondi per la necessaria continua manutenzione dell’opera.

La debole traccia di una lamina si stagno che consente di ipotizzare la presenza di un’armatura, di cui oggi rimane solo il disegno preparatorio, una firma (“Magister Antonius”), una data scritta (M CCCC LX) sono solo alcuni dei piccoli “tesori”, rintracciati in fase di analisi, difficilmente visibili dal pubblico, poiché distanti e non riconoscibili. Ancor meno apprezzabili sono i materiali, preziosi e non, che costituiscono il dipinto murale: azzurrite, malachite, minio, oro, trattamenti particolari o meno che possono diventare preziose guide attraverso la storia dell’arte e della tecnica, rimandando alla tavolozza di un pittore o di una scuola, aprendo di fatto la strada a confronti e attribuzioni.

Se è, infatti, immediato il rimando all’impiego dei sei colori fondamentali (bianco, giallo, verde, azzurro, rosso e nero) indicati da Leonardo nel suo trattato incompleto Sulla pittura così come alla resa della trasparenza e dell’opacità dell’aria attraverso l’uso del verde e azzurro verso terra e del bianco verso le montagne più lontane, non è così scontato il confronto tra pittori locali del medesimo periodo. La possibilità di selezione degli specifici colori e di visualizzazione dei valori CieLAB permette non solo la valutazione di rifacimenti, ma anche il confronto con altri capolavori esistenti nell’area a sostegno o meno delle ipotesi di attribuzione formulate dagli studiosi. Ringraziamenti

Gli autori7 desiderano ringraziare: l’arch. Giulio Ottria, progettista e direttore dei lavori di restauro, che ha fornito il rilievo della pieve sulla base del quale è stato realizzato il progetto di realtà virtuale immersiva; il parroco della Parrocchia di San Pietro Apostolo (Diocesi di Tortona); la Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona che ha finanziato il restauro del 2007; la ditta Regoli & Radiciotti che ha realizzato il restauro del ciclo di affreschi; il prof. Paolo Piccardo del Dipartimento di Chimica e Chimica Inorganica dell’Università degli Studi di Genova, il geol. dott. Roberto Ricci e la Cooperativa Ipsilon s.c.r.l. (in particolare gli architetti Carolina Lastrico, Simona Martini e Giovanni Luca Pesce) che hanno eseguito le analisi e l’interpretazione dei dati.

Bibliografia

[1] K. Kelly, A. Heilbrun and B. Stacks, “Virtual Reality; an Interview with Jaron Lanier”, Whole Earth Review Fall 1989, no. 64, pp. 108 (12).

7 I paragrafi 1 e 2 sono stati scritti da Carlo Battini, i paragrafi 3, 4 e 5 sono stati scritti da Rita Vecchiattini.

[2] A. Varani, “Realtà virtuale, apprendimento e didattica”, Informatica & Scuola n. 3, Rubrica: “Laboratorio”, 2004.

[3] F. Antinucci, “La realtà virtuale come strumento di conservazione del sapere”, MediaMente, Roma, 1998.

[4] M. Bottazzi, “La Pieve di S. Pietro in Volpedo”, Tipografia Ferrari-Ocella & C., Alessandria, 1967. [5] C. Ceschi, “Le Pievi di Volpedo e di Viguzzolo”, in Bollettino della R. Deputazione Subalpina di

Storia Patria, XVI, 1938.

[6] C. Lugano, “Gli affreschi quattrocenteschi della Pieve di Volpedo. Le vicende storiche, le tecniche esecutive, i restauri”, Tesi di Laurea della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli Studi di Pavia, relatore Prof. M.G. Albertini Ottolenghi, 1993/1994.

[7] G. Stara Tedde, “La Pieve di Volpedo e i pittori Manfredino e Franceschino Boxilio”, in Bollettino della società per gli studi di storia, d’economia e d’arte nel tortonese, XLV, 1915.

Dalla texture del colore apparente alla BRDF delle superfici dei