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Ottimizzazione del livello di segmentazione della texture del colore apparente

Dalla texture del colore apparente alla BRDF delle superfici dei mosaici: il caso di studio della pavimentazione del Duomo d

3. Ottimizzazione del livello di segmentazione della texture del colore apparente

Il modello tridimensionale realizzato è costituito da un’unica mesh, che tuttavia corrisponde nell’oggetto reale a più elementi (lastre lapidee, tessere musive, materiali di riempimento e di rivestimento) costituiti da materiali molto diversi tra loro. Applicando la texture del colore apparente è possibile generare un accettabile effetto di realismo visivo, sufficiente perlomeno ad indicare le principali caratteristiche materiche delle superfici; il principale difetto di tale soluzione, tuttavia, è rappresentato dal fatto che un tale modello, se sottoposto a rendering, risulta piatto, inespressivo e in alcuni punti ben poco realistico. Al contrario, nel mondo reale, ciascun materiale interagisce con la luce in maniera differente [5][6], determinando il modo in cui viene percepito dall’osservatore.

Per ricreare nel modello virtuale questa varietà di comportamenti ottici il modello deve essere segmentato.

Invece di eseguire una partizione della mesh, si è scelto di segmentarne la texture del colore apparente attraverso una serie di canali alpha. Tale operazione consiste nell’applicazione di numerose maschere, costituite da canali alpha in scala di grigi, che indicano a quali porzioni attribuire determinate caratteristiche di riflettenza piuttosto di altre. Creando una serie completa di maschere si è così ottenuta una completa segmentazione del modello.

Questa fase della procedura ha rappresentato un passaggio cruciale del processo di attribuzione delle proprietà ottiche ai materiali; in prima analisi si è portati a pensare che un livello di segmentazione molto elevato, che considera ciascun materiale singolarmente piuttosto che classi di materiali simili, rappresenti la scelta migliore, poiché consente la massima flessibilità nell’attribuzione delle BRDF. Procedendo

nella sperimentazione è invece emerso come non ci fosse motivo di distinguere ogni singolo materiale dagli altri e alcuni di essi sono stati raggruppati, individuando 19 classi di materiali; applicando le BRDF a ciascuno di questi livelli, tuttavia, si è notato che le differenze tra alcuni di essi erano di fatto impercettibili nell’elaborato finale. Una segmentazione così accurata, pertanto, è presto risultata eccessiva: nonostante favorisse un livello di realismo ed una migliore fedeltà all’oggetto reale è risultata poco efficiente, poiché comportava oneri computazionali maggiori, tempi di trattamento più lunghi e il settaggio delle proprietà di ciascun materiale individuato da parte dell’operatore. Si è così ritenuto superfluo compiere un lavoro più lungo ed articolato su un numero così elevato di materiali diversi, e alcuni di essi sono stati ulteriormente raggruppati, arrivando così alle 10 classi di materiali definitive. Tale livello di segmentazione è stato ritenuto ottimale, dal momento che un’ulteriore riduzione del numero di livelli avrebbe visibilmente influenzato la resa del modello finito.

3.1. Considerazioni sull’automatizzazione della procedura

Uno dei principali limiti emersi nella procedura seguita per realizzare le immagini foto-realistiche è sicuramente la limitata automatizzazione dell’intero processo. Nonostante il software Agisoft Photoscan Professional, a differenza della pipeline con laser scanner, abbia generato il modello tridimensionale in modo quasi interamente automatico, originando anche una texture fotografica applicata con interventi brevi e puntuali dell’utente intervallati da lunghi periodi di elaborazione, la procedura di segmentazione del modello nei differenti materiali che lo costituiscono ha richiesto un lavoro molto oneroso da parte dell’operatore. Per ognuna delle classi di materiali individuate, è stato realizzato un canale alpha; per fare ciò, è stato necessario attribuire a ciascun punto della mappa il materiale corrispondente, identificabile interpretando la texture fotografica o, laddove ambigua o poco chiara, osservando altre immagini fotografiche o persino l’oggetto dal vivo.

Una volta individuato il materiale di ogni elemento o frammento, la superficie di ciascuno di essi è stata convertita in un insieme di pixel bianchi nella maschera di livello.

Considerando l’elevatissimo numero di elementi isolati presenti nel manufatto studiato, separati dal materiale di riempimento, è facile immaginare come ripetere l’operazione per ciascuno di essi abbia rappresentato un’operazione molto lunga e gravosa. Una possibile soluzione che può velocizzare questo passaggio è l’utilizzo di strumenti di selezione tipici di software come Adobe Photoshop, che individuano contemporaneamente tutte le aree caratterizzate da colori simili tra loro, con valori che spaziano all’interno di un intervallo di ampiezza personalizzabile.

Nonostante questa tecnica possa facilitare il lavoro, resta tuttavia imprescindibile il contributo dell’utente, specialmente in manufatti in cui a colori simili tra loro possono corrispondere materiali completamente differenti; nel caso dell’oggetto di studio, ad esempio selezionando il colore rosso scuro, il software individuerebbe indistintamente le tessere di smalto rosso e i frammenti in porfido.

Fig. 2 – Applicazione del canale alpha in scala di grigi relativo alle lastre lapidee e suo funzionamento come maschera della classe di materiali individuata.

Fig. 3 – Schematizzazione della procedura di segmentazione della superficie del modello attraverso 10 canali alpha. 4. Metodi empirici per la stima di parametri della BRDF

Ad ogni materiale, o classe di materiale, sono quindi state attribuite le proprietà ottiche più corrette, codificate attraverso i parametri della BRDF, acronimo di Funzione di Distribuzione della Riflettanza Bidirezionale. Per raggiungere un maggior realismo visivo, si è tenuto conto di tutte le informazioni disponibili su

ciascun materiale, e si è ricorso anche a texture stratificate per ottenere un maggior controllo della BRDF rispetto alle impostazioni di base conferibili attraverso la personalizzazione dei materiali. Un materiale è distinto visivamente da un altro per il modo in cui esso riflette e trasmette la luce. Per simularlo in 3D, pertanto, è necessario innanzitutto analizzare come esso interagisce con la luce nella realtà, per poi capire come trasmettere con precisione le informazioni acquisite all’interno del software utilizzato, al fine di riprodurne realisticamente il comportamento.

Per ottenere tale risultato è necessario un software capace di gestire la luce in modo fisicamente corretto in modo da ricreare virtualmente qualsiasi tipo di materiale. La stima dei numerosi parametri della BRDF per ciascuno dei materiali si è subito rivelata molto complessa; la conoscenza teorica del loro significato, infatti, non è affatto sufficiente per stimarne correttamente tutti i valori.

Nonostante una corretta quantificazione non sia possibile con mezzi semplici comunemente a disposizione, sono stati tuttavia ricercati alcuni metodi empirici per avere un’idea di massima di alcuni aspetti del comportamento ottico dei materiali presenti: osservare il comportamento del raggio laser [7] per ricavare informazioni sulla diffusione sottosuperficiale (subsurface scattering), osservare il pavimento controluce da una posizione molto radente per osservare l’effetto Fresnel e sfruttare le immagini al microscopio per valutare la scabrosità e la specularità. Tali espedienti forniscono naturalmente informazioni di tipo qualitativo, ma comunque sufficienti per confrontare le differenze tra un materiale e l’altro.