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Cenni sulla delegazione attiva

SOGGETTIVE TIPIZZATE DAL CODICE CIVILE

3. Successione nel lato attivo 1 La cessione del credito

3.2 Cenni sulla delegazione attiva

Un altro istituto giuridico che presiede alla successione nel lato attivo del credito a titolo particolare è costituito dalla delegazione attiva.

Va, infatti, precisato che esulano dal presente lavoro quelle fattispecie negoziali che, per quanto latrici del trasferimento di posizioni attive in capo al dante causa, non hanno quale funzione economico-sociale, unicamente il subentro in un determinato credito, bensì la successione in un complesso di rapporti giuridici unificato in virtù della destinazione impressa ai beni o ai diritti che la compongono (si pensi all'azienda e alla cessione dei crediti ad essa pertinenti, di cui all'art. 2559 c.c.) ovvero in virtù dell'unitarietà data dalla legge al patrimonio, al momento del decesso del suo titolare (ossia l'eredità prima

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dell'accettazione da parte del delato).

La figura della delegazione attiva è sconosciuta al codice civile che, esaurita la trattazione della cessione del credito nel capo V del titolo I del IV libro del codice civile, disciplina gli istituti che presiedono alla successione nel lato passivo del rapporto obbligatorio. Nonostante ciò, non è in dubbio come le parti possano ricorrere a tale strumento, in forza del principio dell'autonomia contrattuale194 (art. 1322 c.c.), ricorrendo perfettamente gli

estremi della meritevolezza dell'interesse perseguito mediante la delegazione attiva. Anzi, come evidenziato dalla dottrina195, la delegazione attiva trova un'applicazione pratica molto

diffusa e non è sconosciuta neppure nell'ambito della legislazione speciale o delle pratiche negoziali collettive, specialmente nel settore lavoristico - sindacale196. Un accenno vi si

194 Tribunale Bologna, 4 marzo 2008, massima della sentenza reperibile sul banca dati De Agostini Professionale che riprende una sentenza della Corte di Cassazione, 4 giugno 1962 n. 1336 in Foro italiano, 1962, I, 1271 secondo la quale “per il principio dell'autonomia contrattuale, le parti possono porre in essere la delegazione attiva di credito, che non è disciplinata dal codice civile, la quale, al pari della delegazione passiva, richiede la iniziativa del delegante ed il concorso di tre dichiarazioni di volontà tra di loro interdipendenti, in quanto ciascuna è efficace se è efficace ciascuna delle altre”.

195MANCINI,Delegazione, espromissione, accollo, in Trattato di diritto privato vol. IX a cura di Rescigno, Torino,

1984, 402.

196 Il riferimento è, come noto, all'art. 26 commi 2 e 3 l. 300/70 (c.d. Statuto dei Lavoratori) che prevedeva:

“Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di percepire, tramite ritenuta sul salario nonché sulle prestazioni erogate per conto degli enti previdenziali, i contributi sindacali che i lavoratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che garantiscono la segretezza del versamento effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione sindacale.

Nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il versamento del contributo sindacale all'associazione da lui indicata”.

Tale norma era qualificata come tipica espressione del principio della delegazione attiva. In questo senso cfr. Cassazione, 7 febbraio 1989 n. 761 in Rivista giuridica del lavoro, 1990, II,127 secondo cui “la fattispecie prevista dall'art. 26 della legge n. 300 del 1970 che attribuisce alle associazioni sindacali il diritto a percepire i contributi loro dovuti dai lavoratori mediante ritenuta sui salari effettuata dal datore di lavoro e successivo versamento, da parte del medesimo, alle associazioni predette - è riconducibile allo schema legale della delegazione di pagamento (che presuppone un rapporto trilaterale tra delegante, delegato e delegatario) e non già allo schema della cessione del credito (che si perfeziona, nella estraneità del debitore, per effetto del solo consenso del cedente e del cessionario), atteso che l'acquisizione, da parte dell'associazione sindacale, dei contributi predetti esige il concorso, oltre che della medesima e del lavoratore, anche del datore di lavoro. Pertanto, il privilegio che assiste, ex art. 2751 bis n. 1 c.c., il credito retributivo dei lavoratori, non può considerarsi trasferito, ex art. 1263 comma 1 c.c., al sindacato in relazione ai contributi a questo dovuti, non valendo ad escludere la natura chirografaria del credito dell'associazione sindacale neppure la norma dell'art. 1275 c.c. circa la permanenza, in caso di delegazione novativa, delle garanzie annesse al reddito, atteso che oggetto del credito del sindacato non è una quota della retribuzione ma il contributo, senza che per quest'ultimo sia previsto nè applicabile in via analogica il detto privilegio”. Nel medesimo senso cfr. Tribunale Vicenza, 7 aprile 1989 in Orientamenti di giurisprudenza del lavoro, 1990, 2, 30.

Come noto, l'istituto venne soppresso da un referendum celebratosi nel 1995 (cfr. d.p.r. 28 luglio 1995 n. 313 che ha sancito tale abrogazione), con il quale i cittadini decretarono l'abrogazione dell'istituto, con il fine di promuovere una raccolta su base volontaria e consapevole delle risorse destinate alle organizzazioni sindacali. Tuttavia, non essendo previsto alcun tipo di divieto (né per i contratti in essere al momento dell'abrogazione della norma statutaria né per i contratti successivi), i contratti collettivi hanno continuato a predisporre apposite clausole con le quali si fa obbligo ai datori di lavoro di trattenere una somma dal salario del dipendente, per consegnarla all'associazione sindacale di appartenenza. Per la validità di questa pratica negoziale cfr. da ultimo Cassazione, 20 marzo 2009 n. 6905 in Diritto & Giustizia, 2009 ad avviso della quale “il referendum del 1995, abrogativo del comma 2 dell'art. 26 stat. lav., e il susseguente d.P.R. n. 313/95, non hanno determinato un divieto di riscossione di quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, essendo soltanto venuto meno il relativo obbligo. Pertanto, ben possono i lavoratori, nell'esercizio della propria autonomia privata ed attraverso lo strumento della cessione del credito in favore del sindacato - cessione che non necessita, in via generale, del consenso del debitore - richiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare al sindacato stesso; qualora il datore di lavoro affermi che la cessione comporti in concreto, a suo carico, un nuovo onere aggiuntivo insostenibile in rapporto alla sua

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trova anche nella Relazione al codice civile (n. 584 sesto capoverso) allorché si afferma che “quanto poi alla novazione soggettiva attiva che il codice del 1865 menzionava nell'art. 1267 n. 3, il nuovo codice non si è preoccupato di disciplinarla, sia perché il mutamento del creditore si realizza normalmente per la via diretta della cessione, sia perché di solito la novazione mutato creditore si accompagna ad un fenomeno di sostituzione del debitore, e si realizza attraverso quella tipica figura negoziale che è la delegazione, i cui effetti sono disciplinati dagli articoli 1268 e seguenti”197.

Mediante tale negozio, dunque, si concreta uno schema negoziale fondato sullo iussum, ossia un ordine198 con il quale un soggetto (delegante) ordina al proprio debitore (delegatario) di pagare un terzo (delegato)199.

Si ritiene che, similmente a quanto accade per il negozio di cessione del credito, anche la delegazione attiva sia un modo indiretto per disporre del proprio credito. Il più delle volte, inoltre, essa si presenta in combinazione con un'ulteriore delegazione, questa volta passiva, in modo tale che il delegante utilizzi il proprio credito verso il delegato per liberarsi del suo debito verso il delegatario, così che la prestazione posta in essere dal delegato soddisfi i due rapporti di debito - credito, alla base dell'intera vicenda200.

La struttura del rapporto di delegazione attiva ricalca fedelmente, mutatis mutandis, quella

organizzazione aziendale e perciò inammissibile ex art. 1374 e 1375 c.c., deve provarne l'esistenza. L'eccessiva gravosità della prestazione, in ogni caso, non incide sulla validità e l'efficacia del contratto di cessione del credito, ma può giustificare l'inadempimento del debitore ceduto, finché il creditore non collabori a modificare le modalità della prestazione in modo da realizzare un equo contemperamento degli interessi. Il rifiuto del datore di lavoro di effettuare tali versamenti, qualora sia ingiustificato, configura un inadempimento che, oltre a rilevare sul piano civilistico, costituisce anche condotta antisindacale, in quanto pregiudica sia i diritti individuali dei lavoratori di scegliere liberamente il sindacato al quale aderire, sia il diritto del sindacato stesso di acquisire dagli aderenti i mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento della propria attività”.

197 Autorevole studioso (BRECCIA,Le obbligazioni, in Trattato di diritto privato a cura di Iudica – Zatti, Milano, 1991,

808) ha ricordato un caso particolarmente eclatante di delegazione attiva con rapporto quadrilatero inerente alle rimesse in sterline dei prigionieri di guerra italiani detenuti nei campi di concentramento in Gran Bretagna (cfr. Cassazione Sezioni Unite 13 giugno 1953 n. 1734 in Foro italiano, 1954, I, 963).

198 Sulla natura giuridica di questo ordine, comune alla più studiata e regolamentata, ipotesi della delegazione passiva si rimanderà alla trattazione di quest'ultimo istituto.

199 Come sottolinea autorevole dottrina (RESCIGNO,voce Delegazione (dir. civ.), in Enciclopedia del diritto, Milano,

1962, vol. XI, reperibile, mediante le banche dati di Ateneo, sul sito http://eniclopedia.giuffre.it) problemi sono stati posti anche a livello nominalistico tra i protagonisti del rapporto di delegazione che, come si vedrà brevemente nella parte relativa alla delegazione quale strumento di assunzione del debito, sono il delegante che ordina l'assunzione ovvero il pagamento al delegato relativamente a un debito contratto con il delegatario. Per quanto concerne la delegazione attiva, infatti, “al debitore taluni scrittori riservano il nome di «delegatario»; altri, invece nel tentativo di una terminologia corrispondente a quella usata per la delegazione passiva, gli attribuiscono la qualifica di «delegato» riservando al nuovo creditore la denominazione di «delegatario»”. Nel senso del testo, quanto alle questioni nominalistiche, cfr. BRECCIA,Le obbligazioni cit., 806; ARTIZZU,La delegazione attiva, in Le modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio a cura di Bosetti, Torino, 2010, 451.

200BIANCA,Diritto civile 4 L'obbligazione, cit., 583. Nel medesimo senso, cfr. Cassazione, 17 gennaio 2003 n. 649 in Il fallimento, 2003, 642 secondo cui “delegazione c.d. attiva ricorre allorché il delegante è creditore del delegato e il

conferimento dell'incarico delegatorio viene a configurarsi come un modo di utilizzazione indiretta del credito che il delegante ha verso il delegato; il delegato, ossia, utilizza il proprio credito verso il delegato per liberarsi del suo debito verso il delegatario, così che la prestazione del delegato estinguerà sia l'obbligazione del delegante verso il delegatario (rapporto di valuta) sia l'obbligazione del delegato verso il delegante (rapporto di provvista). Trattasi di una figura giuridica, non prevista espressamente dalle norme del codice civile, e tuttavia assai comune nella pratica dei negozi come anche alla elaborazione giurisprudenziale”.

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dell'omologo istituto passivo, pertanto può distinguersi una delegazione che dia luogo ad assunzione del credito in favore del delegato (delegazione di credito), ovvero una delegazione di semplice pagamento. Come la delegazione passiva anche quella attiva è informata al principio della distinzione tra delegazione pura e titolata, quest'ultima nella possibile versione totale ovvero parziale (come si vedrà ciò determina una diversa regolazione dei rapporti nei confronti dei terzi), con tutte le conseguenze che l'appartenere all'una o all'altra categoria determina a livello di eccezioni opponibili da parte del debitore. Effetto naturale della delegazione attiva cumulativa è la costituzione di una contitolarità nel credito. Come esattamente accade per la delegazione di debito, l'ipotesi naturale è quella per la quale il debitore non viene liberato a seguito dell'assunzione del credito (ovvero del debito, in caso di delegazione di debito). Inoltre, dal punto di vista della ripartizione della legittimazione a ricevere la prestazione si ritiene che il creditore - delegante sia in posizione subordinata rispetto al creditore - delegatario, tanto che, nel caso di conflitto tra i creditori, il debitore si libererà dall'obbligazione dando la preferenza al nuovo creditore e il pagamento fatto al delegatario comporterà la liberazione del debitore anche nei confronti del creditore - delegante. Al contrario, nel caso in cui la delegazione attiva, sempre sul modello di quella regolata dal codice, sia privativa, il credito in capo al creditore originario - delegante si estinguerà e verrà costituito in capo al delegatario un nuovo credito, in sostituzione di quello estinto, in modo tale che non ci sia un trasferimento del diritto dall’originario creditore al nuovo201.

Rispetto alla cessione del credito, la delegazione attiva, pur comportando la sostituzione della persona del creditore con altro soggetto, si distingue in virtù delle stesse caratteristiche che separano il contratto traslativo dall'assunzione della posizione giuridica. In particolare, mentre la cessione del credito è un contratto bilaterale che non necessita del consenso del debitore ceduto, la delegazione attiva è partecipe della divisione teorica tra coloro che ne sostengono la natura bilaterale, coloro che perorano la natura trilaterale e complessa del negozio, nell'ambito di una fattispecie a formazione progressiva e, infine, coloro (teoria atomistica) che descrivono la delegazione come una fattispecie giuridica costituita da due negozi (il primo tra delegante e delegato e l'altro tra delegato e delegatario), funzionalmente collegati al fine del perseguimento di una medesima causa.

Incerta è la regolazione dei rapporti tra cessione del credito e delegazione attiva con riferimento al trasferimento delle garanzie, a corredo del diritto relativo. In questo settore si manifestano in tutta evidenza le difficoltà legate alla mancata normazione della delegazione attiva da parte del legislatore. A tal fine si può fare riferimento alle disposizioni inerenti a

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istituti simili o analoghi, quali la cessione del credito ovvero la delegazione passiva, per i quali il legislatore predispone un'apposita disciplina, ossia all'art. 1263 c.c., in tema di cessione del credito ovvero all'art. 1275 c.c. in tema di delegazione passiva. È assolutamente dubbia l'applicazione alla delegazione attiva della prima disposizione, in quanto istituzionalmente funzionalizzata a quei trasferimenti a titolo derivativo di diritti di credito. La delegazione attiva, in verità, ha una funzione ben differente, di semplificazione dei rapporti giuridici e di soddisfazione di una serie, anche non necessariamente ternaria, di obbligazioni preesistenti, mediante un solo atto di adempimento. Se ne deve perciò dedurre che alla delegazione attiva si debba applicare la norma dettata in tema di delegazione passiva? Quest'ultima trova una propria giustificazione sulla base del principio per il quale il creditore che ha acconsentito alla liberazione del precedente debitore non può gravare su coloro che hanno precedentemente assicurato con propri diritti o con il proprio patrimonio personale l'adempimento del precedente vincolo obbligatorio, in quanto la prestazione della garanzia era stata offerta anche e principalmente sulla base delle condizioni economiche e personali del debitore principale. Per la delegazione attiva, per definizione, non si pone il problema della protezione del dante garanzia, in quanto egli presta una garanzia a un soggetto che resta tendenzialmente invariato a seguito della delegazione (si pensi all'ipotesi ordinaria di delegazione cumulativa). Si ritiene, perciò, che il nuovo creditore possa fruire di tutte le garanzie, reali, personali e legali che assistevano il credito di cui diviene titolare, in virtù della delegazione. A tal fine, si ritiene possibile non già un'applicazione diretta, bensì analogica, stante la stessa ratio che governa entrambe le figure giuridiche, dell'art. 1263 c.c., con conseguente richiamo delle stesse norme in tema di annotazione del vincolo ipotecario, al fine di rendere pubblica anche ai terzi la trasmissione dell'ipoteca e, per il principio di completezza202 del sistema pubblicitario immobiliare, potenziato con il codice civile del 1942, al fine di rendere noto a chiunque qualsiasi vicenda giuridica che abbia ad oggetto diritti sui beni immobiliari più rilevanti.

Nella cessione del credito, come in qualsiasi altro contratto traslativo, l'acquirente ottiene il diritto di credito nella sua totalità, estromettendo quindi il precedente titolare del rapporto, il quale continua a essere titolare di posizioni giuridiche assolutamente residuali, quali quella di eventuale mero custode della cosa data in pegno (art. 1263 c. 2 c.c.), ovvero quello, derivante principalmente dal dovere di buona fede, di non pregiudicare le ragioni del cessionario fino al momento della notificazione della cessione ovvero dell'accettazione della stessa da parte del ceduto (art. 1264 c.c.). Nella delegazione attiva, invece, l'effetto naturale

202 In generale, in un prospettiva comparatistica e storica sul principio di completezza delle risultanze pubblicitarie offerte dai pubblici registri cfr. PETRELLI,L'autenticità del titolo della trascrizione nell'evoluzione storica e nel diritto comparato, in Rivista di diritto civile, 2007, 585 e ss..

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è proprio il cumulo del rapporto di credito, in capo sia al delegante sia al delegato, con la conseguente contitolarità del credito in capo ai due creditori.

Ancora, nella cessione del credito il regime delle eccezioni, opponibili dal debitore ceduto, è quello tipico di qualsiasi trasferimento a titolo derivativo, in virtù del principio nemo plus

iuris ad alium transferre potest quam ipse habet; al contrario, nella delegazione il regime

delle eccezioni si distingue, come si vedrà specificamente in sede di trattazione della delegazione passiva, a seconda che tale negozio sia puro ovvero sia titolato, cioè si fondi su un espresso richiamo del rapporto di debito - credito alla base del negozio, ovvero non ne faccia richiamo, introducendo quegli elementi di astrattezza.

In giurisprudenza si evidenzia come la delegazione attiva sia un vero e proprio mezzo anomalo di pagamento, tale per cui può essere sottoposta a revocatoria fallimentare, al ricorrere degli estremi di cui all'art. 67 n. 2 l. fall.203, in quanto mezzi normali di pagamento, diversi dal denaro, sono soltanto quelli comunemente accettati dalla pratica commerciale, come gli assegni circolari o bancari ed i vaglia cambiari204.