LA SURROGAZIONE BERSAN
3. La situazione anteriore alla novella del
La prassi negoziale, come più volte sottolineato in precedenza, aveva pressoché ignorato la surrogazione per volontà del debitore, e prova fedele di ciò è la scarsezza della giurisprudenza che, in tema di surrogazione per pagamento, ha trattato in modo più diffuso solo talune fattispecie di surrogazione legale. Le difficoltà connesse al complesso meccanismo della surrogazione per volontà del debitore si sono intrecciate con una certa prassi bancaria che, in spregio alla concorrenza tra istituti, scoraggiava fortemente la contrazione di mutui sostitutivi del proprio, includendo nel contratto di finanziamento specifiche clausole, mediante le quali si impediva, ovvero si dissuadeva mediante l'applicazione di penali sostanziose, la conclusione di mutui con terzi istituti, al fine del perfezionamento della fattispecie, di cui all'art. 1202 c.c. (pratica su cui il decreto Bersani è opportunamente intervenuto, trattandosi di una clausola senz'altro di difficile compatibilità da un lato con le norme a tutela del debitore e dall'altro con un regime di concorrenza e di mercato).
Rimanevano certamente, come rimangono tuttora, in applicazione dei principi generali dell'ordinamento, talune scappatoie che consentono, almeno astrattamente, di giungere a risultati molto simili, dal punto di vista economico, a quelli raggiungibili mediante la surrogazione Bersani (si tratta della c.d. rinegoziazione in senso economico del mutuo434). Il primo esempio è costituito dall'estinzione del mutuo anteriore e dalla costituzione di un nuovo finanziamento con altro istituto bancario. Il meccanismo, come evidente, ricorda molto d'appresso quello della surrogazione per volontà del debitore, tuttavia non si ricorre alle complesse procedure ternarie che essa richiede (intervento debitore, creditore originario e contrazione precedente del mutuo con il creditore subentrante). Una tale operazione, astrattamente ineccepibile, ha in sé taluni inconvenienti di non poco conto che ne impediscono un ricorso massiccio alla stessa. Sinteticamente si tratta dei seguenti: anteriormente alla legge Bersani bis era, come si è già notato, fortemente disincentivata l'estinzione anticipata del debito bancario, mediante applicazione di forti penali o con l’apposizione di divieti negoziali espressi; inoltre un problema, tuttora presente e grave, si ha nel caso in cui, e si badi che la prassi negoziale non è scevra da queste evenienze, il
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debitore abbia già provveduto a iscrivere un'ipoteca con un ulteriore soggetto di grado intermedio rispetto a quella del creditore originario e a quella del nuovo mutuante: in questo caso non si potrebbero pregiudicare i diritti del creditore di grado intermedio (nel proseguio del presente lavoro si approfondirà la questione per la surrogazione Bersani). L’ipotesi che potrebbe veramente verificarsi è che, a causa dei ritardi con cui le Conservatorie dei Registri Immobiliari, specie quelle delle grandi città, sbrigano le pratiche di annotazione dell'ipoteca, potrebbero insinuarsi, magari in modo non del tutto casuale, terzi con diversi gravami ovvero che sopraggiunga una sentenza di fallimento del debitore, con ciò vanificando l'efficacia della surrogazione.
Il secondo possibile strumento giuridico impiegabile è quello della novazione del titolo del debito, ma un tale rimedio è soggetto al limite di cui all'art. 1232 c.c. che stabilisce, quale principio generale, la decadenza dalle garanzie, in mancanza dell'accordo tra le parti per il loro mantenimento, ovvero del terzo garante.
Una terza via di uscita, sicuramente alternativa, è quella della rinegoziazione da parte della stessa banca, mutuante originaria, con il cliente. Un tale contratto rientra certamente nel genere degli accordi tesi a regolare il rapporto giuridico patrimoniale in essere tra le parti, di cui fa espresso cenno l'art. 1321 c.c. e, anzi, scopo, almeno indiretto della legge Bersani, è proprio quello di incentivare siffatti accordi: la banca originaria, al fine di non perdere il proprio cliente (il quale, sia detto per inciso, molto frequentemente ha in corso con l'istituto di credito anche altri rapporti, si pensi al conto corrente ovvero a qualche contratto di investimento del risparmio), potrebbe addivenire a negozi integrativi e modificativi del precedente mutuo, migliorando le condizioni del finanziamento, diminuendo ad esempio il tasso di interesse, ovvero spalmando il periodo di ammortamento in più anni o ancora, calendarizzando in modo più confacente alle esigenze del mutuatario le rate per la restituzione della somma. Il vantaggio non marginale di tale operazione consiste nel mantenimento dell'originaria iscrizione ipotecaria, nella carenza di un onere formale solenne (con conseguente risparmio degli oneri notarili), in quanto per legge il contratto di mutuo è esente da qualunque formalità e, quindi, anche se lo stesso fosse stato concluso in via originaria con una forma rafforzata (tipicamente l'atto pubblico), nulla si opporrebbe alla conclusione di accordi rivestiti della sola forma scritta (prescritta dall’art. 117 c. 1 T.U.B. per i contratti bancari). Va, infatti, ricordato come l'orientamento giurisprudenziale prevalente è dell'avviso che il negozio modificativo di un precedente accordo (si pensi all'ipotesi più frequente dello scioglimento volontario del contratto, il c.d. mutuo consenso, di cui all'art. 1372 c.c.) debba rivestire la forma del contratto cui afferisce, solo nel caso in
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cui quest'ultimo fosse, per legge, vincolato a una forma specifica435. L'inconveniente principale a tale soluzione consiste nella ricerca di un accordo con la banca mutuante, che è perfettamente libera di non accettarlo e che, anzi, potrebbe considerare, in concreto, non conveniente addivenire alla conclusione di condizioni meno favorevoli, ritenendo peraltro preferibile, dal proprio punto di vista, anche la stessa perdita del cliente, considerato magari poco solvibile o non più desiderato dall'istituto di credito.
Giunto, pertanto, il potere esecutivo, in sede di decretazione di urgenza, e quello legislativo, in sede di conversione, a prendere in considerazione l'idea di rendere più appetibile lo strumento della surrogazione per volontà del debitore, due strade si aprivano: la prima avrebbe potuto essere quella di procedere a una rivisitazione completa della disciplina della surrogazione per volontà del debitore, attraverso una riforma dell'art. 1202 c.c., ovvero, secondo una tecnica ben nota, inauguratasi, in particolare, alla fine degli anni Ottanta, di dettare una disciplina speciale, ossia norme con limitato grado di generalità e astrattezza, caratterizzate da una delimitazione dei soggetti cui si rivolgono o dei fatti cui si riferiscono, sottraendoli all'applicazione del diritto generale436.
L'adesione alla seconda opzione, meno impegnativa e già rodata, non è stata, a dire il vero, completa ed è decisamente controvertibile e non ha dato vita a un risultato del tutto soddisfacente, in quanto si noterà, trattando dei requisiti applicativi del decreto, come siano rimasti sul tappeto, anche all'indomani degli interventi del novellatore del 2010, gli stessi interrogativi e le stesse incertezze che rendevano (e rendono) problematico l'impiego generalizzato dell'istituto ex art. 1202 c.c..
Prima di addivenire alla trattazione di tali aspetti che rappresentano, per così dire la sostanza dell'istituto, appare necessario procedere ad un'analisi critica degli aspetti pregiudiziali – formali di applicazione del nuovo istituto.
Si diceva, precedentemente, che la surrogazione Bersani è istituto di diritto speciale. Dal punto di vista squisitamente metodologico, come sempre avviene per tale tipologia di normazione (si pensi, a tacer d'altro, di tutte le trattazioni in tema di diritto consumeristico), dei requisiti soggettivi di applicazione della norma e, quindi, di quelli oggettivi. Già dall'analisi di questi requisiti ne uscirà rafforzata l'impressione di estemporaneità (e di poca cura tecnica) del dettato legislativo e delle grandi problematiche che, in sede applicativa, caratterizzano tale istituto.
435 Cassazione, 14 aprile 2011, n. 8504 in Banca Dati De Agostini Professionale, reperibile mediante le Banche Dati di Ateneo, secondo cui “lo scioglimento per mutuo consenso di un contratto di trasferimento della proprietà immobiliare, per il quale la legge richiede la forma scritta a pena di nullità, deve anch'esso risultare da atto scritto”.
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