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L'assunzione del debito altrui e le garanzie

SOGGETTIVE TIPIZZATE DAL CODICE CIVILE

4. Successione nel lato passivo del rapporto obbligatorio

4.4 L'assunzione del debito altrui e le garanzie

La norma che ha sicuramente un'importanza centrale nella trattazione del regime dell'assunzione del debito altrui, in particolare da un punto di vista dogmatico, è l'art. 1275 c.c., che regola le conseguenze sulle garanzie relative al rapporto obbligatorio per il quale è sopraggiunta la modificazione soggettiva dello stesso.

La soluzione della questione varia, infatti, a seconda della risposta che si fornisce all'interrogativo, relativo alla natura giuridica dell'assunzione del debito altrui. Se, infatti, si ritenesse che l'acquisizione giuridica dell'altrui posizione passiva del rapporto obbligatorio fosse da considerare quale novazione soggettiva dello stesso, con tutti gli effetti giuridici connessi a tale situazione di fatto, la conseguenza logica non avrebbe che potuto essere quella di dare luogo all'estinzione delle garanzie, unitamente all'obbligazione stessa, salva comunque, per le parti, la possibilità di conservare le garanzie sul modello di quanto previsto dal fenomeno novativo.

A vedere bene, tuttavia, il tenore letterale dell'art. 1275 c.c. sembrerebbe dare ragione a un'interpretazione per la quale la liberazione del debitore originale sia da interpretare quale novazione che dà vita alla decadenza delle originali garanzie. Una tale considerazione deve essere tuttavia rivista313 a partire dalla lettura della Relazione al codice civile. Il paragrafo 584 di tale documento denuncia, in modo chiaro i motivi che hanno condotto il legislatore a stabilire che “per quanto riguarda il problema delle garanzie, non è dubbio, se si prescinda da dannosi apriorismi, che la soluzione debba essere uniforme, comunque si voglia

311 È il caso di aggiungere che le parti, nella propria autonomia potrebbero stabilire diversamente, in ordine all'opponibilità di eccezioni fondate sui rapporti di base.

312 CICALA,voce “Accollo” cit..

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giuridicamente qualificare il fenomeno della liberazione del debitore originario con sostituzione di un nuovo debitore. Tale soluzione non può che essere quella accolta dall'art. 1275 c.c., il quale dispone l'estinzione delle garanzie nei casi in cui chi le ha costituite (debitore originario o terzo) non consenta a mantenerle. Infatti, quando il creditore accetta un nuovo debitore e libera l'antico, non si può costringere questo (se abbia prestato una specifica garanzia) e tanto meno un terzo (fideiussore, terzo datore d'ipoteca o di pegno), a rispondere per il nuovo debitore. Anche se la sostituzione di un debitore a un altro si presenti come successione nel debito, una soluzione diversa del problema delle garanzie ripugna ad elementari esigenze pratiche”.

Procedendo ad un'analisi del testo legislativo appare evidente come un problema di mantenimento o di estinzione delle garanzie reali si ponga solo nel caso in cui ci sia stata la liberazione del debitore originario: in questo caso, infatti, è la sostituzione della persona del debitore a giustificare un siffatto interrogativo. Chiaramente la mera addizione di un altro debitore al rapporto obbligatorio già in essere, mediante l'assunzione cumulativa del debito altrui, non giustifica alcun tipo di questione relativamente al mantenimento delle garanzie che non possono non essere mantenute, in quanto il vincolo obbligatorio permane, pur se arricchito dalla presenza di un altro debitore.

Dal punto di vista della classificazione delle garanzie che necessitino di un apposito negozio ai fini del loro mantenimento, il tenore letterale della norma pare essere limitato alle sole garanzie convenzionali: il riferimento alla prestazione delle garanzie, infatti, lascia intendere un comportamento attivo da parte del garante, non estensibile, quindi, alle garanzie legali, come i privilegi che, invece, sono imposti senz'altro dalla legge, in ragione della causa del credito. Tale tesi, sostenuta da dottrina autorevole314, è dunque dell'avviso che, a seguito dell'assunzione del debito altrui, si determini in maniera ineluttabile l'estinzione di queste ultime garanzie. In realtà, a seguito di un maggiore approfondimento, si è evidenziato che occorre distinguere tra privilegi generali, ossia quei diritti di prelazione che si esercitano su tutti i beni mobili del debitore (artt. 2751 e ss. c.c.), e privilegi speciali su determinati beni mobili o immobili (art. 2755 e ss. e 2770 e ss.). Alla luce degli studi più avanzati sulla questione, i privilegi generali debbono senz'altro estinguersi, in quanto, a seguito del contratto assuntivo del debito, dotato di causa particolare affatto estranea rispetto a quella del negozio o al diverso fatto costitutivo che ha dato origine al debito, si perde tra debito e privilegio quell'inscindibile legame finalistico che lega il secondo al primo315. Alla sorte dei

314 BIANCA,Diritto civile 4 L'obbligazione, cit., 656, in giurisprudenza cfr. Cassazione 29 giugno 1977 n. 2804 in Giustizia civile, 1978, I, 165 secondo cui “in tema di accollo cumulativo, il privilegio generale che assiste il credito verso il debitore originario non può essere fatto valere nei confronti del terzo accollante, la cui obbligazione, ancorché collegata e solidale con quella dell'accollato, trae origine da una autonoma e distinta causa negoziale”.

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privilegi speciali, invece, in quanto connessa direttamente a un singolo bene, si ritiene che si debba estendere l'art. 1275 c.c. e, quindi, si determini l'estinzione della garanzia, salva la possibilità che colui che ha posto in essere il privilegio gravante sui beni del debitore non consenta espressamente a mantenerlo316. Più in particolare, si ritiene che il consenso al mantenimento della prelazione sia implicito nel trasferimento del debito, nel caso di privilegio gravante su beni del debitore, mentre si ritiene necessario un consenso espresso se il privilegio grava su un bene del terzo317.

Dal punto di vista del trapasso del diritto di pegno, è evidente che la modificazione del lato passivo del rapporto obbligatorio non ha conseguenze sul piano del soggetto titolare del pegno, in quanto non muta la persona del creditore pignoratizio, pertanto non c'è per ovvi motivi spazio per una qualche espressione di consenso da parte del nuovo debitore, richiesto, invece, dalla ben differente disposizione dell'art. 1263 c. 2 c.c..

Con riferimento all'ipoteca, le cose sono più complicate dal fatto che tale strumento di garanzia è oggetto di apposita pubblicità nei Registri Immobiliari. Per quanto concerne la modificazione del lato soggettivo passivo del rapporto obbligatorio garantito da tale ipoteca, va sottolineato che, a differenza di quanto accade per la cessione del credito o le modificazioni del lato attivo del rapporto, nessuna norma che prevede l'integrazione della pubblicità, mediante l'annotazione. L'art. 2843 c.c., infatti, non dispone che la modificazione della persona del debitore (anche se l'indicazione di tale soggetto, ovvero del terzo datore di ipoteca è una delle prescrizioni della nota di iscrizione, di cui all'art. 2839 n. 1 c.c.) sia soggetta al predetto onere pubblicitario. A ben vedere, la ragione di tale esclusione è fondata sul fatto che solo le modificazioni relative alla persona del creditore debbono essere pubblicizzate: l'art. 2843 c.c. è sì costituito da un ventaglio aperto di fattispecie negoziali o, comunque, aventi rilevanti effetti giuridici sul rapporto, tanto che si sostiene che l'elenco di cui al primo comma della disposizione in questione presenti un'elencazione meramente esemplificativa318, tuttavia la regola generale è quella secondo cui soltanto le fattispecie che afferiscono a una circolazione del diritto di credito debbono dare vita all'integrazione dell'iscrizione ipotecaria, mediante apposita annotazione319. Anche nella pratica negoziale,

non può negarsi come ben raramente le assunzioni liberatorie del debito altrui diano vita a un'annotazione della nota ipotecaria. Una tale vicenda che coinvolge il diritto ipotecario non sposta granché le cose in quanto il soggetto sottoposto al vincolo ipotecario resta il

da Rescigno, Torino, 1985, 624. 316 TUCCI,I privilegi cit., ibidem.

317TUCCI,I privilegi cit., ibidem.

318 GORLA –ZANELLI,Del pegno, delle ipoteche, in Commentario del codice civile Scialoja – Branca, Bologna – Roma, 1992, 368.

319 BOERO,Le ipoteche, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale a cura di Bigiavi, Torino, 1999,

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medesimo, modificandosi soltanto la persona del debitore. Anche la dottrina notarile ha suggerito che, in tema di debito ipotecario, non si ritiene, anche se astrattamente possibile, necessaria la pubblicità ex art. 2843 c.c., per rendere conoscibile l'avvenuta sostituzione o l'aggiunta del debitore. Neppure necessaria è la pubblicità del mantenimento della garanzia, in relazione all'obbligazione del delegato. Una conferma della liceità, anche se non dell'obbligatorietà, dell'aggiornamento dei Registri Immobiliari, in dipendenza della modificazione soggettiva passiva dell'obbligazione, si ricava dalla normativa fiscale. In particolare, l'art. 9 della Tariffa, allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 347 (recante “Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), fissa nel 2% la misura di quanto dovuto all'Amministrazione finanziaria, in caso di “estensione della garanzia, in base a nuovo titolo costitutivo”320.

Un'importanza ben più dirimente, tale da giustificare quindi l'annotazione, è la modificazione del titolare del diritto di espropriazione connesso all'ipoteca, ossia il creditore, le cui vicende modificative, negoziali o meno che siano, debbono essere adeguatamente pubblicizzate, con gli effetti propri dell'annotazione.

Ritornando al problema delle garanzie nell’ambito delle vicende successorie passive, è incerto quali siano i soggetti che debbono acconsentire al loro mantenimento. In primo luogo viene in rilievo il terzo datore di garanzia, reale o personale. Costui in ragione del naturale intuitus personae che contraddistingue siffatti rapporti, deve necessariamente fornire il proprio consenso al mantenimento delle cautele321. Terzo datore di garanzia può essere il medesimo assuntore del debito, come può accadere soprattutto allorché l'assunzione del debito altrui avvenga a titolo di liberalità, nell'ambito di rapporti familiari (si pensi al caso, decisamente frequente nella prassi immobiliare, del genitore che si accolli il debito del figlio contratto per l'acquisto dell'abitazione, per la quale il medesimo genitore aveva, in sede di stipulazione, fornito apposita garanzia reale (es. l'ipoteca sulla propria casa) ovvero personale (tipicamente la fideiussione)), ovvero nell'ambito dei rapporti endo - societari (i soci che intendano rilevare mediante un'espromissione o un accollo il debito della propria società, contratto per concludere operazioni sociali ritenuti importanti per lo sviluppo della propria impresa, anche in questo caso già garantiti dalla compagine sociale

uti singuli). In queste ipotesi è convincimento diffuso in dottrina quello per il quale

l'assuntore che abbia prestato, anteriormente al contratto assuntivo, apposita garanzia per il medesimo debito di cui acquisisce la titolarità, non possa fruire del disposto dell'art. 1275 c.c., dovendosi ritenere che tali garanzie continuino a permanere non più come garanzie di

320 PETRELLI,Formulario notarile commentato, vol. I, Milano, 2001, 673.

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un debito altrui, bensì come garanzie di un debito proprio322. Se tale principio è pacifico con riferimento alle garanzie reali, maggiori ostacoli si rinvengono circa l'applicazione dello stesso anche con riferimento alle garanzie personali e, in particolare, alla fideiussione. L'ostacolo è rappresentato, in particolare, dal fatto che, a seguito della liberazione del debitore originario, è proprio l'assuntore, con il proprio patrimonio, che deve rispondere direttamente del debito assunto, mediante dunque il medesimo oggetto, che che costituisce il perno della garanzia personale. Non vi è, tuttavia, chi non abbia colto come sia lo stesso legislatore nella trattazione della confusione a dettare una regola applicabile proprio al caso in questione, ossia l'art. 1255 c.c., mediante il quale si conviene che “se nella medesima persona si riuniscono le qualità di fideiussore e di debitore principale, la fideiussione resta in vita, purché il creditore vi abbia interesse”, interesse che, nel caso in questione, si rinviene, in quanto il fideiussore, divenuto assuntore, aveva già garantito con garanzie reali su propri beni quel determinato debito poi assunto323.

Le cose cambiano, invece, nel caso in cui il prestatore delle garanzie sia proprio il debitore originario. In questo caso una dottrina autorevole però minoritaria è dell'avviso che occorre distinguere a seconda delle modalità e, quindi, degli istituti impiegati per l'assunzione del debito altrui, avuto riguardo, in particolare, al soggetto che ha assunto l'iniziativa per il perfezionamento della successione nel debito. Nella delegazione e nell'accollo, infatti, a livello per taluni unilaterale (per la delegazione) e senz'altro in via contrattuale per l'accollo, è il debitore ad assumere l'iniziativa negoziale e, quindi, non si può pensare che colui che assume l'iniziativa di assumere il debito, ossia il debitore, voglia, nell'atto stesso in cui trasferisce (col consenso del creditore) il debito al terzo, manifestare la sua sfiducia nella solvibilità del terzo, in omaggio a un principio generale dell'ordinamento, ossia quello di autoresponsabilità324. Un tale principio è immanente all'intero sistema del diritto privato

322 In questo senso cfr. GIACOBBE, Della delegazione dell'espromissione e dell'accollo cit., 123; ROLLI, La delegazione, in Le obbligazioni cit., 804.

323 ROLLI,La delegazione, in Le obbligazioni cit., 805.

324 Il principio di autoresponsabilità è un ideale filo conduttore che lega varie fattispecie del diritto privato e che trova nel principio dell'apparenza del diritto, sia nella versione oggettiva (tipicamente le ipotesi normate epifanie legislative del principio, come le contrattazioni con l'erede apparente, di cui all'art. 534 c. 2 c.c. ovvero al pagamento al creditore apparente, di cui all'art. 1189 c.c.) sia in quella soggettiva (si tratta, invece, di quelle sviluppate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che richiedono un apporto psicologico da parte del soggetto contro il quale deve essere fatta valere una situazione apparente che egli abbia colposamente o comunque volontariamente posto in essere: è il caso della rappresentanza apparente o della società apparente) una delle principali e più note applicazioni. Sul principio dell'autoresponsabilità cfr. PUGLIATTI, voce Autoresponsabilità, in Enciclopedia del diritto, vol. IV, Milano, 1959

reperibile, mediante le banche dati di Ateneo, sul sito http://enciclopedia.giuffre.it. Il principio dell'apparenza del diritto è stato, come noto, oggetto delle più svariate opere ed è uno dei principi che hanno segnato le tappe dell'evoluzione del diritto privato italiano ed europeo, mediante l'affermazione della tutela dell'affidamento incolpevole dei terzi. Opera sicuramente centrale nella disamina del problema è il contributo di MOSCHELLA,Contributo alla teoria dell’apparenza giuridica, Milano, 1973 oltre alla voce enciclopedica di FALZEA, Voce Apparenza, in Enciclopedia del diritto, vol. I, Milano, 1958, 682 e ss. e a quella del padre del principio, ossia il Presidente di Cassazione Mariano D'Amelio, D’AMELIO,voce Apparenza del diritto, in Nuovo Digesto italiano, 1937, riprodotta integralmente in Novissimo Digesto italiano, 1957, 714 e ss., a cura di MARMO.

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italiano ed è reso particolarmente cogente, in virtù di quelle istanze solidaristiche che, a mezzo dell'alto richiamo svolto dall'art. 2 Cost., dominano anche il diritto privato, a seguito della rilettura costituzionalmente orientata del codice civile, operata dalla dottrina più autorevole, a partire soprattutto dagli anni sessanta del secolo scorso325. Mediante tale principio, sicuramente consono a un sistema giuridico contrassegnato dal definitivo tramonto del volontarismo, sia dal punto di vista contrattuale, sia per quanto concerne la responsabilità aquiliana, ciascun soggetto deve sopportare le conseguenze derivanti dal suo comportamento che hanno suscitato nei terzi (nel caso di specie si tratta proprio del creditore) legittime aspettative. Tale conclusione non può essere confermata in caso di espromissione, nella quale non è il debitore ad assumere alcuna iniziativa tesa al rilevamento del proprio debito, bensì direttamente il creditore e l'assuntore e, inoltre, non si impedisce che le parti, nell'esercizio della loro autonomia, convengano di estromettere le garanzie fornite dal debitore, ma per fare ciò sarà necessario il consenso espresso del creditore326. Sempre a sostegno della tesi esposta, si evidenzia come, dal punto di vista comparatistico, tale soluzione è accolta in modo espresso dal legislatore svizzero e da quello austriaco che, nelle norme corrispondenti al nostro art. 1275 c.c., chiariscono come sia necessario il consenso del costituente nel caso in cui le garanzie siano state formate da terzi, terzi che sicuramente non possono essere identificati nella persona del debitore originario. Per quanto si tratti di una tesi affascinante, la teoria di gran lunga maggioritaria ritiene che il dettato letterale dell'art. 1275 c.c., nella sua chiarezza, sia ostativo a qualsiasi interpretazione così sfavorevole per il vecchio debitore. Il legislatore italiano del '42, con formula anodina, nel riferirsi a colui che ha prestato le garanzie, e non già, quindi, ad un ipotetico terzo, ossia a un soggetto evidentemente estraneo al rapporto giuridico in essere, intende riferirsi proprio a qualsiasi soggetto che abbia fornito apposite cautele, ivi compreso lo stesso debitore. Inoltre, anche con riferimento all'ipotesi in cui il debitore originario avesse garantito il debito che il terzo assume, ricorrerebbero i medesimi presupposti di diritto che giustificano la richiesta del consenso da parte del garante, anche nell'ipotesi in cui fosse persona del tutto estranea ai soggetti coinvolti nell'assunzione del debito. La garanzia offerta dal debitore originario, a seguito del mutamento di titolarità del debito, diviene una garanzia per il debito altrui e, come tale, richiede il consenso del garante, altrimenti si farebbe gravare sul debitore un rischio non valutato al momento della

325 Sullo sviluppo dell'approccio metodologico e di politica del diritto, anche nei suoi aspetti interpretativi del dato normativo, da adattare alle realtà sociali, soggette fisiologicamente a mutamenti ben più rapidi rispetto ai tempi necessariamente lunghi che richiedono le riforme normative e addirittura codicistiche si rimanda a PATTI,Codificazioni ed evoluzione del diritto privato, Bari, 1999, 14 e ss..

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costituzione della garanzia327. Ancora, si evidenzia come, accanto all'autoresponsabilità del debitore, si pone anche un necessario dovere di controllo da parte del creditore e di valutazione, a sua cura e a suo rischio, della solvibilità dell'assuntore del debito altrui328. Da ultimo, è lo stesso tenore letterale del combinato disposto dagli artt. 1275 e 1276 c.c. a far vacillare in modo sensibile l'impianto argomentativo dell'opposta tesi. Si è chiarito, infatti, che la lettura a contrariis dell'art. 1276 c.c. (norma che sancisce la riviviscenza dell'obbligazione del debitore liberato, in caso di nullità o di annullamento dell'obbligazione del nuovo debitore, senza che però il creditore possa valersi delle garanzie prestate da terzi) spinge a ritenere che le garanzie prestate dal debitore originario si estinguano, così come quelle prestate dal terzo, ma che solo quelle prestate dal debitore rivivano contestualmente al debito originario329. Da tale considerazione non si può evitare di sottolineare come sia completamente inutile discettare circa la conservazione delle garanzie del debitore liberato, in assenza di diversa volontà pattiziamente espressa, in quanto, se così fosse, si dovrebbe operare un giudizio di inutilità, se non di contraddizione, tra l'art. 1275 e il successivo art. 1276 c.c..

Aderendo, pertanto, alla teoria prevalente per la quale qualsiasi ipotesi di assunzione del debito altrui, a cui segua la liberazione del debitore originario dà luogo all'applicazione dell'art. 1275 c.c., occorre chiedersi quale sia la natura dell'atto negoziale, a mezzo del quale si mantengono le predette garanzie.

Anzitutto, occorre chiarire che, dal punto di vista temporale, c'è accordo in dottrina nel ritenere che tale negozio possa essere concluso anche anteriormente alla liberazione del debitore originario, a seguito dell'assunzione del debito. In questo caso, sarebbe possibile, da parte del costituente la garanzia, fornire un consenso preventivo per il mantenimento della stessa, anticipatamente a qualsiasi concreta assunzione del debito. Il negozio di mantenimento della cautela, inoltre, potrebbe essere anche coevo all'assunzione. In questo caso, esso si inserirebbe nell'ambito della stipulazione di delegazione, espromissione o accollo che, naturalmente, non verrebbe ad essere strutturalmente modificata nella sua causa da tale stipulazione aggiuntiva. Esso deve essere qualificato come vero e proprio negozio autonomo, anche se funzionalmente collegato, in modo unilaterale, ossia in regime di subalternità rispetto al negozio principale relativo al mutamento della titolarità del debito, e tendente, quindi, al perseguimento di un'unica finalità economica. È il caso di confermare che il mantenimento delle garanzie lascerà immutato il pregresso contenuto economico delle stesse, permarranno, quindi, le stesse garanzie, anteriori all'assunzione del debito altrui, con

327 ROLLI,La delegazione, in Le obbligazioni cit., 803.

328 ROLLI,La delegazione, in Le obbligazioni cit., ibidem.

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il medesimo grado e la medesima prelazione che le contraddistingueva330.