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La successione nel rapporto obbligatorio Inquadramento generale e rapporti con la novazione soggettiva

SOGGETTIVE TIPIZZATE DAL CODICE CIVILE

1. La successione nel rapporto obbligatorio Inquadramento generale e rapporti con la novazione soggettiva

Il credito e il debito sono rapporti giuridici che possono circolare secondo le norme specificamente predisposte dal codice civile.

Tale principio rappresenta una vera innovazione della scienza giuridica moderna, in quanto il diritto romano, fin dal periodo arcaico ma anche nell'età classica (si pensi all'insegnamento di Gaio nelle sue Institutiones (2.38)), era informato al principio per il quale il rapporto obbligatorio fosse un vero e proprio vinculum in personam, in rapporto al quale non era concepibile qualsiasi circolazione dello stesso. Nel diritto romano, infatti, il trasferimento del rapporto obbligazione poteva concretizzarsi solo attraverso una previa estinzione del vincolo, con successiva costituzione di un altro rapporto obbligatorio con un nuovo soggetto. L’esperienza giuridica romanistica conobbe, tuttavia, vari accorgimenti che pur formalmente rispettosi del dogma dell’incedibilità del credito o della non assumibilità del debito, consentivano, sul piano fattuale, una sostituzione della persona che avrebbe conseguito le utilità del rapporto obbligatorio (il riferimento è in particolare all’istituto della costituzione del “cessionario”, a cura del “cedente”, quale procurator in rem suam, così da poter agire in giudizio contro il debitore come sostituto processuale, in modo da far valere un credito altrui ma nell’interesse proprio112). Fu proprio con il sorgere dell'era moderna che la mutata concezione dell'obbligazione fece da volano, poi accentuato e potenziato con l' “invenzione” dei titoli di credito, allo sviluppo economico e all'accumulazione capitalistica113.

Di tale concezione romanistica del diritto delle obbligazioni si avverte ancora un'eco nel nostro codice, in particolare nell'art. 1260 c. 1 c.c. che sancisce l'inammissibilità della cessione di quei crediti intuitu personae, per i quali, cioè, assume un rilievo centrale, e nella genesi e nelle vicende che ne contraddistinguono la vita, la persona di una delle parti (come previsto nella sola “definizione” legislativa dell’istituto, data dall'art. 1429 n. 3 c.c. in tema di annullamento del contratto per errore sulla persona del contraente).

Va sottolineato che la legge prevede specifici istituti, il cui effetto giuridico è quello di determinare il sostituirsi di un soggetto a un altro in un rapporto già in essere. Dal lato

112 Cfr. BETTI,Teoria generale delle obbligazioni – vol. III, 2 Vicende dell’obbligazione vol. IV Difesa preventiva e successiva dell’obbligazione, Milano, 1955, 18 che rimanda alle Institutiones Gaii, II, 38 – 39.

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attivo, il principale istituto, ampiamente riformato dalla vigente legislazione civile, rispetto al modello napoleonico fedelmente fatto proprio dal compilatore del 1865, è quello della cessione del credito (artt. 1260 e ss. c.c.), cui va aggiunto, oltre al pagamento con surrogazione (terza sezione della presente dissertazione), per costante orientamento degli interpreti, la delegazione attiva, di cui il codice non dà una disciplina specifica, concentrandosi nella più complessa regolazione della delegazione passiva. Dal lato del debitore, invece, il legislatore enumera una serie di tipi negoziali preposti a tale effetto giuridico, si tratta della delegazione, dell'espromissione e dell'accollo (artt. 1268 e ss. c.c.). Tratto unificante il sistema della successione nel rapporto obbligatorio è stato il rifiuto, coerentemente ricercato e fatto proprio dal codificatore, di mantenere l'istituto di diretta derivazione romanistica della novazione soggettiva. L'espressione linguistica “novazione soggettiva”, infatti, si riaffaccia timidamente solo nell'art. 1235 c.c. che, facendo espresso rinvio agli specifici negozi di assunzione del debito, sopra ricordati, segna il crepuscolo, almeno de iure condito, del vecchio istituto. È proprio la stessa Relazione al codice civile, fatta al Re dal Ministro Guardasigilli, Dino Grandi, che espone in modo chiaro, in coerenza con il disegno unitario del codice del '42, le motivazioni di tale opzione di politica del diritto. Indiscutibile è, infatti, la volontà di non distinguere con sottili argomenti giuridici, istituti che avrebbero, nella mentalità del legislatore, sortito effetti sostanzialmente analoghi. In questo senso il testo della Relazione (n. 584) appare chiarissimo: “è probabile che in astratto siano abbastanza netti i criteri differenziali tra la novazione soggettiva per mutamento del debitore e la successione nel debito; ma è certo che volere ricollegare determinate conseguenze diverse a quelli destinati a produrre successione nel debito,

sarebbe stato rendere un pessimo servizio alla pratica, che in questa materia ha bisogno di

un orientamento sicuro e possibilmente di facile comprensione. Basta pensare infatti che distinguere, nel caso concreto, se l'intento pratico delle parti possa considerarsi diretto alla novazione o alla successione nel debito, è quasi sempre assolutamente impossibile, non potendosi pretendere che i contraenti, normalmente ignari di cognizioni giuridiche, si rappresentino siffatte sottilissime distinzioni. Ne sarebbe allora derivato che il giudice, per individuare le norme da applicare, avrebbe dovuto sostituire, con evidente arbitrio, la sua pronuncia, solo apparentemente interpretativa, ad una inesistente intenzione delle parti”. Tale opzione legislativa non venne accolta con grande entusiasmo dalla dottrina e, anche in tempi recentissimi, in giurisprudenza il ricorso all'utilizzo dell'espressione “novazione soggettiva” appare ampiamente praticato, nei settori più disparati - si pensi ad esempio al diritto commerciale, in tema di circolazione d'azienda, con gli effetti lavoristici che tale

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negozio implica114. Non si può negare, infatti, come esista una precisa distinzione tra novazione soggettiva e negozio acquisitivo del rapporto obbligatorio e come essa ricalchi le stesse differenze che si rinvengono tra novazione e successione. Nel primo caso, infatti, l'obbligazione così novata sarà regolata direttamente dal contratto novativo, ragion per cui tutti gli accessori, ivi comprese le garanzie reali, e le eccezioni opponibili che caratterizzavano il rapporto verranno a mancare. Al contrario, nell'ipotesi in cui la sostituzione soggettiva integrasse gli estremi della semplice successione nel rapporto, quest'ultimo sarebbe regolato direttamente dal rapporto anteriore alla successione che non ne verrebbe minimamente intaccato nella sua sfera oggettiva, limitandosi le modificazioni alla sola persona del debitore ovvero a quella del creditore. Proprio la configurazione di quest'ultima situazione giuridica è il salto logico che distingue il diritto moderno da quello romano, in cui invece il rapporto obbligatorio, come precedentemente sottolineato, non era suscettibile di essere scisso rispetto a ciascun elemento essenziale che lo andava a costituire, comprese le persone dei titolari del rapporto stesso.

Al contrario di quanto avveniva durante l'esperienza giuridica romana, il principio di continuità dei rapporti giuridici non si può negare essere un fondamento dell'attuale diritto privato cui deve sforzarsi di essere coerente la legislazione, anche in settori normativi ben distinti da quelli tradizionali della parte generale sull'obbligazione, contenuta nel quarto libro del codice civile.

Si pensi, pur con tutte le differenze che possono essere individuate e con le peculiarità tipiche delle norme relative alle persone giuridiche, alla riforma del diritto societario, in particolare all'istituto della trasformazione eterogenea da enti non societari, privi talvolta non solo di personalità giuridica, ma anche di un centro di imputazione di attività giuridica (si pensi alle comunioni di azienda), in società di capitali: prima della riforma si riteneva che una tale operazione potesse essere intrapresa solo previa messa in liquidazione dell'ente originario e successivo conferimento in società di quanto residuato dalla liquidazione, il che avrebbe tuttavia comportato la cessazione della continuità dell'ente. La riforma del 2003, al fine di incentivare lo sviluppo e la crescita di nuove società e il rispetto dell'autonomia privata, ha inteso consentire alle parti, nel rispetto del principio di continuità dei rapporti giuridici tipici della trasformazione (art. 2498 c.c.), la possibilità di mutare in profondità l'assetto organizzativo dell'attività di impresa115.

Analogamente si può sostenere che la continuità dei rapporti giuridici all'insegna dell'oggettivizzazione del diritto fosse stata già contemplata, con riferimento al rapporto

114 Cfr. Cassazione 15 settembre 2009, n. 19870 in Obbligazioni e Contratti, 2010, 10, 663.

115 Cfr. in questo senso PLASMATI,La trasformazione eterogenea in comunione d'azienda e in altre entità prive di continuità d'impresa, Padova, 2010, 7 e ss.; TASSINARI –MALTONI,La trasformazione delle società, Padova, 2011, 259

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obbligatorio, nella codificazione del '42. In questo modo il legislatore del codice vigente spezza la continuità storica del nostro ordinamento, all'insegna della semplificazione dei rapporti giuridici e dell'agilità dello smobilizzo dei rapporti obbligatori. Tale orientamento contraddice in modo evidente il precedente tessuto normativo e pone anche fine alle dispute che si erano sviluppate, vigenti i testi normativi anteriori, all'interno della dottrina circa l'ammissibilità stessa di una successione nel rapporto obbligatorio che non avesse effetti novativi. Come noto, infatti, il codice civile del 1865 recava solo la normativa della successione per atto tra vivi, e a titolo particolare, nel solo lato attivo del rapporto obbligatorio (sotto forma di vendita del credito, artt. 1538 e ss. c.c. abrogato). Ciò aveva posto l'interrogativo circa l'ammissibilità di una successione nel lato passivo del rapporto che non sortisse gli stessi effetti novativi, così come espressamente consentito per il credito. A livello normativo, va inoltre segnalato come lo stesso codice di commercio del 1882 non disponesse di una disciplina propria della novazione soggettiva od oggettiva delle obbligazioni commerciali, essendo, al contrario, presente una disciplina delle modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio solo relativamente alle obbligazioni cartolari, con tutte le peculiarità che contraddistinguevano, anche all'epoca, i titoli di credito. Non mancavano, infatti, voci secondo cui la successione nel debito non fosse ammissibile, se non entro il quadro generale della novazione del rapporto obbligatorio, dovendosi concludere che, alla luce del diritto positivo vigente (che prevedeva la sola novazione soggettiva passiva e non già la successione nel debito, cfr. art. 1267 n. 2 c.c. abrogato), l'obiettiva centralità della persona del debitore all'interno dell'obbligazione impedisse la permanenza dell'identità del rapporto obbligatorio116. Nel medesimo senso, si riteneva, da un punto di vista sistematico, che fosse proprio l'assenza di una disciplina positiva della successione a titolo particolare nel debito priva di effetti novativi, a impedire ai privati di realizzare un simile effetto117. Si riteneva, tuttalpiù, che la mancanza di una disciplina legislativa che prevedesse la successione nel lato passivo del rapporto potesse essere sostituita, pur nell'ambito dei soli rapporti commerciali, dal ricorso agli usi commerciali (ossia gli usi mercantili, da sempre fonte viva del diritto dei mercatores118), cui faceva riferimento, quale fonte del diritto

commerciale, l'art. 1 del corrispondente codice. Si riteneva, infatti, che gli usi, ai fini della tutela delle esigenze dei mercanti, consentissero la successione a titolo particolare nel debito senza effetti novativi, sempre limitatamente alle obbligazioni commerciali119. Nonostante

116PACCHIONI,La successione singolare nei debiti e le teorie germanistiche sul concetto dell'obbligazione, in Rivista di diritto commerciale, 1911, I, 1045.

117NICOLÒ,L'adempimento dell'obbligo altrui, Milano, 1936, 280.

118 Sul punto si rimanda al prezioso insegnamento di GALGANO,Trattato di diritto civile. Vol I, Padova, 2010, 74 e ss.

e 83 e ss.; oltre al saggio del medesimo Autore Lex mercatoria, Bologna, 2001. 119BIGIAVI,La delegazione, Padova, 1940, 122.

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ciò, non si può tacere come fosse sostenuta120, anche sotto il vigore dei due codici del diritto privato del 1865 e del 1882, la tesi, radicale all’epoca, per la quale, nel quadro del riconoscimento dell'autonomia privata, le parti potessero concludere un accordo in base al quale sostituire, senza pregiudicare la continuità del rapporto giuridico preesistente, i soggetti del rapporto obbligatorio, ivi compreso lo stesso debitore. Stante la centralità della persona del debitore, e la sua connessione alla garanzia patrimoniale generica che fungeva da garanzia per il creditore, si riteneva che qualunque variazione della sua persona fosse autorizzata dal creditore medesimo.

Preso atto dello stato del dibattito nella letteratura giuridica, la commercializzazione del diritto privato, operata dal codice unitario del 1942, non poteva non coinvolgere in modo profondo anche la circolazione delle obbligazioni, dei diritti e delle posizioni giuridiche (non circolano i debiti, essi si assumono; solo i diritti circolano).

Tuttavia, come poc'anzi evidenziato, davanti alle nuove regole dettate dal codice unitario le reazioni dei commentatori, formatisi sull'insegnamento tradizionale per il quale la modificazione della persona del debitore o del creditore avrebbe comportato novazione del rapporto121, non furono entusiaste. Non ci si deve stupire, quindi, se i manuali istituzionali di diritto privato122, nell'imminenza dell'entrata in vigore del codice civile, asserivano che il

codificatore del 1942, ben lungi dall'avere innovato i principi ricavabili dalla codificazione anteriore, non avesse fatto altro che dare per presupposto che ciascuna modificazione del lato soggettivo del rapporto obbligatorio avesse quale conseguenza logica l'avvenuta novazione dello stesso. Tale conclusione, nell'ottica del tempo, veniva rafforzata, specialmente con riferimento all'assunzione del debito altrui, dal dettato dell'art. 1235 c.c., interpretato, in virtù della sua rubrica, non tanto quale norma di mero rinvio agli specifici istituti della delegazione, dell'espromissione e dell'accollo, bensì quale norma dotata di una portata precettiva, tale da imporre il principio in base al quale la sostituzione di un debitore con un altro avrebbe implicato irrimediabilmente novazione del precedente rapporto. La stessa disposizione dell'art. 1275 c.c., in tema di estinzione della garanzia in caso di avvenuta liberazione del debitore originario, dava puntuale conferma a questo orientamento. L'estinzione delle garanzie è infatti un principio generale per qualsiasi novazione che crea un nuovo rapporto giuridico solo collegato funzionalmente a quello originale, ragion per cui si rende necessario il consenso espresso delle parti al mantenimento delle garanzie proprie di quest'ultimo. La norma, inoltre, trova un preciso collegamento con quella propria della novazione oggettiva, di cui all'art. 1232 c.c.. Tale forma di novazione, l'unica rimasta nel

120COVIELLO,Della successione nei debiti a titolo particolare, in Archivio giuridico, 1896, 287 e ss.; ANDREOLI,

Delegazione privativa e delegazione di pagamento, in Rivista di diritto civile, 1934, 529 e ss..

121 Cfr. sotto il vigore del codice civile del 1865 PACCHIONI,Delle obbligazioni in generale, Padova, 1935, 330.

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nostro ordinamento a livello di diritto positivo così come avviene anche nell'ordinamento tedesco, ha quale conseguenza quella di determinare l'estinzione delle precedenti garanzie, salva sempre diversa volontà delle parti.

Nonostante ciò, la tesi testè esposta appare ancora vincolata alla tendenza, percepibile alla luce delle concezioni di teoria generale del diritto vigenti all'epoca, di soggettivizzare il rapporto giuridico cui si ricollega nel campo contrattuale la teoria volontaristica del negozio giuridico, senz'altro dominante nei primi anni dall'emanazione del codice. Tutto ciò venne superato a seguito dello sviluppo delle tesi più moderne che, nell'ottica di una decisa socializzazione del rapporto obbligatorio e del contratto in generale intesero sottolineare la centralità, nel rapporto obbligatorio, del valore di scambio intrinseco a ciascun diritto, che aveva fonte nell'obbligazione in parola. A tale proposito, emerge la grande centralità dell'opera di grandi studiosi, quali Emilio Betti, che ebbero l'indubbio merito di oggettivizzare sia lo scambio commerciale sia il rapporto obbligatorio, nonché, da ultimo, lo stesso negozio giuridico, esaltandone le connessioni con l'affidamento dei terzi e le esigenze di pronto smobilizzo della ricchezza.

In quest'ottica, il rapporto obbligatorio, non più considerato quale semplice vincolo giuridico personale, bensì quale vero e proprio valore economico, diventa suscettibile di autonoma e piena circolazione, sia dal lato attivo sia da quello passivo.

A seguito di tali considerazioni, si è elaborato, in dottrina, il concetto di successione nel rapporto obbligatorio, quale sostituzione di un soggetto ad un altro nello stesso rapporto giuridico123, che, quindi, conserverebbe la propria unità. Di successione nel rapporto giuridico, si può parlare, da un lato, nell'accezione di successione a titolo universale ovvero di successione a titolo particolare, dall'altro lato nell'accezione di successione mortis causa ovvero per atto tra vivi. È indubbio, infatti, che la principale species di successione nel rapporto obbligatorio, peraltro considerata quale dato unificante le esperienze giuridiche delle varie epoche storiche, sia proprio costituita dalla successione per causa di morte, quale istituto di ordine pubblico economico124 che presiede all'ordinato svolgimento degli affari, al fine di evitare che la crisi ereditaria determini lo scioglimento dei rapporti obbligatori ovvero la derelictio dei diritti reali su res, determinando tutto ciò inevitabili rischi di tenuta dell'intero ordinamento giuridico. La forza di tale tipo di successione si esalta specialmente avuto riferimento alla mancanza di poteri oppositivi in capo al creditore all'ingresso di un nuovo debitore nel rapporto che lo legava al defunto, anche laddove l'erede decidesse, come è in sua facoltà, di accettare la delazione al medesimo devoluta, con il beneficio di inventario, con conseguente sua responsabilità patrimoniale per il debito così ereditato, intra

123SANTORO PASSARELLI,Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 93.

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vires hereditatis (artt. 484 e ss. c.c.). Il solo rimedio concesso ai creditori del defunto è

rappresentato dall'istituto della separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede (artt. 512 e ss. c.c.).

Oltre che mediante successione a titolo universale, la successione nel rapporto obbligatorio può essere realizzata anche mediante disposizione a titolo particolare125. È noto, infatti, come il credito, inteso quale valore economico, possa liberamente circolare anche mediante legato, ossia con una disposizione a titolo particolare, come dispone l'art. 658 c.c. che concreta, quindi, una vera e propria cessione a causa di morte del credito. In dottrina126, si è,

inoltre, chiarito come, a mezzo del coordinamento con l'art. 651 c.c., e sulla base degli stessi principi generali in tema di beni o diritti altrui quali oggetto del contratto127, possa essere oggetto di circolazione a causa di morte anche un credito altrui, sortendo, tuttavia, tale negozio quegli effetti meramente obbligatori, tipici di qualsiasi negozio relativo a beni o a diritti di terzi. Lo stesso debito, inoltre, può circolare anche a titolo mortis causa. Non ci si riferisce tanto al c.d. legato di debito che, in realtà, come opportunamente previsto dalla legge, altro non è che un vero e proprio legato di liberazione dal debito che il legatario aveva nei confronti del defunto e neppure al legato in favore del creditore del defunto; bensì a quei legati che, secondo la dottrina più recente, possono produrre l'effetto di disporre la successione a titolo particolare nel debito mediante apposito legato che crei un vero e proprio negozio di delegazione, espromissione o accollo testamentari128.

La successione può essere, secondo una tesi formulata almeno fino all'entrata in vigore del nuovo diritto societario in particolare in giurisprudenza, anche universale per trasferimento tra vivi. Si sta alludendo alla fusione di società129. Non era raro leggere nei manuali istituzionali del diritto privato che tale istituto concretava un'ipotesi di successio in

universum ius analoga all'eredità di una persona fisica130. L'orientamento prevalente in

125 Per la distinzione tra successione a titolo universale e a titolo particolare nell'ambito della successione a causa di morte cfr. RESCIGNO,La successione a titolo universale e particolare, in Trattato breve delle Successioni e Donazioni, a

cura di Rescigno, coordinato da Ieva, Padova, 2010, 3 e ss..

126MASI,Dei legati artt. 649 - 673, in Commentario del codice civile Scialoja – Branca, Bologna – Roma, 1979, 82 e

ss..

127 Si veda per la vendita di beni altrui, D. RUBINO,La compravendita, in Trattato di diritto civile e commerciale,

diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1971, 325 e ss..

128 Sul punto si rimanda all'opera fondamentale di DI MAURO,Le disposizioni testamentarie modificative ed estintive del rapporto obbligatorio, Milano, 2005,417 e ss..

129 La dottrina più autorevole ha, invece, chiarito come l'estinzione delle persone giuridiche di cui al primo libro del codice non possa definirsi quale vera e propria successione, in quanto limitata esclusivamente alla devoluzione di quanto rimanente dalla liquidazione della società (GALGANO,Delle persone giuridiche artt. 11 – 35, in Commentario al codice civile Scialoja – Branca, 2006, 428, il quale evidenzia come si tratti di una successione a titolo particolare). Si

ritiene che sia l'ultimo comma dell'art. 31 c.c., ai sensi del quale “i creditori che durante la liquidazione non hanno fatto valere il loro credito possono chiedere il pagamento a coloro ai quali i beni sono stati devoluti, entro l'anno dalla chiusura della liquidazione, in proporzione e nei limiti di ciò che hanno ricevuto”. Se la successione fosse a carattere universale, infatti, la responsabilità dell'ente cui sia devoluto l'attivo relitto della liquidazione sarebbe illimitata, non già