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Inquadramento generale della norma entro il provvedimento legislativo che la contiene

LA SURROGAZIONE BERSAN

1. Inquadramento generale della norma entro il provvedimento legislativo che la contiene

È noto come la XV legislatura della Repubblica Italiana sia stata caratterizzata, dal punto di vista della legislazione ad un tempo civilistica e ad un tempo economico – sociale, dall'emanazione di due provvedimenti, che portano il nome (tuttora impiegato, nonostante le varie modifiche che sono state apportate successivamente), del principale ministro proponente: ossia le due leggi Bersani. Questi due testi legislativi hanno segnato quella che, nel linguaggio giornalistico, è stata definita come l'età delle c.d. liberalizzazioni, ossia quei tentativi, mediante i quali la classe politica ha cercato di rimuovere quelli che la stessa ha considerato come veri e propri ostacoli al rilancio economico e sociale nazionale.

Entrambi i provvedimenti sono stati posti in essere mediante ricorso allo strumento della decretazione di urgenza e, quindi, sottoposti alla richiesta di approvazione da parte delle due Camere, entro sessanta giorni, come previsto dall'art. 77 c. 3 Cost.. Una notazione, non essendo a rigore pertinente con il settore disciplinare del presente lavoro, ma nondimeno pregiudiziale per valutare appieno l'assetto della normativa, non può che essere svolta sullo strumento tecnico impiegato dal legislatore per perseguire un disegno organico di riforma di settori decisivi per lo sviluppo economico e per l'assetto sociale della collettività nazionale. Sicuramente non esente da rilievi di legittimità costituzionale è, dunque, il ricorso a uno strumento, come la decretazione di urgenza, che appare oltre modo incongruente con siffatti disegni. La dottrina costituzionale ritiene con opinione che si potrebbe definire pacifica che “il decreto – legge risponde a un'evidente esigenza di fronteggiare situazioni anomale non agevolmente affrontabili attraverso l'uso dell'iniziativa legislativa del governo e la normale (o abbreviata) procedura di formazione della legge”426. In sostanza, i limiti di straordinarietà e di urgenza che giustificano l'emanazione del decreto, richiesti dall'art. 77 Cost., debbono essere interpretati in modo restrittivo. Per non tacere del fatto che la migliore dottrina costituzionale427 è dell'avviso che il decreto legge sia strumento legislativo incompatibile con la produzione di un documento normativo eterogeneo, in quanto legato ad un'esigenza immediata e indifferibile di normazione di un'esigenza del momento. La stessa Corte costituzionale, con sentenza n. 29/1995, ha sancito come “a norma dell'art. 77 Cost., la pre- esistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere

426DE VERGOTTINI,Diritto costituzionale, Padova, 2000, 216.

427DE VERGOTTINI,Diritto costituzionale cit., 217. In tempi recentissimi con riferimento ad altro provvedimento

“liberalizzatore” (ossia il c.d. decreto “cresci Italia”, d.l. 1/2012), contenente anch’esso una pluralità eterogenea di norme, difficilmente compatibili con i principi di straordinaria necessità e urgenza, una critica formale all’impiego del decreto (oltre che anche nel merito del provvedimento) si rinviene nell’editoriale di MATTEI,Liberalizzazioni, mercati e legalità, in Notariato, 2012, 5.

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tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validità in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione”428. A nulla, ovviamente, potrebbe valere la

difesa che fosse fondata su esigenze di tattica parlamentare, basate sui numeri risicati che la maggioranza parlamentare dell'epoca godeva in un ramo del Parlamento, e sui tempi contingentati della conversione del decreto, previsti dalla Costituzione, in quanto trattasi di considerazioni del tutto inconferenti e meta-giuridiche.

Preso, dunque, atto delle serie perplessità di legittimità costituzionale che si possono formulare in merito all’impiego dello strumento del decreto, si deve procedere alla presentazione dell'intervento riformatore.

Dal punto di vista descrittivo, tali provvedimenti rientrano in quella recente tipologia di atti normativi che prende il nome, ad un tempo giornalistico e di lessico parlamentare, di leggi

omnibus, ossia di documenti, mediante i quali le istituzioni politiche e legislative tendono a

normare un insieme eterogeneo di settori, legati solo da un'unica finalità: in questo caso si tratta della volontà di liberalizzare determinati settori economici e di stimolare la crescita economica (sempre con riferimento al linguaggio giornalistico – politico, le iniziative legislative venivano anche definite le “lenzuolate”).

Il primo di questi testi omnibus, il d.l. 4 luglio 2006 n. 233 convertito nella l. 4 agosto 2006 n. 248, è salito agli onori della cronaca soprattutto per la liberalizzazione controllata e parziale della vendita dei farmaci, per le disposizioni in tema di tracciabilità dei pagamenti per le alienazioni di immobili che ha inciso in modo estremamente importante l'attività quotidiana degli studi notarili, oltre che per la disposizione in tema di variazione unilaterale dei contratti di finanziamento ai sensi dell'art. 118 T.U.B..

Il secondo provvedimento, il d.l. 31 gennaio 2007 n. 7 convertito nella l. 2 aprile 2007 n. 40, è quello maggiormente centrale, ai fini della presente trattazione. Anch'esso è un documento normativo estremamente complesso, contraddistinto da una tecnica non precisa (questo con speciale riferimento proprio alle norme che si andranno ad esaminare più da vicino), avente come scopo, secondo la stessa epigrafe del provvedimento “misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita

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di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli”. Entro l'eterogeneità delle disposizioni presenti nel complesso normativo, tre sono le norme che vengono specialmente in rilievo ai fini della presente ricerca. Si tratta, in particolare, della procedura semplificata di cancellazione delle ipoteche, di cui all'art. 6; del divieto delle clausole che prevedono particolari prestazioni a carico del mutuatario, in caso di estinzione anticipata del finanziamento e conseguente nullità delle clausole che prevedano siffatti oneri, norma prevista dall'art. 7; infine dell'art. 8 che prevede la c.d. portabilità del mutuo.

Prima di procedere nell'analisi della disposizione, si deve ricordare come essa debba contemperare due diverse esigenze: da un lato la tutela del mutuatario, dall’altro, e forse è proprio questo l'obiettivo principale che il legislatore ha inteso coltivare con la norma, garantire e stimolare la concorrenza tra istituti bancari.

È bene ricordare che tali norme, rientranti nella legislazione liberalizzatrice del 2007, sono state novellate a seguito dell'emanazione del d.lgs. 13 agosto 2010 n. 141, il cui art. 4 c. 2, in particolare, ha espunto l’art. 8 d.l. 7/2007 da tale sedes materiae, per inserirla direttamente, per motivi di coerenza con l'oggetto della disciplina, nel testo unico bancario (d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385), confezionando, all'uopo, un nuovo art. 120 quater.