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Cenni di storia della biologia

Nel documento Nietzsche e la coscienza storica (pagine 75-81)

DALLA METAFISICA DELL’ARTE AL FILOSOFARE STORICO: IL RUOLO DELLE SCIENZE NATURAL

1. Scienze della natura e scienze dello spirito: Nietzsche tra filologia e biologia cellulare

1.1 Cenni di storia della biologia

Ben evidenzia Ernst Mayr, nella sua Storia del pensiero biologico, la portata epocale della pubblicazione dell’Origine delle specie di Darwin nel 1859: se fino a quel momento il concetto di rivoluzione scientifica, persino nel comune senso di ricomprensione della storia della filosofia, passava essenzialmente per la storia della fisica, dunque per le filosofie di Newton, Galileo e Cartesio, con la teoria evolutiva delle specie non si era solo alle soglie di una rivoluzione paradigmatica, per come Kuhn ebbe a definirla, ma, collateralmente, nel mezzo di una ridefinizione reciproca dei campi del sapere scientifico, e della loro identificazione epistemologica gli uni rispetto agli altri. Mayr appunta le sue riflessioni soprattutto sul modello fisico-matematico del sapere, che prima della rivoluzione darwiniana, era l’unico ritenuto strettamente scientifico; passando anche per il Kant della terza Critica, rivendica polemicamente lo statuto di una «biologia differente»120 dalle scienze fisiche e matematiche nella storia del pensiero e nella attualità post-moderna. Così se la fisica si occupa solo di un caso limite, che riguarda il mondo inanimato, e le sue leggi, la matematica è la grammatica di questo mondo e ne informa le strutture; ma rimane inarticolato da questo linguaggio ‘duro’, deterministico, meccanicistico-quantitativo tutto l’insieme di fenomeni comprensibili solo attraverso la complessità di strutture e sistemi, fenomeni di cui sono

120 Cfr. E. Mayr, Storia del pensiero biologico. Diversità, evoluzione, eredità, Bollati Borignhieri, Torino

apprezzabili innanzitutto «la qualità, l’unicità e la storia»121: ovvero i fenomeni

biologici.

«La parola “biologia”, nota Mayr, è figlia del secolo XIX»122. Se nominare è dare vita,

ricondurre la comparsa storica della parola «biologia» al secolo diciannovesimo, significa isolare l’esistenza storica di un coacervo epistemico di metodi e problemi, ormai in sé omogeneo e distinto, raccolto entro una propria identità definita rispetto al resto del corpo del sapere scientifico. Siamo cioè ad un momento in cui riesce a crearsi un discrimine sperimentale123, nella storia delle idee, tra i modelli epistemologici che affrontano criticamente quello fisico-matematico, ormai appartenente alla linea essenzialista, retaggio del platonismo. Dalla geometria galileiana in cui è scritto il libro della natura, all’unificazione della meccanica terrestre e celeste con le leggi newtoniane, fino al modello matematico e deduttivo della certezza e verità cartesiana, pochi sono stati i modelli filosofici che prediligessero come criterio di veridicità la qualità rispetto alla quantità, la variazione rispetto alla regolarità legale, la storicità concreta rispetto all’astrazione formale124. «Per quanto schiacciante sia stato per molti secoli il dominio

della matematica sulle altre scienze, vi furono voci di dissenso fin quasi dall’inizio»125,

scrive Mayr: da Pierre Bayle a Gianbattista Vico, sino all’intera ricerca condotta dalla storia naturale, per quanto quest’ultima sia stata a lungo retaggio della teologia naturale,

121 Cfr. E. Mayr, op. cit., p.36. 122 Ibidem.

123 «La differenza tra il metodo sperimentale e il metodo comparativo non è così grande come può

apparire di primo acchito. In ambedue i metodi si raccolgono i dati e in ambedue l’osservazione gioca un ruolo cruciale (benché lo sperimentalista di solito non menzioni il fatto che i suoi risultati sono dovuti all’osservazione degli esperimenti che ha condotto). Nelle cosiddette scienze osservative, l’osservatore studia gli esperimenti della natura…É importante sottolineare la legittimità scientifica del metodo osservativo comparativo, poiché il metodo sperimentale non è applicabile a molti problemi scientifici». Cfr. E. Mayr, op. cit., pp. 32-33.

124 Potremmo già considerare con Nietzsche, che alla base di queste esigenze teoretiche sussistono

esigenze morali, genealogicamente riconducibili alla morale cristiana della via di Cristo come verità e come vita e, prima ancora, greca della verità, della bellezza e della bontà, della coincidenza del bello e del vero, nel buono. La scienza che spacca la verità nella scissione tra qualità e quantità è così avviata ad una discesa nichilista.

incentrata sulla esigenza filosofica di provare la tesi cosmologica della perfezione del progetto divino in terra.

Fu con la pubblicazione della Histoire naturelle di Buffon che si alimentò la «ribellione contro l’ideale matematico-galileiano di scienza»: Buffon sosteneva esplicitamente che le problematiche emergenti dal mondo naturale erano troppo complesse per una concettualizzazione puramente matematica e che andavano piuttosto articolate per tramite dell’osservazione e del confronto, ovvero con tutt’altro metodo di cui parimenti nel tempo si arriva a rivendicare la piena dignità epistemologica e la piena scientificità. Per Mayr questa linea di derivazione passa da Buffon a Herder e, per tramite di quest’ultimo ai romantici e dunque alla Naturphilosophie126. Al punto che

«dal 1790, perfino Kant aveva abbandonato la sua sottomissione alla matematica». Il percorso nella storia delle idee non è naturalmente così lineare, ma la storia della filosofia della storia riconosce i suoi inizi legati al movimento di secolarizzazione della idea di processo storico e di temporalità storica, rispetto a quella teologica e religiosa: un primo passo in tal senso fu compiuto con le riflessioni del Turgot sui piani per i due discorsi sopra la storia universale, che in effetti retrodatano la ufficiale nascita della filosofia della storia, come studio a sé stante rispetto a quello strettamente teologico, nel 1750, mentre invece classicamente il primo studio che si ritiene fondativo della disciplina è il volteriano Essai sur le moeurs et l’esprit des nations (1756), in cui per la prima volta nella storia del pensiero si usa la locuzione «philosophie de l’histoire». Ed è proprio in Kant che troviamo un segno evidente di questo lavoro lento iniziato con l’Illuminismo, nella dialettica tra la concezione teologica del tempo (e della storia) e quella strettamente umana: se fino a quel momento era in questione una teodicea, cioè una giustificazione e dimostrazione dell’esistenza di Dio anche attraverso la storia, il

problema era gradualmente trapassato nella forma ulteriore dell’esigenza di conciliare la storia universale con il racconto biblico della creazione, cioè il cammino dell’uomo sulla terra dopo l’uscita dal regno di Dio e della libertà, nel regno terrestre della necessità. É esattamente in questo senso che viene impostata la meditazione kantiana sulla storia nel saggio del 1786 sull’Inizio congetturale della storia degli uomini: Kant si avvale, nel congetturare sui primi inizi della storia universale, non solo della «analogia della natura», cioè del «filo conduttore legato all’esperienza per mezzo della ragione», ma anche della «mappa» di un documento sacro, di modo tale che «il lettore aprirà le pagine di quel documento (Genesi, dal cap. II al VI) e passo dopo passo controllerà se la strada che la filosofia prende secondo concetti non s’accordi con quella che fornisce la storia»127. Il caso kantiano, che precipita direttamente nel testo il

rimando letterale alla parola sacra, è emblematico del movimento spirituale in atto, ciò che del resto rappresenta anche nella storiografia più abusata sul tema, e per Kant in particolare, una cifra dell’epoca illuminista: ovvero l’esigenza di emancipazione dallo stato di minorità in cui il pensiero, anche e non solo filosofico, si era storicamente collocato rispetto all’autorità, in particolare teologica128.

Dunque, guardando alla storia del pensiero biologico, spingendosi indietro appena un paio di secoli fa, non bisogna sorprendersi di ritrovare raggrumate, per così dire, intorno a questa origine, istanze ‘impure’ e non strettamente scientifiche; sono le propaggini metafisiche di un pensiero teologizzante (cristiano) intorno alla natura e alla storia dell’uomo, che strutturalmente hanno impregnato il pensiero filosofico,

127 Continua il testo kantiano: «Ma far nascere una storia interamente e soltanto da congetture sembra

non molto meglio che tracciare il progetto di un romanzo. Una tale storia potrebbe portare il nome di

storia congetturale, bensì di semplice invenzione. Eppure, ciò che non deve azzardarsi per il corso della

storia delle azioni umane, può bene essere tentato sul primo inizio, di essa per mezzo di congetture in quanto è opera della natura (... ) se si presuppone che questa ai primi inizi non fosse migliore o peggiore di come la sperimentiamo oggi (…). Una storia del primo sviluppo della libertà dalle sue disposizioni originarie nella natura dell’uomo è perciò qualcosa di completamente diverso dalla storia della libertà nei suoi progressi, che può essere fondata solo su notizie». Cfr. F. Gonnelli (a cura di), Kant. Scritti di storia,

politica e diritto, cit., pp.103-104.

degradando lentamente in forme secolarizzate nella morale: una traccia di questo movimento è proprio quella che Mayr raccoglie nella categoria del pensiero «essenzialista». L’intera opera kantiana potrebbe essere considerata un epocale lavoro di ricollocazione del corpo del sapere scientifico in un piano autonomo rispetto a quello strettamente teologico: se dunque con la Critica della ragion pura, si lavora alla ricerca dei limiti della ragione, e delle condizioni di possibilità di un sapere entro l’ esperienza, equivalentemente, la ricerca dei limiti della ragione diventa una ri-posizione di identità. Il Kant di questo saggio, che congettura sugli inizi della storia dell’umanità, cercando di servirsi dell’analogia della natura, per scrollarsi di dosso sotterraneamente il peso e l’ipoteca del racconto biblico della genesi, è lo stesso Kant che, secondo Mayr, a partire dal 1790 «si libera della matematica». Il Kant a cui ora si sta facendo riferimento è il Kant della Critica del giudizio, che sarà importante anche per il giovane Nietzsche, lettore di una parte della terza critica e del Conflitto delle facoltà.

Ora, il Kant della prima Critica aveva certo risposto alla domanda sulle condizioni di possibilità del sapere meccanico, attraverso la teorizzazione del giudizio determinante; questo stesso tipo di giudizio non è strutturalmente in grado di rispondere all’interrogativo sulle condizioni di possibilità del sapere sulla vita, del sapere biologico; non è in grado cioè di fornire una spiegazione razionale, in base ai principi della ragion pura, di quei principi che invece regolano la vita degli organismi.

«Il problema – scrive Fazio – diviene, allora, se sia ammissibile, accanto al giudizio determinante, una maniera di concepire gli organismi a partire dalla loro complessità, per rintracciare i nessi che ne originano le singole parti, se sia ammissibile, cioè , nello studio della natura il giudizio teleologico»129. Alla luce dei risultati ottenuti con la Dialettica trascendentale, rispetto alle idee di Anima, Mondo e Dio, cui Kant aveva

attribuito un uso puramente regolativo e non costitutivo, giacché non potrebbero essere concetti intuiti sensibilmente per tramite di una esperienza, così analogamente si decide del giudizio teleologico: cioè dell’idea di una finalità nella natura organica, si fa un uso regolativo.«Kant ammette, dunque – scrive Fazio –, che il giudizio teleologico possa essere utilizzato come principio regolativo nello studio degli organismi viventi, accanto al giudizio determinante, là dove non basta la semplice connessione causale»130.

Accanto alla ricognizione del modello fisico-matematico del sapere newtoniano, meccanicistico e basato su un modello di causalità strettamente determinante, la teleologia, kantianamente intesa, può regolare idealmente come modello di finalità intrinseca, ovvero di teleonomia, le scienze biologiche, le quali, scrive Fazio, sono «ancora alla ricerca di un proprio statuto epistemologico, ma pronte ad accogliere i fermenti delle filosofie della natura dell’epoca romantica e a combattere la propria battaglia contro il materialismo»131.

Come Corsi evidenzia nella presentazione al volume sulla Storia del pensiero biologico, per Mayr è questo un nodo cruciale della storia del pensiero scientifico nei suoi rapporti con quello filosofico: la lotta che le scienze della vita, e la biologia degli ultimi due secoli in particolare, hanno condotto in seno a se stesse tra essenzialismo e anti-essenzialismo, ha un carattere «epocale»132. Se dunque la filosofia della scienza poteva parlare di rivoluzione scientifica, ritenendo tale solo quella seicentesca riguardante i saperi fisico e matematico intorno ai fenomeni naturali, con il XIX e XX secolo, la pubblicazione degli studi darwiniani e la moderna sintesi evoluzionistica, le

130 Cfr. F. Gonnelli (a cura di), op. cit., pp.118-119: «Tuttavia il giudizio teleologico è applicato a ragione,

almeno problematicamente, all’investigazione della natura; ma soltanto per sottoporla a principi di osservazione e di investigazione mediante l’analogia con la causalità secondo fini, e senza pretendere di poterla spiegare. Sicché esso appartiene al Giudizio riflettente, non al giudizio determinante». Cfr. D. Fazio, op. cit., p.118.

131 Cfr. D. Fazio, op. cit., p.120. 132 Cfr. E. Mayr, op. cit., p. XI.

scienze biologiche hanno guadagnato uno statuto pieno di scientificità e hanno vissuto la propria rivoluzione paradigmatica133.

Nel documento Nietzsche e la coscienza storica (pagine 75-81)