3. Sull’ utilità e il danno della storia per la vita
3.5 Storia monumentale, storia antiquaria, storia critica: i tre tipi di relazione storia-vita
3.5.3 Coscienza storico-critica
Qui si fa chiaro come l’uomo abbia molto spesso necessariamente bisogno, accanto al modo monumentale e antiquario di considerare il passato, di un terzo modo, quello critico: e anche di questo per servire la vita. Egli deve avere, e di tempo in tempo impiegare, la forza di infrangere e di dissolvere un passato per poter vivere: egli ottiene ciò traendo quel passato dinanzi a un tribunale, interrogandolo minuziosamente, e alla fine condannandolo; ogni passato merita invero di essere condannato – giacché così vanno appunto le cose umane: sempre la violenza, la debolezza umane sono state potenti96.
Il modo critico di considerare la storia è certamente quello più prossimo al sentire inattuale, anzi che dell’istinto inattuale direttamente si alimenta. Non è un caso che venga infatti presentato come ultimo modo di considerare la storia in seno a questa considerazione: implicitamente per Nietzsche è il più significativo, perché può istituire un rapporto vitale con il passato, trasvalutandolo in un presente rinnovato. Non bisogna trascurare a tal proposito l’utilizzo del termine «tribunale»: Nietzsche sta parafrasando Schiller, che del resto cita anche esplicitamente in questa Inattuale, trattando il concetto di storia monumentale. I tempi in cui prevale questo senso critico che aggredisce, annientandolo, il passato sono considerati da Nietzsche «pericolosi e in pericolo». Sorprendentemente, potremmo dire, per quella parte di letteratura che ci orienta a considerare chiusa definitivamente la questione della storicità del pensiero nietzscheano in merito a questa inattuale, ritroviamo a questa altezza, cioè proprio al livello della riflessione sulla storia critica, o meglio sulla coscienza storica critica del passato, una constatazione: esiste un’omogeneità dei tempi passati rispetto a quelli presenti, per quanto non sia data una continuità lineare tra gli uni e gli altri. Certo è però che non
95 Ivi, p. 28. 96 Ibidem.
esiste uno schopenhaueriano stacco ontologico tra il presente e il passato, nel senso di un’eterna attualità opposta alla illusoria transitorietà del divenire del tempo.
Infatti, dato che noi siamo il risultato di generazioni precedenti – scrive Nietzsche –, siamo anche i risultati dei loro traviamenti, delle loro passioni e dei loro errori, anzi dei loro delitti; non è possibile staccarsi del tutto da questa catena. Se noi condanniamo quei traviamenti e ce ne riteniamo affrancati, non è eliminato il fatto che deriviamo da essi97.
Ritroviamo dunque i segni di una coscienza storica che ha contezza non solo del passato, ma ne riconosce il legame col presente: siamo il risultato di generazioni precedenti e non è possibile sradicare il passato staccandosi da questa catena: detto altrimenti, non è possibile ridarsi un’identità attualmente e totalmente presenziale perché la natura della identificazione di un popolo, di un individuo passa necessariamente per l’esperienza storica della realtà. Nietzsche schizza qui una specie di lignaggio della coscienza storica, che muove dal passato verso il presente. Ma con una ottica storico-critica, in base alle esigenze del presente, quel corpo di traviamenti, passioni, errori passati che sono depositati e agiscono nel presente vengono chiamati in giudizio: il passato viene processato e, addirittura, negato. Si innesca così un singolare processo plastico di riappropriazione dell’eredità spirituale trascorsa e ossificata nelle forme della ‘convenzione’ e della ‘tradizione’98: un processo simile non comporta solo
lo sradicamento immorale di tutte le pietà, come il Giametta traduce Nietzsche, ma incide sulla condotta individuale, trasfigurandone la costituzione morale tradizionale, quella ereditata, quella che si era data per ‘naturale’ ed incistando così il nuovo, una nuova moralità, una nuova forma di condotta: in altri termini, una nuova, seconda natura. Esercitandosi in una esperienza critica del passato, scrive Nietzsche:
Arriviamo nel miglior caso a un conflitto fra la natura ereditaria e avita e la nostra conoscenza, o anche a una lotta di una nuova e severa disciplina contro ciò che è acquisito e innato da gran tempo; noi piantiamo una nuova abitudine, un nuovo istinto, una seconda natura, sicché la prima natura rinsecchisce99.
97 Ivi, p. 29.
98 L’«eticità dei costumi» di cui Nietzsche parlerà in Aurora, afferisce esattamente al concetto di
tradizione e convenzione: l’intera impalcatura di sovrastrutture sociali che si frappone fra un individuo e la comunità, e che magari fa la conflittualità del rapporto e l’inattualità dell’individuo, sta sotto tale definizione nietzscheana di «Sittlichkeit der Sitte».
Anche in questo caso, l’esercizio critico nella considerazione storica del passato deve essere modulato dalla forza plastica interna dell’individuo: ma il dato che bisogna tenere in considerazione in questa dinamica, riguarda la natura artistica del movimento di riappropriazione critica del passato, per rivitalizzarlo nel presente. Tale movimento non è fine a se stesso naturalmente: anche qui si risponde ad un’esigenza di identificazione. Riappropriarsi di un certo passato, consapevoli di esserne eredi, significa provare a ri-conoscersi altrove, dislocandosi rispetto ai canoni della tradizione attuale, condivisi collettivamente.
É un tentativo – come scrive Nietzsche – di darsi per così dire a posteriori un passato da cui si vorrebbe derivare, in contrasto con quello da cui si deriva – sempre un tentativo pericoloso, perché è assai difficile trovare un limite nella negazione del passato, e perché le seconde nature sono generalmente più deboli delle prime100.
Il rischio di essere prevaricanti rispetto a ciò che realmente è appartenuto al passato, sia da un punto di vista strettamente evenemenziale che non, è sempre alle porte: di nuovo, esso è il sintomo di un eccesso di storia, di uno squilibrio nel rapporto tra storia e vita.
É essenziale continuare a segnalare come questo esercizio critico del senso storico si accompagni appunto all’esigenza di ridarsi una identità, riappropriandosi criticamente e reinterpretando quel passato. La natura artistica, nel senso più ampio del termine, per quanto qui ancora i toni siano prossimi a quelli della Nascita della tragedia e in fondo siano wagneriani, di questo processo non intende concedere nulla alla mitologia. É infatti sempre previsto un equilibrio tra le varie istanze avanzate nell’esercizio del senso storico dagli altri tipi di storia. L’esigenza di riappropriarsi del passato, per darsi un nuovo volto, un’identità che non cada nelle interpretazioni mitologizzanti ci sembra la stessa di Ecce Homo. Come facevamo notare sopra, il titolo stesso dello scritto del 1888 suggerisce il senso di una ‘ostensione’, e non solo: esso risponde alla precisa esigenza che Nietzsche aveva di non essere equivocato per
alcun’altro e, soprattutto, che la sua filosofia non venisse assorbita in interpretazioni mitiche.
Poiché prevedo che fra breve dovrò presentarmi all’umanità per metterla di fronte alla più grave esigenza che mai le sia stata posta, mi sembra indispensabile dire chi io sono – scrive Nietzsche nel Prologo di
Ecce Homo – (...). In queste circostanze io ho un dovere, contro cui si rivoltano in fondo le mie abitudini
e ancor più la fierezza dei miei istinti, cioè quello di dire: Ascoltatemi! Perché sono questo e questo. E
soprattutto non scambiatemi per altro101!
Ora, la riflessione sul concetto di «natura» negli usi e costumi di un popolo assume poi toni che si possono considerare non del tutto lontani da quelli di Umano, troppo umano e della Genealogia. Nietzsche sottolinea come quanto viene dato per prima natura, sia in realtà solo il risultato di un processo di naturalizzazione, e che con ogni probabilità quella stessa «prima natura», quell’insieme di norme e convenzioni diventate istintuali, perché se ne è dimenticata l’origine culturale, sono esse stesse state inoculate nel tempo come una seconda natura.
Ma qua e là la vittoria arride lo stesso, e c’è anzi per coloro che lottano, per coloro che si servono della storia critica per la vita, una notevole consolazione: quella cioè di sapere che anche una tale prima natura è stata una volta, quando che sia, una seconda natura, e che ogni seconda natura che vinca diventa una prima natura102.
Il dato rilevante per noi, nella descrizione di questa dinamica, è quello storico: anche in questo scritto giovanile troviamo un Nietzsche che constata la storicità di quel che lui definisce «natura». Invece di collocarla in una dimensione astorica e innata, dunque metafisica, ne ratifica la natura transeunte.