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La rivoluzione delle scienze biologiche nell’Ottocento tedesco

Nel documento Nietzsche e la coscienza storica (pagine 81-88)

DALLA METAFISICA DELL’ARTE AL FILOSOFARE STORICO: IL RUOLO DELLE SCIENZE NATURAL

1. Scienze della natura e scienze dello spirito: Nietzsche tra filologia e biologia cellulare

1.2 La rivoluzione delle scienze biologiche nell’Ottocento tedesco

Uno dei fatti più densi di conseguenze nella storia spirituale dell’Ottocento – scrive Fornari –, quasi “uno dei contrassegni dell’intero secolo”, è senz’altro l’inarrestabile estensione del concetto di sviluppo. Sono note le ripercussioni della particolare idea di mutamento introdotta da Darwin e diffusa in seguito, con maggiore o minore fedeltà dai darwinisti, in ogni campo del pensiero e della prassi. Dal punto di vista della storia delle idee, L’origine delle specie e, più tardi, L’origine dell’uomo condussero a uno dei maggiori sconvolgimenti dell’immagine del mondo propria della scienza, e l’affermazione di uno sviluppo evolutivo rivoluzionò non soltanto i principi metodologici della biologia ma persino i diversi ambiti della vita sociale , politica e culturale. Si fu costretti a familiarizzare di nuovo- e mai in maniera tanto radicale- con l’idea di storicizzazione; riprese fiato l’empirismo; il divenuto e l’acquisito si imposero sull’immobile e sull’innato134.

Fu probabilmente il timore di conseguenze del genere a spingere lo stesso Darwin a posticipare la pubblicazione della Origine dell’uomo, come si può dedurre da alcune considerazioni private riservate all’intimità degli scambi epistolari.

L’Ottocento tedesco non si caratterizza esclusivamente per la rivoluzionaria adozione del paradigma evolutivo nelle scienze biologiche: più ampiamente, si può dire che gran parte del mondo scientifico è alle prese con un lavoro di riappropriazione di presupposti epistemologici nel tentativo di recuperarli dal terreno della metafisica. Per quanto sia semplificatorio, in linea di massima almeno due sono gli orientamenti opposti e generali della ricerca scientifica europea della seconda metà del XIX secolo: da un lato il fronte del materialismo, dell’empirismo, della moderna attenzione ai «fatti» e alla loro veridicità scientifica, dall’altro la strenua difesa delle posizioni metafisiche135.

É imprescindibile tenere conto della collocazione di Nietzsche entro questo orizzonte culturale e scientifico: non solo tale è il brodo di coltura delle filosofie a lui

133Cfr. E. Mayr, op. cit., p. 37.

134 Cfr. M. C. Fornari, La morale evolutiva del gregge: Nietzsche legge Spencer e Mill, ETS, Pisa 2006,

p.17.

contemporanee136, che costituiscono i cardini di articolazione e snodo del suo discorso

filosofico, ma egli stesso si orienta con estrema lucidità e prontezza entro questo orizzonte, confrontandosi volta volta con le più significative pubblicazioni scientifiche contemporanee: dalla fisiologia alla biologia, dalla psicologia all’etnologia.137

«All’interno di tale prospettiva, le stesse ricerche dei biologi – osserva Orsucci –, affrontando la questione della individualità nel mondo organico, definiscono e circoscrivono nuovi campi di interesse, sia ricercando corrispondenze con forme prodotte, nella natura inorganica, da processi elementari di sedimentazione e di coagulo, sia suggerendo all’opposto modalità di relazione pienamente dispiegate nel ‘mondo dello spirito», come era per il biologo Virchow, con la sua teorizzazione dello Zellenstaat, come conflittuale comunità di cellule138. É necessario soffermarsi dunque

ancora un momento sul quadro di questo polimorfo clima culturale, per tracciarne le linee prospettiche e dare un senso più ampio alla lettura degli aforismi di Umano, troppo umano che ci approssimiamo ad affrontare.

Come dimostra ampiamente Orsucci nei suoi studi sui rapporti tra il mondo scientifico e filosofico tedesco ed europeo del XIX secolo139, i confini tra le scienze della natura e le

scienze dello spirito, per parafrasare la formulazione diltheyana, sono estremamente fluidi. Prendendo spunto dai diltheyani Beiträge zum Studium der Individualität (1895), Orsucci dichiara di aver tradotto gli appunti preliminari dello studio condotto da Dilthey in una propria ipotesi di lavoro. «Sembra allora del tutto legittimo –egli nota – cercar di

136 Come nota la stessa Fornari: «Non è tanto essenziale stabilire che cosa Nietzsche conoscesse del

naturalista inglese – né se egli si possa definire un darwinista o, al contrario, un antidarwinista radicale – quanto che ne partecipasse come pensiero condiviso, lo respirasse come «polimorfo fenomeno e clima culturale»; in una parola, che egli venisse risvegliato, grazie a Darwin, dal suo sonno dogmatico, «così come un secolo prima Kant fu risvegliato da Hume». Cfr. M. C. Fornari, op .cit., pp. 24-25.

137 A riguardo monografie essenziali sul tema sono B. Stiegler, Nietzsche e la biologia, Negretto,

Mantova 2010 e B. Babich, Nietzsche e la scienza: arte, vita, conoscenza, Cortina editore, Milano, 1996.

138 Cfr. A. Orsucci, Dalla biologia cellulare alle scienze dello spirito: aspetti del dibattito

sull’individualità nell’Ottocento tedesco, Il Mulino, Bologna 1992, p. 20.

139 Cfr. A. Orsucci, Da Nietzsche a Heidegger: mondo classico e civiltà europea, Edizioni della Normale,

Pisa 2012 che è una ripresa dei temi trattati in Id., Orient-Okzident: Nietzsche versuch einer Loslösung

comprendere, “come ebbero luogo queste trasposizioni dal territorio delle scienze della natura a quello delle scienze dello spirito, in quali princìpi vennero date solide fondamenta, quali concetti si mostrarono fruttuosi in questa trasposizione – e infine, in che misura questa trasposizione venne accompagnata da esiti negativi”»140. Gli studi così condotti permettono ad Orsucci di registrare i movimenti osmotici di contaminazione, opposizione e scambio dalla filosofia morale alle scienze, biologiche in particolare, ma anche chimiche e fisiche. Non sono soltanto i filosofi, come egli evidenzia, a fare i conti con i contraccolpi epocali della Weltanschauung, offerta dai risultati sperimentali del mondo scientifico, ma gli stessi biologi ad alimentare speculazioni di natura strettamente filosofica sulle conseguenze morali delle loro risultanze di laboratorio. Ciò che è un fenomeno particolarmente raro in Inghilterra o in Francia, assume proporzioni così ampiamente tracciabili, come ad esempio viene evidenziato nello studio di Orsucci, in Germania: non abbiamo solo il D.F. Strauss, O. Caspari, il J.S. Mill o il P. Rée di Nietzsche; mentre le Naturwissenschaften guadagnano i propri risultati più significativi negli studi embriologici, nella fisica astronomica, negli studi di patologia cellulare sino a quelli di neurofisiologia, scienziati come Haeckel, Virchow, Semper, Helmolzt, Du Bois-Reymond, Fechner, Nägeli, W. Roux portano l’ordine delle loro discussioni verso categorie come teleologia, continuità di organico e inorganico, forza vitale, autoregolazione, lotta interna, selezione naturale, adattamento: tutte afferenti problematicamente a quella filosofica di individualità e, dunque, prossime al dominio della moralità.

Sembra allora del tutto legittimo, a cospetto di simili questioni, quel “diritto alla speculazione filosofica” che gran parte della biologia ottocentesca, e non soltanto Hackel, rivendica spesso e con grande passione. «In effetti a partire dagli anni ’60, sono

140 Cfr. A. Orsucci, Dalla biologia cellulare alle scienze dello spirito: aspetti del dibattito

gli stessi concetti biologici basilari ad essere messi in discussione. (…) I biologi, in questi decenni, si trovano di continuo ad affrontare da lati sempre diversi, il medesimo dilemma, domandandosi se davvero il concetto di ‘vita’ e quello di ‘individualità’ non debbano più considerarsi identici, almeno in larga misura e se dunque possano darsi anche manifestazioni vitali nient’affatto, o assai scarsamente, individualizzate»141.

Come osserva Cassirer nella Philosophie der symbolischen Formen, nei vari campi del sapere non è operato «un trasferimento esteriore di concetti, ma (…) un più profondo elemento comune: si tratta dell’azione esercitata da fondamentali tendenze intellettuali del tempo in ordini di problemi completamente diversi»142.

A nostro avviso in tal senso è di cruciale importanza non solo la componente hegeliana della filosofia darwiniana dell’evoluzione, nelle sue basilari determinazioni di storicità, sviluppo, antagonismo, ma la stessa rivoluzione neokantiana di metà secolo, propugnata soprattutto in un’ottica scientifica di riappropriazione della lezione kantiana del criticismo, lato sensu, come arma antidogmatica: una reazione in sostanza al pensiero essenzialista, per richiamare Mayr, della filosofia romantica della natura.

Non è un caso, per Orsucci, che questo tipo di tendenza unificante tra discipline venga ad espressione più completa e matura in Germania: non si tratta qui dell’ipoteca metafisica che grava sulle moderne scienze della natura, eredi dell’antico senso cristiano della religiosità e della verità, come Nietzsche ripetutamente denuncia nei suoi scritti. Qui si pone l’accento sulla impronta humboldtiana delle università tedesche, che agevola la promozione di un ideale «combinatorio» di sapere, favorendolo istituzionalmente e permettendogli di informarsi «nell’unità gelosamente difesa dagli stessi uomini di scienza, della philosophische Fakultät»143. Mentre una parte del filosofia è dunque impegnata a rimodulare i propri presupposti teoretici, imperversa il

141 Ivi, p.18.

142 Citato in ivi, p. 8. 143 Ivi, pp. 28-29.

dibattito sul fronte materialistico delle acquisizioni scientifiche: sono i tempi in cui, come cita Fazio, «i molesti, presuntuosi e mediocri epigoni che ora dominano nella Germania colta si compiacevano di trattare Hegel come ai tempi di Lessing il bravo Moses Mendelssohn trattava lo Spinoza: come un “cane morto”»144; sono gli anni del

Materialismusstreit, in cui la filosofia tedesca cercherà di «aprirsi alle istanze delle scienze della natura»145. Il dibattito ha inizio con la pubblicazione della prima edizione

dell’opera del fisiologo olandese Jacob Moleschott intitolata Kreislauf des Lebens Physiologische Antworten auf Liebigs “Chemische Briefe” che, appena trentenne, osava sfidare uno dei «numi della fisiologia tedesca del tempo», ossia Justus Liebig, il quale nelle sue Chemische Briefe del 1844 ripristinava il valore ancillare delle scienze della natura rispetto alla teologia, rispolverando in qualche modo l’argomento cristiano del progetto divino; mentre intanto Moleschott scalza definitivamente la possibilità di ogni «intervento della trascendenza»146, affermando il continuo circolo e ricircolo delle sostanze chimiche naturali, per cui nulla viene a dissolversi o crearsi, ma tutto a trasformarsi. Parimenti la critica di Feuerbach ad un’altra opera di Moleschott, nella sua Die Naturwissenschaft und die Revolution. Kritik der Schrift von Moleschott “Lehre der Nahurngsmittel”, reca con sé la celebre affermazione per cui «L’uomo è ciò che mangia»147.

«Grazie a simili motivi – i barlumi di vita ‘amorfa’, il microcosmo – le ricerche sulla cellula acquistano larga notorietà, lasciando non poche tracce in molti casi quasi impercettibili, ma egualmente molto significative, anche nelle indagini filosofiche dell’epoca. Provando ad accostare molte pagine di Trendelenburg e di Strauss, di Dilthey e di Simmel, di Nietzsche e di Scheler, si ottiene una sorta di commentario

144 Citato da D. Fazio, op. cit., p. 165. 145 Ibidem.

146 Ivi, p. 76. 147 Ibidem.

filosofico che riassume e rielabora, e talora illumina da nuove prospettive, vicende e indirizzi della biologia cellulare ottocentesca»148.

Parimenti la psicologia cerca una fondazione scientifica e la ricerca accostandosi alla fisiologia, in particolare alla fisiologia degli organi di senso. Certo, la storia della ricomposizione di «fisico» e «morale» in età moderna affonda le sue radici alla fine del XVII secolo, con la ricerca sensista che muove almeno sino a Condillac, ma nel XIX secolo sorge un rinnovato interesse sotto la spinta della critica kantiana della conoscenza. Come sostiene Poggi, l’attenzione dedicata al dibattito sulla malattia mentale è «in connessione con il maturare dell’interesse per l’analisi delle “facoltà della mente” e della genesi e dell’organizzazione delle sensazioni, delle rappresentazioni, delle idee»149. La prima significativa pubblicazione in tal senso è la Psychologie als

Wissenschaft di Herbart del 1824-25: un progetto che costituisce parte integrante d’una concezione filosofica impegnata nel contrapporre alla «concezione “totale” della conoscenza della natura propria dell’indagine dell’idealismo e della scienza romantica una ripresa critica dell’indagine kantiana sulle “condizioni di possibilità dell’esperienza”»150. É nel seminato della ricerca antimetafisica delle condizioni di

possibilità della esperienza psichica, che si collocano gli studi psicologici di J. S. Mill. A partire dal System of Logic del 1843, Mill si propone di approfondire lo studio del carattere sintetico della attività psichica, evidenziandone le leggi e, soprattutto, cercando di affinare il tradizionale concetto di associazione delle idee. Come sottolinea Poggi, per J. S. Mill l’associazione mentale è analoga ad un processo chimico, di «chimica mentale», attraverso il quale le idee reagiscono fra loro e riescono a combinarsi in

148 Cfr. A. Orsucci, Dalla biologia cellulare alle scienze dello spirito: aspetti del dibattito

sull’individualità nell’Ottocento tedesco, cit., p. 20.

149 Cfr. Paolo Rossi (a cura di), Storia della scienza moderna e contemporanea. Dall’età romantica alla

rivoluzione industriale, UTET, Torino 1988, p. 1001.

prodotti diversi rispetto a quelli iniziali151. Egli, ricollegandosi alle tesi del filosofo

Alexander Bain (1818-1903), esposte in The senses and the Intellect, pubblicato nel 1858, evidenziava «la necessità che l’analisi psicologica tenesse conto dei dati forniti dall’analisi fisiologica delle sensazioni»152.

Significativamente per la storia della filosofia, fu solo col 1855, con la pubblicazione di The principles of Psychology di Spencer che l’evoluzionismo sociale ebbe le sue basi teoriche sistematizzate e riconciliate sperimentalmente con i risultati delle scienze naturali, la biologia e la fisiologia in primis. «Assieme ai dati della ricerca fisiologica, Spencer rivolgeva la propria attenzione anche a molti temi di tipo più specificamente biologico, ponendo le basi della loro ricezione da parte del lavoro dell’indagine psicologica nella seconda metà del secolo»153. H. Spencer è passato alla storia come il

padre dell’evoluzionismo sociale; di fatto è centrale nel suo pensiero la categoria d’adattamento nella dialettica tra l’individuo e la società, e, da un punto di vista strettamente teoretico, l’elaborazione di un vero e proprio «associazionismo evoluzionistico» nell’economia dei processi mentali. Quel che interessa ricordare, in questo frangente, dato che la analisi dei temi spenceriani esula dagli obiettivi di questa ricerca per la vastità delle implicazioni e delle risonanze nel corpo delle opere nietzscheane, è la data di pubblicazione del testo sacro, per cosi dire, dell’evoluzionismo scientifico, appunto il testo di Darwin sull’Origine delle specie, che avviene effettivamente solo quattro anni più tardi, nel 1859. Questa notazione muove a riprova del fatto che la temperie culturale europea ottocentesca si alimenta della prossimità tra le Naturwissenschaften e le Geisteswissenchaften: in quella fruttuosa linea di confine hanno trovato scaturigine i sorprendenti «centauri», come Nietzsche li definiva, della sua filosofia.

151 Ivi, p. 1010. 152 Ibidem. 153 Ivi, p. 1011.

2. Nietzsche, Lange e il ritorno a Kant: le basi neokantiane della filosofia

Nel documento Nietzsche e la coscienza storica (pagine 81-88)