• Non ci sono risultati.

Cenni sulla possibilità di forme di giustizia riparativa

La normativa italiana

6. Cenni sulla possibilità di forme di giustizia riparativa

Esistono, entro le maglie del sistema penale minorile, possibilità concrete di inserire strumenti di giustizia riparativa entro alcuni specifici istituti. È già stato detto come il procedimento a carico di imputati minorenni sia stato individuato dal legislatore come «“luogo” idoneo ad avviare percorsi risarcitori nella prospettiva della riconciliazione» (Scivoletto 1999: 31). L’ottica predominante non si limita quindi esclusivamente alla restituzione economica e finanziaria – come se fosse questione facile fare una effettiva valutazione del valore perso o danneggiato – ma appare focalizzata sulla relazione offensore-offeso, nell’auspicio di poter prevedere un coinvolgimento di altre realtà, come la collettività. Il giudice ha, infatti, facoltà di impartire «prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa» (art. 28), in accordo con una finalità riparativa –restorative justice – che il procedimento penale minorile si prefigge di raggiungere. Al minore è data la possibilità di incontrare la sua vittima – molto spesso anch’egli minorenne –, di intraprendere un percorso di riparazione del danno, e alla vittima di avere un proprio spazio per dar voce alle sue necessità, collaborando a tale riparazione. La strada maggiormente utilizzata in queste circostanze ipotizza la previsione di una procedura parallela al procedimento, altrettanto istituzionalizzata ma meno legata a procedure altamente normate e svincolata dagli esiti processuali, anche se il processo costituirebbe proprio l’occasione per attivare un coinvolgimento di attori sociali e della comunità (Scivoletto 1999). In questo scenario, e con riferimento al quadro definito fino ad ora, il progetto di messa alla prova appare rappresentare il momento ideale in cui inserire previsioni riparative, proprio in virtù delle sue finalità di presa in carico e di ricucire e riscostruire esperienze umane e relazioni fiduciarie che possono esser state compromesse con la commissione del reato.

A lungo dibattute, sia nelle modalità applicative che nelle modalità di valutazione , le misure di giustizia riparativa entro prescrizioni di MAP assumono indubbiamente un valore di non poco conto: attraverso tali pratiche si apre alla possibilità di intendere il ragazzo non come avulso e staccato dal contesto sociale ma come persona inserita in relazioni (più o meno formali) che debbono essere ricostruite e consolidate. Inoltre la previsione ex art. 28,che da facoltà al giudice di impartire prescrizioni di natura riconciliatoria, esprime la volontà del legislatore di garantire anche alla vittima uno spazio di legittimità e di riconoscimento altrimenti interdetto alla medesima.

Sebbene l’esito della mediazione non vada ad incidere in modo significativo sull’esito complessivo della MAP rappresenta un elemento essenziale perché il percorso rieducativo possa dirsi efficace. Infatti, gli obiettivi che si intendono raggiungere si possono leggere entro un panorama che coinvolge molteplici aspetti: il riconoscimento della vittima, della sofferenza e del disagio esperito a seguito dell’evento vittimizzante; la riparazione dell’offesa nella sua dimensione “globale”, non solo materiale dunque ma anche emozionale, relazionale, lesiva della libertà e delle aspettative altrui; l’auto- responsabilizzazione del giovane autore di reato che saggia in prima persona come le sue azioni si siano ripercosse in modo negativo sull’esistenza di un’altra persona. Tali aspetti generano effetti benefici non solo sulla vita dei soggetti coinvolti ma concorrono a rinsaldare e fortificare legami comunitari e standard morali (Mondini, Landi 2008). Più avanti nell’elaborato saranno messi in luce gli aspetti critici e le problematiche che possono presentarsi nell’attuazione di tali strumenti in seno ai progetti di messa alla prova; infatti sebbene a livello teorico- speculativo la previsione di pratiche di incontro atte alla riparazione del danno trovano il favore di studiosi e operatori, non poche sono le criticità che emergono in fase di implementazione delle medesime.

Altra occasione in cui si può prevedere un utilizzo di pratiche mediative, seppur in forma molto meno diffusa e utilizzata, è l’accertamento della personalità del minore ex art. 9 DPR 448/88. Il procuratore e il giudice, all’atto di richiedere delucidazioni in merito ad «elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne l'imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto» possono far richiesta alle strutture deputate in merito all’opportunità di prevedere un incontro di mediazione tra autore vittima che intervenga come strumento esplorativo per i parametri sopra indicati (Vezzadini 2006).

È chiaro che in questo frangente pre-processuale, la mediazione non appare essere utile ad un percorso di responsabilizzazione del ragazzo rispetto al fatto compiuto e rispetto alla vittima, non essendoci stata ancora una ammissione almeno ipotetica delle responsabilità per i fatti contestati, ma può rappresentare un occasione di valutazione che si discosta e completa quella prodotta dai servizi o da altre professionalità incaricate di svolgere un esame conoscitivo della storia del ragazzo (Ibidem).

Infine, si è ipotizzato la realizzazione delle pratiche di mediazione in un momento postumo la conclusione del procedimento (Picotti 1998) ossia nel momento in cui siano state decise formule assolutorie per il giovane imputato. Il riferimento è all’art 27, irrilevanza del fatto, che ipotizza un percorso riparativo a seguito di congedo del ragazzo dal circuito penale proprio in forza della irrisorietà del fatto compiuto. L’utilizzo di pratiche di mediazione in questo contesto assumerebbe solo ed esclusivamente un significato simbolico costringendo, potenzialmente, ad un ulteriore (indesiderato?) incontro chi invece ha già trovato soddisfazione nelle scelte compiute dal sistema di giustizia .

Capitolo III