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Quante sono le MAP disposte nel: 2011 2012 2013 2) Quante disposte in Udienza Preliminare

Capitolo V: Nota metodologica

1) Quante sono le MAP disposte nel: 2011 2012 2013 2) Quante disposte in Udienza Preliminare

- Quante disposte in Dibattimento

3) Fra quelle: quante contengono disposizioni che richiamano alla Restorative Justice

4) - Quante disposte in Udienza Preliminare - Quante disposte in Dibattimento

5) Chi le suggerisce? - USSM

- Giudice (Udienza Preliminare/Dibattimento) - Pubblico Ministero

-Minore

6) Per quali reati?

- Contro la persona (+ specifiche) - Contro la proprietà (+ specifiche) 7) Età

- autore di reato [14-16 anni/ 16-18 o + anni] - vittima [a) coetanea b) adulta]

Per quel che concerne gli Stati Uniti, l’analisi dei fascicoli non è stata diretta bensì svolta utilizzando i dati disponibili nei database del CENSUS e del Department of Justice relativo ad alcune contee dello Stato del New Jersey. In questo caso si è

compiuta, dunque, un’analisi di dati on line non essendo stato possibile accedere ai fascicoli, per ragioni legate alla conservazione del materiale processuale. La seconda fase ha previsto, come già ricordato, l’utilizzo di una metodologia di tipo più spiccatamente qualitativo, che ha permesso di indagare attitudini e percezioni di vari soggetti coinvolti nel procedimento penale. L’uso d’interviste semi-strutturate presente per il caso italiano e per quello statunitense, ha permesso di cogliere meglio le definizioni e le riflessioni degli attori coinvolti nel processo penale minorile circa l’impiego della mediazione come misura all’interno dei progetti di MAP e probation.

Gli “osservatori privilegiati” sono stati invitati a partecipare alle interviste le quali sono state registrate e, in seguito, analizzate dettagliatamente. Lo scopo, utilizzando questa metodologia, è quello di stimolare delle riflessioni sugli atteggiamenti che emergono dagli incontri individuali (Corbetta 2014) , dei diversi operatori del sistema di giustizia minorile, rispetto all’impiego di strumenti di giustizia riparativa entro l’istituto giuridico tipico del processo penale a carico di imputati minorenni. Le interviste svolte all’estero hanno ripercorso, in relazione alle possibilità di accesso alle strutture e alla disponibilità e reperibilità degli operatori del juvenile justice system (giudici, prosecutor e probation officer) le modalità previste per il contesto italiano.

3. Le interviste

Il presente studio si è avvalso di interviste, ossia uno strumento che «pone almeno due soggetti (intervistato ed intervistatore) in una relazione sociale definita da specifiche regole e dotata di una durata» (Furlotti 1998: 169). Si tratta di uno strumento di rilevazione che fa capo ai “metodi empatici”, privilegiando la raccolta di informazioni elementare di tipo orale, letterario o iconico (Cremonini 1998). Le informazioni raccolte in sede di intervista sono frutto di un processo che avviene attraverso uno scambio comunicativo tra intervistatore e intervistato i quali condividono un comune codice verbale e para verbale che ne definisci i imiti e la validità (Furlotti 1998). Appare chiaro come le informazioni ricavate in quella sede assumono significato e senso solo se lette all’interno del contesto di produzione e risultano difficilmente passibili di un’astrazione che le renda valide e attendibili in altri contesti. Qualsiasi tentativo di estendere la validità delle acquisizioni prodotte entro l’incontro significherebbe impoverirne e travisarne il contenuto e la portata comunicativa (Ibidem); in tale modo si rischia di snaturare gli aspetti peculiari che

rendono l’intervista un momento irripetibile e prezioso, che trascende dal solo scambio verbale che si sviluppa al suo interno sostanziandosi anche attraverso una molteplicità di processi e costruzione di significati. L’interazione permette la produzione delle informazioni e genera una partecipazione attiva dei soggetti coinvolti facendoli entrare in relazione ciascuno il proprio background esperienziale, culturale, linguistico. La preziosità dell’intervista risiede dunque nella possibilità di fare entrare in contatto tali differenze e, attraverso un codice condiviso e una struttura più o meno definita (rappresentata dalle batterie di domande e aree che si intendono investigare), creare le condizioni per una co-produzione delle informazioni (Cipolla 1998) che risulti essere non già il mero incontro tra differenti punti di vista ma il prodotto della loro interazione. Consapevoli delle possibili criticità dell’impiego di tale tecnica, la scelta compiuta è apparsa tuttavia un adeguato strumento per confrontarsi con i soggetti del campione selezionato in merito ai «comportamenti e alle motivazioni del loro agire sociale attraverso la descrizione che ne danno gli stessi soggetti» (Corbetta 2014: 364). La scelta compiuta può essere fatta risalire alla necessità di chiarire alcuni aspetti relativi alle decisioni degli attori del processo penale minorile attraverso approfondimenti mirati e specifici, in modo da individuare – attraverso le parole degli intervistati – elementi altrimenti difficili da rilevare con altre tecniche di indagine. Sono state svolte interviste semi strutturate a risposta libera che hanno permesso agli intervistati di avere una ampio grado di libertà nell’interazione e che, di necessità, hanno subito delle trasformazioni in base al soggetto coinvolto in essa. La traccia di intervista è stata dunque modulata sulle specificità e in base alle informazioni fornite dal soggetto coinvolto nell’incontro sebbene si sia sempre rispettato un ordine e una logicità che non hanno inficiato la completezza e la rilevanza delle informazioni ottenute.

La struttura dell’intervista ha previsto una suddivisione in cinque aree tematiche, distinte al loro interno da domande più specifiche, per un totale di circa venticinque quesiti (cfr. Appendice). Il numero dei quesiti non sembra confarsi ad una struttura semi libera dell’intervista ma è opportuno precisare, in questa sede, che le domande sono servite per dettagliare il più ampio ambito dell’area tematica e sono state somministrate solo nel caso in cui i soggetti si fossero mostrati restii o sintetici rispetto alle domande ricevute, tecnica cosiddetta del “colpo di sonda”. Ne è risultato quindi un colloquio che ha assunto di volta in volta forme e modalità differenti ma senza perciò modificare il senso del percorso di ricerca. Le domande sono state

somministrate secondo una “modalità ad imbuto” (Altieri, Mori 1998) come tattica di avvicinamento progressivo ad argomenti più specifici e necessari di maggiore grado di dettagliamento, partendo da questioni più ampie e generali che riguardano ruolo, formazione ed attività dei soggetti coinvolti.

Gli incontri si sono svolti in due periodi differenti: per quanto concerne il case

study statunitense le interviste si sono svolte dal gennaio al marzo 2015, mentre nel

caso italiano è stato necessario più tempo, anche in conseguenza della produzione di specifiche autorizzazioni da presentare alle autorità competenti, e le interviste si sono protratte dal luglio 2015 al gennaio 2016. Tutti i colloqui si sono svolti sempre in un incontro faccia a faccia: per le interviste svolte negli Stati Uniti si è scelto sempre uno studio del Department of Sociolgy; solo in qualche caso si è presentata la necessità di recarsi presso la struttura dove l’intervistato svolgeva le proprie funzioni (prevalentemente stazioni di polizia e uffici di procura). In Italia, invece, i colloqui si sono svolti presso i luoghi di lavoro dei soggetti intervistati.

Le conversazioni sono state interamente registrate su un supporto magnetico che ha permesso di concertarsi interamente sull’interazione e di conservare la conversazione per intero. Sebbene si fosse, in partenza, consapevoli che la presenza di un dispositivo di registrazione avrebbe potuto rendere meno libera l’espressività dell’intervistato ciò non ha costituito un’inibizione al confronto né un ostacolo al naturale svolgimento dell’intervista. I colloqui sono stati poi trascritti in tutte le loro parti, inserendo anche forme colloquiali ed informali, frasi rimaste in sospeso o silenzi prima e durante la formulazione delle risposte (Corbetta 2014). Ciò ha rappresentato, in fase di analisi del contenuto, un rilevante contributo sia per la possibilità di riascoltare la conversazione sia per l’opportunità di cogliere spunti di riflessione immediatamente raccolti durante l’incontro, attraverso una rilettura delle informazioni inserite entro il più ampio panorama.

Le informazioni prodotte nelle interviste sono state successivamente analizzate tramite la tecnica dell’analisi del contenuto in cui le affermazioni ricavate sono state scomposte, frazionate in insiemi (aree tematiche) ed esaminate nelle loro componenti principali al fine di comprendere e dettagliare la conoscenza del fenomeno oggetto di ricerca. Delle aree tematiche sono state individuate le tipologie e le classificazioni che hanno costituito l’“unità di misura” utile a produrre inferenze e argomentazioni che rappresentano le risultanze di quanto acquisito in sede di intervista. Per sostenere e illustrare le argomentazioni prodotte in fase di analisi del contenuto sono stati

riportati, in fase di presentazione dei risultati, degli stralci dei brani di intervista così da non alterare il materiale raccolto e trasmettere l’immediatezza delle situazioni rappresentate (Corbetta 2014).